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Autore: nuvole_e_popcorn    23/03/2015    2 recensioni
Tutte le volte che lo vedeva, aggirarsi per il Campo, abbaiando ordini a destra e a manca, gli si spezzava il cuore. Era come vedere metà di una persona vagare in cerca dell’altra metà senza posa. Jasper dubitava perfino che dormisse davvero. Quando avevano perso Clarke Griffin avevano perso anche Bellamy Blake, era lì fisicamente, ma c’era ancora qualcosa che vagava nell’aria. Quell’insieme che lui aveva fallito. [BELLARKE!]
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Marcus Kane, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                    REBEL King
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               E Princess
 
Salve! Questa è la prima storia mia che scrivo su The 100, ho già pubblicato la traduzione di una fanfic, devo dire il vero non mi sono mai cimentata in questo tipo di genere, ma mi sono talmente tanto innamorata della coppia Bellamy/Clarke, che non ho potuto prorpio farne a meno xD mi perdonerete quindi se non ho una scrittura perfetta o scorrevolissima, vi prego comunque di avvisarmi di un qualsiasi errore semantico, sintattico o grammaticale e provvederò immediatamente! Ovviamente spero vi piaccia e spero vi sentire il vostro parere in merito, sono ovviamente accettate anche le critiche (perfino incoraggiate se costruttive! Andiamo se fossi bravissima avrei già pubblicato un libro e sarei già famosa!?) e anche le recensioni positive (andiamo a chi non piace ricevere dei complimenti?) Quindi niente, lasciate un commento se vi va, mi farà molto piacere sapere cosa ne pensate anche perché le recensioni sono il carburante per gli scrittori! Se sono negative spingono a fare meglio, positive a continuare a scrivere e neutre beh serve a far capire che comunque qualcuno legge la tua storia e per fargliela piacere devi migliorare ancora un po'. Non vi tedio oltre, spero di non avervi fatto passare la voglia di leggere la fanfic quindi ora mi zippo la bocca e vi lascio alla lettura! 
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Capitolo I
SUPERHEROES
Abby gli aveva urlato addosso. E poi si chiedeva perché non piaceva alla maggior parte dei 100 che erano scesi sulla Terra. Non solo aveva tradito Clarke, perché nessuna figlia sarebbe mai stata così distante dalla propria madre altrimenti; ma adesso dava anche contro Bellamy. Quella donna era l’incarnazione delle loro peggiori paure. Tutti e Cento da delinquenti che erano avevano temuto l’arrivo dell’Arca, ma era stato ancora peggio di quanto non pensassero: si era creato un equilibrio fra loro avevano dei leader, e da quando Abby Griffin e Marcus Kane avevano messo piede sulla Terra lentamente li avevano persi entrambi. Sì, perché il giorno che avevano perso Clarke Griffin avevano perso anche Bellamy Blake.
“Dov’è lei?” aveva domandato con tono imperioso.
“Lei non c’è” aveva risposto lui, con una tristezza in cuore che solo i Cento potevano capire, anche se non ancora appieno.
“Questo lo vedo – aveva risposto acidamente Abby – voglio sapere dov’è”
“Non lo so” aveva risposto lui sinceramente, passandole oltre, non voleva starla sentire.
“E tu l’hai lasciata andare?!” Bellamy alzò gli occhi al cielo, mentre la donna lo prendeva per un braccio fermando la sua camminata e ponendosi davanti a lui.
“Senti. Me lo ha chiesto lei – le aveva detto – e io so rispettare le sue scelte. Puoi dire lo stesso, tu?” Abby Griffin sgranò gli occhi, negli occhi marroni Bellamy poté vedere quanto dolore tenuto taciuto quanto dispiacere. In quel momento Abby Griffin fu la cosa più simile a Clarke che Bellamy avesse mai visto. Guardò a terra, incapace di sostenere quello sguardo lo stesso che aveva avuto Clarke mentre si salutavano, prima di dire:
“Non avrebbe retto al senso di colpa. Ha bisogno di stare da sola per un po’…”
“Perché non sei andato con lei?!” gli urlò contro lei. Sembrava uno scontro impari: Abby Griffin arrabbiata, imbufalita, disperata urlava contro Bellamy Blake perso, arrabbiato, vuoto e disperato.
“Mi ha fatto fare una promessa! – rispose lui sottovoce – e ho intenzione di mantenerla. Abby, tua figlia sa badare a se stessa, ci sta volendo tutta la mia forza di volontà per voltare le spalle per un po’, ma lo devo fare per lei, perché lei me lo ha chiesto. E lo farò. Non mi rendere le cose più difficili di quanto già non lo siano”  Abby aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta dalla mano di Kane che le si posò sulla spalla, in senso di conforto. Bellamy sgranò gli occhi, ricordando quando anche lui aveva fatto qualcosa di simile per Clarke e in quel momento notò quanto fossero simili, quanto i loro atteggiamenti fossero li stessi.
“Tornerà” disse, un po’ per convincere loro, un po’ per convincere se stesso “E io aspetterò. Dovreste farlo anche voi” si era voltato quindi e aveva incrociato lo sguardo vuoto di Jasper e per la prima volta Jasper aveva sentito un’empatia con il loro leader. Anche lui era spezzato. Anche lui aveva subito una perdita. Peggiore ancora della sua, perché quella di Clarke era stata una scelta volontaria.
Kane e Abby ci avevano provato, a imporsi come unici leader e sebbene gran parte degli abitanti dell’Arca avessero acconsentito non si poteva non notare la continua affluenza di persone davanti alla tenda di Bellamy. Era un segnale chiaro da parte dei Cento, o di coloro che ne restavano, Bellamy continuava a essere il loro capo, a lui si rivolgevano per le decisioni più importanti. E Bellamy si prendeva cura di loro come un padre amorevole e Jasper ricordò quanto era successo solo poche tempo prima (anche se in realtà era molto) quando Clarke era uscita dalla sua tenda e gli aveva consigliato di lavarsi le mani prima di ingozzarsi come un maiale; e di come lui l’avesse sfottuta chiamandola “Mamma” di come Bellamy era intervenuto ordinandogli di fare come aveva detto Clarke, al quale aveva ribattuto con un “ok, papà”. Bellamy era un padre a cui ora mancava la sua compagna.
“Raven smettila di andartene in giro tutto il giorno, non ti sei ancora completamente ripresa”
Raven scosse la testa, Wick di fianco a lei annuì in approvazione al rimprovero di Bellamy. Ma la ragazza era più cocciuta di un mulo:
“Cerco di fare quanto posso”
“Lo so che ti manca Clarke – le aveva risposto Bellamy posandole una mano su un braccio – manca anche a me, credimi, ma non puoi fare quello che faceva lei, Raven, siete persone diverse… e io…”
“Non lascerai mai a nessuno prendere il suo posto, lo sappiamo Bellamy – lo interruppe Raven, scoccando un’occhiata di consenso a Wick – e io non voglio farlo, perché diavolo continuate tutti a metterci a paragone, solo perché abbiamo dormito con lo stesso ragazzo! Voglio solo fare tutto quello che posso è quello che farebbe Clarke se fosse qui”.
 
“Non capisco – stava dicendo Abby mentre era nell’Infermeria – perché continuano ad affidarsi a lui! E’ un ribelle da quattro soldi!”
“Tua figlia si fidava di quel ribelle da quattro soldi, Abby” le fece presente Marcus, guardando nella direzione in cui Bellamy stava dando ordini ai restanti dei Cento “E comunque ha la stoffa del leader devi ammetterlo.”
“Non capisco cosa Clarke ci vedesse in lui è irresponsabile, testardo, ignorante…”
“Abby! Non essere gelosa della fiducia che tua figlia ha verso Bellamy, sono sicuro, se ho capito bene da quello che dicono i Cento, che i due in un primo momento si detestavano apertamente, ma per quel poco che li ho visti io insieme si completano a vicenda, se Clarke è indipendente, amorevole e pacifica, Bellamy è veloce, acuto, intelligente ed è capace di prendere scelte difficili. L’uno senza l’altra non ce l’avrebbero fatta”. Abby scosse la testa, non convinta.
 
Quando Lexa arrivò al Campo tutti i suoi abitanti la guardarono chi con ribrezzo, chi con sfiducia, chi non la guardò proprio, ma non volevano aprire una guerra vera e propria e quando Abby e Marcus le si avvicinarono, lei li passò senza tante cerimonie raggiungendo il luogo dove Bellamy, braccia incrociate al petto, accigliato, la fissava con astio.
“Lei dov’è?” domandò Lexa, dopo aver controllato la folla alla ricerca di una chioma bionda.
“Non c’è” rispose lui semplicemente, e poté vedere anche negli occhi della donna un gran dolore dipinto a caratteri cubitali.
“Allora dove la posso trovare”
“Se lo sapessi secondo te sarei ancora qui e non là con lei?” domandò lui. I due si fissarono in cagnesco. Tutti sapevano che Bellamy provava qualcosa per Clarke, era abbastanza ovvio, visto il suo comportamento, ma l’atteggiamento apertamente ostile di Lexa non riuscivano proprio a spiegarselo.
“Io devo vederla” aveva detto lei “devo spiegarmi”
“Mettiti in fila e aspetta il tuo turno. – le rispose il ragazzo, che mai come allora ad Abby sembrò un uomo – perché prima ci sono io”
“E cosa ti da questo diritto? Mi pare che Clarke sia scappata da te, non da me” rispose l’altra punzecchiandolo.
“Il fatto che tiene abbastanza a me da non volere che io senta il suo stesso senso di colpa. Quello che tu sembri non poter provare. Cosa vuoi, davvero? Sapevi già prima di entrare che lei non c’era. Ho visto i tuoi uomini controllarci dal limitare degli alberi in queste settimane.”
A questo Lexa rimase zitta:
“Ma non ha avuto il coraggio di sceglierti” rispose in un sussurro.
“Perché io non le ho imposto alcuna scelta. Se non ti serve altro andatevene” Abby e Kane li osservavano stupiti, quel ragazzo era davvero il leader, perché era così che i Terrestri lo ritenevano.
Quando Lexa si fu voltata lui parlò di nuovo:
“Clarke non è scappata, comunque.” Era una frase enigmatica che nessuno di loro capì, ma Lexa sembrò intendere e senza dire altro uscì dal Campo seguita dai suoi uomini.
Dov’era Clarke Griffin e perché Bellamy Blake non era andato a cercarla?
 
Clarke si lasciò alle spalle Mount Weather dove aveva sepolto tutte le vittime della sua scelta. Insieme. Si strinse di più nel proprio giubbotto, stava arrivando l’inverno e cominciava a fare freddo, non sapeva come sarebbe sopravvissuta da sola al freddo, ma non le importava. Se è il perdono che ti serve. Te lo darò io. Sei perdonata. No che non lo era. Perché lei non se lo poteva permettere.
Era rimasta a distanza ravvicinata, in modo da poter tener d’occhio il Campo di tanto in tanto. Per poterli controllare, senza essere vista. Aveva visto l’ambasciata di Lexa e dei suoi. Aveva visto il modo accigliato con cui Bellamy le aveva risposto e aveva visto le lacrime che solcavano il suo viso mentre la leader abbandonava l’accampamento degli SkyPeople. Aveva avuto la tentazione di seguirla e confrontarsi con lei, ma non l’aveva fatto. Non voleva farlo. Non c’era niente di cui discutere e quindi aveva preso quella scelta a cuor leggero. Viveva in un piccolo bunker che aveva trovato poco distante dall’accampamento, non c’era molto qualche candela, qualche lenzuolo, una coperta e una tanica, nulla di più. Ma sarebbe andato bene. Sarebbe stato il suo Purgatorio. Anche se la pena era vederli andare avanti, senza di lei.
Li teneva d’occhio anche durante le battute di caccia. Copriva loro la schiena senza che se ne accorgessero, anche se Monty quando raccoglieva le erbe che gli servivano si guardava spesso intorno cercando di capire se veniva osservato. Era sempre lì. Ma era dietro le quinte. Era l’unica cosa che la manteneva in vita: proteggerli da distante.  
Tutte le notti sognava. Sognava cose che non sarebbero mai accadute. Una vita sull’Arca, una bambina con i lunghi riccioli scuri e due grandi occhi blu, il naso coperto di lentiggini e un sorriso con qualche dente già caduto che le correva incontro per i corridoi dell’Arca. Una vita che non sarebbe mai stata. Una vita in cui spesso suo padre faceva la sua apparizione. E piangeva ogni notte, fino ad addormentarsi.
Capì che Bellamy aveva un’idea di dove si nascondesse quando trovò, sul sentiero che portava all’accampamento un giubbotto più pesante, anche se troppo grande per lei, con dentro una scatola di proiettili con scritto sul retro con un carboncino ‘Bellamy’ e nella tasca interna una pistola, piccola ma efficace. Capì che le stava dando tempo, finché non decidesse di tornare. Per una volta scoprì che si atteneva a ciò che gli aveva detto, non la costringeva a tornare, ma le faceva capire che lui c’era comunque. Che in qualche modo riusciva ancora a prendersi cura anche di lei, e questo le aveva riscaldato il petto con un’ondata di orgoglio e affetto… o forse anche qualcosa di più, ma non era ancora pronta ad ammetterlo.
Fine capitolo primo.

Nel prossimo capitolo:

“Mi volevi vedere” la leader si voltò a osservarla. Era dimagrita, pallida, sporca di terra, le labbra contratte in una linea tirata, indossava un giubbotto decisamente troppo grande per lei e aveva in mano una pistola, la stessa con cui aveva sparato per attirare la sua attenzione. Non aveva più lo sguardo della Clarke parzialmente innocente che aveva incontrato, aveva uno sguardo di una persona disposta a fare di tutto per le persone a cui teneva. E la cosa la spaventò e per la prima volta ebbe davvero paura di Clarke Griffin

Eccoci qui a fine capitolo. Spero vi sia piaciuto e spero lasciate qualche commento per scambiare con me le vostre opinioni! Un bacio Giu!
  
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