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Autore: Elwing Lamath    21/03/2015    3 recensioni
Una terribile tempesta incombe su Camelot. Keeran, uno stregone oscuro, vuole qualcosa da Emrys, l'unico che potrebbe garantirgli un potere sconfinato. Sarà ancora una volta compito di Merlin ed Arthur cercare di salvare il regno dalla catastrofe. Non dovranno però fronteggiare solo una pericolosa e potentissima magia, ma anche una rivelazione che rischierà di minare il loro legame.
[3° Classificata al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]
[Vincitrice del premio "Two sides of the same coin" per la miglior storia d'amore al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione, Contesto generale/vago
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[3° Classificata al contest "A time of Magic" indetto da hiromi_chan sul Forum di EFP]

 

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Autore: Elwing_L (aka Elwing Lamath)

Titolo: La Tempesta

Coppia: Merlin/Arthur

Pacchetto scelto: Merlin (rogo, bacio, libro - drammatico - what if, lemon, slash - 1) Sai che cosa mi piace di lui? Non si aspetta mai una lode, tutto quello che fa lo fa per il gusto di farlo, 2) Una metà non può veramente odiare ciò che la rende completa, 3)Sei una domanda che non è ancora stata mai posta - extra: nella storia è presente almeno un incantesimo)

Rating: Arancione

Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy

 

NOTE DELL’AUTRICE: Buon sabato a tutti voi! Siamo arrivati all’ultimo capitolo di quest’avventura. Sono molto contenta di potervi svelare il finale, però questa storia mi manca già un po’, per breve che sia stata.

Non so davvero perché non mi sia mai ricordata di specificarlo in nessuna nota, ma il titolo di questa storia si rifà all’ultima commedia di William Shakespeare, The Tempest appunto, che è una delle uniche a contenere elementi magici. Io l’ho adorata, per questo ne ho rubato il titolo, se pur il contenuto sia completamente diverso. Vi consiglio assolutamente di leggerla se vi interessa il genere.

Detto questo, ancora una volta ringrazio tutti coloro che hanno apprezzato questa fic. Mi farebbe piacere che mi faceste sapere cosa ne pensate, a maggior ragione ora che è conclusa.

Alla prossima storia, un bacio,

Elwing…

La Tempesta


Capitolo IV

Nello stesso momento in cui udì il primo tuono in lontananza e incrociò gli occhi di Merlin, sgranati, terribili, con le pupille che affondavano nel blu zaffiro delle iridi, comprese istantaneamente quello che avrebbe fatto di lì a una frazione di secondo.

Non c’era bisogno di razionalizzarlo, il loro legame infondo era sempre stato più complesso di una semplice amicizia, e più inspiegabile di un qualsiasi amore. In quel momento fu come essere nella sua testa: sapeva cosa stava per fare e conosceva la sua totale, tremenda ineluttabilità.

Si gettò immediatamente al suo inseguimento, gridando il suo nome tra gli alberi. Ma Merlin correva agile e veloce come un daino, come se il vento stesso lo stesse trasportando, tanto che Arthur quasi non riusciva a stargli dietro. Corse per la foresta, corse tra l’erba secca e alta che gli frustava le gambe, corse tra le rocce che si inerpicavano sempre più in alto, chiamandolo, gridando, supplicandolo di fermarsi.

Senza apparente motivo, il giovane mago alla fine si fermò sulla cima di una collina. Era di spalle, dritto e teso come una colonna, le montagne blu davanti a lui, mentre ancora Arthur saliva gli ultimi passi tra l’erba secca e le pietre scure. Completo silenzio regnava attorno a loro, non un soffio di vento, neanche un filo d’erba si muoveva.

Questa volta non lo chiamò, gli si accostò lentamente e allungò una mano prendendogli il braccio. Merlin si voltò, il petto che andava ancora su e giù affannosamente a causa dell’interminabile corsa, le guance rosse ed i capelli scuri madidi di sudore. Era sempre e comunque bello. Il mago piantò i suoi occhi dritti in quelli del principe. Ciò che maggiormente spaventò Arthur fu il suo sguardo calmo e deciso, e l’assoluta risolutezza che riuscì a leggervi.

Il silenzio profondo prima del balzo. Poi, senza preavviso, placida e delicata, la prima goccia di pioggia cadde sul viso di Merlin, ad annunciare ciò che si sarebbe scatenato da lì a poco da quel cielo livido. Non avrebbe potuto scegliere un punto più adatto per cadere, sulla guancia scarmigliata e arrossata dalla corsa. Era la lacrima che non sarebbe mai potuta sgorgare dai suoi occhi, ma che era lì comunque a rigargli la pelle, come se fosse sua. Il giovane cavaliere alzò una mano, spinto dall’impulso di raccoglierla e asciugarla, ma arrivato a metà strada la fece ricadere lungo il fianco. Anche lui sapeva che Merlin non avrebbe pianto, ed era giusto che quella lacrima non sua rimanesse esattamente dov’era caduta.

Il cielo giallastro e livido, come malato e infausto, partorì in quel momento un rantolio sinistro e cupo, che fece vibrare l’aria attorno a loro. Si stava avvicinando.

Come risvegliato dal tuono, Arthur prese fiato, ma prima di iniziare a dire qualsiasi cosa, le parole gli morirono in gola. Non c’erano parole, non le trovava. Cercò disperatamente qualcosa in testa, nel cuore. Si guardò i palmi delle mani, come se potesse trovarvi risposta. Le parole non gli erano mai mancate: lo aveva sbeffeggiato, schernito e persino insultato una marea di volte, e cielo, quanto non si meritava tutto quello che gli aveva detto. Ma ora nulla, non riusciva a parlare, e comunque niente di quanto avrebbe potuto dire sarebbe riuscito ad esprimere l’enormità soffocante che aveva nel petto.

Merlin, se solo avesse potuto, non avrebbe mai più distolto lo sguardo da quello di Arthur. Desiderò annegare per l’eternità nelle sue iridi color del cielo, non sentire più nulla, non vedere nient’altro che quell’azzurro puro, insieme così freddo e così caldo, per sempre.

Quando lo vide abbassare lo sguardo cercando i palmi delle proprie mani, decise di spezzare quell’ultimo respiro di silenzio.

“Tutti noi prima o poi dobbiamo andarcene… E non mi sembra male farlo con uno spettacolo del genere nel cielo.” Disse guardando verso l’alto, e una nuova goccia di pioggia lo baciò sulle labbra.

Arthur si riscosse con un brivido di rabbia e sdegno contro quelle goccia impura, che non aveva nessun diritto a toccare la sua bocca. Lo stregone però, parve non accorgersene.

“Non è una cosa però che gli umani dovrebbero mai vedere.” Continuò.

“Ma noi siamo qui, ora.” E davvero il giovane Pendragon non avrebbe voluto sentire la propria voce incrinarsi a quel modo sull’ultima sillaba.

“Solo io dovrei essere qui, e tu lo sai.” Rispose Merlin più dolcemente, vedendo il sorriso triste che si stirava sul viso di Arthur.

Improvvisamente, il mago avvertì un terribile vuoto al centro del petto. Si era preparato per giorni a quel momento, raggiungendo una risolutezza e una sicurezza che mai aveva sperimentato prima in vita sua, ma ora, con Arthur lì davanti a lui, provò l’immediato impulso di correre via e mettere in salvo il compagno. Era sempre stato quello il suo compito dopotutto: proteggere Arthur, a qualsiasi costo. Sin dal primissimo momento in cui si erano incontrati, anche se nessuno dei due all’epoca avrebbe voluto ammetterlo, erano già forgiati per essere uno solo.

Il principe interruppe il flusso dei suoi pensieri: “Non posso credere che dopo tutto questo tempo, io e te possiamo essere separati tanto facilmente. Le nostre strade non si divideranno qui.” Disse con una sicurezza che non si sentiva sotto la pelle.

“La tua via ti condurrà a grandi cose.” Rispose Merlin.

“Mentre la tua finirà ora? È questo che vuoi dire?” gridò il cavaliere. “No, non te lo permetterò! Metterò fine a questa follia, in un modo o nell’altro.”

“Non puoi.” Gli sorrise il moro per la prima volta: dolce, calmo, sicuro. “La mia strada continuerà nella tua, e per me non c’è dono più grande di questo. Servirti, proteggerti ed amarti è sempre stato il mio destino e il mio dono, fin dal primo momento… Ma mi devi lasciare, o non resterà più nulla. Solo tu potrai continuare quello che abbiamo iniziato, ma devi capire che solo io posso sconfiggerlo.”

“Non pensavo che il nostro destino sarebbe stato tanto amaro.”

Merlin sorrise ancora: “è lo stesso per tutti coloro che vivono in tempi come questo… L’unica cosa che possiamo fare, è scegliere cosa fare col tempo che ci viene concesso… Ed io, Arthur, sono grato di ogni singolo momento passato al tuo fianco.”

Di nuovo quel senso di tremenda ineluttabilità strinse il cuore di Arthur, una fitta di dolore gli perforò il petto, più forte di qualsiasi morso dell’acciaio avesse mai ricevuto, e lo fece vacillare. Perché in quel momento comprese veramente cosa spingesse Merlin a farlo. Non era il semplice dovere, non era sete di vendetta, non era nemmeno un folle desideri di morte. No. Era un dono. Stava per donare sé stesso per lui, per salvarli tutti, per amore suo e di Camelot. A lungo aveva sentito che sarebbero stati destinati a qualcosa di grande insieme, anche se per tanto tempo aveva soffocato quella voce nel suo cuore. Non credeva però, che avrebbe portato a tutto questo.

In quell’istante, Arthur realizzò: non era stato il destino a guidare le gambe del mago fino a lì, non era stato il fato a scegliere le sue parole. Merlin, lui solo aveva scelto, e intendeva andare fino a fondo, perché la riteneva la cosa giusta da fare.

Avrebbe accettato la scelta del suo migliore amico, l’avrebbe abbracciata fino alla fine, perché erano due facce della stessa medaglia. Ma l’avrebbe salvato. Avrebbe combattuto fino alla morte, ed anche più in là, per salvarlo.

Alla fine, il cielo si decise a scaricare tutto il suo rancore, facendo scrosciare sul terreno una pioggia così fitta da trasformare la luce e il mondo stesso. Loro rimasero lì, in piedi uno di fronte all’altro, sotto la pioggia che trafiggeva l’aria, violenta, implacabile. Arthur sentì gli abiti pesanti appiccicarsi al corpo, era impossibile togliersi di dosso il malsano senso di impurità che dava quell’acqua a contatto con la pelle. Tuttavia, rimase immobile, gli occhi ancora una volta fissi su Merlin, che anche così inzuppato di pioggia, non perdeva nulla del suo enigmatico splendore e della sua forza. Era insieme terra, acqua, aria, ed il fuoco danzava nel suo cuore. Finalmente, anche Arthur era in grado di percepirlo.

“Sai che intanto non me ne andrò.” Disse infine il principe. “Combatteremo fianco a fianco, come abbiamo sempre fatto.” Scrutò il mago con più intensità e calore di prima, gli occhi di ghiaccio grandi e trepidanti, quasi come se stessero per diventare anch’essi dorati come facevano quelli di Merlin al richiamo della magia. “Io sento che puoi batterlo… Anzi, noi possiamo batterlo… Allora, cosa ne dici?” aggiunse Arthur, porgendogli entrambe le mani, in un gesto che sembrava insieme disperato ma risoluto, deciso ma gentile, triste ma persino dolce.

Quando Merlin le prese e le strinse tra le sue, sentì come una scarica di energia attraversargli il corpo, qualcosa di mai sperimentato, nuovo e antico quanto le fondamenta della terra al tempo stesso, e seppe che erano davvero insieme.

Restarono così, uniti sotto la pioggia scrosciante. Erano finalmente le due facce della stessa medaglia, opposte e complementari. Erano armonia in mezzo alla tempesta, due anime destinate ad essere gemelle, finalmente in equilibrio, sospese tra le gocce d’acqua.

Improvvisamente la pioggia cessò, senza nemmeno accennare prima a diminuire. Arthur aveva pensato che non sentire più il martellare di quelle lame d’acqua avrebbe portato sollievo. Invece, inaspettatamente, gli creò un vuoto in gola che non riuscì a colmare in alcun modo, perché gli occhi di Merlin si strinsero tanto da non poter più distinguere il nero delle pupille dal blu delle iridi, e le loro mani si lasciarono.

“Ci siamo.” Disse il mago in un soffio.

“Come fai a saperlo?”

“Lo sento.” Si limitò a dire, gli occhi ridotti a fessure ed il viso teso come il principe non l’aveva mai visto. “Ti direi che questa è l’ultima opportunità per andartene, ma sento che non mi ascolteresti neanche.” Aggiunse poi.

“In tutti questi anni non hai imparato proprio niente sulla testardaggine dei cavalieri?” gli sorrise Arthur.

“Non lo so, ma sulla tua di certo… Asino.” Trovò la forza di scherzare.

Arthur aprì la bocca come per replicare con un’espressione imbronciata, ma poi il volto di Merlin si aprì nel suo solito sorriso luminoso, e scoppiarono entrambi a ridere.

Non era il momento degli scherzi, e per qualsiasi altra persona quelle risa sarebbero state assolutamente fuori posto. Ma certe cose non sarebbero mai cambiate. Arthur ne fu profondamente grato. Nonostante tutto il male che aveva affrontato e quello che ancora gli si poneva innanzi, Merlin era rimasto lo stesso: cocciuto, impertinente, maldestro, coraggioso e leale. Il suo Merlin.

“Ma che magnifico quadretto! Posso unirmi a voi?” disse una voce suadente alle loro spalle.

Merlin vide il compagno irrigidirsi di colpo, i suoi occhi accendersi di furia, e anticipandolo mentre questi stava per voltarsi e portare una mano all’elsa della spada, lo trattenne per il polso con decisione. Poi, con un movimento di una lentezza estenuante, anche il giovane mago si girò verso il punto da cui era giunta la voce.

Il volto di Merlin si aprì in un sorriso carico di veleno, che non raggiunse i suoi occhi, che rimanevano controllati, freddi, consapevoli della propria potenza, e perciò terribili. “Keeran.” Lo salutò infine con una voce che non tradiva nessuna emozione.

“Ci ritroviamo ancora una volta, Emrys. Io e te, tu ed io… Ah, già, dimenticavo: Vostra Altezza.” Disse pungente, rivolgendo un inchino viscido ad Arthur, il quale si affondò le unghie nei palmi per trattenersi dal saltargli addosso. “Ammetto che inizia a piacermi questo nostro giochetto.” Continuò lo stregone.

“Non ho alcuna intenzione di giocare.” Rispose secco Merlin.

“Oh, ma lo stai già facendo da un pezzo!... E che peccato sarebbe se non giocassi. Vedi, mio caro, ritengo che le cose vengano molto meglio se nel farle ci si diverte, e io sto proprio iniziando a divertirmi… Da questa storia potrebbe venir fuori il mio capolavoro!” concluse deliziato.

A quelle parole, il principe non riuscì più a trattenersi, ed esplose: “Come osi?” gridò a Keeran “Stai parlando di distruggere vite innocenti, di sterminare il mio popolo, e dici di divertirti? Sei un cane pazzo e rabbioso! Ti giuro, che prima della fine, assaggerai il morso della mia spada.”

Keeran alzò gli occhi al cielo, poi, con voce quasi esasperata, disse: “Scontato e noioso. Ma ti senti quando parli, Principe Arthur? Reciti sempre a memoria il codice del perfetto cavaliere, o ci infili in mezzo anche qualcosa di tuoi, di tanto in tanto?... Per fortuna, qualcun altro non è noioso quanto te.” Aggiunse sorridendo ambiguo verso Merlin. “Suvvia, Emrys! Spiegami cosa trovi di tanto esaltante nel continuare a servire con tale devozione questa feccia reale. Non ti divertiresti molto di più a piegarlo a te? Il potere certamente ce l’avresti. Un Pendragon sarebbe un cucciolo estremamente raro e divertente da portare al tuo guinzaglio, non trovi?” disse ghignando. “Io mi divertirei.”

Questa volta Arthur sguainò la spada in un movimento unico, pronto ad attaccare. Keeran rispose con una risatina soffocata, deridendolo.

“Non mi aspetto che un serpente capisca il legame di amicizia e lealtà che unisce due uomini.” Intervenne Merlin.

“Serpente!?” domandò divertito lo stregone biondo. “No, mio caro. È qui che ti sbagli. Non sono un serpente… Io sono tempesta. Io sono morte… Beh, sarò la tua morte, e quella del tuo principe, e quella di tutta Camelot, a pensarci bene… Non è meraviglioso?”

Keeran alzò le braccia al cielo, richiamando a sé le folgori, che saettarono dalle nuvole scure sopra di loro ai palmi aperti delle sue mani, seguite da un rombo spaventoso. Merlin si sentì il pervadere il corpo da una scarica di energia che lo lasciò per un attimo senza respiro, un colpo amaro e sinistramente allettante. Ora che era anch’egli in grado di padroneggiare gli elementi, la sentì: un’oscura, seducente, potentissima magia.

“La senti, non è vero, Emrys?” gridò Keeran, il volto deformato dalla luce fredda dei lampi. “Oh, sì, e lei sente te, e ti vuole. Potrebbe essere in te, e tu in Lei, compenetrati per sempre, se solo tu ti unissi a me.” Ghignò. “Sareste uniti, parte di una cosa sola, ed il tuo potere con me sarebbe enorme. Ma tu sei troppo stupido per lasciare che ti seduca, o sbaglio?”

“Io sono già parte di un intero. Ho già trovato il mio posto nell’equilibrio, ma non mi aspetto che tu lo possa capire.” Gli rispose Merlin, e per un attimo il suo sguardo si posò su Arthur, che ricambiò ammorbidendo quasi impercettibilmente la piega della bocca.

Ma questo bastò perché Keeran se ne accorgesse. Merlin si maledisse, dandosi dello stupido, realizzando il madornale errore che avevano appena commesso.

Il volto dello stregone si aprì in un sogghigno distorto: “Lo vedo, eccome se lo vedo. Il principe drago non ha sedotto una damigella, ma uno stregone. Questa è una sorpresa.” Disse spostando lo sguardo su Arthur. “Io amo le sorprese!”

I suoi occhi si riempirono d’oro. Merlin lo vide mentre stava abbassando le braccia, dirigendole verso il principe. Si precipitò a frapporsi tra il petto di Arthur e le folgori, e senza neanche saper bene come, si trovò ad ostacolare le saette con le mani protese davanti a sé, sentendo i propri occhi incendiati dall’oro della magia.

Il corpo di Merlin in tensione sprigionava un calore sovrumano, anche a quella distanza Arthur era in grado di percepirlo, mentre il mago davanti a sé faceva da scudo ad entrambi con la sua magia.

Per un attimo, Merlin sembrò prevalere sull’altro, il fascio di fulmini che si assottigliava, ed un turbine di vento che iniziava a sollevarsi attorno a loro, crescendo in forza e altezza. Poi, Keeran, con un urlo sovrumano, che riecheggiò come il tuono rombante facendo tramare l’aria, richiamo a sé altri fulmini, scagliandoli contro Merlin.

Quando Arthur vide il corpo del compagno iniziare a tremare sotto la potenza di quell’attacco, e le sue gambe cedere pericolosamente, si gettò in avanti a sorreggerlo, circondandolo con le proprie braccia e sostenendo il suo peso.

“Lasciami, Arthur.” Lo implorò Merlin. “È il momento. Devo lanciare il Gil Galad, e se tu rimani a contatto col mio corpo, verrai assorbito anche tu dall’incantesimo.”

“E allora sia!” gridò Arthur al suo orecchio, cercando di sovrastare il frastuono. “Moriremo insieme. Non chiedo una morte migliore.”

“No!” urlò il moro.

Una frazione di secondo dopo, il principe si sentì sbalzato all’indietro da una forza invisibile. Merlin era stato in grado di usare parte della sua magia per allontanarlo da sé. Finì a terra, e prima di rendersene conto pienamente, si accorse che Merlin aveva già iniziato a pronunciare l’incantesimo.

Non gli servì tempo per pensare, fece l’unica cosa che gli comandava il suo cuore. Arthur si alzò ancora una volta in piedi, e si gettò addosso a Merlin, abbracciandolo con tutta la forza che aveva in corpo. In quello stesso istante, il mago terminò di pronunciare il Gil Galad, ed una luce bianchissima li avvolse. Un fascio luminoso accecante, che si espanse, inglobando e avvolgendo ogni cosa intorno a loro.

Arthur e Merlin, congiunti in quella magia, riuscirono solamente a percepire uno straordinario calore, ed una sensazione di pienezza che li fece errare fuori dai confini dello spazio e del tempo. Udirono solo in lontananza, come se appartenente ad un altro mondo, la voce di Keeran trasformarsi in un urlo disumano e distorto, per poi ridursi al rombo di un tuono morente.

Poi, tutto ebbe fine, e il cosmo sembrò implodere su di loro. Quella sensazione di pienezza li abbandonò bruscamente, e i due ragazzi sentirono i loro corpi privati di qualsiasi energia e volontà. Caddero a terra, leggeri come foglie autunnali staccate da una brezza leggera. Svuotati di ogni forza vitale, lontani, giacquero insieme, uno accanto all’altro sull’erba secca e bagnata dalla pioggia, che ora cadeva leggera e delicata, purificatrice di quell’ultima, immane fatica.

Merlin guardò gli occhi lucidi e vacui di Arthur, che ricambiava il suo sguardo senza aver la forza di reagire. Pensò che fosse la fine, che quella sarebbe stata la sua ultima visione sul mondo, ma ancora più doloroso, che quella sarebbe stata l’ultima immagine del suo amore, da portarsi oltre la morte.

Arthur non credeva di riuscire a controllare più il suo corpo, ma non voleva cedere alla prospettiva di morire lì, così vicino eppure infinitamente lontano da Merlin. Aveva abbracciato la fine con ogni fibra del suo essere, se questo significava morire insieme all’uomo che più aveva amato in tutta la sua vita, ma non in quel modo. Con uno sforzo immane, riuscì a muovere lentamente il braccio in direzione del mago. Quando fu abbastanza vicino, Merlin gli prese la mano, stringendola nella sua.

Chiusero gli occhi così, insieme, cullati da quell’ultimo gesto d’amore.

*****

Quando Merlin ricominciò a percepire il mondo attorno a sé, e lentamente aprì gli occhi, era sicuro di trovarsi in paradiso, o in qualunque regno esistesse dopo la morte.

Ciò che veramente lo sorprese, fu che il regno dei morti avesse le stesse sembianze della sua camera negli alloggi di Gaius, e persino lo stesso profumo intenso di erbe e spezie medicinali.

Si alzò barcollante dal letto, scoprendo che ogni passo gli costava una fatica immensa sulle gambe, improvvisamente più insicure di quelle di un puledro appena nato.

Fu il sorriso luminoso di Gaius che lo accolse quando varcò la soglia della sua stanza, a fargli realizzare che forse, non era ancora morto.

Il vecchio medico lo strinse in un abbraccio che insieme gli fece perdere le poche forze che aveva riacquistato, ma gli riempì anche il cuore di gioia.

“Ragazzo mio!” gli disse guardandolo dritto negli occhi ancora cerchiati di scuro “Che bello rivedere il tuo sorriso… Ho avuto così tanta paura che non sarei più riuscito a vederlo, anche dopo che vi abbiamo ritrovati.”

“Gaius, cos’è successo?” chiese, scoprendo che parlare gli provocava una terribile emicrania.

“Stavo per chiederlo io a te, figliolo… Vi abbiamo cercato dappertutto, e quando vi abbiamo ritrovato su quella collina, sembravate morti… Per fortuna però, mi sono reso conto che stavate ancora respirando, anche se molto debolmente. Vi abbiamo riportato al campo nella foresta, e poi qui, una volta che l’incendio in città si è placato.” Spiegò Gaius.

“Quanto è passato?”

“Hai dormito per sei giorni. Iniziavo a temere che non ti svegliassi più.” Disse il medico, ed una lacrima fuggì al suo controllo.

“Arthur?” chiese Merlin.

Gaius scosse la testa. “Sono appena andato a controllarlo. Non si è ancora svegliato.”

“Devo andare da lui!” esclamò immediatamente Merlin, avviandosi verso l’uscita.

“Non credo che tu possa fare nient’altro.” Gli disse tristemente il suo protettore.

“Non mi importa. Devo essere con lui quando si sveglierà.” Concluse risoluto, sparendo oltre la porta.

*****

Arthur era stato ovviamente sistemato nel suo grande baldacchino, le coperte e le tende rosso Pendragon in contrasto col pallore quasi funereo del suo volto. Merlin sentì le proprie ginocchia cedere a quella vista, e proprio non seppe dire come fece a rimanere in piedi. Si mosse piano, in punta di piedi, come se effettivamente un rumore più forte potesse svegliarlo. Si sedette sul lato vuoto del suo letto, appoggiando la schiena al testile in legno.

Rimase a vegliarlo così a lungo, senza mai distogliere lo sguardo, imparando a memoria il ritmo del suo respiro debole e sobbalzando alla minima irregolarità. Tutta la stanza era come svuotata della sua solita atmosfera, senza che Arthur fosse veramente lì a riempirla. Immobile, in attesa, in una muta preghiera, proprio come Merlin.

Gaius arrivò al tramonto, per controllare le condizioni del principe e quelle del suo protetto.

“Dovresti riposare, Merlin.” gli disse in tono paterno.

“Ho dormito per sei giorni di fila, non ti sembra abbastanza?” cercò di suonare ironico, con scarsi risultati.

“Non sappiamo nemmeno se riuscirà a svegliarsi.”

“Io devo credere di sì. Devo credere che sia recuperabile… Non posso accettare che vada a finire così, Gaius, perché non è così che doveva andare.”

“Cos’è successo con Keeran?” chiese infine il medico.

Merlin gli raccontò tutto. “… E poi Arthur si è gettato con me nel Gil Galad, non sono più riuscito ad impedirglielo… Credo che sia stato lui a salvarci. Io solo sarei di sicuro morto durante l’incantesimo, ma con le nostre energie unite, ci è stato possibile sopravvivere… Solo che ora…” spostò lo sguardo sulla figura dormiente del principe, mordendosi un labbro per non cedere al pianto.

“Se ha avuto tanta forza da fare questo, se la caverà.” Cercò di rassicurarlo Gaius.

Il vecchio medico li lasciò nuovamente soli, senza più cercare di dissuadere Merlin dalla sua veglia.

*****

La notte era già calata da un pezzo, e Merlin iniziava a sentire le proprie palpebre pericolosamente pesanti.

Fu allora che accadde.

“Mer… Merlin…” sentì biascicare al suo fianco. Il mago scattò immediatamente.

Il principe al suo fianco, mormorò ancora il suo nome, parzialmente incosciente. Poi, lentamente aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte per cercare di mettere a fuoco la figura del ragazzo accanto a lui.

“Ciao…” gli sussurrò dolcemente Merlin, lacrime di gioia che avevano iniziato ad affiorargli agli occhi.

“Siamo… morti?” domandò infine Arthur sgranando gli occhi.

Il mago non riuscì a trattenersi dal ridere alla reazione del compagno: “L’ho pensato anch’io in effetti.” Gli rispose sinceramente. “Però a quanto pare no… Abbiamo avuto la zucca abbastanza dura da riuscire a sopravvivere.”

Anche Arthur rise, più che altro per scaricare la tensione. “Non avevo alcun dubbio che la tua testaccia fosse più dura di un’incudine…”

Rimasero per un attimo in un silenzio sospeso, prima che Arthur alzasse una mano fino a posarla dietro alla nuca di Merlin. “Vieni qui.” Soffiò prima di attirarlo a sé e baciarlo.

Quando si separarono, probabilmente ore dopo, nessuno dei due avrebbe saputo stabilirlo, Merlin fece passare le dita tra i capelli color del grano di Arthur, scostandoli dolcemente dalla sua fronte.

“Tu… sei solo un brutto asino che si deve sempre cacciare nei guai… e ti amo. Esattamente come sei, col tuo ragliare e tutto il resto. Ti amo.” Gli disse infine.

Un meraviglioso sorriso conquistò il volto di Arthur, e per una volta tanto, non ebbe nulla da ribattere, se non: “Ti amo anch’io, Idiota.”

*****

Concordarono insieme una versione della storia in cui non fosse necessario menzionare in alcun modo la magia di Merlin o collegare a lui le mire dello stregone. Il mago cercò in tutti i modi di spingere Arthur ad attribuirsi il merito dell’impresa, ma il giovane Pendragon fu irremovibile.

“No, Merlin, non esiste. Diremo che Keeran ci ha attaccato entrambi, che mi ha disarmato, e che tu hai recuperato la mia spada e hai trafitto lo stregone mentre era distratto da me.”

“Non ho bisogno dei riconoscimenti della corte, non mi interessano. L’unica persona che mi interessa che sappia come sono andate le cose, sei tu.”

“Importa a me invece… Sei già rimasto nell’ombra un’infinità di volte, senza mai prenderti i meriti che ti spettavano, è giusto così…” il principe si fermò un attimo a riflettere. “Certo, verrai insignito con qualche carica onoraria. Il cavalierato, o qualcosa del genere…” disse orgoglioso.

Merlin sgranò gli occhi: “Assolutamente no!” esclamò. “Non voglio niente di simile.”

“Mio padre e la corte vorranno ringraziare in qualche modo il salvatore di Camelot… Anche io voglio ringraziarlo…”

Il moro sorrise: “Allora sai cosa puoi fare?... Concedimi un giorno di riposo.”

Arthur ridacchiò: “Due!... E ho già una mezza idea di come potrei aiutarti a trascorrerli.” Aggiunse con un sorriso furbo.


  
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