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Autore: Lara Ponte    22/03/2015    0 recensioni
Un piccolo villaggio ai margini del deserto...
Un giovane che sta per entrare ufficialmente nell'età adulta e dovrà decidere della propria vita.
Una razza che all'apparenza vive in pace come tutte le altre, ma qualcosa non torna.
Il dubbio ed il desiderio di cambiare un'amara realtà sconvolgeranno il giovane Ashjta Destara fino alle estreme conseguenze...
In realtà, l'idea di questa storia mi è arrivata grazie ad un contest a cui mi ero iscritta l'anno scorso.
( Trovate tutti i dettagli a fine del capitolo.
Intanto questo è il link:
http://freeforumzone.leonardo.it/d/10922391/Sangue-di-Drago-Fantasy-Contest-/discussione.aspx )
Grazie in anticipo e buona lettura a tutti.
Genere: Avventura, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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III

La sentenza.


 

Era stato un pomeriggio davvero lungo. Azkar di Rills aveva parlato lentamente soffermandosi su quanti più dettagli riuscisse a ricordare della storia antica. Ashjta l'aveva ascoltata rapito, quasi trattenendo il fiato per non disturbare. Avrebbe voluto saperne di più su Eulan, il primo che mise per iscritto quei resoconti, ma preferì non interrompere. Qualcosa gli disse che la maga avrebbe risposto a ben poche domande, quindi cercò di valutare con calma quali fossero quelle giuste da porre.

“Non sembri troppo sorpreso da ciò che ti ho appena detto.”

Fu lei invece a fermare il proprio racconto. La luce che entrava dalla piccola finestra dell'ufficio cominciava a tingersi di rosso e ciò significava che presto avrebbe dovuto andarsene.

“Dopo le visioni che ho avuto da parte di Keinara, un po' me lo ero immaginato... però c'è una cosa che non capisco. Perché a scuola non viene insegnato nulla di tutto ciò?”

“Semplice: di solito questa verità viene svelata al raggiungimento dell'età adulta, durante i corsi del magistero.”

A quelle parole, uno sguardo misto tra stupore e rancore balenò negli occhi del giovane, non gli era piaciuto per nulla il modo in cui era stato appena raggirato. Lei notando il suo disappunto scoppiò a ridere sguaiatamente.

“Davvero hai creduto che volessi rivelarti segreti riservati soltanto a pochi? Scusami dai... è troppo divertente far arrabbiare i ragazzini! Credo anche di sapere la tua prossima domanda. Mettiamola così: questa storia la raccontano 'da grandi' perché i vecchi hanno ritenuto opportuno che i bambini avessero tutto il diritto di crescere nella spensieratezza...”

“Non era esattamente quello che volevo sapere...” Protestò imbronciato “Come siamo riusciti a liberarci dalla schiavitù?”

“Draghi ed umani esagerarono: la famosa regola del 'Chi troppo vuole, nulla stringe.' Vedendo il successo del commercio a buon mercato della nuova specie, si montarono la testa. Cominciarono col creare un numero sempre maggiore di individui, fino a ridurre in schiavitù anche gli stessi maghi. Fu proprio il mio gruppo infatti a dare il via alla ribellione. Non ricordo i dettagli, ma sta di fatto che i padri dell'ordine annullarono la malia che teneva soggiogata la nuova razza al volere dei padroni e come puoi immaginare, quando le loro menti furono libere di pensare in modo autonomo, non presero troppo bene la questione. Erano ancora in numero inferiore rispetto agli umani, ma già superavano i draghi. Non fu facile riuscire a liberarsi di loro e molto sangue fu versato prima di scoprire il potere delle pietre scarlatte.”

Subito al giovane vennero in mente i dardi dalle punte rosse equipaggiati dai balestrieri, ma preferì non intervenire.

“Vincere la guerra con gli umani invece fu più semplice. Fisicamente non potevano sperare di prevalere: ogni figlio dei draghi che cadeva si portava nella tomba almeno una trentina dei loro e come puoi immaginare conquistare l'indipendenza fu solo una questione di tempo. Alla fine dei conflitti, com'era ovvio, la vostra specie rimase in ottimi rapporti con la nostra gilda.”

Come per incanto, soltanto in quel momento si rese conto del fatto che la pelle della maga fosse completamente liscia e priva di squame, inizialmente era stato troppo distratto per rendersi conto di avere davanti una donna umana, tuttavia, per quanto il suo viso non nascondesse lo stupore di quella scoperta, non disse nulla. Lei come gli avesse letto il pensiero, si limitò ad accennargli un sorriso.

“Credo di capire perché tutt'ora la nostra razza non sia ben vista. Siamo ancora sterili vero?”

“Già...” Sospirò Azkar, spiegando poi gli accordi strappati alle varie nazioni per avere a disposizione il materiale genetico necessario.

“...e i draghi però sono sempre di meno.” Constatò amaramente il giovane.

“Probabilmente non camperete ancora a lungo, forse dieci o venti generazioni, ma almeno avete conosciuto la libertà.”

Una delle guardie all'improvviso bussò alla porta.

“Vogliate scusarmi signora, ma temo che si sia fatto tardi.”

“Vero. Ci siamo trattenuti anche troppo.” Confermò lei spostandosi un ciuffo ribelle dietro l'orecchio destro.

“La ringrazio. Quello che mi ha insegnato mi ha dato qualcosa su cui riflettere...”

“Prego... e buona fortuna.” 'Ne avrai davvero bisogno...'

 

Dopo quell'incontro non ci furono altre visite da parte dei maghi ed il tempo trascorse, se possibile, ancora più lentamente. Il maestro Kalfar lo andava a trovare a giorni alterni, ma il più delle volte le sue visite duravano appena il tempo di un saluto. Nessuno dei due era troppo bravo con le parole e spesso il suo tutore si limitava a portagli qualche dolcetto e alcune lettere da parte di Mishar, troppo giovane per essere ammessa alle visite.
Una volta passò da lui anche uno dei suoi insegnanti, ma dei compagni di classe non si fece vedere nessuno; tuttavia la cosa non lo sorprese più di tanto: in realtà non aveva mai legato granché coi suoi coetanei.

 

Una sera, una delle guardie arrivò fischiettando davanti alla sua cella.

“Ehy Ash! Buone notizie: ti hanno fissato l'udienza per domani mattina.”

“Sul serio? Niente male come cena di stasera.”

Era passato quasi un mese da quando era stato messo in prigione. Non aveva mai dato alcun problema disciplinare, al contrario si fece rapidamente la fama del 'cocco delle guardie' perché non rivolgeva quasi mai la parola a nessun altro tra i detenuti e dava fin troppa confidenza ai secondini. Jenks in particolare, spesso di turno la sera, lo aveva preso in simpatia portandogli libri, giornali e notizie quasi tutti i giorni.

“E' davvero assurdo che un drago abbia usato la malia proprio su di te. Spero tanto che ti diano un pena alternativa a questo posto.”

“Che c'è : ti sei già stancato della mia faccia?”

“Il contrario semmai! Se ti lasciano qui troppo a lungo, poi come farò a separarmi da te ?”

“Lo so che già mi ami, peccato che tu non sia il mio tipo.”

“Cosa mi tocca sentire!”

Un'altra guardia, una giovane arruolata da poco, si era limitata ad una battuta, ma il vecchio ladro della cella accanto sputò sul pavimento in segno di disgusto. Entrambi invece risero come fossero al pub davanti ad una birra.

 

***

 

Il maestro Kalfar si era messo d'accordo per un udienza privata e per Ashjta la cosa fu di gran conforto. Quella mattina lo portarono via presto dalla cella: prima della colazione, gli fu permesso di farsi un vero bagno e di indossare vestiti puliti.

'Almeno morirò presentabile...' Scherzò tra se, mentre veniva scortato all'edificio di rappresentanza, che oltre al consiglio cittadino, ospitava alcune aule adibite a tribunale.

Fu sorpreso nel vedere una piccola folla radunata davanti al portone principale. Tra loro riconobbe Mishar, accompagnata dalla sua tutrice, l'insegnante che era andato a trovarlo e qualche compagno di corso, tuttavia le guardie impedirono a chiunque di avvicinarsi o proferire parola.

Il suo tutore lo attendeva seduto al banco degli imputati accompagnato da un difensore.

“Maestro...” Disse sottovoce indicando l'avvocato “...ma non sarà troppo?”

“Zitto e siediti: in momenti come questo mi chiedo se ci sia davvero un cervello tra le tue orecchie.”

“Mi scusi signore.”

Sedendosi nella panca di legno notò che l'aula era quasi vuota. Le uniche persone presenti erano quelle che con ogni probabilità sarebbero state chiamate a deporre durante l'udienza. Il volto inconfondibile del capitano Calheb sembrava una maschera di marmo, impossibile cercare di capire cosa gli passasse per la testa, mentre Azkar di Rills gli sorrise strizzandogli un occhio. Erano state convocate altre tre persone che non aveva mai visto. Uno sembrava un mago, ma degli altri due non ne avrebbe saputo dire nulla. Immaginò potesse trattarsi di alcuni rappresentanti del ristretto gruppo che lavorava nella grotta.

 

La corte non si fece attendere, si presentarono in tutto una decina di persone: cinque maschi e cinque femmine. Il più anziano, il presidente della giuria, aveva trecentonovanta anni e si diceva che in passato avesse contribuito alla costruzione della loro civiltà negli anni seguenti le lunghe guerre per l'indipendenza.
Ashjta immaginò che non dovesse essere stato semplice stabilire i luoghi sui quali fondare le città e come organizzare la vita sociale di un popolo appena formato.

Senza accorgersene era rimasto come ipnotizzato da quella persona, ben pochi potevano vantare una simile età. Aveva l'aspetto di un comune vecchietto: la testa completamente calva e poche squame ormai nascoste dalle rughe evidenziavano grandi occhi nocciola dall'aria astuta. Quando si accorse di essere osservato gli fece un lieve sorriso, che tuttavia non bastò a nascondere due grosse zanne dal colore paglierino.

“Non immaginavo che lo stesso Tankrat si sarebbe scomodato a presiedere la corte...” Sospirò Kalfar, mentre il suo protetto deglutiva un po' di saliva. “Se non altro sembra di buon umore.”

I minuti che seguirono dopo gli parvero secoli. Noiosi rituali di presentazione e giuramenti di cui proprio non capiva l'utilità.

Il capitano Calheb fu il primo ad essere chiamato a testimoniare e subito dopo parlò uno dei due sconosciuti di prima, rivelando che altro non si trattava che del prefetto cittadino.

“Come intende dichiararsi l'imputato nei confronti dei capi d'accusa?”

“Il mio cliente intende fare appello all'incapacità di intendere momentanea, causata dall'incantesimo del drago...”

Rispose l'avvocato difensore e a quelle parole, il ragazzo strabuzzò gli occhi e si mise in piedi, stanco all'inverosimile di tutte le formalità sorbite fino a quel momento.

“Ma non è vero! O almeno non del tutto...” Cominciò a dire sotto lo sguardo attonito dei presenti. “Chiedo soltanto il permesso di poter raccontare come sono andate le cose. La semplice verità, almeno come l'ho vissuta io, senza cercare scusanti.”

“Tu sei pazzo del tutto...” Il proprio tutore portò le mani al viso in un gesto esasperato.

In angolo della sala, la maga Azkar cercava di trattenersi dal ridere, nascondendosi dietro un ventaglio, mentre un borbottio crescente riempiva l'aria come se dovesse esplodere qualcosa da un momento all'altro.
Un sonoro martellare sul tavolo da parte del presidente riportò prontamente il silenzio.

“Forse non è una cattiva idea” Annunciò. “Lasciatelo parlare e sentiamo cosa ha da dire.”

“Davvero posso?” Domandò incerto il giovane.

Come aveva già fatto col suo tutore raccontò gli eventi di quel giorno, completandoli con quanti più dettagli riuscisse a ricordare. Non nascose la preoccupazione provata nei confronti dei propri concittadini durante l'incendio e la pietà suscitata poi da ciò che gli aveva detto il drago.

“Non avevo mai visto nessuno soffrire fino a perdere la ragione. Non riesco a ricordare bene quello che è successo poi. Mi sentivo triste e svuotato come se un peso gelido mi avesse bloccato il cuore e subito dopo l'oscurità.”

Nessuno volle interrompere, quindi continuò a raccontare di quando si era risvegliato con tutti i ricordi recenti della creatura che imperversavano nella propria mente. Rivelò anche dei sogni, che ancora lo svegliavano durante la notte. Parlò infine di ciò che gli era stato detto del loro passato e della loro storia.

“Credo che nonostante quello che è successo, nessuno dovrebbe soffrire così. Né noi, né gli uomini o i draghi... mi dicono che tutti ci odiano ancora. A scuola ho studiato che la nostra specie desidera soltanto la pace. Ma come faremo a trovare questa pace se in realtà dobbiamo vivere ancora circondati dall'odio?”

“Quello che stai dicendo sta andando ben oltre lo scopo di quest'udienza, te ne rendi conto?” Fece notare una donna della corte, nonostante fosse stata toccata profondamente dal discorso.

“Quindi cosa proporresti?” Lo sfidò il presidente.

“La colpa della nostra situazione, credo che stia nel nostro male: forse se trovassimo una cura per la sterilità, nel tempo dovrebbe diventare più facile ottenere un posto in vera armonia con le altre razze.”

“Pensi davvero che nessuno ci abbia mai provato? Ci sono stati parecchi di voi che si sono offerti volontari per sperimentare. Alcuni tra loro hanno pagato caro il prezzo di questi tentativi, ma non abbiamo mai ottenuto nulla...” Intervenne l'altro mago scuotendo lentamente la testa.

“Può darsi che la magia e la scienza da sole non bastino...” Sussurrò Ashjta socchiudendo gli occhi.

Soltanto la benevolenza del Dio della vita e della morte, potrebbe cambiare qualcosa...” Disse all'improvviso con una voce che non gli apparteneva: la voce dolce e saggia del drago che un mese prima aveva supplicato di poter morire. Un secondo dopo perse i sensi, cadendo tra le braccia del proprio tutore che prontamente si era mosso a intercettarlo.

 

 

Quando si risvegliò in pieno pomeriggio, vide che si trovava a casa nel proprio letto. Istintivamente guardò verso la porta della camera e poco dopo comparve il suo tutore accompagnato dalla maga.

“Cosa è successo?” Tutto quello che riuscì a dire.

“Sei stato condannato all'esilio.” Rispose il maestro senza preamboli.

“Alla faccia del tatto! Detto così non gli sarà di gran consolazione... credo che Kalfar abbia dimenticato un paio di dettagli.” Intervenne Azkar.

“Cioè?” 'Ma come fa questa donna ad essere sempre allegra?'

“Mettiamola così: sei stato ritenuto colpevole ma con una grossa attenuante. Dopo la tua ultima uscita, quando sei svenuto io e l'altro mago ti abbiamo controllato velocemente. Come avevo sospettato dal primo giorno, sembra che una piccola parte dello spirito di Keinara sia ancora presente dentro di te e questo dimostra che non hai agito di tua volontà. Tuttavia, sempre per lo stesso motivo sei stato dichiarato 'Potenzialmente pericoloso' per continuare a vivere nella comunità.”

“Qualche bella notizia?”

“A parte che sei vivo?” Scherzò il maestro. “In realtà ce n'è una: se davvero dovessi riuscire a trovare il tempio di quel Dio (Ammesso che esista) e chiedergli se per caso ha un minuto da dedicare alla nostra causa, sarai riammesso con tutti gli onori.”

“Ah...”

Cercò di immaginare con quale faccia il presidente della giuria avesse letto il verdetto, tuttavia, nonostante lo scetticismo del maestro, pensò che non gli era andata poi tanto male. In fin dei conti aveva sempre desiderato poter fare un bel viaggio.





Pensieri a mezz'aria...

Finalmente completato quello che considero come l'ultimo capitolo "introduttivo" di questa storia.
Spero di essere riuscita a chiarire un altro po' di cosette sulla nostra razza e su quel
pazzo (rincxxxnito) di Ashjta.

Ho usato di proposto toni a volte seri a volte ironici per non dramatizzare troppo
e spero che abbiate gradito la "trovata"  ;)

Per finire, nonstante le varie riletture, mi auguro di non essermi lasciata sfuggire troppi errori ! XD

Come sempre vi ringrazio tantissimo per essere passati di qua :)
A presto.
Lara

  
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