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Autore: vegeta4e    23/03/2015    2 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 33

Haytham e Jennifer discussero per qualche minuto, ed io preferii chiudermi nella mia stanza per riflettere sulle probabili conseguenze delle mie azioni. Non si erano neanche accorti della mia assenza, troppo impegnati a darsi addosso, Jenny a colpirgli il petto, lui a ignorarla. Non volevo vederli litigare per colpa mia.

Uccidere Washington era stata la cosa giusta da fare per l'Ordine e per le colonie. La mia carriera, e la mia vita, dovevano passare in secondo piano. E suppongo fosse giusto così. Cristo, però, colpire Artemas in quel modo mi avrebbe causato grattacapi, poco ma sicuro. Forse mi avrebbero sospeso dal servizio per un paio di mesi, e tutto sommato sarebbe stata la cosa meno grave.

Me ne stavo seduto sul bordo del letto da mezz'ora, le mani nei capelli e l'ansia nel petto. Non avevo poi tanta paura della morte in sé, temevo di soffrire. Che mi giustiziassero pure se fosse servito a vendicare George, l'avrei accettato con onore e coraggio, chiedevo solo di andarmene velocemente. Un colpo di pistola in testa, per esempio. Mi sarebbe andato bene. Ah, cazzo, perché dovevo morire per forza? Me la sarei cavata in qualche modo. E poi Haytham continuava a ripetere che si sarebbe occupato lui di tutto, dovevo fidarmi, in fondo l’aveva sempre fatto.

Jenny aprì la porta ed entrò piano, raggiungendo il letto con passo felpato. Non mi mossi, continuando a darle le spalle, troppo preso da altri pensieri, poi sentii il materasso abbassarsi e cigolare sotto il suo peso.

Finché si fosse trattato della mia incolumità mi sarebbe andato anche bene. Certo, la paura c'era, morire non era una mia priorità, ma avevo coinvolto Jennifer. Se le fosse capitato qualcosa non me lo sarei mai perdonato. Insomma, dovevo proteggerla, avrei dovuto darle la sicurezza che ogni uomo deve assicurare alla propria donna, ed io non ne ero stato in grado. Con che coraggio avrei potuto guardarla ancora negli occhi? Strinsi l'indice e il pollice alla base del naso quando un tocco leggero mi fece salire un brivido dall'osso sacro fino al collo, le dita lisce di Jenny ad accarezzarmi la schiena, coperta solo dalla camicia. «Sta' tranquillo» appoggiò entrambi i palmi sulla stoffa, facendoli poi scivolare verso l'alto, fino alle spalle. Strinse dolcemente, iniziando a massaggiare i muscoli tesi e indolenziti e Dio, aveva la capacità di farmi dimenticare tutto ciò che di male poteva accadermi.

Fece scricchiolare un paio di vertebre sotto la pressione dei pollici ed io chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dal suo tocco leggero ma deciso. Dio, quanto l'amavo.

... Quanto la amavo? Tanto. Troppo. Le mani di Jennifer scivolarono piano in avanti, sul petto. Armeggiarono un po' con i primi bottoni e poi si intrufolarono oltre la stoffa, accarezzando delicatamente la carne.

Mi leccai le labbra e abbandonai la testa all'indietro, sulla sua spalla, la bocca leggermente dischiusa per prendere quanto più ossigeno possibile. «Levala» mugolò languida, il suo fiato caldo nell'orecchio e le sue dita sui capezzoli. Sospirai mentre scendeva sugli addominali, chiudendo gli occhi e beandomi del suo tocco lento e amorevole. Sbottonai frettolosamente la camicia con le dita tremolanti, il cuore a mille e un principio di erezione tra le gambe. Cristo, il formicolio più piacevole del mondo. Prese a lasciarmi piccoli baci sul collo, prima dietro la nuca, poi più giù, sulle vertebre, e poi di lato, poco sotto l'orecchio.

Mi girò il viso verso sinistra, il palmo interamente appoggiato sulla guancia, e mi baciò piano sulle labbra, quasi temesse che quel lieve contatto potesse infastidirmi. Invece era tutto quello che potessi desiderare, riusciva ad annebbiarmi il cervello con uno sguardo. Avrebbero potuto impiccarmi il giorno dopo, non me ne sarebbe importato niente. Ero lì, con lei, e mi bastava. Con un colpo di reni girai il busto verso di lei, salendo sul letto con una gamba e ricambiando e approfondendo il bacio. Inspirai il suo profumo a pieni polmoni, era fresco e buono. Jenny si staccò dalla mia bocca con uno schiocco, sorridendo e tirandomi per il colletto della camicia verso il centro del letto. Gattonai seguendola mentre si sdraiava, sovrastandola e cercando ancora le sue labbra calde e morbide, mentre mentalmente ringraziavo Dio, il destino o chiunque avesse deciso di farmela incontrare. Le mordicchiai il labbro inferiore e la mano destra scese curiosa lungo il suo fianco sinistro, soffermandosi sulla natica.

L'amavo più della mia vita, quello era sicuro, e mentre pensavo di essere l'uomo più fortunato del mondo, Jennifer mi graffiò piano il collo. Insinuò con un po' di fatica le dita tra i capelli stretti nel nastro, grattando la cute, ed io sorrisi contro le sue labbra.

Ti amo. Avrei voluto dirglielo, giuro, ma preferivo usare il poco fiato che avevo in corpo per riempire i polmoni. E comunque si capiva, no? Era chiaro che fossi innamorato perso di lei da quando mise piede qui, a Fort George, e ogni giorno cercavo di dimostrarle quanto fosse importante, quanto mi riempisse il cuore il solo pensiero che qualcuno mi aspettasse la sera, o quanto calore potesse darmi dormendo accanto a me. Dio, quante volte ero rimasto sveglio per guardarla mentre sognava?

Ricordo che una notte non riuscivo a prendere sonno, mi ero messo a ripensare a mio padre e alla sua ambizione per me, a quando mi ripeteva che un giorno sarei diventato un grande soldato, un generale, uno di quelli rispettati, pieno di responsabilità e medaglie sul petto. E lo ero diventato sul serio, diamine, nessuno poteva immaginare quanta fatica mi fosse costata, ma ne era valsa davvero la pena? Sarei stato ricordato per le vittorie, ma rischiavo ogni giorno la vita. Facevo preoccupare le persone che mi stavano accanto e Jenny non meritava di aspettarmi ogni santa sera con l'ansia di non rivedermi più. O peggio ancora, non volevo partire per la guerra lasciandola sola, magari con un figlio, mentre io sarei stato chissà dove ad uccidere altri padri. O a morire senza che lei lo sapesse. Ricordo che un brivido mi aveva attraversato la schiena in mezzo secondo, e con il pollice avevo iniziato a ruotare l'anello che avevo all'anulare destro, ripensando a quando il Gran Maestro mi aveva ufficialmente nominato un suo fratello. Anche se non fossi stato un soldato avrei rischiato lo stesso. Ero membro dell'Ordine, non avrei potuto abbandonare la causa neanche volendo. Senza contare che se avessi chiesto ad Haytham di farmi lasciare i Templari perché non volevo far soffrire sua sorella, mi avrebbe schiaffeggiato senza troppe cerimonie. Soffocai una risata, immaginando il suo palmo aperto colpirmi in pieno viso. Sì, l'avrebbe fatto davvero.

Mi ero girato di nuovo per guardarla, gli occhi chiusi e un'espressione serena, e d'istinto le avevo accarezzato una guancia. Sorrise nel sonno, e capii che avrei dovuto godermi ogni attimo insieme a lei. Soldato o no, Templare o meno, se fossi dovuto morire non sarebbe dipeso da me. Dovevo ringraziare per aver trovato una donna come lei senza perdere tempo a domandarmi cosa fosse giusto o no. Jenny si staccò con uno schiocco per riprendere fiato, riportandomi alla realtà. Strinse le dita ancora intrecciate tra i miei capelli, passandomi l'altra mano sulla guancia, accarezzando la barba. Era la cosa più bella che avessi visto. Mi sorrise dolcemente, avvicinandosi ancora e poggiando di nuovo le labbra sulle mie. Il respiro pesante di entrambi e il dolore tra le gambe mi stavano mandando fuori di testa, e stavolta interruppi io il contatto, bramando il suo collo candido e morbido. Presi a baciarla piano per paura di darle noia con i baffi, e lentamente scesi giù, verso il petto che si alzava e abbassava ad un ritmo veloce e costante. Strinsi tra i denti il laccio del corsetto e tirai, sciogliendo il nodo e allenando l'indumento. Le lanciai un'occhiata mentre intrufolavo l'indice per aprire definitivamente il vestito, e sorrisi notando il rossore che le imporporava le gote. Con uno strattone più deciso le scoprii il petto, abbassandomi di nuovo per baciarla all'attaccatura del seno. Inspirai il suo profumo e scesi giù con la bocca, godendomi i suoi sospiri mentre le succhiavo e leccavo il capezzolo destro.

Un paio di manate sorde contro la porta mi bloccarono il respiro. «Charles? Non voglio assistere allo spettacolo dell'ultima volta, qualsiasi cosa tu stia facendo interrompila ed esci.» Ascoltai Haytham con gli occhi puntati in quelli di Jennifer, ancora accaldata e invasa dal desiderio. Mi tirai su rapidamente, abbottonandomi la camicia.

La guardai di nuovo mentre si metteva seduta, la schiena contro il cuscino e le gambe piegate di lato. «Non farlo aspettare, o chi lo sente poi» mi sorrise complice, dandomi poi un altro innocente bacio sulle labbra.

Quando aprii la porta trovai Mastro Kenway di spalle, le mani unite dietro la schiena e lo sguardo perso oltre la finestra, attirato da chissà cosa. «Alla buon'ora» si girò, evitando appositamente di abbassare lo sguardo per non notare il rigonfiamento, seppur lieve, che avevo nei calzoni. Dio, sarebbe stato imbarazzante.

«È successo qualcosa?» Domandai preoccupato. E irritato, d’accordo, ma non lo diedi a vedere. Dopotutto se mi aveva cercato con tanta urgenza, un motivo doveva pur esserci.

Lui annuì, avvicinandosi di due passi. «Domani il Congresso si riunirà per nominare il sostituto di George Washington, hai intenzione di presentarti?» Cristo santo. Il sogno di una vita. Se mio padre fosse stato ancora vivo probabilmente si sarebbe messo a piangere dalla gioia.

Guardai Haytham senza sapere che dire. In realtà sapevo già che risposta dare, ma temevo che presentarsi e aspettare che mi incaricassero di guidare l’esercito come nulla fosse avrebbe dato a Ward un ulteriore motivo per sospettare di me. «Certo che sì, non vorrei mai sprecare un’occasione del genere.» Al diavolo Artemas e al diavolo Washington. Avevo passato una vita nell’esercito solo per quello, non avrei permesso a nessuno di sottrarmi un ruolo che mi spettava di diritto.

«Molto bene» fece per andarsene, ma si bloccò lanciandomi un’occhiata con la coda dell’occhio «e pulisciti quel naso. Sei ancora sporco di sangue.»

 

 

Ancora una volta ad orari improponibili, ma va beh, sorvoliamo, ewe.

Vi sto confondendo? Perché Charles passa da scene palesemente yaoi con Haytham al macho virile che ama Jenny e bla bla. Scegliete quella che vi piace di più, l’importante è shippare Charlie con qualcuno, aaw.

Graaazie come sempre a chi legge e un biscotto a chi recensisce. A presto :3

 

   
 
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