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Autore: ToscaSam    22/03/2015    4 recensioni
FINALE ALTERNATIVO.
Uno spezzone vagamente contestualizzato, in cui si immagina che Esmeralda sia sopravvissuta e che Gringoire l'abbia tratta in salvo. L'immaginazione ci porta a fingere che i due si siano innamorati per davvero e che abbiano deciso di sposarsi, nuovamente, per essere l'uno dell'altra.
Ma dopo, che succede?
Cos'è che si fa quando siamo sposati? Si, proprio lì, nell'intmità dei nostri focolari. Nell'intimità dei nostri giacigli.
Perdonate il mio mero tentativo di imitare lo stile di Victor Hugo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: La Esmeralda, Pierre Gringoire
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un finale di speranza'
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Nella piccola casa di campagna, i due sposi avevano fatto ritorno.
Dopo un breve imbarazzo iniziale, fatto di vaghi sorrisi e di mezze parole buttate qua e là, i protagonisti del festeggiamento appena celebrato si erano ritrovati lì, da soli, nella stessa stanza, in piedi, a fissarsi.
Pierre Gringoire aveva desistito subito dall’arruolarsi volontario in quella che si prospettava un’estenuante guerra di sostegno dello sguardo; conscio delle sue motivazioni, si era ritirato a sedere su una cassapanca di legno e faceva moine alla capretta Djali.
Fu Esmeralda a rompere il silenzio.
« Non mi volete, voi, mastro Pierre?»
La piccina se ne stava in piedi, ancora nel suo bianco abito nuziale. La sua pelle leggermente imbrunita, come se fosse nata dal miele, assumeva una tonalità luminosa in contrasto con la stoffa immacolata.
Sembrava un angelo.
Gringoire, dal canto suo, si stava ben guardando dal torcere anche solo un capello a quella manifestazione divina, per timore di vedersela svanire fra le dita.
Rimembrava in maniera assai vivida la sua ultima esperienza di tal genere con la Esmeralda e, casualità del destino, anche quella volta erano appena stati dichiarati marito e moglie.
Pierre non intendeva cadere nel tranello miseramente per la seconda volta, quindi non rispose e si limitò a fingere di non aver udito.
Il suo corpo in tensione e la sua posa statica, tuttavia, tradivano una innegabile attenzione.
Esmeralda non si curò della mal dissimulata indifferenza del consorte e, sempre con aria decisa ma esile, ripeté: « Non mi volete, mastro Pierre?».
Gli occhioni neri fissi sul poeta.
A questo punto non ci fu più uno scusante e Gringoire dovette pensare ad uno stratagemma per cavarsela dall’inghippo. Da bravo poeta, retore ed ermetico qual era si decise a risolvere il suo problema con le chiacchiere. La filosofia, com’è giusto che sia, gli scorreva sulle labbra come un fiume e spesso gli era capitato di lodarsi con sé stesso per gli ottimi raggiri che con la lingua era riuscito a intricare.
Fatta eccezione per il tremulo tono della sua voce, facilmente passabile per un dato casuale, il Gringoire non batté ciglio nella sua risposta:
« Se non vi voglio, dite, mia dolce Esmeralda? Se non v’avessi voluta, perdonatemi la brutalità del linguaggio, di certo non vi avrei condotta a quel piccolo altare dove un paio d’ore or sono ci siamo dichiarati l’uno dell’altra. Se non v’avessi voluta, mia piccola sposa, non credete che sarebbe stato alquanto inopportuno appiccicarvi come un’insegna il mio cognome, al vostro così grazioso nome egiziano? Come avrebbe potuto Peleo, misero figlio della stirpe degli uomini, per quanto nobile re di Ftia, non volere in moglie la bella Teti? Pensate forse ch’ella, divina nereide, abbia domandato al suo mortale sposo se lui l’avesse davvero voluta? E come non poter volere in sposa una creatura plasmata dalle mani degli dèi?».
Esmeralda non si lasciò confondere e Pierre se ne accorse. Complimentiamoci silenziosamente per la fatica del povero filosofo dinnanzi al suo supplizio e continuiamo con la storia. Dicevamo dunque che la zingara, nel suo bianco vestito, continuava a fissare il suo novello sposo, con un’aura di solennità e fermezza da far invidia a una delle cariatidi del bel tempio d’Atena.
E certamente era la più bella statua che Natura avesse scalpellato per questa Terra.
A rompere l’incanto marmoreo fu una piccola smorfietta che le deformò per pochi secondi le labbra. Alla buffa ma oramai consona espressione, seguì un’altra frase:
« Non sono forse io la vostra sposa?»
« Certamente, mia signora»
« E dunque, eccomi. Prendetemi. Che non mi desiderate, voi, mio caro Pierre?».
In un grande gesto di accoglienza ma anche di dono di sé, l’Esmeralda aprì le piccole ed eleganti braccia. Era l’apoteosi del sacrificio; era Cristo che amava la sua Croce e le chiedeva di compiere le Scritture.
Gringoire seppe bene che dinnanzi a tanta umiltà doveva abbandonare l’aria del simpatico filosofo sbruffone. Era ormai chiarita ogni intenzione e non v’eran più scappatoie in cui infilarsi.
Il filosofo si fece più vicino alla moglie e le sorresse i bracci, come per evitarle quella inutile fatica terrena. Adesso anche il suo sguardo era fisso su di lei e un non so che si era acceso al suo interno.
« Cara, dolce Esmeralda. Ne siete sicura?»
« Si»
« Non vorrei mai farvi danno o cosa sgradita. Piuttosto la morte o l’eterna castità o qualsiasi altra punizione a vostra discrezione, se quel che dite lo fate sperando di far piacere a me solo. Possibile che sia questo anche il vostro desiderio?»
« Lo è»
« Tremo al solo pensiero di farvi del male. A voi, innocente creatura celeste»
« Non me ne farete»
« E siete ben sicura?»
« Sicura».
Gringoire non sapeva più che riguardi porsi. Gli parve d’aver specificato tutti i preliminari che si sentiva in dovere di mettere innanzi. Eppure era molto più spaventato della ragazza che sfiorava con le mani.
 
 
*angolo dell’autrice*
Diciamocelo … prendete questo “spezzone” come un puro esercizio di scrittura.
Si sottintendono molte cose, ma credo (e spero) che si possano afferrare durante il testo.
Avrei intenzione di riscrivere il mio finale alternativo daccapo (visto che molto tempo fa avevo pubblicato l’altro capitolo di questa raccolta), però quando sono arrivata a rileggere questo pezzettino me ne sono innamorata; ho detto: perché non buttarla là e farlo esistere come capitolo a sé stante?
Mi piace esercitarmi in questa pallida imitazione dello stile di Hugo e mi piace scrivere scene di Pierre ed Esmeralda.
Consideratelo un finale alternativo, in cui i due passano del tempo insieme e si sposano per davvero.
Ok, basta, ho deciso. Lo scriverò davvero tutto. Quando avrò tempo, ossia nell’eterno domani.
Godetevi questo tentativo, spero vi possa piacere (e perdonatemi se non è scritto al massimo  della perfezione …)
  
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