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Autore: looking_for_Alaska    21/03/2015    3 recensioni
Nella piccola cittadina di Thorn City, Canada, si trovava una vecchia casa abbandonata. Dentro di essa viveva un fantasma assetato di sangue che uccideva chiunque ci metteva piede.
E poi c'era William, un ragazzo uguale a tutti gli altri, tranne per il fatto che era un "liberatore di fantasmi"; ovvero, li conduceva alla luce, salvandoli. Però a condurlo da Amelia dagli occhi dolenti sarà il segreto che lei custodiva da tempo e che in qualche modo li legava.
Ma le domande sono tante. Come è morta Amelia, e chi l'ha uccisa?
Cosa collega un fantasma morto da più di duecento anni ad un ragazzo adolescente? E soprattutto, qual è il segreto per cui Amelia ha ucciso e continua a uccidere?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Sbuffai. Erano passati due giorni da quando ero andato a casa di Amelia e non vedevo l'ora di tornarci. L'unico problema? Mia madre era stata informata dell'accaduto e non voleva più lasciarmi uscire di casa. Eh già, queste cose succedono anche ai liberatori di fantasmi. << E non pensare che sia finita qui! >> urlò. Era mezz'ora ormai che gridava. << Andare alla casa infestata senza dirmi niente? Ma sai quanto è potente quel fantasma? >>. Alzai gli occhi al cielo. << Mamma, non è successo niente. Te l'ho detto, appena mi ha visto è fuggita >>. Mia madre fece cadere un bicchiere, che si infranse. << Non è questo il punto. Potevi morire, William >>. Non replicai. Era inutile farlo, tanto non mi avrebbe ascoltato. Sospirò forte, e si sedette di fronte a me. << Will >> posò una mano sulla mia. << tu sei mio figlio e se ti dovesse mai succedere qualcosa io... >> non finì, la frase, ma si coprì il volto con l'altra mano. Mi alzai e andai ad abbracciarla, stringendola forte. Sapevo quanto aveva sofferto per la morte di papà. Non avrei permesso che succedesse ancora. << Non farò più nulla di stupido. Però lasciami tornare da Amelia. È il mio lavoro, alla fine >>. Mia madre annuì, e incrociò il mio sguardo. << D'accordo. Ma ad una condizione >>. Rabbrividii, dentro di me. Cosa si era inventata, stavolta? Fu in quel momento che Mel, Amara, Brianna, Austin e James entrarono nella stanza (ma dove erano stati per tutto il tempo?). James parlò, sogghignando. << Noi ti aiuteremo. Sappiamo chi sei, ora >>. Li fissai, sconvolto. Lo sapevano? E come diavolo l'avevano capito? Amara venne verso di me sorridendo. << Strano che tu lo chieda >>. Cosa? Io non avevo nemmeno parlato. << Non serve che tu lo faccia >> mi rispose. Storsi il naso. << Leggi nel pensiero? >>. Annuì, ridendo. James mi lanciò un'occhiata disgustata. << E io sono un mago. Il mio elemento è il fuoco >>. Brianna sbuffò. << Gasati di meno. Io, invece, posso intuire le intenzioni di una persona. Non è che sia chissà quale potere, ma è efficace >>. E visto che c'era anche Austin, aspettai che parlasse. Ma non lo fece. La sorella parlò al posto suo. << Lui può parlare con i morti >>. Mi girai per osservare il sole mattutino, che rischiarava il cielo. << Quando andiamo da Amelia? >>. Ma mia mamma scosse la testa. << Non oggi, tesoro. Dovete riposare >>. Annuii, e al tempo stesso presi una decisione : ci sarei andato da solo, quella notte. La giornata non fu per nulla produttiva : restai a casa tutto il giorno, convincendo mia madre che avevo un fortissimo mal di testa. Ma a mezzanotte, quando lei ormai dormiva, misi in atto il mio piano (oddio, forse dire "piano" è un po' esagerato, dato che dovevo soltanto uscire dalla porta d'ingresso senza fare rumore). Il che non fu un problema, visto che mia mamma aveva un sonno molto profondo. Una volta fuori, entrai nella macchina e misi in moto. Okay, niente panico. Sapevo guidare. Credo. Misi in moto, e, con molta grazia, partii. Sì, ero ancora capace. Guidai fino a casa di Amelia dagli occhi dolenti, urlacchiando quando la macchina scivolò sul fango in una piccola stradina laterale (si, lo so, sono un cagasotto, ma capitemi; era notte, stavo facendo qualcosa che mi era stato imposto di non fare e al momento stavo per fare un simpatico colloquio con un fantasma assassino. Roba da niente, insomma). Una volta arrivato, parcheggiai davanti al cancello e scesi dalla vettura. Sentii le emozioni tristi dell'altra volta inondarmi, e trascinarmi verso la casa. Spinsi il cancello per entrare, e percorsi il vialetto. Lanciai un'occhiata inquieta all'albero, sicurissimo che da un momento all'altro si sarebbe staccato dal terreno e mi sarebbe corso dietro per uccidermi (okay, okay, forse ero un tantino paranoico). E ditemi, secondo voi, quale fu la prima cosa che feci quando raggiunsi la porta d'ingresso? Bussai. Sì, ero a conoscenza del fatto che ci abitava una persona morta, ma ehy, l'educazione prima di tutto! Ebbene, la porta rimase esattamente ferma nello stesso punto. Allora, come qualsiasi persona che si accorge di aver fatto una cazzata, girai la maniglia ed entrai. L'interno della casa era forse ancora più inquietante dell'esterno. Faceva un freddo terribile, prima di tutto. Il divano che avevo notato la notte prima era mezzo storto, in mezzo al soggiorno (che era davvero ma davvero grande, per giunta, tipo quelle antiche sale da ballo). Per terra il pavimento era fatto di assi di legno sconnesse, con alcune schegge che spuntavano. L'unico dettaglio era un enorme tappeto al centro della sala : doveva essere stato blu scuro con sfumature cobalto un tempo, ma ora era solo grigio. La casa non sembrava bruciata, dentro. Ma probabilmente era per il fatto che vedevo ben poco. Improvvisamente sentii una brezza fredda alla mia destra. Mi voltai di scatto, ma non vidi nulla. Poi qualcosa mi afferrò per la gamba. Mi sollevò e mi scaraventò contro una parete. Gridai a pieni polmoni, mentre cadevo a terra, tossendo. Una nuvola di polvere si era sollevata dal pavimento e dai muri. Eccola, davanti a me : bellissima e terribile, potente e indistruttibile, una dea guerriera. Amelia dagli occhi dolenti. Quando mi riconobbe (sì, ero piuttosto convinto che si ricordasse di me) divenne, se possibile, ancora più terrificante. I capelli le volavano indietro, gli occhi piangevano così tanto sangue da inzupparle completamente il vestito, che un tempo doveva essere stato azzurro chiarissimo, molto semplice, con delle spalline sottili e lungo fino alle ginocchia. Ora era solo uno straccio insanguinato. << Ti prego >> sussurrai, tossendo. << Voglio solo parlare >>. Ruggì, mi prese per un piede e mi lanciò dall'altra parte della stanza. Questa volta però, ero più preparato, e atterrai su una gamba. << Amelia, sinceramente, è l'una di notte, sono stanco e ho fatto tutta questa strada in macchina solo per parlarti. Quindi, prima di uccidermi, potresti almeno ascoltarmi? >>. Non si trasformò, ma almeno si fermò. Levitava in aria, al centro della stanza, e mi osservava, con i suoi occhi completamente neri da dea. << Okay, ehm... Dato che sei ferma immagino che non mi ucciderai subito >> mi schiarii la voce. << Sì, bene. Okay. Penso che tu sappia chi sono io, vero? O forse no. Non lo so. Senti, ricomincio. Ieri appena mi hai visto, sei tornata normale, diciamo così. E non mi hai ucciso. Volevo sapere perché >>. Il fantasma toccò il pavimento con i piedi e al suo posto comparve la ragazza. Era davvero carina, e aveva un'espressione gentile ma guardinga dipinta sul viso e forse, lievemente ostile. << Jacko? >> sussurrò così piano che quasi non la sentii. Aveva una voce molto chiara, anche se rauca. Doveva essere molto tempo che non parlava. Si schiarì la voce, e fece un passo esitante verso di me, mentre cercavo di alzarmi. << Jacko Blake? >> ripeté. Mi bloccai. Perché Amelia dagli occhi dolenti conosceva il nome di mio padre? << No >> risposi. La vidi sorridere per un secondo, ma poi mi lanciò un'occhiata diffidente. << Sei qui per uccidermi? >>. Scossi la testa. Si avvicinò di altri due passi. << Chi sei? >>. Aveva una voce molto particolare. Chiara, delicata, musicale. << Mi chiamo William Blake e... >> in un attimo ruggì forte e iniziarono a sanguinarle gli occhi. << Un altro Blake? >> ringhiò. Tremai. << Amelia, calmati. Io non ho idea del perchè tu ce l'abbia tanto con mio padre però... >>. In un attimo tornò normale. << Jacko era tuo padre? >>. Annuii. << Sì, è morto quando avevo due anni. Quest'anno ne farò diciotto >> annunciai. Amelia mi fissò. << Non sapevo avesse un figlio >>. Scrollai le spalle. << Tu come lo conosci? >>. Amelia abbassò lo sguardo, tristemente. << Lunga storia >>. In un attimo mi sentii molto vicino a quella ragazza. Era così triste, così malinconica, così sola. L'unica cosa che desideravo in quel momento era tirarle su il morale (cosa piuttosto strana, dato che lei aveva voluto uccidermi fino ad un momento prima). << Tu cosa fai, per, ehm, divertirti? >>. Mi guardò come se fossi l'essere più idiota del mondo e in effetti, non aveva tutti i torti. << Intendi oltre ad uccidere innocenti? >>. Okay, questa me l'ero meritata. Ma ehy, stavo dialogando con un fantasma. Non è da tutti. << Be', quando eri viva dovevi pur avere qualche hobby >> le dissi, gesticolando. Incredibilmente, lei sorrise, quasi con tenerezza. << Si, in effetti si. Scrivevo. Amavo scrivere >>. La guardai, meravigliato. Amelia dagli occhi dolenti adorava scrivere. Avevamo qualcosa in comune. << Davvero? Io amo leggere cose, ehm, romantiche. Ma ti prego, non dirlo in giro >>. Immaginatevi la mia meraviglia quando scoppiò a ridere! Sarà stupido da dire, ma aveva una risata davvero bella. Cristallina, ecco. Notai che quando rideva, si portava automaticamente una mano davanti alla bocca. La trovai una cosa molto tenera, a dire il vero. << Io scrivevo cose molto varie. Buttavo su carta tutti i miei sentimenti >> mi informò. Le sorrisi. << Mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo, allora >>. Amelia arrossì, arrotolandosi una ciocca di capelli neri e mossi sul dito. << Ma non sono nulla di che... >>. Mi misi una mano su un fianco, ridendo. << Questo lascialo giudicare a me, no? >>. Storse la bocca, poi annuì. << Va bene, d'accordo. Se aspetti un secondo, vado a cercare qualcosa... Sempre che mia madre non abbia buttato via tutto dopo la mia morte... >> e scomparve al piano di sopra. Non sapendo bene cosa fare, osservai i vari quadri appesi alle pareti. Uno ritraeva una ragazzina, sicuramente Amelia da giovane, con una donna dai capelli neri come i suoi raccolti in una crocchia severa. Di fianco ad Amelia c'era un uomo. Le teneva una mano sulla spalla, e aveva un sorriso arrogante. << Oh.. Stai guardando quella foto >>. Sobbalzai. Non l'avevo sentita arrivare. Camminava lentamente verso di me. Mi affiancò, leggiadra, senza timore. << Lei è mia madre, Annika >> mi informò alzandosi sulle punte dei piedi e indicandomela con un dito. Mi arrivava a malapena alla spalla. Era molto minuta. << Era una donna molto severa, e credo che non mi amasse molto >>. Poi spostò il dito verso l'uomo. << Di lui ho perso ogni memoria quando sono morta, ma sono abbastanza certa che sia stato il mio patrigno. Raymond, credo >>. E poi indicò la bambina. << Questa invece sono io >>. Le sorrisi. << Eri molto bella >>. Non rispose al sorriso, ma seppi che quel commento le aveva fatto piacere. Poi però si voltò, si girò e camminò verso le scale. La seguii, aspettandomi qualunque cosa... Era un fantasma assassino, in fondo, anche se ora sembrava solo un ragazzina pallida e timida. Prese un piccolo plico di fogli rovinati e vecchi. Me lo tese. << Questi sono alcuni dei miei lavori... E dentro dovrebbero esserci anche dei disegni. Adoravo disegnare >> mi disse. Li presi con cura, accarezzando la carta ingiallita con la punta delle dita. Li avrei letti appena me ne sarei andato. Cioè ora, visto che ormai erano... Guardai il mio orologio da polso. << Cazzo! >> esclamai. << Sono le sei di mattina! >>. Mia madre doveva essere già sveglia! Chissà cosa avrebbe detto se avesse visto il mio letto vuoto e la macchina che mancava! Dovevo tornare assolutamente a casa. << Amelia, è tardissimo. Mia madre non sa che sono venuto, anzi, probabilmente mi ucciderà appena lo scoprirà. Quindi, ci vediamo stasera. Anzi no. Tornerò quando avrò letto tutti i tuoi scritti, così potremo parlarne >>. Amelia rise e mi salutò con una mano. Ricambiai velocemente e mi fiondai fuori dalla porta correndo alla macchina, diretto verso casa. Forse Amelia dagli occhi dolenti non era come tutti pensavano che fosse.
   
 
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