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Autore: gleebrittanastories    23/03/2015    1 recensioni
Argentina-1979
Dal testo: "Avete presente nei film, quando il protagonista va a sbattere contro una donna bellissima che puntualmente ha seimila cose in mano che si spargono nei cinque metri circostanti? E, nel mentre raccolgono il tutto, hanno il tempo di parlare e di innamorarsi e tutto sembra così facile e bello e destinato ad essere facile e bello per sempre? Beh, per me e Santana non è stato neanche lontanamente così. Nella nostra storia d'amore non c'è stato tempo per l'amore anche se è quello che ci ha fatto andare avanti."
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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/ Ehy, capitolo scritto ascoltando i Cage the Elephant. Credo abbiano influito ahah, ve li consiglio. Btw spero vi piaccia, non è molto lungo ma non sono riuscita a fare di meglio, una settimana non è lunga come sembra. See you honeys /
 

"Vuoi un po' di the tesoro?"

"No grazie, signorina Holiday"

"Acqua, caffè... vodka?"

"No davvero" risposi, sorvolando l'ultima proposta.

La zia di Sam era davvero strana, una di quelle persone di cui non hai la minima idea di quanti anni abbiano.

Mi scambiai uno sguardo divertito con il ragazzo mentre Holly Holiday si era voltata verso lo zucchero.

"Quindi siete di nuovo in partenza?" ci chiese, mescolando una strana sostanza fumante.

"Rende la pelle più lucida" mi sussurrò quasi, come se mi stesse rivelando un segreto, alludendo alla tazza. Annuii cercando di essere più convincente possibile, per quanto le stranezze di quella donna si facevano sempre più numerose.

"Sì zia, domani mattina"

"Bagagli pronti?" ci chiese, poi bevve un sorso e fece un'espressione disgustata. Dopo essersi ripresa scrollò le spalle guardandomi, della serie "se bella vuoi apparire...".

Sam annuii e così feci anch'io, la mia amata borsa in pelle era pronta nella mia camera. Dentro alcuni chili di carta, un cambio di vestiti, del sapone e altra roba per il bagno, una torcia. Le penne. Dovevo ricordarmi di metterci anche delle penne, non sapevo come avrei trovato Buenos Aires e mi serviva tutto l'occorrente per scrivere. Inoltre le penne negli Stati Uniti erano più evolute e maneggevoli, in quei anni la tecnologia aveva fatto moltissimi progressi in ogni campo.

 

Arrivammo all'aeroporto di Buenos Aires all'ora di pranzo. Anche se ormai l'estate era finita da un mesetto faceva ancora caldo, Sam era in maniche corte e lo invidiavo dato che non potevo togliermi la felpa poiché sotto non avevo nulla.

Il viaggio però era stato abbastanza traumatizzante, per una buona metà eravamo passati dentro una tempesta e quel piccolo aeroplano non era il massimo della stabilità.

Una volta fuori, ai margini della città cominciai ad agitarmi. Non avevo ancora realizzato che tutto era cominciato da capo, che eravamo di nuovo in uno stato politicamente instabile. Per avere notizie più precise dovevo chiedere ai ragazzi, sicuramente più informati dei telegiornali americani. I ragazzi. Quanto mi erano mancati. Puck, Quinn, Kurt, Mercedes, Mike, Tina e tutti gli altri. E poi c'era Blaine che non vedevo da poco ma che non vedevo l'ora di vedere e aggiornare riguardo alla mia decisione di accettare l'incarico.

E poi c'era lei. La mia persona. Difficile da descrivere qualcosa di allo stesso tempo ultraterreno e concreto. Bella da fare male, una personalità profonda e unica. Già, difficile da spiegare tuttora nonostante gli anni che ho avuto a disposizione per osservarla. È come studiare il mare, ogni volta che riesci a sapere tutto su un organismo degli abissi ne individui altri dieci.

E lei stava con me. Cioè non ufficialmente, però nella lettera aveva parlato di me come "la sua ragazza" forse riferendosi ad un futuro prossimo. In ogni caso eravamo giovani, spensierate ed io ero felice semplicemente perché l'avevo conosciuta e avevo la possibilità di amarla.

 

La prima persona che incontrai arrivando all'ospedale fu Tina e pensai alla coincidenza mentre l'abbracciavo, era stata la prima che avevo visto la mia prima volta lì.

Io e Sam ci eravamo diretti subito lì, dopo aver acquistato dei panini enormi ed estremamente calorici. Avevamo comunemente deciso che ci volevano, dopo un viaggio come quello. Per fortuna mi ero ricordata di portare il denaro avanzato dal mio viaggio precedente in Argentina.

Dopo che anche Sam ebbe salutato Tina, entrammo. Lei non finiva più di dire che era felicissima che fossimo lì, che non sperava di vederci così presto. Già, eccoci di nuovo qui.

Varcai l'entrata secondaria e mi diressi dritta nel corridoio, sbirciando nella mia vecchia cameretta. Esattamente come la ricordavo, era così emozionante ripensare a quei giorni, quelle settimane. A come tutto era cambiato, a come io ero cambiata.

Scesi le scalette, le stesse che avevo sceso in braccio a Sam quando non potevo ancora muovermi senza stampelle dopo l'incidente, e sorrisi a tutte le teste che si girarono nella mia direzione. La prima ad assalirmi fu Quinn e risposi alla sua stretta come se non ci fosse un domani. Poi fu il turno delle braccia muscolose di Puck, quelle esili di Kurt e poi di tutti gli altri.

E poi la vidi. Oh mio Dio. Non potevo crederci.

"Lei è Beth" sentii dire da Quinn che la stava andando a prendere in braccio.

Guardai Puck che osservava la scena con un sguardo che raramente gli avevo visto, solo rivolto alla bionda. E ora con lo stesso sguardo seguiva i movimenti di Quinn e ammirava quella creatura perfetta.

Quinn si avvicinò a me con la bambina in braccio.

"Naturalmente dorme" disse sorridendomi e porgendomi Beth. Io terrorizzata dalla responsabilità la presi in braccio, attentissima a tenerla salda. Tutti mi circondavano sorridenti, tutti catturati da quella meraviglia.

"Beth, ecco zia Britt" disse Quinn, accarezzando le testa della figlia profondamente addormentata.

"Puck, Puck ho bisogno di te. È successo un casino" sentimmo una voce proveniente dal piano di sopra e dei passi veloci che imboccavano le scale.

Mi voltai in tempo per vederla arrivare, trafelata, illuminata dalla luce al neon. I capelli in una treccia disordinata, la faccia di chi dorme poco e una felpa sformata che un tempo doveva essere stata blu.

"Britt" pronunciò muta, lo lessi sulle sue labbra.

Sentii Puck che mi prendeva Beth dalle braccia ma nient'altro. Santana cominciò a camminare verso di me. Senza esitazione mi mise una mano dietro la testa e mi baciò. Chiusi d'istinto gli occhi e risposi, piacevolmente sorpresa. Prima che la situazione si facesse troppo bollente ci staccammo a malincuore e ci guardammo felici. Da quando lei era partita non ero mai stata così felice come in quel momento, nonostante tutto.

E cercai invano di realizzare ciò che era appena successo, Santana mi aveva baciata. Lì, davanti a tutti, per una volta aveva fatto qualcosa senza pensare. Ero così fiera di lei, così felice.

Sentii che mi prese per mano e mi trascinò via. Guardai i miei amici con dispiacere, ma non troppo. Puck naturalmente mi fece l'occhiolino, sapeva sempre quand'era il momento giusto per farlo. Io non sono mai stata capace, credo che le persone si dividano in base a se fanno l'occhiolino o meno.

Comunque mi ritrovai a correre dietro a Santana, a fare gli scalini a due a due, a uscire sul terrazzo.

Si girò e mi baciò di nuovo. Wow. Non avrei sperato ad un'accoglienza migliore.

Quando si staccò la potei finalmente ammirare per bene, da vicino. Lei mi sorrideva e in quel momento tutte le incertezze sembravano non essere nemmeno esistite.

Stavo per dirle quanto ero felice di vederla ma lei mi precedette.

"Per fortuna sei qui, devo assolutamente dirti una cosa che mi tengo da un po'" inarcai le sopracciglia curiosa, e leggermente preoccupata.

"È una cosa bella o brutta?" chiesi, ma la sua espressione faceva pensare bene.

"Bella, Britt. Ho capito che non sono indecisa, sono solo spaventata" inarcai le sopracciglia un po' di più. Non capivo come quella potesse essere una cosa bella, non capivo a cosa si riferisse.

"Non ti ho mai detto di amarti, non perché io non lo faccia, ma perché inconsciamente mi facevo fermare dalla paura delle conseguenze" ci misi un po' per analizzare ciò che mi aveva detto poi presi la situazione in pugno, dovevo essere convincente.

"San, amore, non devi aver paura. L'amore è una cosa bella"

"Come fai a essere sempre così convinta che tutto andrà bene?" mi chiese con un faccino indifeso, la Santana che non tutti avevano avuto la fortuna di conoscere.

"Perché io ti amo e farò di tutto per continuare a farlo per sempre, sono così convinta che tutto deve per forza andare bene" le risposi ovvia. Vidi il suo viso pensieroso, poi vidi un sorriso farsi strada. Poi la vidi ricomporsi, sempre sorridente ma finalmente determinata.

Vidi che mi amava, lo vidi dal suo sguardo. In realtà l'avevo sempre saputo ma avevo aspettato che lo sapesse anche lei.

"Andiamo in città, ho una fame" mi disse dopo un po', riscuotendomi dall'ammirarla.

Mi prese per mano e scesi gli scalini,gli stessi che avevamo fatto un bel po' di tempo fa, ma questa volta nessuna delle due aveva fretta.

  
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