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Autore: Maya98    23/03/2015    1 recensioni
1891: è passato un anno da quando Moriarty ha preso potere in Inghilterra e Sherlock Holmes è stato sconfitto. Oscure vicende si tessono e sfilano tra loro davanti a Baker Street: mentre Sherlock ha da patire la sorte peggiore, fa il suo arrivo a Londra John Watson, ex-medico militare che avrà il potere di cambiare le carte in tavola. Mary Morstan, spia di Sherlock, è costretta a contrarre un matrimonio involuto con la pupilla di re Moriarty, Irene Adler. Mrs Hudson e Molly Hooper organizzano un movimento di rivolta per liberare Sherlock e Greg Lestrade il traditore, spogliato di ogni cosa, fa da narratore alle vicende che hanno come sfondo la nostra Londra Vittoriana.
Perché per combattere serve un motivo.
(Notre Dame de Paris; Musical!AU – Spiegazioni all’interno)
Nota: questa storia era stata originariamente pubblicata in un unico capitolo. Per esigenze di modalità è stata divisa in capitoli. Verrà aggiornata settimanalmente.
Genere: Introspettivo, Song-fic, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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TRIGGER WARNING! Tentato linciaggio!







Capitolo 7.

La festa dei mostri
https://www.youtube.com/watch?v=_GgEAaUHS-c


A Sherlock non è mai capitato di sentirsi così.
Sono passate diverse settimane, ormai, dalla battaglia di Baker Street. Luglio sta scivolando nella sua pigra, insolita cappa di calore, attardandosi sulla pelle della gente come un velo di sudore troppo fastidioso. L’olezzo infame, il miasma che il Tamigi riversa sui marciapiedi tormentati dalla calura ardente: insopportabile. Eppure, nonostante il clima sia il meno favorevole, nella notte più buia, Sherlock non riesce ad impedirsi di uscire. Attraverso il passaggio che ha scovato, eludendo la sorveglianza delle sue guardie, non riesce a tenere sé stesso lontano dallo scivolar fuori di soppiatto, lasciandosi avvolgere dall’insopportabile nebbia soffocante che lo attende fuori. Londra è nera come l’inchiostro: un acquarello dipinto solo con colori scuri. Con la testa abbassata, le mani sepolte nelle tasche, percorre metà del lungo viale che si snoda tra Baker Street e la strada principale. Volta l’angolo, aggirando con cautela un gruppo di persone che violano il coprifuoco fin troppo rumorosamente, infilandosi poi nella strettoia di un vicolo ancora peggio illuminato. Il forte odore di fogna stuzzica di nuovo le narici, ma la sua mente è troppo concentrata su altro per prestargli la dovuta, infastidita attenzione.
Va avanti da tre settimane. Comincia a sentirsi ridicolo, ma in nessun modo, con alcuna costrizione è riuscito a impedirsi di continuare. Probabilmente uno dei pochi lussi che si è concesso – come se la sua forza d’animo stesse allentando la morsa della colpa e l’afflizione cedesse sotto il peso di una rinnovata voglia di vivere.
Non credeva che si sarebbe inoltrato in questa infinita, soffocante e terribilmente inebriante spirale. Quando gli ha teso la mano, presentandosi, era intenzionato semplicemente a mettersi un po’ in mostra per ricucire il suo orgoglio perduto. In nessun modo è riuscito a capire come improvvisamente sia nato il bisogno di carpire ogni segreto da quegli occhi scuri, di indagare ogni ombra, di guarirlo da ogni ferita, di vederlo ogni sera. Dopo tanto tempo senza misteri da risolvere, gli è stato presentato a tradimento il più affascinante ossimoro umano che l’universo abbia mai concepito.
Allungando il passo, supera un viottolo abitato e prende nuovamente una scorciatoia laterale. Le piastrelle irregolari di cemento armato, fratturate in crepe solitarie e quasi poetiche, lo informano di essere arrivato nel posto giusto. Attento a non sporcarsi i vestiti, si lascia scivolare lungo la scala a chiocciola di ferro, instabile ancor di più una volta abbandonatoci sopra il suo peso, e immerge il viso nell’ombra. Non importa l’ora: lo scorrere del tempo è un concetto duttile e malleabile, nell’attesa. Quando occorre farlo passare in modo soggettivo, basta che lui apra le porte del suo Palazzo Mentale e lo dilati o restringa a suo piacimento. Ma non è questa la sera.
Non passa – oggettivamente – molto tempo; druccioli e ghiaia sotto suole di scarpe è il primo rumore che percepisce. Un passo strascicato, ma non incerto, non più ormai. Non da molte notti. Sherlock riconoscerebbe quella particolare cadenza ovunque, anche se fosse costretto ad ascoltare tutte le camminate di ogni cittadino di Londra. Sarebbe sempre, dolorosamente, nitida – abbastanza da essere unicamente inconfondibile.
Quando John Watson gira l’angolo, e una cascata di luce gli taglia in viso, conferendo ai lineamenti un profilo affilato che non gli si addice, Sherlock sente il suo viso sciogliersi in un largo sorriso.
 
La felicità che si è sentito addosso come una camicia particolarmente comoda, se la deve far scivolare via quando torna a casa. Sul tavolo del soggiorno, abbandonata in bella vista, la nota giornaliera dalla sua infiltrata. Anna Grace Revmira Avlov è puntuale ed efficiente come nessuna, ma il contenuto gli fa stringere i denti per il fastidio.

La frequenza delle tue scappatelle è stata notata. L’indesiderata n. 1 è pronta a guidare la folla domani alla solita ora.
A.G.R.A.

Sherlock si abbandona sulla sua poltrona, rileggendo le parole vergate su carta anche se sono già impresse come fuoco nella sua memoria. Sospira lentamente, prima di prendere una decisione.
Non ha intenzione di non presentarsi. Questo non impedirebbe ai suoi nemici di tornare il giorno successivo, e quello dopo, e quello dopo ancora. Un comportamento che gli impedirebbe totalmente di vedere John di nuovo – è incredibile come dopo così pochi giorni sia già diventato una droga, ma c’è qualcosa nel suo atteggiamento, nei suoi occhi e nel suo sorriso che sfiora corde dell’anima di Sherlock che Sherlock non ha mai saputo di possedere – e questo è assolutamente fuori luogo. Lui non smetterà di incontrare John. Non quando John è stato il primo, dopo tanto, infinito e miserabile tempo, a dirgli ‘Fantastico!’. Ha aderito a una causa non sua conoscendolo appena, meravigliandosi delle sue capacità, sorridendogli come se fosse la cosa più bella del mondo, mostrando una generosità e un altruismo in cui Sherlock non credeva più da molto tempo. E se permettesse loro di far vedere che lo hanno in pugno, si ritroverebbe morto molto presto. No: deve dimostrare che sarà sempre un passo avanti a loro. Non possono controllarlo, se lui riesce ad imbrogliarli. E potrà così sottolineare ancora come sia solo paura di lui, quella che li muove. Paura della sua superiorità.
La porta di ingresso, pertanto, è assolutamente fuori discussione. Alza lo sguardo, verso la lunga scalinata che conduce al piano di sopra. Gli viene un’idea.
 
Il corteo che si presenta davanti alle sue porte alle nove di sera del giorno dopo non è affatto silenzioso come la schiera del Fandom dei Ribelli. Questo dimostra ulteriormente come siano dei disorganizzati imbecilli. Uno sciame di persone affamate di un capro espiatorio, ognuna armata delle armi più pericolose trovate in casa e delle parole più pungenti, e difese da una muraglia di disprezzo e menzogne che oltre a proteggerli dalla verità, oscura i loro occhi con le bugie che vogliono vedere. Gente che non ha paura di spargere sangue per cercare vendetta: un esercito di vampiri pronti a scaricare la colpa e a linciare chiunque esca dalla porta del 221b. Cinque file circondano il frontale dell’edificio, seguite da altre linee confusionarie e più tendenti al rumore, e una forte ultima linea di soldati del re, che per una volta non hanno alcuna intenzione di intervenire. Un’altra grossa falla nell’organizzazione, è il fatto che non c’è fila di persone a sorvegliare il retro della casa.
Ogni voce di quella baraonda, incattivita dalla voglia di violenza, sembra esplodere in un coro che non ha niente del canto di battaglia. È una caotica unione di voci dissonanti che produce un’assurda cacofonia:
La festa dei mostri.
La festa dei mostri.
La festa dei mostri.
La festa dei mostri.

Una donna si leva a capo dell’esercito, in piedi su un muretto in calce. Ha la pelle abbronzata e i capelli ricci scuri ad incorniciarle il viso selvaggio:

Lasciate sia la mia
la voce che dà il via
e spinge la follia
del mostro menzognero.

La folla le fa coro.

La festa dei mostri.
La festa dei mostri.

 
Sally Donovan, divenuta Ispettore dopo il licenziamento di Lestrade, alza la pistola che ha in mano verso il cielo, in gesto di rivolta.

E che il Mostro sia
trovato e qui mostrato
in strada per la sua
grande ipocrisia.

E quando lui farà
i suoi finti commenti
la sua mostruosità
punita, così sia.

Non esita un attimo, il popolo, a rispondere con la sua voce cacofonica.

Il Mostro è lui
Il Mostro è lui

E quando giungerà
oh sì, la pagherà.

Il Mostro è lui.

C’è un fruscio strano. La folla si zittisce, immobilizzandosi. Le guardie poste davanti alla porta fremono, attendendo di vedere la maniglia abbassarsi, e una figura scura uscire nella notte. Lungo tutte le altre file, dei sussurri eccitati cominciano a serpeggiare di bocca in bocca, scivolando da lingua a lingua in un eterno telefono senza fili.
 
È là, è lui:
Il mostro è lui:
è lui, è là,
vien qui, già qua,
è lui, è qui:
pronti? Così!
è lui! È lui!

Sally Donovan, imprudentemente alza la voce per coprire i mormorii incerti. Dichiara:
 
È proprio lui, è così:
il Mostro è Sherlock Holmes.
Nascosto se ne sta:
vergogna o codardia?

Il Mostro è lui.
Il Mostro è lui.
E quando giungerà,
oh sì la pagherà.

Il Mostro è lui.
È Sherlock Holmes, signori,
l’ipocrita in persona.
Veleno su di te
- è certo – sputerà.

Bugie, menzogne e invidia.
Calunnie ed invenzioni:
ecco che uomo è lui,
è un mostro e pagherà.

La folla rialza le voci per unirsi al coro di Sally. Sono animati da una ferocia quasi animalesca.
 
Il Mostro è lui.
Il Mostro è lui.

È un mostro e pagherà.
È un mostro e pagherà.

È Sherlock Holmes.
È un mostro e pagherà.
È un mostro e pagherà.

Il Mostro è lui.
È un mostro e pagherà.
È un mostro e pagherà.

È Sherlock Holmes.
Il Mostro è lui.
 















Note:
Capitolo più lungo del solito e più complesso, ma la parte iniziale non poteva essere trascurata, siccome non abbiamo ancora visto le cose dal punto di vista di Sherlock e c'era un buco di un mesetto da riempire.
Ho scelto Sally Donovan al posto che Greg per ovvi motivi. Ma perché ho scelto lei anziché Anderson? Perché Anderson mi piace. Dopo la s3 posso dire di averlo completamente perdonato per tutto il male che ha fatto, e quindi non me la sentivo di affibbiargli un ruolo così negativo. A mio parere lui fa parte del Fandom dei Ribelli. Ma Sally...Sally è una donna appassionata e fiera del suo lavoro, e se crede in una cosa ci si butta fino in fondo. Io la apprezzo, nonostante ovviamente lei odi Sherlock e lo tratti malissimo. Apprezzo alcuni lati di lei. Ovviamente, odio il fatto che lo ferisca di proposito e che sia irrispettosa. E in questo caso, odio doverla dipingere solo come la linciatrice. Ma mi serviva una figura del genere e lei era la più adatta. Chiedo perdono per averla sminuita in modo orribile.
Volevo far bene notare come l’opinione pubblica lo ritenga un ipocrita, un bugiardo, un mostro. È proprio come durante TRF: Londra smette di credere in Sherlock Holmes.
Fa molto riflettere, a mio parere, il fatto che tutta questa gente lo voglia linciare, o comunque fargliela pagare solo perché è diverso. L’animo umano è un tale mistero.
“E’ un mostro e pagherà”.


Ehi, sono stata puntuale. Pazzesco vero? XD

Grazie a tutti coloro che leggono e commentano e che cantano sulle musiche amandole almeno la metà di quanto le amo io <3
  
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