Storie originali > Horror
Segui la storia  |       
Autore: looking_for_Alaska    22/03/2015    3 recensioni
Nella piccola cittadina di Thorn City, Canada, si trovava una vecchia casa abbandonata. Dentro di essa viveva un fantasma assetato di sangue che uccideva chiunque ci metteva piede.
E poi c'era William, un ragazzo uguale a tutti gli altri, tranne per il fatto che era un "liberatore di fantasmi"; ovvero, li conduceva alla luce, salvandoli. Però a condurlo da Amelia dagli occhi dolenti sarà il segreto che lei custodiva da tempo e che in qualche modo li legava.
Ma le domande sono tante. Come è morta Amelia, e chi l'ha uccisa?
Cosa collega un fantasma morto da più di duecento anni ad un ragazzo adolescente? E soprattutto, qual è il segreto per cui Amelia ha ucciso e continua a uccidere?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eravamo seduti al tavolo. Mia madre mi osservava in un modo così incazzato che iniziai a pensare che sarei morto di lì a poco. Alla mia destra sedevano Amara e Brianna, mentre alla mia sinistra c'erano Mel, Austin e James. << Ti avevamo chiaramente detto che non potevi tornarci senza di noi >> iniziò Melissa. Scossi la testa, pronto a difendermi, ma Amara alzò una mano e mi bloccò. << Ti rendi conto di quanto tu ci abbia fatto preoccupare? Da solo, con un fantasma assassino! >>. Tentai di parlare. << Amelia non è... >>. Intervenne Brianna. << Amelia non è cattiva, stavi per dire? Cazzo, William, ha ucciso più persone lei di un serial killer in vent'anni di attività! >>. James si schiarì la voce, borbottando sottovoce : << Quello che hai detto non ha senso... >> Brianna gli tirò un pugno sul braccio. << Stai zitto una buona volta >>. Poi calò il silenzio. E fu mia madre a interromperlo. Lessi la delusione sul suo viso, e mi fece sentire così triste, che mi chiesi come avessi potuto disobbedirle così. << Io so che è il tuo lavoro, William >> sussurrò, con calma. << Ma se succederà un'altra volta una cosa simile, tu non lo farai più. Non so perchè questo fantasma ti dia così alla testa, ma tu sei sotto la mia responsabilità e sei mio figlio ed è mio dovere proteggerti. Quindi, se mi disobbedirai ancora, smetterai di liberare le persone morte. Sarai un ragazzo qualunque che va a scuola e poi ti troverai un lavoro estivo. D'accordo? >>. Abbassai lo sguardo, sconfitto, e annuii docilmente. Mia madre allora si alzò, e senza dire altro, se ne andò in camera sua, lasciando me e i miei amici soli. Aspettai altre prediche, sperando ardentemente che non ce ne fossero. << Amico, noi apprezziamo molto ciò che fai, ma vogliamo che ci rendi partecipi. Ora siamo una squadra >>. Alzai la testa di scatto e guardai malissimo James. << Ah sì? E chi lo avrebbe deciso? >>. Amara si intromise. << Era da tempo che ti aspettavamo. Mia nonna era una profetessa, come tua madre, e mi ha detto che la nostra compagnia sarebbe stata completa solo quando un liberatore di fantasmi si sarebbe unito a noi >>. Scrollai le spalle. << E se io non volessi? >>. Amara restò con la bocca socchiusa, senza sapere cosa rispondermi. Potevo benissimo farlo. Potevo scacciarli malamente da casa mia e dalla mia vita. Ma sapevano una cosa, anche se non mi conoscevano benissimo. Non l'avrei mai fatto. Mi sarei unito a loro. << Okay, siamo una squadra >> sbuffai. << Ma ad una condizione >>. Tutti mi ascoltavano in attesa. << Io non abbandonerò Amelia. Okay, è lo spirito più potente con cui io abbia mai avuto a che fare. Ma non è solo questo : è anche una ragazzina bisognosa d'aiuto. Aveva degli hobby, da viva. E l'hanno uccisa, ragazzi. Era solo una sedicenne, e l'hanno uccisa. E io devo sapere chi è stato e perchè >>. Mi fissarono, spaventati dal tono perentorio della mia voce. Ma poi annuirono, sorridendo. Ora avevo degli amici su cui contare. Che mi avrebbero aiutato. Forse potevamo farcela, tutti insieme. Appena se ne furono andati, salii in camera mia e presi dalla mia borsa il plico di foglio che mi aveva dato Amelia. Ne sfiorai la carta, la annusai, curioso di sentire il profumo che lei aveva da viva. Tuttavia, oltre all'odore di muffa e di vecchio, quella carta non parlava di Amelia. La sua scrittura era piccola, sottile e svolazzante. Mi piacque subito. Decisi di leggere la prima pagina. << " Mio amato diario, è successo ancora" >>. Mi fermai, stupito, e guardai la firma in fondo al foglio. " Amelia Elizabeth Roberts ". Era il diario di Amelia! Doveva avermelo dato per sbaglio. Lo fissai, indeciso. Dovevo leggerlo comunque? Sapevo che me ne sarei pentito, ma dovevo saperne di più. Ripresi a leggere. << "Mio amato diario, è successo ancora. Mia madre mi ha picchiata, e stavolta pensavo che volesse uccidermi sul serio. Ho avuto tanta paura, diario. Le ho soltanto chiesto se potevo andare al ballo di fine anno, in fondo. Mi ha dato della puttana, mi ha presa per i capelli e mi ha sbattuta al muro. Mi ha picchiata talmente tanto che non so più se il liquido che sento in viso sia sangue o solo le mie stupide lacrime. Oh, caro diario, perché sono così fragile? Perchè non ho la forza di ribellarmi? Sento dei passi su per le scale. Forse è Raymond. Devo fuggire, a dopo. Amelia Elizabeth Roberts " >>. Il foglio era datato ventinove giugno 1864. Feci scorrere tutte le pagine, e raggiunsi l'ultima : diciotto dicembre 1864. Probabilmente il giorno della sua morte. Tornai indietro e lessi la seconda pagina : << " Caro diario, non ce la faccio più. Sto seriamente iniziando a pensare che la morte sia l'unica soluzione. Non posso vivere così. L'odio che ho dentro mi sta soffocando. Sono due settimane che di notte piango. Mia madre mi ha picchiata anche oggi. Non mi ricordo nemmeno perché, a dire il vero. So solo che mi ha presa per un braccio e mi ha buttata per terra. Ha iniziato a colpirmi. Ha smesso solo quando ormai tutto il tappeto era insanguinato. Raymond non c'era. Ho paura. Non voglio morire per mano sua, diario. Ma nessuno verrà a salvarmi " >> mi accorsi che non aveva firmato. La I finale di "salvarmi" era strascicata, come se fosse stata allontanata frettolosamente e non avesse avuto il tempo di poggiare il pennino. Girando le pagine, raggiunsi il quindici luglio : << " Caro diario, oggi è successo qualcosa di strano. Mamma e Raymond mi hanno portata in cantina. Mi hanno dato da bere un bicchiere di uno strano biancastro, poi mi hanno legata al muro, con le mani in alto, incatenate. Poi ho ricordi vaghi, per esempio mia mamma che dice a Raymond "divertiti" o qualcosa di simile. So che ad un certo punto lei se n'è andata, ridendo, e chiudendo la porta a chiave. Non ho altri ricordi. Credo di essermi addormentata. Quando mi sono svegliata, sentivo dolori ovunque, ed ero piena di graffi e ferite sulle cosce, sui polpacci e sul petto. Non ho idea di come sia successo. Qualcosa deve avermi morsa, oppure devo essere caduta. Probabilmente Raymond non è arrivato in tempo per difendermi " >>. Mi fermai, soffocato dalle mie stesse lacrime. Non mi ero reso conto di star piangendo. Povera, povera Amelia. Andai nel mese di agosto. << " Caro diario, ogni giorno mi portano in cantina e mi sveglio con ferite nuove. Sto iniziando a pensare che mi droghino. Ma non capisco. Perché Raymond non mi aiuta? Lui è così una brava persona. O almeno credo. Diario, ho la mente offuscata. Dormo poco, non so quello che faccio. Sono distratta, mi sento male spesso. Non capisco " >>. Saltai diverse pagine ed andai a settembre. Lessi la quarta pagina di codesto mese. << " Caro diario, ho scoperto cosa fanno quando mi portano in cantina. Stavolta ho fatto finta di bere. Mi hanno beccata, ovviamente, perché non mi sono addormentata. Ma mia madre ha detto che non era un problema ed è uscita come al solito. Raymond invece era davanti a me, diario, e si è slacciato i pantaloni. Mi ha legata al muro, mentre io stupita, non capivo. Poi mi ha strappato il vestito di dosso. Ho urlato tanto, diario. Più di quanto abbia fatto mai. Ma non è servito nulla. Mi ha picchiata, violentata, e poi, dopo avermi slegata, mi ha lasciata lì, a piangere, raggomitolata su me stessa. Se n'é andato ridendo. Sto malissimo. L'unica persona che credevo mia amica è quella che mi ha fatto più male " >>. Avevo la gola arida. No. Non era possibile. Non era lontanamente concepibile. Misi giù i fogli, e chiamai il numero di Amara, che stranamente era registrato. Le chiesi con voce tremante di venire subito a casa mia. Ero scosso da forti tremiti. Non so a che ora arrivò, non mi interessava. Quando mi vide, mi abbracciò. Così, senza che glielo chiedessi. Dovevo essere messo proprio male. << Cosa è successo? >> mi chiese, sedendosi di fianco a me. << Sto leggendo questi fogli che mi ha dato Amelia. Deve essersi sbagliata, perché questo era il suo diario. E... >> non riuscii a continuare, perciò glielo tesi. Lesse velocemente ciò che avevo letto io. Poi con le lacrime agli occhi, mi prese la mano. << O mio Dio, Will. È stata... >>. Deglutii. << Già >>. Mi stupii a pensare che avrei tanto voluto avere quel brutto bastardo tra le mani. Non avevo mai desiderato prima di fare così tanto male a qualcuno. << Ti va di continuare insieme? >> mi chiese lei con dolcezza, e io annuii. Girò qualche pagina e raggiunse l'8 novembre. Amara iniziò a leggere. << " Sono stanca. Sto morendo dentro. Raymond continua a stuprarmi, mia madre ha bruciato tutti i miei disegni davanti a me. Ho ferite ovunque, e non mi importa nemmeno più come me le procuro. Hanno ripreso a drogarmi, e io a bere. Non posso sopportare di nuovo tutto quello che ho subito quel giorno. Sai quando dicevo che sarei scappata di casa? Ecco, non lo farò. Sono nata qui e qui morirò. Non ho più la forza per respirare. I polmoni mi bruciano. Ho visto troppo sangue. Sono stanca. Ora vado a dormire, caro diario, e preghiamo insieme che io non mi risvegli più " >>. Amara alzò lo sguardo su di me. Fissavo immobile la pagina del diario, scioccato. Amelia aveva cominciato a lasciarsi morire. Ma non potevo crederci, no. L'avevo vista combattere, quella dea guerriera, e sapevo per certo che su quel diario non c'era scritto tutto. Lo usava per sfogarsi. Ma non era Amelia quella che scriveva. Era solo la parte in lei che si era arresa. Ero sicurissimo però, che non fosse tutto lì. Presi i fogli dalle mani di Amara e scorrendo le pagine, caddero per terra diversi cartoncini. Li presi, e vidi che erano in realtà disegni bellissimi. Uno ritraeva Amelia stessa mentre fissava sorridente qualcuno, l'altro sua madre. Mi stupii di come l'aveva disegnata : le labbra non avevano la piega severa che avevo visto nella foto a casa sua, anzi, sorridevano e gli occhi avevano un'espressione gentile. Sotto c'era scritto qualcosa. << "La mia mamma quando io non ci sono è felice " >>. Percepii l'innocenza e la tristezza di quella bambina tanto odiata. Dovevo andare da Amelia. Dovevo andare a chiederle spiegazioni. Mi asciugai le lacrime. << Amara, io vado da lei >> dissi frettolosamente, prendendo in mano il mio cappotto. Amara si alzò. << Vengo anch'io >>. Scossi la testa. << Amara. Per favore, non stavolta. Ho bisogno di parlare con lei da solo >>. Lei annuì. Mi abbracciò, come se fossimo amici di vecchia data, e per un attimo, sembrò proprio così. << Grazie, Amara >> sussurrai riconoscente. Mi strinse più forte. << Grazie a te per avermi chiamata >>. Poi uscii, diretto da Amelia in cerca della guerriera indistruttibile che quelle pagine mi avevano taciuto.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: looking_for_Alaska