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Autore: Rosiephel    21/03/2015    3 recensioni
Jungkook era un guscio vuoto che soltanto Taehyung poteva colmare.
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taekook | minor!jikook
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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NOTE: Annyeong haseyo! Questa è una oneshot che ho incominciato a scrivere tempo fa in una giornata abbastanza schifosa e deprimente. E' rimasta sepolta nel cimitero dei miei lavori da non so quanto tempo fino ad oggi. E' una storia leggera, molto dolce, un lavoro a cui sono molto affezionata. La scelta del pairing è ricaduta sulla Taekook: motivo? Perché li amo, punto e basta. Ci saranno molti conflitti interiori, paesaggi magici e le mie solite infiocchettature da autrice. Ringrazio subito tutte coloro che leggeranno, recensiranno, seguiranno, preferiranno e ricorderanno questa preziosa corolla di emozioni. Già il fatto che state leggendo l'introduzione colma il mio cuore di felicità. La dedico alle persone che hanno timore di aprirsi, preziose gemme di primavera bisognose di un sorriso. Grazie davvero e buona lettura!

disclaimer: i personaggi non mi appartengono; riferimenti a cose, persone (o eventi) puramente casuali e frutto della mia immaginazione; fanfiction pubblicata senza alcuno scopo di lucro.





Siamo tutti degli sciocchi, idioti.
Sperando in una possibilità ci aggrappiamo ad un amore già finito.
Non provo ancora sentimenti nei suoi confronti, so solo di non poter più andare avanti.
Ma a volte è come se non potessi digerirne, perché?
E' come se le mie viscere stessero per esplodere, mi torna su e mi fa vomitare.
Nella mia immaginazione litighiamo, facciamo pace e ti capisco.
I movimenti della tua mano, i tuoi sguardi sono diventati vaghi, ma perché non spariscono?" [...]
"Nonostante io sappia che è tutto finito e che probabilmente non ci sono più sentimenti, fammelo sapere.
Dimmi qualcosa! Voglio solo sapere.
I miei sentimenti persistenti si stanno aggrappando a quel punto fermo.
Quindi dimmi qualsiasi cosa, fammi sapere!

[Let me know - BTS]




Blossom tears





Il soffitto era tempestato di macchie bianche a forma di stelle, adesivi luminescenti che riflettevano quella stessa luce in grado di dissipare spirali di buio sotto il letto. Erano piccole lucciole, luminose. Brillavano fiocamente sul soffitto proiettando ombre indistinte ai lati di cinque bracci appuntiti.

Jungkook sbatté le palpebre ripetutamente, colto da un leggero sbadiglio di sonno. Chiuse gli occhi e rilassando i muscoli si concentrò sul leggero respiro che sentiva a pochi metri dal suo letto, ovattato da spesse lenzuola profumate. Lo udiva forte e chiaro nella sua testa. Sospiri caldi che lambivano un morbido cuscino. Era Taehyung che dormiva beato sotto le lenzuola, nascosto da esse fino alla punta delle orecchie.

E Jungkook lo ascoltava dormire per lunghe ore, assaporando quel momento come un piccolo e prezioso attimo in cui i suoi sentimenti galleggiavano leggiadri in aria, liberi. Si rigirò tra le coperte alzandone l'orlo fin sotto gli occhi. Nonostante il buio Jungkook riusciva ancora a distinguere la sagoma della sua schiena dall'altra parte della stanza, avvolta tra strati e strati di tessuto bianco.

Ad un tratto il suo respiro divenne pesante, singhiozzante, e con amarezza Jungkook chiuse gli occhi gonfi di lacrime sopprimendo quel battito cardiaco che rimbombava prepotente contro i suoi timpani.












Le luci dei riflettori erano intense, abbacinanti, e Jungkook dovette coprirsi gli occhi con il palmo delle mani per poter definire l'ombra di una schiena a pochi centimetri dal suo naso.

Non aveva mai amato quell'accecante luminosità che gli faceva lacrimare gli occhi e lo disorientava a tal punto da non distinguere i contorni delle persone. Tuttavia giorno dopo giorno, per qualche ragione, si era abituato al quel pizzicore fastidioso alle cornee come se non fosse mai esistito.

Jimin lo spinse in avanti incitandolo a compiere un altro passo e Jungkook avanzò lentamente, respirando profonde nuvole d'aria con apatia.

I flash erano accecanti, provenivano da tutte le direzioni. Jungkook scosse il capo e costrinse sé stesso a sollevare lo sguardo da terra per indossare quella maschera d'allegria che tutti volevano vedere. Il sorriso delle telecamere, quello che faceva battere il cuore delle sue adorate Armys.

Come solito Jungkook si sedette sulla sedia accanto a quella di Taehyung il quale, ridendo, lo incitò a sorridere a sua volta verso il pubblico e i mass media.

Il meeting durò un'eternità. Jungkook aveva perso il conto di quanti album o foto avesse autografato, quanti flash fossero rimbalzati sulla sua pelle lievemente velata di sudore o di quante volte avesse dissimulato un sorriso invece di piangere per l'esasperazione.

Era stressato. Tutti loro lo erano.

Il mondo vorticava senza sosta sulle sue spalle ricurve ed il suo unico desiderio era quello di crogiolarsi nel calore rassicurante delle coperte ad osservare la distesa grigio topo del soffitto e ad ascoltare un respiro ingannevolmente suo.

«Kookie, è ora di andare» la voce di Taehyung lo riportò alla realtà, a quel mondo in cui tutto gli sembrava sbagliato e tristemente privo di colori. Si sentiva come se fosse appena precipitato dal cielo, privato di ali che lo avrebbero liberato dalla paura.

Alla fine Jungkook annuì debolmente e deglutí per la gola improvvisamente secca. Si alzò, piegò il busto in un inchino ed accolse il braccio di Taehyung sulla spalla per perdersi nel dolce profumo che permeava la sua pelle ambrata.












Jungkook scoprì di provare affetto nei confronti di Taehyung nel momento in cui lo vide abbracciare qualcun altro che non fosse lui. Il suo battito cardiaco era accelerato in modo esponenziale colpendolo violentemente sullo sterno con galoppi frenetici, privandolo dell'aria nei polmoni e del rossore sulle guance.

E' tutto sbagliato! il suo stesso grido interiore gli perforò i timpani.

Aveva distolto poi lo sguardo per non rimanere ferito da un gesto che aveva visto tante altre volte ma che mai prima d'ora lo aveva afflitto in un modo così doloroso.

Con il passare del tempo, nei piccoli sguardi che cadevano dal cielo come stelle cadenti, i suoi sentimenti crebbero a poco a poco. I battiti si trasformarono da leggeri tremori a timidi rossori sulle guance imperlate di sudore e con l'aumentare dell'intensità il dolore e la paura sbocciarono in una realtà dura e spietata.

Non posso.

Jungkook sapeva che Taehyung non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti, che quegli abbracci che gli regalava erano solo gesti d'amicizia, di un profondo rispetto verso una persona che accoglieva i suoi difetti con amabili sorrisi.

All'inizio Jungkook era contento dei momenti passati assieme, di quelle risate che echeggiavano nello studio mentre provavano una coreografia o componevano una nuova canzone. Era tutto fantastico, perfetto ed ascoltare la voce di Taehyung che intonava una strofa melodiosa con passione fu l'inizio della fine. Il suo cuore era ormai suo per sempre.

Ma era tutto sbagliato: i suoi battiti, i suoi rossori, il suo piccolo amore proibito.

Nessuno avrebbe capito la situazione. I mass media lo avrebbero divorato, seppellito in una valanga di pettegolezzi acri e spietati. E con lui avrebbe trascinato anche i suoi più cari amici. Non se lo sarebbe mai perdonato quindi tacque.

Jungkook sorbiva in silenzio quel dolore che gli mangiava l'anima pezzo dopo pezzo. A volte si sentiva prosciugato, privato della linfa vitale e nei picchi di agonia quel segreto riusciva a farlo esasperare fino a perdere i sensi su un cuscino imbrattato delle sue stesse lacrime.












Mentre attendevano l'inizio dello showcase sulle poltrone nero opaco della sala d'attesa i ragazzi avevano l'abitudine di registrare un Bangtan Bomb che poi avrebbero pubblicato successivamente nella rete. Oppure giocherellavano con i loro cellulari per distrarre la mente ed il corpo da possibili stress.

Quel giorno Taehyung se ne stava rannicchiato in un angolo a fissare lo schermo del proprio cellulare, sospirando e mordendosi le labbra con astio.

Jimin aveva la telecamera tra le mani e stava gironzolando per la stanza a filmare i suoi amici. Dopo aver intervistato Hoseok e Jin concludendo col nulla, Jimin zampettò con fare losco verso Taehyung, stringendo tra le mani l'involucro freddo della telecamera. Jungkook sollevò lo sguardo dal microfono per guardarli.

«Taehyung-ah! Perché non saluti le nostre Armys? Cosa stai facendo? Su-su... Dicci tutto!» il diretto interessato sollevò gli occhi dallo schermo del cellulare e disorientato passò lo sguardo dalla lente della telecamera a Jimin, per poi tornare a concentrarsi sul cellulare, «Dai! Non fare l'asociale!»

Taehyung strizzò gli occhi infastidito. Il suo sguardo affilato fece imbronciare il viso di Jimin. Ma non demorse e continuò a tartassarlo di domande.

Alla fine Taehyung sbuffò platealmente seccato. Infilò il cellulare in tasca e si alzò, «Niente che possa interessarti» asserì scostandosi dal viso una ciocca castana.

«Ci siamo svegliati di cattivo umore?» Jimin rise e a quel punto Taehyung perse le staffe.

Per la prima volta nei loro anni di assoluta convivenza pacifica Taehyung si alzò spingendo bruscamente Jimin contro il muro, «Ma cosa? Hey! Torna qui, abbiamo un'esibizione tra trenta minuti!» ma l'altro fece finta di niente e se ne andò sbattendo con forza la porta della sala.

Jungkook guardò la scena con occhi colmi di tristezza. Jimin aveva gettato la telecamera contro la poltrona su cui era seduto Taehyung e sbuffando bevve un lungo sorso d'acqua per sbollire la rabbia che tormentava il suo petto. Gli altri ragazzi si guardarono a vicenda: alcuni sorpresi, altri disorientati.

L'unico che disse qualcosa fu Namjoon: la sua espressione era neutrale, quasi indifferente ma da come si muoveva, dai piccoli movimenti delle mani Jungkook capì la sua apprensione nei confronti dei suoi dongsaeng.

Jungkook uscì in fretta dalla sala cercando di capire quale direzione avesse preso Taehyung. Solcò corridoi, salì varie rampe di scale fino a quando non udì l'eco rauco della sua voce. Sollevò lo sguardo e vide la porta che si affacciava al terrazzo leggermente socchiusa.

Senza pensarci ci si fiondò di tutto petto.

Fuori dall'edificio il cielo notturno era illuminato dalla sfrigolante luce verde del segnale d'uscita. Non c'erano stelle, tutte coperte da un pesante strato di nuvole grigie.

Tuttavia, nonostante la tetra coltre d'oscurità che saturava l'aria, Jungkook riuscì subito a distinguere la schiena di Taehyung leggermente incurvata in avanti senza difficoltà. Sarebbe stato in grado di trovarlo anche tra una folla di tanti Taehyung ammassati l'uno a fianco all'altro, nello stesso modo in cui riusciva a distinguerlo sotto le coperte prima di dormire, senza battere ciglia.

Taehyung era al telefono e si muoveva senza sosta, freneticamente. Il suo passo era pesante e continuava a gridare impazzito, «Voglio delle spiegazioni!» sbraitò colpendo il terreno con violenti calci.

Sul collo stava pulsando quella stessa vena che si gonfiava quando era arrabbiato o cercava di intonare una nota a lui irraggiungibile.

Ad un tratto si fermò, il braccio destro che penzolava sul fianco, «Va bene, Sewa» al suono di quel nome Jungkook arcuò le sopracciglia sospettoso. Era la prima volta che lo sentiva, acre ed aspro come un limone. L'amaro in bocca che ne susseguí, propagandosi in tutto il suo corpo, infettò ogni cellula come un virus da cui non sarebbe guarito facilmente.

Avanzò di un passo, allungando la mano nella sua direzione. Si morse un labbro e sussurrò il suo nome quando, all'improvviso, si immobilizzò, completamente devastato da due parole che mai prima d'ora avevano avuto lo stesso sapore acido del dolore.

«Mi manchi» Taehyung riattaccò la chiamata.

La mano di Jungkook incominciò a picchiettare freneticamente sul fianco. Taehyung si voltò infilando il cellulare in tasca e quando sollevò lo sguardo da terra per posarlo sul viso di Junkook coperto dall'oscurità Taehyung distese un sorriso con espressione cupa, appoggiando una mano sulla sua spalla, «E' ora di andare»

Il rumore delle sue scarpe risuonò per molti minuti dentro la testa di Jungkook, anche quando il loro eco scomparì dall'aria, sovrastato solo dall'infrangersi traditrice di gocce salate che cadevano da labbra piegate dal dolore.












Due giorni dopo la chiamata Taehyung incominciò ad uscire di nascosto dal dormitorio ad orari improponibili. Jungkook lo aveva sentito alzarsi dal letto, infilarsi le scarpe oltre l'orlo delle lenzuola ed indossare la giacca per sgattaiolare fuori dalla stanza senza nemmeno accendere le luci. Lo aveva visto poi percorrere frettolosamente il marciapiede tra le fessure sottili della tenda.

Nelle notti seguenti Taehyung uscì di nuovo, all'incirca alla stessa ora, nel silenzio più totale coperto da una pesante giacca di pelle ed un cappuccio calato sulla testa. Una volta aveva rivolto uno sguardo indecifrabile verso il suo dongsaeng avvolto tra le lenzuola prima di andarsene socchiudendo la porta.

E Jungkook, come la notte precedente, scoppiava in un pianto muto, sfiancato, imbrattando i cuscini di altre innumerevoli lacrime risvegliando una sera anche il sonno pesante di Jimin.

Quella notte il maggiore, entrando di soppiatto nella stanza dei suoi dongsaeng, si accorse del letto sfatto di Taehyung, del vuoto tra alcune paia di scarpe e di un tremolio sotto le lenzuola.

Ma non disse nulla e piegandosi sulle ginocchia Jimin incominciò a punzecchiare Jungkook sulla spalla, «Kookie» la sua voce sottile fece sobbalzare l'altro, «Kookie, sei sveglio?»

In un primo momento Jungkook pensò di stare fermo, di continuare a dormire sopprimendo il grande fuoco che gli bruciava l'aria nei polmoni e pompava sangue gelido in tutto il suo corpo. Forse lo avrebbe fatto davvero, lasciandosi alle spalle un'altra sgradevole serata. Ma non ne poteva più di tutti quei segreti, della paura che lo schiacciava contro il letto e dei cattivi pensieri che tormentavano la sua anima e prosciugavano la sua giovinezza.

Jungkook si voltò lentamente, rigirandosi tra le coperte e coprendo gli occhi gonfi e rossi con il palmo delle mani. La voce che scivolò dalle sue labbra screpolate era debole, rotta dai singhiozzi ma Jimin lo ascoltò in silenzio, accarezzandogli a volte la fronte imperlata di sudore freddo, «Mi sento male. Ho paura... ho una fottuta paura che lui scompaia per sempre» un'altra lacrima s'infranse sulla sua guancia.

Jimin intrufolò le mani sotto la piccola feritoia delle lenzuola per stringere affettuosamente le guance umide di Jungkook. Si guardarono negli occhi, un tempo che a Jungkook sembrò infinito. Lentamente il buio si dissipò tra pensieri silenti.

«Ho capito» Jimin spezzò il vuoto che opprimeva i sogni di Jungkook e sorridendo gli diede un leggero buffetto sulla gota, «Non ti preoccupare, non lo farà» e bastarono quelle semplici parole per calmare il trepidante crepitio della fine.

Jungkook annuì ed accolse un lieve bacio sulla fronte socchiudendo gli occhi.

Improvvisamente la porta della camera si spalancò, lasciando spazio all'espressione cupa di Taehyung puntata sui visi troppo vicini di Jungkook e Jimin.

La cosa che più ferì Jungkook mentre dava le spalle al letto di Taehyung non fu essere stato scoperto insieme a Jimin, o l'incomprensione di un bacio mai dato. Ciò che più fece sanguinare il suo cuore fu lo sguardo indifferente che Taehyung gli lanciò mentre si sfilava la giacca, gettava le scarpe in un angolo e si buttava a peso morto sul letto con un braccio premuto sul viso, «Non fate troppo rumore, sono stanco»

«Buonanotte» Jimin si alzò, il viso coperto dalla notte, e chiudendo la porta dietro di sé il rumore del respiro pesante di Taehyung incominciò ad insinuarsi prepotente contro i timpani di Jungkook.

Non ci fu il tempo né per parlare né per respirare e Jungkook, avvolgendo le coperte sul fianco schiacciò i palmi della mani sulle orecchie per non sentire più quel maledetto battito dentro la testa, per frenare i pensieri torvi che affliggevano ogni parte di sé.

Si addormentò esausto, con la pesantezza che schiacciava la sua schiena e con potenti sferzate dolorose che punzecchiavano le sue guance, «Kookie, non-» Jungkook, però, era troppo addormentato per sentire la fine di quella frase.












La tensione che si creò successivamente tra di loro era logorante, asfissiante. Davanti alla telecamera i ragazzi erano quelli di sempre: felici, solari, adolescenti che si divertivano a nascondere la verità dietro sorrisi sbiechi, sguardi fugaci e risate finte, forzate.

Jimin allacciò le braccia intorno al collo di Jungkook ed avvicinando le labbra al suo orecchio, su cui penzolava un nuovo piercing a cerchio nero, il maknae scoppiò in una candida risata che contagiò anche l'espressione tesa di Hoseok e Yoongi. Eppure Jin e Namjoon, appoggiati sullo stipite della porta, osservavano la scena con sguardi meditabondi, lanciandosi a volte delle occhiate argute.

Il rapporto tra Jungkook e Taehyung si colmò di silenzi, imbarazzanti equivoci e il maggiore dei due non poté non arrabbiarsi quando, un giorno, Jimin gli comunicò il cambio di stanza, «Da oggi io dormirò qui, tu invece andrai da Yoongi e Hoseok»

«E perché dovrei farlo?» la sua voce oscillava tra l'irritazione e l'ira.

La parte peggiore fu quando Taehyung posò lo sguardo affilato su Jungkook, in attesa di una qualsiasi reazione da parte sua. Si guardarono a vicenda, intensamente, e Jungkook asfissiato dalla sua stessa codardia, vedendo quegli occhi liquidi posarsi su di sé, distolse lo sguardo imbarazzato.

«Va bene. Fate quello che vi pare» Taehyung sbatté la porta con talmente tanta forza che le pareti tremarono alla stessa frequenza delle labbra di Jungkook. Jimin grugnì stanco e sdraiandosi sul letto di Taehyung schiacciò un pisolino.

Mano a mano che i giorni passavano e le cose di Taehyung scomparivano una ad una dalla loro stanza, Jungkook pensò a quanto gli mancasse l'eco familiare del suo respiro contro la guancia, a quante volte avesse immaginato di sentirlo scivolare sotto le coperte per avvolgerlo in quel calore rassicurante che riusciva a dissipare le nuvole di melanconia.

Purtroppo non avrebbe più avuto occasione di vedere i suoi desideri trasformarsi in realtà.












Dopo due settimane estenuanti di prove e soundcheck in preparazione di un importante live Taehyung si accorse di un leggero cambiamento nel viso di Jungkook. Era dimagrito, si erano create delle piccole macchie violacee sotto gli occhi e aveva perso frammento dopo frammento quel solare sorriso all'angolo della bocca che riusciva sempre a rassicurarlo prima di un'esibizione.

Forse doveva dirglielo, fargli sapere che in fin dei conti voleva ritornare nella loro stanza, nel loro mondo. Ma era troppo orgoglioso, convinto più che mai della sua decisione.

Taehyung non disse nulla e facendo scivolare la giacca nera orlata di bianche pieghe scosse con una mano la frangia castana che gli solleticava le ciglia.

Il tintinnio della collana a catena che sbatteva sul petto di Jungkook risvegliò quest'ultimo da un pensiero fugace. La sala era gremita di voci, di persone sconosciute che volavano da uno studio all'altro per rendere quello spettacolo il più memorabile di tutti.

Jungkook era stanco, sfiancato dalle troppe ore di sonno perse ad autocommiserarsi. Avvertiva nitidamente le sue palpebre supplicargli un po' di riposo.

Alla fine il live andò splendidamente, meglio delle prove ed i soundcheck. Una noona gli stava sistemando il trucco per il saluto finale. Sentiva la morbidezza di un pennello solleticargli la guancia mentre la sua noona correggeva l'eyeliner che gli era colato agli angoli degli occhi. Dopo poche passate il suo sguardo tornò ad essere quello di sempre, limpido e liquido, ipnotico e leggermente socchiuso dalla stanchezza.

Jungkook s'incamminò per inerzia con sguardo rivolto verso il suolo, seguendo le scarpe di Jimin a pochi passi di fronte a lui. Il cigolio della catena riempiva il vuoto fin quando il boato dell'audience non investì ogni suo senso facendo vorticare la terra sotto i piedi. Jungkook barcollò leggermente di lato e Jin lo afferrò per il polso prima che lo perdesse di vista tra gli altri artisti presenti sul palco. Lo spinse davanti a lui e il maknae, sorridendo, osservò la folla con sguardo vacuo.

Improvvisamente sulla sua visuale appannata dal fumo, verso destra, Jungkook vide Yoongi aggrappato alle spalle rigide di Taehyung.

In un primo momento credette di sognare, che quella scena fosse soltanto frutto della sua immaginazione ma qualcosa nei movimenti spontanei di Taehyung e nella risata candida di Yoongi suggerì al ragazzo che fosse tutto reale.

Yoongi saltellava impazzito e Taehyung rideva piano con le mani raccolte in avanti. Ciondolavano prima a destra, poi verso sinistra.

Quell'immagine avvelenò ogni suo buon proposito e senza rendersene conto Jungkook fece scivolare le braccia sulle spalle che aveva difronte. Jimin si voltò sentendo un calore sconosciuto lambirgli la pelle ed accorgendosi di chi fosse, sorrise. Jungkook era appollaiato sulle sue spalle e di sottecchi posava lo sguardo a destra, nel punto in cui le risate di Yoongi diventavano sempre più rumorose.

Inconsciamente Jimin colpì Taehyung sul braccio e quest'ultimo, voltandosi nella sua direzione, vide Jungkook con il mento appoggiato sulla spalla del suo hyung. Con la stessa velocità con cui si era girato si scostò per guardare il pubblico che invocava il suo nome.

Tuttavia per qualche ragione, forse per il solo fatto di aver visto un movimento alla sua destra, Jungkook sollevò lo sguardo incrociando quello di Taehyung nel momento prima che lui si voltasse. E ad un tratto il mondo finì di ruotare, di vorticare ad una velocità insopportabile ed orbitare intorno al sole.

Un pensiero malsano incominciò a punzecchiare violentemente la nuca di Jungkook facendogli realizzare il suo comportamento infantile ed irragionevole. Si staccò velocemente da Jimin, appena Taehyung distolse lo sguardo, ed indietreggiando allacciò le mani dietro il collo per esalare profondi respiri, accatastare le proprie forze nel petto e formulare un pensiero corretto, un qualche cosa che potesse spiegare quel suo improvviso senso di vuoto all'altezza del cuore.

Poi sollevò il mento per respirare quando i suoi occhi incontrarono di nuovo quelli di Taehyung: il battito cardiaco accelerò di colpo e l'aria rarefatta della sala lo costrinse a voltarsi al suo sguardo indecifrabile. Incominciò ad indietreggiare. Sbatté contro qualcuno ma non se ne curò. Era troppo per lui, per il suo cuore sanguinante e per quei brevi ma intensi sguardi che gli penetravano l'anima.

Si perse tra gli intricati viticci delle persone ed incespicando sgattaiolò dentro un corridoio semi illuminato, tappandosi le orecchie ad un boato dietro la schiena.












Jungkook fu inghiottito dalla paura, da quegli stessi incubi che lo avevano tormentato ogni notte da quando comprese il suo amore irrealizzabile per un ragazzo dagli occhi liquidi, scuri e della stessa consistenza rassicurante di una tazza fumante di cioccolata calda, dalle labbra carnose e rosse simili a petali di papaveri d'estate, dai capelli d'autunno leggermente scarmigliati sulle orecchie e perfettamente pettinati in fronte, lì dove una ciocca era più corta degli altri perché Taehyung l'aveva tagliata accidentalmente mentre giravano il video di Danger, dal sorriso rettangolare e solare e dalla risata più bella che avesse mai udito, rauca e goffa, felice ed ipnotizzante.

Jungkook amava ogni cosa di Taehyung: i suoi modi particolari, le monellerie alla telecamera con quel suo adorabile shyoong che fuoriusciva dalle sue labbra mentre cercava di coprire la lente con la mano, degli involucri di chupa chups sparsi per la loro stanza e del leggero profumo di sapone che permeava le pareti ogni qualvolta Taehyung provava a fare le bolle in segreto ma che Jungkook aveva colto in fragrante la seconda notte passata insieme.

Jungkook amava tutto di Taehyung e si diede dello stupido quando da un giorno all'altro aveva lasciato che Jimin entrasse nella loro camera, nel loro mondo, nel loro universo fatto di respiri pesanti contro il cuscino e del rumore di scarpe la sera; si odiò a morte quando lasciò che Taehyung portasse via le sue cose dalla loro stanza, sia le bolle di sapone che i chupa chups. Nonostante Jimin ne avesse offerti al dongsaeng essi, non essendo quelli di Taehyung, non avevano più lo stesso sapore dolce e speziato della felicità.

Jungkook si rese conto che, sebbene odiasse il fatto che Taehyung non ricambiasse i suoi sentimenti e avesse qualcun'altra nel cuore, gli sarebbe bastato averlo accanto per essere felice. Lo sarebbe stato con tutto il suo cuore, anche il giorno in cui Taehyung avrebbe stretto tra le braccia qualcun'altra, davanti ad un altare e lo sguardo incatenato a quello della sua futura compagna di vita.

Jungkook gli sarebbe rimasto fedele come un amico, come il bravo dongsaeng che lui era.

Ora la sua stanza era priva di profumi, di odori familiari che pizzicavano la sua anima. La consapevolezza della sua mancanza rese Jungkook malinconico, desideroso di tornare indietro nel tempo al momento in cui tutto era precipitato nell'oblio, a quando avrebbe dovuto seguire Taehyung senza battere ciglio invece di arrovellare i pensieri su quel nome che non aveva più un significato.

Ad un tratto la porta della stanza si spalancò e Jungkook sollevò lo sguardo con stanchezza, sbuffando nel vedere il viso solare di Jimin schiaffeggiargli sulla guancia la dura realtà.

La tristezza divorò ogni cosa, «Che ci fai qui?» Jimin sollevando un sopracciglio con espressione disinvolta.

«P-perchè? Dove dovrei essere se non nella mia stanza?» Jungkook si asciugò una lacrima con il dorso della mano e grugnì rabbioso, più con sé stesso che per la domanda.

Jimin incrociò le braccia al petto e brontolò in quel modo rozzo e strafottente che da un giorno all'altro Jungkook aveva incominciato a non tollerare più, «Sei un cretino, Jeon Jungkook. Qui l'unico ad aver sbagliato sei tu! Perché te ne sei andato via in quel modo dallo show

«Cosa vorresti dire? Tanto era finito, no? Con o senza di me la serata era già giunta al termine»

«Certo, dillo a quell'altro cretino che se n'è andato subito dopo che tu sei scappato. Chissà dove sarà adesso» seguì il silenzio, cupo ed assordante silenzio che ronzava all'orecchio di Jungkook come un'ape su un fiore.

Quando attutì il colpo spalancò gli occhi ed alzandosi in piedi afferrò Jimin per il colletto della maglia bianca. Il suo sguardo era un miscuglio tra l'incredulità e la rabbia, un impasto d'emozioni che fece sorridere Jimin, «Era ora che ti svegliassi, Kookie. Siete così ciechi da non vedere quanto entrambi state soffrendo»

«Cosa?» Jimin si liberò facilmente della presa di Jungkook e spingendolo fuori dalla stanza lo incitò ad uscire.

Jungkook si voltò ancora disorientato, «Su, vai a riprendere la nostra scimmietta. Quando ritornerete, la vostra stanza sarà tale e quale a prima del mio arrivo. Hwaiting












Jungkook tornò allo studio più in fretta che poté, implorando al suo corpo di non cedere prima del tempo. L'aria nei polmoni bruciava, il cuore batteva senza freni ma per qualche strano motivo non era stanco o affranto da pensieri torvi. L'unica cosa che gli interessava era rivedere quel viso che riusciva ad illuminare le sue giornate sorridergli di nuovo.

Salì a perdifiato le rampe di scale, tre gradini alla volta. Inciampò su uno scalino ma si rialzò con più grinta e raggiunta la porta del terrazzo la spalancò con un colpo di spalla.

Il vento che soffiava sul piccolo pianerottolo era pungente ma inaspettatamente caldo. In cielo non brillava alcuna stella, coperte da una distesa impenetrabile di nuvole. Tuttavia Jungkook riuscì ad scorgere nella tenebra più oscura la schiena di Taehyung leggermente inclinata in avanti. Si abbassava ed alzava a ritmi frenetici, come se anche lui avesse appena corso le rampe di scale tutte in un solo colpo.

«TaeTae, perché non sei tornato a c-»

«Aish!» Jungkook non riuscì a terminare la frase che Taehyung si voltò di scatto, grugnendo una sottospecie di imprecazione. Lo travolse con una spinta ed il maknae chiuse gli occhi all'impatto con il suo corpo.

Jungkook esalò un verso di dolore quando la sua schiena sbatté rovinosamente contro la parete dell'edificio. Boccheggiò senza fiato e mentre sbatteva ripetutamente le palpebre l'unica cosa che riuscì a distinguere furono gli occhi di Taehyung puntati su di lui, sul suo viso sudato e sulla sua bocca leggermente aperta. La frangia del maggiore gli solleticava la punta del naso e strizzando gli occhi il mondo circostante perse colori e profumi, lasciando che la fragranza della pelle di Taehyung invadesse ogni suo senso.

«Perché l'hai fatto? Perché te ne sei andato?» la voce di Taehyung era rotta da affanni prepotenti, leggeri sbuffi che lambivano le sue labbra piegate per respirare, «Provi così tanto gusto nel farmi preoccupare come un matto?» ed inaspettatamente Taehyung abbandonò la sua posizione di dominanza per premere pesantemente la fronte sulla spalla nuda di Jungkook, sfiancato dalla corsa.

Niente aveva più senso, nemmeno respirare aveva più un significato per Jungkook mentre sul petto percepiva i respiri di Taehyung levigargli la pelle, cancellando con leggeri sbuffi d'aria ogni brutto pensiero.

«Mi dispiace» Jungkook aveva la gola secca, il palato impastato di acre dispiacere. Sospirò pesantemente ed abbassando lo sguardo vide Taehyung sollevare il capo dalla sua spalla.

E l'eternità incominciò a scorrere di nuovo in un mondo che aveva lo stesso profumo aromatico della pelle di Taehyung, la stessa consistenza delle chupa chups sulla lingua e la bellezza delle sue risate contro il timpano di Jungkook.

Taehyung posò le mani sulle gote appiccicose di Jungkook e chiuse gli occhi, azzerando sia i suoi pensieri che la breve distanza tra i loro nasi.

Jungkook sobbalzò quando sulla bocca percepì la reale consistenza delle labbra di Taehyung, morbide e stranamente complementari alle sue. Temette quasi di sognare ma sapeva che l'entità che ora lambiva i suoi sensi era vivida, non illusoria. Concesse al suo cuore di battere di nuovo per quel tiepido calore che riscaldava la punta delle sue orecchie e solleticava le guance leggermente paffute ora premute contro il palmo delle mani calde di Taehyung.

Jungkook chiuse gli occhi e respirò per la prima volta contro quella bocca che ricercava la sua, pizzicandogli la pelle con risate fievoli. Accolse quella morbidezza floreale su di sé mentre Taehyung avvicinava il bacino contro il suo, accomodando una gamba tra le sue cosce leggermente divaricate.

Avvertì uno strano calore pompargli sangue nei tessuti e quasi perdette il contatto con le labbra di Taehyung quando quest'ultimo lo sollevò da terra per premere i loro bacini l'uno contro l'altro, le sue cosce allacciate sui fianchi stretti del maggiore.

Approfondire quel bacio fu il passo successivo.

La prima volta il tintinnio dei loro denti che sbattevano gli strappò una risata. Dopo che annullarono la distanza tra i loro petti i battiti cardiaci si fusero in una sinfonia che rimbombava dolcemente sui loro timpani.

Era tutto nuovo: le percezioni che facevano formicolare di piacere le dita dei piedi, gli annaspi incontrollabili dei polmoni per l'apnea, il solletico delle ciglia sulle guance.

Era strano, bizzarro ma talmente bello che la parola tristezza scomparve improvvisamente dai loro vocabolari.

Taehyung pensò a quanto il sapore di Jungkook assomigliasse al miele, al leggero aroma di primavera che si insinuava sotto le sue coperte mentre dormiva, al leggero battito cardiaco che amava ascoltare prima di abbandonarsi al sonno più beato e a quanto gli ricordasse l'assenza di una parte di sé che gli avevano strappato via da un giorno all'altro, poco dopo che avesse detto a Jungkook di non andarsene, di rimanere al suo fianco fino alla fine.

Jungkook, invece, pensò a tutte le volte che aveva immaginato di baciare quelle labbra, agli innumerevoli sogni che lo avevano tormentato sia di giorno che di notte, a quanto fosse bello sentire il crepitio di quel suo battito cardiaco contro il petto, a quanto amasse il sapore della felicità che lambiva la bocca di Taehyung e che ora stava lentamente scivolando dentro il suo corpo.

Jungkook pensò alle bellezze dell'amicizia, come boccioli pronti alla schiusa, e che a primavera lentamente fiorivano nell'amore più semplice e puro, e a quanto desiderasse che quel bacio non finisse mai.

Quando le loro bocche si separarono con uno schiocco magico di labbra, entrambi respirarono per la prima volta la magia di un nuovo inizio. Taehyung sollevò una mano per scostare dagli occhi scuri ed intensi di Jungkook una ciocca purpurea.

Dietro l'ampia schiena di Taehyung i raggi dell'alba avevano incominciato a colorare le nuvole d'arancio, una splendida armonia di colori caldi che gli ricordavano una vecchia tinta di Taehyung.

«Torniamo a casa» asserì il maggiore pizzicandogli la gota con le dita.

Jungkook annuì contento.












Una sera Jungkook fu risvegliato da Taehyung con un leggero sciocco sulle labbra. Il maknae strizzò gli occhi assonnato e chiedendo spiegazioni il maggiore gli disse di seguirlo senza fare domande.

Jungkook si cambiò velocemente, infilandosi le scarpe e zampettando lungo il corridoio pregando che i suoi hyungs non li sentissero. Salirono su un taxi e mentre la città sfrecciava fuori dal finestrino distorcendo in luminescenze variopinte, Jungkook lanciò uno sguardo di sottecchi al viso di Taehyung, il quale fissava il vuoto meditabondo.

Scesero davanti ad un edificio dalla facciata uguale alle altre case dei dintorni, con un'alta inferriata che si ergeva davanti all'ingresso. Jungkook seguì in silenzio il suo hyung lungo corridoi stretti e rampe di scale interminabili fino ad una porta scheggiata ai lati degli infissi. Taehyung bussò con vigore e Jungkook fu alleviato dal calore rassicurante delle dita del maggiore intrecciate alle sue.

Jungkook quella notte scoprì una parte della vita di Taehyung che mai si sarebbe aspettato. Fu rincuorato dal fatto che il suo hyung si fidasse di lui a tal punto da rivelargli un segreto più prezioso del suo amore per lui.

Durante il tragitto Jungkook si diede dell'idiota un centinaio di volte per aver avuto dei sospetti o brutti pensieri nei suoi confronti mentre avrebbe dovuto essere paziente ed aspettare che l'altro gli concedesse il suo cuore senza timori.

In una stanza remota di quella casa alla periferia di Seoul, mentre Jungkook seguiva la schiena di Taehyung e quella di sua zia, conobbe Sewa, una ragazza dal volto dilaniato da profonde cicatrici.

Era seduta sul letto con la schiena appoggiata contro la testata di legno. Aveva la mano destra avvolta in una benda bianca e graffi sulla guancia erano nascosti da ciocche color mogano. Eppure, nonostante la malattia che saturava l'aria e gli squarci che le invecchiavano la pelle, Sewa sorrideva felice incitando il nuovo arrivato ad avvicinarsi. Jungkook sorrise per la sua inscalfibile volontà di vivere.

Taehyung la baciò sulla fronte ed avvicinandosi le sussurrò qualcosa all'orecchio rubandole una risata cristallina, molto simile a quella del suo hyung, «Lui è Kookie, il mio prezioso dongsaeng»

«Oh» Sewa rise di nuovo contagiando anche Jungkook il quale era rimasto in disparte sulla porta, «Molto piacere. Com'è il mio piccolo cuginetto? Una scimmietta pestifera o un dolce agnellino ghiotto di dolciumi?» nelle sue parole c'era un pizzico di ironia e la cosa colmò il cuore di Jungkook di estrema tenerezza. Taehyung aveva messo il broncio ma era sorridente, felice.

Jungkook si sentì avvolgere da un'aura calda, rassicurante e respirando a pieni polmoni si rese conto di quanto Sewa fosse importante per Taehyung, arrivando alla conclusione di aver sempre sbagliato. Ora, però, era contento di sapere la verità e l'avrebbe custodita con amore, tra le mani come una piccola lucciola bisognosa d'affetto.

«Entrambe le cose. TaeTae è una persona unica» Sewa annuì alla sua affermazione ed incitandolo ad avvicinarsi lo prese per mano. Nonostante avvertisse dei leggeri bitorzoli intorno alle dita Jungkook non si allontano ed accolse quel calore che accarezzava le sue dita con un sorriso, facendogli bruciare gli occhi di Jungkook di felicità.

Entrambi rimasero a conversare con Sewa per un'altra ora, fin quando il rumore degli pneumatici di un'auto non sfrigolarono davanti alla porta. Jungkook la salutò con un caloroso sorriso e Taehyung le baciò di nuovo la fronte.

Jungkook scorse gli occhi di Taehyung inumidirsi per le lacrime. Sewa, però, lo rassicurò con parole dolci.

Prima di andarsene Jungkook vide Sewa porgere a Taehyung un piccolo pacchetto, una scatolina beige avvolta da un nastro rosso. Ma si voltò troppo presto, ancor prima di poterne scorgere il contenuto.












Il giorno dopo i ragazzi avevano un altro meeting e Jungkook non riusciva a stare fermo per la felicità. Erano nella sala d'attesa, seduti sulle poltrone nere opache. Flebili risate echeggiavano nella stanza e mentre aspettavano che scoccassero le sette, Hoseok incominciò a punzecchiare la spalla di Jin per presentarlo alla telecamera.

Jungkook aveva le cuffiette all'orecchio e faceva ciondolare la testa a destra e sinistra a ritmo di War of Hormone. All'improvviso sentì la musica azzittirsi alla sua sinistra e quando cercò di voltarsi vide Taehyung riflesso sullo specchio mentre sfilava dalla tasca lo stesso pacchetto che Sewa gli aveva dato la sera prima.

Lo aprì con la mano libera e mentre Taehyung sogghignava a pochi centimetri dal suo timpano, Jungkook avvertì una leggera pressione al lobo sinistro. Quando il suo hyung si spostò scorse un luccichio color piombo brillare sulla sua pelle.

«Cosa?» Jungkook spalancò la bocca sorpreso e Taehyung rise piegando le labbra in un'adorabile sorriso rettangolare, «Grazie» ammiccò e voltandosi Jungkook intravide sul suo lobo destro un piercing uguale al suo, il gemello di una coppia inseparabile.

Furono richiamati pochi minuti dopo e preparandosi i ragazzi si misero in fila per dirigersi sul palco. Prima che tutti scomparissero nel corridoio illuminato da lampade a neon, Jungkook spense la luce della sala e tirò verso di sé il suo amato hyung.

Come risposta ricevette un verso di stizza. Ma scomparve subito, poco dopo che il contatto delle labbra calde di Taehyung sulle sue lo fece tremare per la felicità. Taehyung lo punzecchiò su un fianco e Jungkook rise.

Lo schiocco delle loro bocche attirò l'attenzione di Jimin, il quale sogghignando con fare losco incitò gli altri ragazzi ad accelerare il passo, con sentita protesta da parte di Jin e Namjoon.












Le luci dei riflettori erano accecanti, abbaglianti. L'aria che lo circondava grondava di voci e urla assordanti che rimbalzavano contro il suo timpano e soffocavano i suoni come tappi per le orecchie.

Non aveva mai amato quell'accecante luminosità che gli faceva lacrimare gli occhi e lo disorientava a tal punto da non distinguere i contorni delle persone. Tuttavia giorno dopo giorno, per qualche ragione, si era abituato al quel pizzicore fastidioso alle cornee come se non fosse mai esistito.

Jungkook sentiva il suo cuore battere a ritmo insopportabile, facendo vorticare il mondo sotto i suoi piedi. Annaspava e coprendosi gli occhi con le mani avanzò verso il bianco latte dei flash.

Eppure, sebbene fosse disorientato e leggermente stanco, quando si sedette a fianco di Taehyung ed avvertì le sue dita calde aggrovigliarsi intorno alla sua mano tremante, Jungkook sorrise per la felicità.

Tutto sarebbe andato per il meglio, sia la sua vita da idol che la tenue paura di sbagliare. E nonostante tutte le cadute, i pianti e le emozioni travolgenti che avrebbe dovuto affrontare ora, insieme ai suoi inseparabili amici, aveva trovato una ragione per andare avanti e combattere.

E sorridere di nuovo veramente, senza più maschere o finzioni, perché ora aveva Taehyung.

E Taehyung era ciò di cui Jungkook aveva bisogno.




THE END





  
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