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Autore: Lotiel    22/03/2015    1 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17 - Sorpresa


Aleksey non vedeva né sentiva George da ormai troppi giorni e, nella sua testa, già pensava al peggio.
In quell’albergo si sentiva in trappola e se George era stato già eliminato, non sarebbe mancato molto tempo prima che andassero a prendere anche lui.
Nella cassaforte della camera gli era stata lasciata una pistola con una scatola di proiettili e sicuramente non era stato né per caso e né per la sua fortuna che ultimamente sembrava lo avesse abbandonato. Quel russo era un uomo che pensava a tutto, a differenza di come poteva apparire alla gente.
Aleksey era rimasto troppo tempo a guardare dalla finestra della sua indifferenza quel mondo che dapprima l’aveva acclamato come un eroe e poi gettato nel fango. L’unica parte che cercava di rimanere integra e sana ai suoi occhi era una specie di redenzione con l’aiuto di quella figlia che ormai era distrutta come lui.
Il pensiero a Reila gli andava ogni qual volta pensava ad Alexandra e ultimamente gli capitava molto spesso. Era come un martello che batteva in continuazione e sempre in quel punto, come se improvvisamente la vita meravigliosa passata con Miori fosse solo stato un bel sogno dal quale si era svegliato ormai da troppi anni.
Senza rendersene conto aveva infilato la pistola carica dentro la fondina interna attaccata alla cintura dei pantaloni. Aveva svuotato la cassaforte che conteneva tutto ciò che gli serviva per passare inosservato all’interno di quella città che gli aveva tolto tutto e si era voltato verso la porta. Ebbe infine un ripensamento.
Aleksey si era avvicinato alla finestra, provato e affranto. Posò la testa sulla vetrata e puntò gli occhi su un punto indefinito fuori, verso la strada. Non riusciva neanche più a vedere, ma si limitava a guardare. Dalla sua bocca era uscito un alito di fiato che si era condensato sul vetro.
Per la prima volta, con l’indice di una mano, aveva avuto il coraggio di scrivere l’iniziale del nome della donna che lo tormentava. Non voleva tornare in Russia, ma vi era stato costretto dal destino. Con quale faccia avrebbe potuto guardare la figlia e dirle che Miori non era stata la donna sempre presente nei suoi pensieri?
Era tutto così difficile e ne comprendeva l’intensità del momento. Avrebbe voluto rivedere Reila, anche per stringerla a sé come faceva quando era piccola; avrebbe voluto dirle tantissime cose, ma era il coraggio che, sapeva, gli sarebbe mancato nel momento cruciale.
Quel flusso di pensieri era stato interrotto da un bussare incessante alla porta e ciò che gli fece sentire un brivido secco alla schiena era che nessuno doveva sapere che lui si trovasse lì.
Aleksey si era avvicinato di soppiatto alla porta, cercando di intravedere dallo spioncino chi potesse essere, ma era stato oscurato, forse con una mano. Aveva preso un profondo respiro e si era nascosto di fianco alla porta, in attesa.
Non era un novellino e sapeva ben mantenere il respiro basso e calmo, non come sentiva dall’altra parte; troppo concitato dato dalla giovane età e poca esperienza.
Non si era mai sentito al sicuro da quando era partito dalla Russia per tornare in Giappone, ma si era considerato colpevole della morte di Alexandra. Sentiva il peso di un omicidio che aveva commesso, anche se non l’aveva mai spinta materialmente da quella balconata.
In quell’istante il pensiero di non riuscire nel suo intento cominciò a farsi strada nella sua testa perché, anche se la sua esperienza gli sembrava una corazza, si sentiva inadatto e vecchio per quel tempo che lo stava divorando o magari era solo il suo corpo che non reggeva più i nuovi sforzi e le nuove sfide. Aleksey stringeva la pistola convulsamente e che non usava ormai da troppo tempo. Aveva perso per alcuni istanti il contatto con la realtà confondendola con i ricordi.
Gli uomini là fuori si stavano dando da fare per scassinare la porta, ma perché darsi tanta pena per lui?
Dopotutto non era una pedina così importante e non costituiva una minaccia particolarmente attiva.
Il russo aveva ricominciato a respirare tranquillamente e aveva tratto un profondo sospiro, cercando di essere il più silenzioso possibile e poi infine il colpo di pistola con silenziatore verso il dispositivo della chiave elettronica che fece scattare tutti i suoi nervi come se fossero all’unisono.
Il primo non fu un problema eliminarlo, attese che nella penombra, all’apertura della porta, entrasse nel suo campo visivo e il colpo partì in un millesimo di secondo. Forse l’uomo non se ne era neanche accorto.
Il problema erano gli altri due.
Aveva cominciato a sentire i colpi di pistole sfiorargli la testa e le spalle mentre cercava un riparo. Rovesciò, in un impeto di furia, il tavolo da pranzo della suite, nascondendosi dietro di questo per ovviare almeno alle prime pallottole.
Aleksey si era rannicchiato come un bambino dietro il tavolo e aveva lasciato sporgere solo la mano per farsi un po’ di copertura e mettersi almeno in ginocchio. Purtroppo la sua stazza non gli permetteva una protezione ottimale e cercò di chinare il capo il più possibile. Sparò altri due colpi di copertura e ormai doveva lesinare sulle pallottole per cercare di eliminarli entrambi. Non aveva il tempo di ricaricare il caricatore e troppo poco tempo per cambiarlo.
Le altre pallottole erano nella borsa, sul letto.
Il russo si sporse appena dal bordo del tavolo per vedere almeno la posizione dei due killer. Uno era dietro la colonna in marmo in fondo alla camera – non distava neanche quattro metri – e l’altro dietro il divano. Almeno fu quello che riuscì a vedere prima che altre pallottole gli sfiorassero la testa, costringendolo a chinare di nuovo il capo. Nel silenzio che si era creato, per il ambio del caricatore di uno dei due sicari, trovò il suo momento contro uno degli avversari.
C’era stato un attimo di silenzio e forse l’altro si era distratto per qualche istante. Il momento giusto in cui Aleksey puntò l’arma verso uno dei due e sparò. Lo prese in testa e quello morì sul colpo. Ma da quel posto si doveva spostare, tanto che individuò un’ansa che il muro faceva proprio accanto a lui.
Rotolò velocemente verso quest’ultima approfittando del momento di confusione che l’altro killer aveva avuto. Si acquatto per qualche istante dietro il muro e prese un profondo respiro, accostandosi la pistola al cuore. Si sentiva rinascere, non pensava che quel mondo gli sarebbe mancato come in quel momento.
Aveva l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Si sentiva completamente distante e assolutamente invincibile. Era così che si sentiva un assassino che faceva quel lavoro per vivere?
Aleksey aveva preso un altro profondo respiro, fino a sentire i polmoni saturi di aria e di polvere da sparo. Non si era nemmeno accorto di non essere completamente coperto in quell’ansa.
Un proiettile gli aveva trapassato la spalla e la pallottola non era fuoriuscita dall’altra parte.
Non ne sentiva il dolore o il sangue che scorreva lungo la schiena. Vedeva solo il bersaglio, l’obiettivo dell’uomo che gli aveva appena sparato.
Solo poco dopo era sopraggiunto il dolore. Proprio quando aveva alzato la pistola per colpire l’ultimo uomo e cercare di recuperare gli altri proiettili posti sul letto. Aveva preso la mira e il quel momento la forza gli venne meno a causa della ferita alla spalla. Proprio quella con cui sparava e tenderla gli provoco uno spasmo che gli fece deviare il colpo un po’ più in basso da dove aveva mirato.
La mano sinistra era solo un impaccio con un’arma e non poteva usarla. Eppure, anche sbagliando, aveva colpito l’ultimo sicario a un fianco e, benché ferito, aveva perso l’arma, scivolata chissà dove, e cominciava a perdere sangue tanto da vedere subito una pozza sotto di lui. Forse gli aveva colpito la milza o lo stomaco.
La morte sarebbe stata più dolorosa rispetto agli altri due killer, ma almeno Aleksey era libero di poter scappare. Al momento, la sua preoccupazione maggiore era togliere il proiettile dalla sua spalla altrimenti avrebbe fatto infezione e la spalla sarebbe andata in cancrena.
Questo non se lo poteva proprio permettere.
Pose la pistola nella fondina con molta cura, incurante dei lamenti di sofferenza dell’assassino dietro di lui. Recuperò velocemente la giacca e la borsa con i proiettili e saettò verso l’uscita della camera. L’assassino rimasto non aveva neanche fatto in tempo a recuperare l’arma che Aleksey era già sparito.
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Aleksey aveva camminato molto e non sapeva neanche quanto tempo era passato.
A chi poteva rivolgersi adesso per aiutarlo a superare questo ostacolo?
Fortunatamente il proiettile aveva iniziato a fare da tappo e il sangue usciva pian piano, ma ogni volta che muoveva la spalla gli strappava un’imprecazione e un rantolo strozzato.
Non c’era moltissima gente in strada, ma troppa se nel caso il sangue avesse iniziato a gocciolare sul marciapiede. Doveva cercare aiuto, ne aveva assoluto bisogno e da solo non avrebbe potuto concludere un’operazione così invasiva. Avrebbe potuto solo far andare il proiettile più in basso rispetto a dove si trovava adesso e poi il tutto sarebbe stato irrimediabile.
Andare all’ospedale era fuori discussione, avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni.
Gli serviva solo qualcuno che non avrebbe fatto tante domande. Un medico in pensione dell’Armata Rossa che era stato di stanza con lui in Siberia e del quale era sicuro di potersi fidare ciecamente. Nessuno sarebbe arrivato a lui.
Solo Semyon avrebbe potuto aiutarlo, sperava solo che vivesse ancora lì. Doveva trovare un taxi al più presto, visto che questo medico viveva nella periferia più a sud della città.

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Semyon era seduto comodamente sulla sua poltrona con la moglie che preparava la cena. I figli si erano già sposati, sia Prokhor che Rem ormai avevano costruito una famiglia, così come un brav’uomo doveva fare e Semyon era rimasto solo con la moglie a trascorrere la vita da nonni e da sposini novelli.
L’uomo aveva servito fedelmente nell’Armata Rossa fino al congedo e dunque godeva di un buon vitalizio da condividere con sua moglie, Anna.
Ancora non aveva idea che la sua vita sarebbe stata talmente scossa da fargli ricordare i tempi della Guerra Fredda, quando erano sempre tesi per un attacco americano.
Al momento teneva la sua copia del Rossijskaja Gazeta” davanti al volto. In quel periodo si parlava molto della politica attuale, ma Semyon non vi si ci soffermava più di tanto. Ormai, da bravo soldato, seguiva il presidente senza obiettare. Voleva solo finire i suoi giorni con i suoi nipoti e la sua bella moglie. Quello che gli interessava erano le notizie dal mondo.
Semyon aveva messo gli occhiali da lettura visto che da qualche tempo che non ci vedeva bene come un tempo. I suoi capelli non aveva perso la loro foltezza, si erano solo ingrigiti un po’.
Quando sentì il campanello suonare, non poté far altro che sollevare appena lo sguardo dal giornale con piglio interrogativo.
Chi poteva essere a quell’ora?
-Vado io.
L’uomo non fece scomodare la donna che gli rispose che le andava bene. Stava trafficando tra i fornelli e chissà quale manicaretto stava preparando. L’uomo già si leccava i baffi e a dire la verità, aveva l’acquolina in bocca.
Un altro trillo del campanello lo fece sobbalzare. Impugnò il bastone che gli serviva per camminare. Quella ferita che aveva subito durante una battuta di caccia lo aveva lasciato zoppo e la gamba destra cominciava a non essere più quella di una volta. Ormai, dell’uomo che faceva paura al sol guardarlo, non era rimasto quasi niente.
Gli occhi color nocciola si erano spostati verso la porta che raggiunse dopo qualche istante. Alzò il coperchietto dello spioncino e ci guardò attraverso. Chissà perché quasi non gli venne un colpo.
Perse almeno due battiti del cuore e trattenne il respiro per qualche istante, prima di aprire al terzo trillo e al bussare delicato dell’uomo dietro la porta.
Aprì la porta e tutto quello che ebbe da dire fu solo il nome dell’uomo.
-Aleksey!
Il russo entrò all’interno della casa, quando l’amico si scostò dall’uscio per farlo entrare. Proprio in quel momento nella stanza entrò Anna, inconsapevole di ciò che stava succedendo. Tutto quello che fece la donna e quello che poté vedere Aleksey furono le mani davanti alla bocca di Anna e Symion che tentava di spiegare la situazione. Poi Aleksey cadde a terra svenuto e in balìa degli eventi.
Invece in un altro angolo della città, nei sobborghi di Mosca, in una fabbrica abbandonata, Reila attendeva legata ad una sedia il momento della sua vendetta.

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Per saperne di più


Rossijskaja Gazeta Il quotidiano ufficiale del governo della Federazione Russa, fondato nel 1990. Oltre ai principali fatti di cronaca nazionali e internazionali, economia, cultura e sport, pubblica anche i testi integrali delle leggi promulgate dal parlamento della Federazione Russa. Tiratura 180 mila copie.

yin yang vettore

Angolo dell'autrice


Cari lettori e lettrici, sono davvero senza speranze. Purtroppo ho passato un periodo dove qualsiasi cosa che scrivevo non mi piaceva e quindi ho deciso di prendermi una pausa dalla scrittura.
Solo che questa pausa è durata più del previsto. Non ho scusa e spero che ci sia ancora qualcuno che legga questa storia, anche perché ho promesso che la porterò a compimento. Mi ci volessero anche dieci anni. (Ma spero di non metterci tutto questo tempo).
Qui vediamo il padre di Reila in azione. Finalmente direte voi, visto che di azione se ne è vista veramente poca. Spero che riuscirete a perdonarmi anche dopo questa lunga assenza. Non posso far altro che dirvi che nei prossimi giorni aggiornerò con il capitolo diciottesimo.
Naturalmente se avete domande chiedete pure. Sono aperta a qualsiasi critica vogliate farmi. Fatemi sapere se i capitoli vanno bene così o volete che cambi qualcosa per leggere meglio la storia.
Rinnovo sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di questa storia.
Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio l'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e ringrazio coloro che hanno recensito, facendomi sapere il loro parere.
Infine vi indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata con  curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel  Scrittrice - Come pioggia sulla neve


   
 
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