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Autore: looking_for_Alaska    20/03/2015    3 recensioni
Nella piccola cittadina di Thorn City, Canada, si trovava una vecchia casa abbandonata. Dentro di essa viveva un fantasma assetato di sangue che uccideva chiunque ci metteva piede.
E poi c'era William, un ragazzo uguale a tutti gli altri, tranne per il fatto che era un "liberatore di fantasmi"; ovvero, li conduceva alla luce, salvandoli. Però a condurlo da Amelia dagli occhi dolenti sarà il segreto che lei custodiva da tempo e che in qualche modo li legava.
Ma le domande sono tante. Come è morta Amelia, e chi l'ha uccisa?
Cosa collega un fantasma morto da più di duecento anni ad un ragazzo adolescente? E soprattutto, qual è il segreto per cui Amelia ha ucciso e continua a uccidere?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Scattai all'indietro, finendo contro al muro e attraversandolo. A volte dimenticavo che se non mi concentravo non potevo toccare gli oggetti. Ma ero spaventata, stranita: come poteva essere vivo? L'avevo ucciso con le mie mani! Jacko Blake era morto quindici anni prima, ne ero sicurissima. E allora come poteva essere lì, fuori dalla mia porta, a spiarmi dalla finestra della cucina? Come poteva respirare? Che fosse un fantasma anche lui? No, impossibile, era fuori discussione. Aveva toccato il vetro come se fosse la cosa più semplice del mondo, non ci aveva nemmeno pensato; per un fantasma ci volevano più di cinquant'anni di pratica anche solo per sfiorare qualcosa. No, non era come me. Ma allora chi era? Se Jacko era morto e non era un fantasma, quel viso così simile al suo a chi apparteneva? Tremai. Sperai ardentemente che Jacko fosse morto e sepolto. Non avrei augurato un'esistenza come la mia nemmeno al mio peggiore nemico. Era dal 1864 che ero imprigionata in questa casa, senza poter uscire. E come se non bastasse, se vedevo qualcuno di umano, la bestia che viveva in me da quando ero morta si risvegliava e lo uccideva in un lampo. Come potevo andare avanti? Però, d'altro canto, come potevo non farlo? Ero obbligata a vivere. E quando mi si era presentata l'occasione perfetta per morire, l'avevo scartata senza pensarci due volte. Già, Jacko. La prima volta che Jacko Blake si presentò davanti a casa mia, restai davvero stupita del fatto che la bestia non si era ancora svegliata. E poi scoprii che per qualche strana ragione, con lui non l'avrebbe mai fatto. Ricordavo che teneva in braccio una bambina, di appena pochi mesi, ancora in fasce; ma già qualche cortissimo capello scuro le spuntava dalla testa. Aveva aperto gli occhi e mi aveva fissato, senza avere la minima traccia di paura. Io, incuriosita, mi ero avvicinata e le avevo sfiorato una guancia, stupendomi del fatto che la mia bestia non aveva attaccato nemmeno lei. E ora, quel ragazzo. Mi presi la testa tra le mani, e un singhiozzo mi scosse forte. Scivolai verso terra fino a ritrovarmi rannicchiata contro il muro della cantina. Jacko era venuto da me, chiedendomi un favore, e quando mi ero rifiutata, aveva minacciato di uccidermi. Ero già morta, in effetti, ma esiste una specie di morte, un altro luogo dove andare anche per i fantasmi. Un paradiso e un inferno, se chiamarli così rende tutto più semplice. E ci sono infatti due modi per mandar via uno di noi : o lo liberi, o lo uccidi. Jacko era venuto per avere il suo favore o per uccidermi. << Tua madre aveva un debito con me >> mi ricordai che mi aveva detto quel giorno di tanto tempo fa. << Ora tu lo salderai al posto suo >>. E quando mi ero rifiutata, aveva detto che allora mi avrebbe uccisa; di conseguenza io mi ero vista obbligata ad accettare, terrorizzata di poter "morire definitivamente " nel modo sbagliato. Mi aveva promesso che alla fine, mi avrebbe liberato. E io gli avevo creduto. L'errore più grande della mia vita. Jacko mi aveva tormentato per molto tempo, finché un giorno mi aveva detto che non aveva più bisogno di me e che dovevo restituirgli ciò che mi aveva comandato di custodire. Era venuto per uccidermi, non per liberarmi. E io, in preda all'ira e alla paura, lo avevo decapitato con le mie lunghe unghie nere che mi crescevano incredibilmente quando la bestia prendeva il mio posto. O quando io le dicevo di prenderlo. Con Jacko Blake, stranamente, la bestia era sempre rimasta assopita. Sebbene fossi del tutto sicura che fosse umano, la parte più oscura del mio essere evidentemente non lo percepiva come tale. O forse era qualcosa in lui, nel suo sangue sporco e disgustoso, ad avere qualcosa di sbagliato. Sta di fatto che con lui non mi ero mai trasformata, se non di mia volontà. Ed era successo anche col ragazzo davanti alla finestra, poco fa. Ero riuscita a tornare me stessa, sebbene ci fossero anche altre persone. Ma la sua aura, non era scura come quella di Jacko. Una domanda mi tormentava, e speravo di riuscire a trovarle una risposta : chi era il ragazzo lì fuori e cosa voleva da un fantasma morto nel 1864? E poi riflettei. E se fosse venuto per uccidermi? Per punirmi per gli orrori che avevo commesso? Mi tornò in mente, tutto di un colpo e senza un apparente motivo, il modo in cui avevo ucciso tutte quelle persone innocenti. Si, era stata la bestia dentro di me, ma che differenza faceva? Loro vedevano me. Io vedevo me stessa farlo. Ero io che mi sporcavo di sangue. Gli ultimi tre che avevo ucciso, solo quattro giorni prima, acquisirono peso e forma tra i miei pensieri. E se avessi provato a fermare la bestia? Cosa sarebbe successo? Scoppiai a piangere forte, urlando per un male atroce. Il dolore che mi animava dalla mia morte era indicibile, il senso di colpa dopo aver ucciso qualcuno talmente grande da soffocarmi. Sfiorai una lacrima che mi rigava una guancia e mi sfregai forte gli occhi. Era facile parlare, per gli esseri umani. Era facile per loro, incolparmi di tutto. È vero, qui, in casa mia, la gente moriva. Ma nessuno aveva mai provato a capire me, come mi sentivo dopo tutto questo. Quelle persone avevano una famiglia ad aspettarli. Una piatto caldo. Una casa accogliente. E chi avevo io, a parte una bestia che amava uccidere persone innocenti? A parte me stessa? Non avevo un amico dal lontano 1864, e la famiglia che avevo, anche se di loro non ricordavo nulla ( quasi tutti i miei ricordi se n'erano andati quando ero morta ), non era calorosa e non mi amava, anzi. Qualcosa mi diceva che mia madre quando era in vita mi aveva odiata tanto e senza ritegno. Ma non sapevo come ero morta, ed era un quesito che mi ponevo sempre più frequentemente e a cui non ero ancora riuscita a dare una risposta. Fu allora che una fievole speranza si accese in me : e se avessi provato ad interagire con lui? Con un'altra persona viva? E se, invece che per punirmi, fosse venuto per aiutarmi? Dovevo saperlo. Ma l'unico modo per farlo, era aspettare.
   
 
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