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Autore: sophrosyne    21/03/2015    1 recensioni
Questa non è una storia complicata, non è una storia su cui ragionare, è solo una storia da ascoltare. Costellata di frecce scagliate troppo in alto invece che lontano e che atterrano giusto a un paio di passi dall’arco. È una storia di delusioni, di viaggi in macchina con gli Articolo nello stereo e di decisioni affrettate prese con la bottiglia di Sambuca stretta tra le mani. E madri preoccupate e tappezzerie piene di fiori lilla e docce lunghe che alla fine non servono a un cazzo perché non sei venuto a capo di nulla.
Non è una storia al passato ma al presente perché le cose succedono ora chissà dove e chissà a chi.
Non è una storia d’amore, ma una storia di persone che inizia con
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Che cosa ho fatto di male?
Che cosa ho fatto di bene?
Che cosa ho omesso di fare?”
 
 
 
Questa non è una storia d’amore, è una storia di persone. Persone normali con occupazioni normali. Una storia di favole inventate e di incontri e di appartamenti troppo vuoti o troppo affollati. Nessun dramma familiare, nessun morto, nessuna ferita ancora aperta. Semplicemente persone.
Andrea (procrastinatore cronico, poi anche bugiardo) che ha un gatto nero e un letto che non è un letto e il numero di cellulare scarabocchiato sul braccio di una sconosciuta che alla fin fine non è una sconosciuta perché gli sconosciuti non indossano i tuoi vestiti nel tuo appartamento. E Alfiere (procrastinatore cronico e un poco codardo, ma solo secondo i suoi genitori) che sente pesare la scatolina di velluto nella tasca dei jeans come un mattone mentre guarda Marta (che è una di quelle persone che sorridono sempre… nessuno capisce come) e cerca di trovare le parole senza balbettare e o piangere e nella testa gli riecheggia la voce di suo padre che ‘Fai l’uomo per una volta’, e sinceramente a lui di fare l’uomo non va più di tanto, l’idea di inginocchiarsi gli fa storcere il naso e vorrebbe solo tirare fuori l’anello e porgerlo a Marta (che sorriderebbe tantissimo) e dirle che non ha mai amato nessuno prima e che non amerà mai nessun altro e sì, forse farà così.
Non è una storia complicata, non è una storia su cui ragionare, è solo una storia da ascoltare. Costellata di frecce scagliate troppo in alto invece che lontano e che atterrano giusto a un paio di passi dall’arco. È una storia di delusioni, di viaggi in macchina con gli Articolo nello stereo e di decisioni affrettate prese con la bottiglia di Sambuca stretta tra le mani. E madri preoccupate e tappezzerie piene di fiori lilla e docce lunghe che alla fine non servono a un cazzo perché non sei venuto a capo di nulla.
Non è una storia al passato ma al presente perché le cose succedono ora chissà dove e chissà a chi.
Non è una storia d’amore, ma una storia di persone che inizia con
 
 
 
C’è un libro (c’è sempre un libro), di quelli tanto interessanti che fai fatica a staccartici, di quelli che ti porti nello zaino o di cui scrivi parti nei quaderni e ci pensi e ci ripensi e mastichi quei pensieri finchè non rimane più niente. E questo suddetto libro dice (anche) che c’è un’Armonia, con la A maiuscola, che è una legge matematica (anche se lui cosa c’entri la matematica non l’ha ancora capito bene) che ha il compito di dirigere la Natura in ogni sua forma: l’Armonia della salute è l’equilibrio tra caldo e freddo, quella della virtù è il controllo della passione e tutte quelle cose belle, che ti fanno sentire vivo, che ti fanno venire voglia di alzarti al mattino, quelle sono manifestazioni dell’Armonia. La musica, anche quella dei campanelli delle biciclette su cui pedalano rapidi i pischelli sotto la finestra della sua stanza, l’arte, anche quella dello stronzo che gli ha grafitato tutto il portone d’entrata, e l’amicizia, anche quella di Alfiere che non si fa sentire e se lo fa è per dormire sul suo divano lurido perché la Marta l’ha chiuso fuori di casa.
E questo libro è saggio, molto saggio, e scrive (anche) di Eraclito l’Oscuro e Pitagora Superstar e di tutte quelle teorie sull’origine del tutto, delle persone, dell’essere in generale, l’archè insomma. Però lui una cosa non la capisce e se la chiede spesso.
Sul libro, in particolare tra presocratici, non si fa riferimento all’amore. Forse l’unico di cui ha letto è Platone, più avanti, ma generalmente sull’amore hanno da dire ben poco questi filosofi. Musica, arte, amicizia. Sono manifestazioni dell’Armonia. Ma l’amore?
Ogni tanto se lo chiede, quando non ha nulla da fare e quando ha tutto da fare. Una parte della sua mente è sempre impegnata a pensarci, sussurrando o urlando a gran voce mescolata a Caparezza grande maestro di vita.
E ci sta pensando anche quella mattina del cazzo, col cielo scuro scuro e nuvoloso tipico della domenica in quel periodo. Pensa che avevano fottutamente ragione, quei greci, perché forse l’amore è tutt’altro che Armonia, è Caos e disordine e decisioni e parole e tutto lasciato in sospeso per codardia o per affetto. Alla fine lui ne sa ben poco, ma ci sta pensando comunque. E anche intensamente, sdraiato in boxer sul divano, nulla in programma e una sigaretta tra le dita, quando uno squillo riempie le stanze e rimbalza da un muro all’altro, facendogli venire un colpo al cuore per lo spavento.
È domenica mattina, sono le dieci.
E qualcuno lo sta chiamando al cellulare.
Alza gli occhi al cielo, si tira in piedi e a passi pesantissimi (tonnellate) arriva al suo telefono, nella tasca della giacca.
“Pronto” e appena lo dice quasi si spaventa: ha la voce roca, come se fosse raffreddato. Forse lo è.
“Sì, uhm, sono Lea”
Lea.
Quel nome gli dice meno di zero.
“Penso che tu abbia sbagliato numero, Lea”
“Ne dubito, - si affretta a dire lei, e ha la voce calda e morbida ma fresca come le voci dei bambini – me l’hai scritto tu. Sul braccio.”
E la voce calda e morbida prende a leggerglielo e sì in effetti quello è proprio il suo numero, nessun errore di battitura, aveva chiamato proprio lui. Andrea arriccia la fronte e vorrebbe dire qualcosa (non sa cosa), ma lei lo precede.
“Andrea – (le aveva scritto anche il nome, a quanto pare) – io non voglio disturbarti né niente… ma penso che venerdì sera tu abbia preso il mio perizoma e lo rivorrei indietro. Mi scoccia quando manca una parte, sai, dell’intimo coordinato. È proprio una cosa che mi scoccia.”
E in quel momento lui ricorda. Ricorda di averla incontrata al pub quel venerdì, e di averci parlato, e di averci limonato e averle scritto il numero, sì. Tutto quasi vivido nella sua testa. Ma la parte del perizoma, quella proprio gli manca.
“Uhm – si limita a mormorare, mentre caccia la mano libera in tutte le tasche della sua giacca – senti Lea, sembri simpatica e tutto, ma forse sbagli persona, io non-”
Lì si blocca, il fiato fermo in gola e la mano sospesa in aria, un perizoma di pizzo nero pendente dall’indice. Proprio carino.
Silenzio per un momento e da un angolo della sua testa, in fondo in fondo, gli arriva la voce di suo fratello.
Dai Andre, ma che combini? Le ragazze ubriache non si scopano, soprattutto se sei ubriaco anche tu! Ma che vuoi finire in galera? Scusati e riportale la biancheria… lavata!
Lui sbuffa e con una voce tremolante che non gli appartiene: “Ti offro un caffè?”





   
 
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