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Autore: Lunete    23/03/2015    2 recensioni
Quella notte si baciarono per l'ultima volta, prima che Solas la lasciasse senza quasi darle una spiegazione: «il tuo spirito è meraviglioso come pochi. Forse in un altro mondo...» furono le uniche parole che le disse. Al ricordo le sfuggì una lacrima, una soltanto, l'unica che si permise di versare: di Solas non aveva più notizie da quando, dopo la battaglia contro Corypheus, se n'era andato svanendo nel nulla, nonostante Leliana avesse impiegato le sue migliori spie per cercarlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Era passato quasi un anno ormai da quando avevano sconfitto Corypheus e portato la pace nel Thedas. Clariss Lavellan guardò verso la cicatrice verdastra che ancora pulsava nel cielo sopra Haven e rabbrividì, ripensando a come avevano evitato per un soffio la fine del mondo. Si sistemò una ciocca ribelle di capelli rubino dietro l'orecchio a punta e si voltò verso l'accampamento, dove i suoi compagni di viaggio l'attendevano. Dorian, Sera e Toro di Ferro stavano giocando a Grazia Malevola, facendo più chiasso di quello che avrebbero dovuto; infatti poco dopo spuntò Cassandra, che si avvicinò con il suo tipico passo marziale al gruppetto con l'intenzione di calmarli «se non la smettete di fare tutto questo baccano saremo presto cibo per i demoni, vedrete!», al che Sera si girò e le rispose facendole una pernacchia. Cassandra sospirò alzando gli occhi al cielo e guardò Clariss «inquisitrice, sei tu il capo qui! Dovresti far rispettare le regole ogni tanto» «lasciali che si divertano, oggi è stata una giornata pesante per tutti. E poi pensavo di unirmi alla partita!» rispose l'elfa, sorridendo furbescamente. Quell'affermazione fu accolta da una serie di esclamazioni di approvazione da parte del trio, che si divise per lasciare il posto alla nuova arrivata. «Visto che dobbiamo rilassarci, dovresti prendere in considerazione l'idea di separarti dalle tue armi» osservò Dorian, indicando i due pugnali a doppia lama che Clariss portava ancora legati alla cintura. «Amico mio hai ragione, ma la prudenza non è mai troppa, soprattutto dopo quello che abbiamo affrontato oggi» disse Clariss, cominciando però a slegare il primo pugnale «bah, sono sicuro che se dovessimo incontrare qualche altro demone questo soccomberebbe di fronte al nostro fascino vagamente selvaggio» ribattè il mago, osservando quasi con orrore le macchie di fango che capeggiavano sui suoi vestiti. Sera rise alla battuta e ribadì «possiamo sempre lanciargli qualche calzino usato, sono sicura che anche quelli funzionerebbero alla perfezione!».

Il sole era ormai tramontato da tempo all'orizzonte quando Clariss decise di sgranchirsi le gambe; camminò fino al limitare dell'accampamento e guardò la pianura immobile che si srotolava per chilometri sotto di sé. Una folata di vento freddo si insinuò tra le sue vesti, facendola rabbrividire: aveva dimenticato la giacchetta nella tenda e ora si stava maledicendo per la sbadataggine. Sentì un fruscio di passi che si avvicinavano, si voltò di scatto, i grandi occhi verdi saettarono all'erta per capire se era in pericolo o no. Per fortuna era solo Varric, che si avvicinava silenziosamente portando con sé una coperta e due boccali, presumibilmente riempiti con lo stesso idromele caldo con cui stavano brindando i soldati dell'accampamento. «Ti vedo pensierosa inquisitrice» disse, sorridendole gentilmente «ho pensato che un po' di calore e un amico fidato potessero aiutarti a liberarti dei brutti pensieri». Clariss accettò di buon grado la coperta, appoggiandola sulle spalle e sedendosi nell'erba accanto al nano, che le porgeva uno dei due boccali «Varric, lo sai che odio quando mi chiamate inquisitrice» lo rimproverò «dopo tutto quello che abbiamo passato insieme non voglio che vi rivolgiate a me con titoli altisonanti». Il nano ridacchiò e bevve un sorso della bevanda, quindi la guardò, stavolta con una nota di serietà che balenava nelle iridi marroni «seriamente Clariss, cosa ti turba? Oggi siamo riusciti a stanare e a chiudere ben due varchi, non è un'impresa di cui molti possono vantarsi!». Clariss si morse un labbro non sapendo bene cosa rispondere: effettivamente il nano aveva ragione, lei ed il suo gruppo avevano fatto un lavoro egregio e non solo quel giorno. «Vedrai che ritroveremo il tuo Spiritosone» disse Varric, facendole l'occhiolino; sentendosi punta sul vivo Clariss arrossì «lo sai che non siamo in missione per questo!» protestò. Il nano le diede una leggera pacca sulla spalla per tranquillizzarla «certo che lo so, Testarossa, ma non dirmi che non speri di vedere sbucare quella testa scintillante da dietro un cespuglio!». Clariss mise su il broncio: nonostante fosse passato più di un anno ancora non se la sentiva di affrontare l'argomento. Varric sospirò «come vuoi, se non ne vuoi parlare allora cambiamo discorso» disse, così i due chiacchierarono d'altro fino a notte inoltrata, parlando dei piani per i giorni seguenti e spettegolando sugli altri membri dell'inquisizione. «Ricciolino non prende mai una pausa!» esclamò Varric, guardando Cullen, che nonostante l'ora tarda si aggirava ancora per l'accampamento sbraitando ordini alle guardie notturne. «Non si può dire che non sia un bravo comandante» sogghignò Clariss, guardando il boccale ormai vuoto e desiderando di trovarsi in un luogo più caldo, «talmente bravo che se avesse voluto avrebbe potuto mettere in riga anche Corycoso, sbraitando qualche ordine e completando il tutto con il suo famoso sguardo di disapprovazione!». Scoppiarono entrambi in una risata fragorosa, immaginandosi la scena, quindi Varric si alzò sbadigliando «è ora che me ne torni al mio giaciglio. Grazie per la chiacchierata inquisit...Clariss», si corresse di fronte all'occhiata minacciosa dell'elfa, la quale sorrise e rispose «grazie a te Varric, grazie per tutto». Rimase ancora un po' seduta da sola giocherellando distrattamente con le frange della coperta, godendosi e allo steso tempo odiando il gelo notturno, quindi si alzò e raggiunse la sua branda.

La mattina seguente si svegliò e uscì dalla tenda, stiracchiandosi e schermandosi gli occhi con una mano per ripararli dai primi raggi del sole mattutino: Cassandra e Blackwall erano già pronti e armati di tutto punto, gli altri si stavano ancora preparando. Cullen si avvicinò all'elfa porgendole il rapporto della mattinata «è stato segnalata la presenza di altri varchi a sud, alle Tombe di Smeraldo. Dobbiamo incamminarci subito, così arriveremo nel primo pomeriggio». Clariss lesse la pergamena, poi guardò Cullen «come suggerisci di procedere, comandante?» disse sorridendo dispettosa, ben consapevole che anche lui, come lei del resto, odiava quando gli amici lo chiamavano con quel titolo formale. Infatti lui sbuffò, ma non commentò «una volta arrivati sul posto possiamo mandare in avanscoperta le nostre spie. Quindi suggerisco di dividervi in gruppi che non si allontanino troppo l'uno dall'altro, così tu puoi fare la spola e chiudere velocemente più varchi possibile». «Comandante, sei efficiente sin dalla mattina presto, vedo!» rispose lei, canzonandolo «come sempre, inquisitrice» disse Cullen con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. Clariss rise e gli diede una leggera spinta sull'avambraccio, poi raggiunse i suoi compagni per riferire loro i piani della giornata. Dopo aver consumato una colazione spartana, si incamminarono subito: le spie dell'inquisizione erano già partite con in testa l'esploratrice Harding e li avrebbero aspettati nel luogo prestabilito per l'allestimento del nuovo accampamento. Era una calda mattinata di inizio estate, l'unica cosa che li sollevava ogni tanto dal calore era una dolce brezza fresca, la stessa che di notte si trasformava in vento gelido. L'erba sotto le suole dei loro stivali frusciava, solo Clariss non produceva alcun rumore: abituata fin da piccola a vivere alla macchia con il suo clan Dalish, aveva imparato l'importanza di non farsi notare. Quando finalmente videro all'orizzonte gli alti alberi delle Tombe di Smeraldo sorrisero soddisfatti, impazienti di trovarsi al riparo di quelle chiome ombrose.

Raggiunsero le spie, che li attendevano in quello che rimaneva di un antico tempio elfico: il pavimento, quasi del tutto intatto, era un'ottima base di appoggio per le tende e altri utensili indispensabili, mentre la sua posizione sopraelevata garantiva un'ottima visibilità del circondario. Clariss si appoggiò stancamente alla statua del Temibile Lupo, che capeggiava al centro del tempio; Dorian si avvicinò, abbandonandosi anche lui sulla statua «questo non è il dio che ha tradito il popolo elfico? Quello che la tua gente odia?» le disse, osservando il muso ferino scolpito nella pietra. Clariss alzò le spalle e rispose «dire che lo odiamo è improprio, più che altro lo temiamo. Io personalmente ho sempre creduto che ci fosse di più oltre alla leggenda che viene tramandata» «oh? Questa mi è nuova, una Dalish che mette in dubbio le storie del suo popolo!». L'elfa sorrise di fronte alla perplessità dell'amico «non tutti i clan Dalish sono uguali. Nel mio clan ci è sempre stato insegnato di tenere aperta la mente ed accogliere le novità come momenti di crescita. E poi ho sempre sentito una certa affinità con Fen'Harel, o Temibile Lupo come lo conoscete voi». «Che vuoi dire con affinità?» chiese curioso il mago, così l'elfa rispose «non saprei spiegartelo bene a parole ma...mi chiedo se veramente Fen'Harel abbia rinchiuso gli altri dei elfici per dispetto, o forse il suo obiettivo era tutt'altro. Forse ha cercato di salvarli da una minaccia... un po' come me con il mio clan, che da quando sono inquisitore è continuamente preso di mira dai fanatici anti-inquisizione». Dorian si lisciò i baffi pensieroso «teoria interessante, mi verrebbe quasi da invidiarti: io non ho mai provato nessuna affinità verso alcun dio...ma non dirlo troppo in giro, non vorrei che lo venisse a sapere Cassandra!». In quel momento arrivò Harding, che interruppe la conversazione «inquisitrice! Ho i primi risultati della ricerca delle spie» «procedi pure, esploratrice» rispose gentilmente Clariss. «Sono stati avvistati due varchi poco lontano da qui, mentre un terzo è più a nord-ovest, verso Villa Maurel. Per altre notizie dobbiamo aspettare che rientri il terzo gruppo di spie» «grazie Harding, ci mettiamo subito al lavoro!».

Clariss si sistemò l'armatura e partì con il primo gruppo, formato da Dorian, Toro di Ferro e Varric. S'incamminarono verso il luogo indicato dalle spie: il varco in questione si trovava vicino ad un torrente e presto sentirono il rumore dell'acqua che scorreva sui ciottoli del fondale. La mano sinistra dell'inquisitrice si illuminò di verde, segno che il varco era ormai molto vicino: infatti, uscendo dal fitto fogliame della foresta, si ritrovarono sulla riva del corso d'acqua, dove uno squarcio verdastro pulsava minaccioso. Intorno ad esso c'erano già alcune ombre minori e un Demone della Disperazione, ma Clariss sapeva che se non avessero agito in fretta ne sarebbero usciti altri. Dorian scagliò subito un incantesimo di fuoco contro il demone, mentre Clariss si nascose dietro alcuni alberi, in modo da aggirarlo e coglierlo di sorpresa alla spalle; Toro di Ferro ruotò su sé stesso, falciando subito un buon numero di ombre con la sua enorme ascia, Varric piazzò qualcuna delle sue trappole, pronte ad esplodere al primo contatto. Lo scontro proseguì senza esclusione di colpi per più di un'ora, ma alla fine il gruppo prevalse e Clariss rivolse la mano marchiata verso lo squarcio, sigillandolo per sempre. Stanchi, ma soddisfatti del risultato, tornarono sui propri passi per raggiungere l'accampamento, tranne Clariss, che doveva raggiungere Cassandra, Sera e Blackwall, impegnati con le creature del secondo varco.

A fine giornata l'inquisizione contava altri due varchi chiusi e all'accampamento ci si preparava a fare un po' di baldoria «Madama Mutandoni di Pizzo sarà contenta, chissà quanti nobili leccaculo le scriveranno in seguito a queste vittorie!» esclamò Sera, alzando il suo boccale di idromele verso Clariss. Dopo aver bevuto e cantato insieme ai compagni, l'elfa si alzò, intenta a cercare un po' di tranquillità come la sera prima. Allontanandosi dall'accampamento sentì Cassandra, che allarmata la richiamava «non ti allontanare troppo, i demoni non sono l'unico pericolo di questa foresta!», ma Clariss le rispose con un gesto noncurante della mano: era abituata a girovagare per le foreste e poi non sarebbe andata troppo lontano. Trovò un piccolo spiazzo vuoto e guardò verso il pezzetto di cielo libero dalle chiome degli alberi; lassù splendeva la luna piena e la sua luce argentea si rifletteva nel verde delle sue iridi. Malinconicamente ripensò all'ultima volta che aveva visto una luna come quella: era a Crestwood, vicino ad un laghetto e Solas era con lei. Fu quando lui le svelò il vero significato dei vallaslin, i tatuaggi che i Dalish tracciavano sui loro volti con l'intento di onorare i loro dei; Solas invece le rivelò che essi erano un simbolo di schiavitù tra gli antichi elfi e si offrì di cancellarle i suoi con un incantesimo. Sebbene fosse combattuta, dato che quei tatuaggi erano tutto ciò che le rimaneva della sua vecchia vita, Clariss acconsentì al rituale, sapendo che doveva lasciarsi il passato alle spalle. Quella notte si baciarono per l'ultima volta, prima che Solas la lasciasse senza quasi darle una spiegazione: «il tuo spirito è meraviglioso come pochi. Forse in un altro mondo...» furono le uniche parole che le disse. Al ricordo le sfuggì una lacrima, una soltanto, l'unica che si permise di versare: di Solas non aveva più notizie da quando, dopo la battaglia contro Corypheus, se n'era andato svanendo nel nulla, nonostante Leliana avesse impiegato le sue migliori spie per cercarlo.

«Guarda guarda, un'elfetta solitaria!» disse una voce roca e sconosciuta alle sue spalle. Clariss saltò subito in piedi e vide che le si erano avvicinati due banditi, probabilmente cacciatori di schiavi, che la fissavano ghignando; “maledizione!” imprecò tra sé e sé quando si rese conto di aver lasciato le sue armi all'accampamento. Non sapeva nemmeno se qualcuno all'accampamento poteva sentirla, se avesse urlato. Sudando freddo, Clariss indietreggiò, per rendersi conto solo in un secondo momento che dietro di lei c'era un terzo bandito: era in trappola. I tre ceffi sghignazzarono «sembra piuttosto agile la signorina, ci varrà una fortuna!», quindi uno dei tre si lanciò alla carica. Clariss evitò la collisione rotolando di lato, quindi prese lo slancio e calciò forte in faccia un secondo bandito, che l'aveva raggiunta. Alzò i pugni sperando di intimorirli, ma quelli erano armati e risero di gusto di fronte al suo gesto di sfida; quello che per primo aveva parlato tirò fuori un lazo e glielo lanciò addosso, legandolo al suo polso. Clariss strattonò indietro la corda, facendo cadere in ginocchio l'uomo, ma quello si rialzò subito, mentre il secondo le si avvicinava con una rete. Clariss, disperata, si divincolò ma la corda al polso si strinse ancora di più. Quando ormai credette di essere perduta, sentì un ringhio basso e profondo provenire dagli alberi che circondavano la radura: all'improvviso un lupo dal pelo nero balzò fuori, aggredendo ed uccidendo sul colpo uno dei tre schiavisti. Il primo lasciò la corda che stringeva il polso di Clariss per impugnare la sua arma, un'ascia, lanciandosi alla carica contro la bestia: il lupo scansò con agilità l'uomo, mordendogli un polpaccio. L'ultimo schiavista rimasto in piedi lasciò cadere a terra la rete e scappò verso gli alberi mentre l'uomo ferito a terra si trascinò, sanguinando e guardando terrorizzato il suo aggressore; in un ultimo atto di coraggio, o di stupidità, sollevò l'ascia cercando di abbatterla sul lupo, il quale evitò nuovamente il colpo ed lo uccise, affondandogli i denti sulla gola. Il lupo si voltò verso Clariss, guardandola con due incredibili occhi azzurri, inusuali persino in un animale intelligente come quelli della sua specie; Clariss rimase sulla difensiva, pronta a scappare se l'avesse aggredita, ma lui non diede segno di volerla attaccare, anzi le si avvicinò cauto fino a sfiorarle la gamba con il muso. Clariss sentì tutta la tensione accumulata scemare, si lasciò cadere in ginocchio di fronte al suo salvatore e gli accarezzò la testa sussurrando «grazie»; il lupo mugulò piano, quindi si voltò e sparì nuovamente tra gli alberi.

 

***


Una volta al riparo da occhi indiscreti, il lupo dal pelo nero riprese le sue vere sembianze: al suo posto comparve un elfo alto e calvo, con occhi azzurri ed intelligenti. Solas guardò verso la radura, dove l'elfa dai capelli rossi si stava rialzando in piedi: com'era bella! Sarebbero bastati solo pochi passi per ricongiungersi a lei, per poterla riabbracciare, per poter sentire il sapore di lei sulle sue labbra...ma aveva una missione da compiere e non poteva, non voleva coinvolgerla. L'elfo osservò l'amore della sua vita che lentamente tornava al sicuro all'accampamento, quindi si coprì la testa con il cappuccio del mantello nero e sussurrò al vento «sarò sempre al tuo fianco, ma vhenan».

 

 

Note dell'autrice:
Salve a tutti, grazie per essere arrivati alla fine di questa mia prima one-shot, spero sia stata di vostro gradimento!
Ho concluso due giorni fa la mia seconda run di DA:I con il personaggio di Clariss e che dire? Sebbene con il primo
personaggio io avessi totalmente snobbato Solas (non lo riuscivo proprio a capire, ogni cosa che dicevo/facevo
la disapprovava! D:) devo dire che romanzandolo con l'elfa mi letteralmente rapita! Quella tra lui e Lavellan penso sia
una delle storie d'amore più belle e più struggenti di tutti gli ultimi videogiochi a cui ho giocato! Spero di avergli reso
onore con questa storia, ora torno a versare lacrime sul cuscino nella speranza che Bioware faccia uscire un DLC
tipo "Caccia all'Elfo" o qualcosa del genere! XD Per ora vi saluto, alla prossima!

 

 
   
 
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