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Autore: Roberto9    25/03/2015    0 recensioni
Una nuova stravolgente avventura di Percy Jackson; il quale lui e i sette della Grande Profezia dovranno collaborare con Due personaggi del cast di Supernatural più altri tre nuovi personaggi un ragazzo che ha un segreto che potrebbe mettere a rischio la Nuova Squadra, la sua migliore amica ha un passato che ha sconvolto la sua vita per sempre ma nonostante ciò va avanti.
La loro avventura sarà per loro molto difficile perché dovranno impedire il risveglio di un antico e potente potere...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lemon, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Quel ragazzo ha la testa più dura di un mulo. Nonostante gli abbia detto esplicitamente di non cercarmi o chiamarmi... lui lo fa. L'ultima volta forse ho un po' esagerato, ma quando Dean sparì, veniva a trovarmi tre giorni a settimana e mi chiamava ogni santo giorno del Signore. Ho dei ricordi molto nitidi.

«Castiel, dai. Dovresti venire con me nell'impresa.» Disse Roberto.
«No, devo... l'unica cosa che devo fare è... è trovare Dean.»
«Ti farebbe bene, forse ti aiuterebbe.»
«NO! Non riesco nemmeno a sentire la mia impronta e nemmeno il marchio di Caino, tanto meno la sua essenza vitale. Ho chiamato Sam, l'ho avvisato. Ho... ho incontrato anche quell'amazzone... ma niente. Sembra sparito dalla faccia della terra.» Dissi esasperato.
«Cas, hai controllato nei luoghi santi?»
«Non chiamarmi così! E no, cioè si, cioè..» Ero confuso.
«Se venissi con me nell'impresa, potrei aiut...»
«Mi hai rotto il cazzo. Tu e la tua fottuta impresa. Capisci?!» Stavo perdendo il controllo...
«Cas, io...»
«TI HO DETTO DI NON CHIAMARMI COSI'. SOLO DEAN PUO' FARLO. O-ogni volta che mi chiami così... mi dai una coltellata nel petto...» Dissi e abbassai il capo.
«Mi... mi dispiace.»
«Non me ne fotte del tuo dispiacere! Vattene. Non chiamarmi, non cercarmi, non seguirmi. Se mi incontri tu non mi conosci, chiaro? Te ne devi andare. Sono tre mesi, t-r-e f-o-t-t-u-t-i m-e-s-i che non fai altro che parlarmi della tua impresa. Non mi interessa. Non mi aiuti, vattene! Gli esorcismi, le battaglie contro i mostri sono finite, quindi non mi servi. Capisci? Vattene. Dimenticami. Non esisto per te. Basta! VIA. O DETTO VIA. VATTENE, ROBERTO!» Urlavo, ero completamente fuori di me.
«Castiel, capisco che...»
«No, tu non capisci.» Gli dissi serio. «Te ne devi andare. Hai dieci nanosecondi per voltarti di novanta gradi, girare a destra, andare davanti alla porta, abbassare la maniglia, tirarla verso di te, fare due passi e chiuderla. Adesso!» Continuai, poi.
«Ma...» Tentò di dirmi.
«Sai che ti dico? Il deserto può essere pericoloso per un uomo. Specialmente se sprovvisto d'acqua. Com'era? Un uomo può vivere per due giorni senza acqua, due settimane senza mangiare e due mesi senza dormire.»
«Che- che vuoi dire?» Mi disse, balbettando.
«Oh, attento alle tarantole e agli scorpioni, mi raccomando!»
«Castiel, non- non farlo. Io- io volevo solo parlare...»
«Bene. Lo hai fatto e hai vinto un biglietto di sola andata per il deserto australiano. Ah, mandami una cartolina.»
«Castiel...»
Schioccai le dita e sparì nel deserto.
Lo spacciavo per morto la prima settimana. Poi sentì la sua essenza vitale che proveniva da un ospedale. Lo andai a trovare, giusto per vedere come stesse e... capì di aver un tantino esagerato. Due settimane di flebo e cure.


Quando mi aveva chiamato dicendomi che con quella sua fottuta avremmo potuto trovare Dean, mi aveva convinto. Se era vero quello che diceva, allora dovevo andare. Quando mi alzai dal divano notai lattine di birra sul pavimento, bottiglie di vodka, brady, whisky... Tutti alcolici di Dean, tutti quelli che beveva lui.
Dovevo vestirmi e fare una doccia, credo. Puzzavo di alcool. Secondo me, se avessi lasciato ora il mio tramite, sarebbe morto di cirrosi pancratica a stadio finale, all'istante.
Comunque sia, il problema sorgeva ora. Io non sapevo... lavarmi. Decisi di provarci, mi spogliai e andai sotto la doccia. L'aprì e l'acqua sul corpo mi dava un senso di sollievo. Era... bello. Presi delle bottiglie dove lessi "shampoo & balsamo." Supponevo si mettesse su i capelli. Poi ne presi un'altra dove lessi "bagnoschiuma." Quindi per il corpo. Dopo aver tentato di lavarmi, di puzza non ne sentivo più. Però sapevo di mirra, petali di rosa, olio di argan e frutti di bosco. Mi avvolsi un asciugamano sulla vita e mi resi conto di non aver niente da mettere. Non avevo nulla, tranne...
«No!» Dissi allo specchio.
La veste angelica era l'unica cosa che avevo. Quella del paradiso. La bellissima tunica bianca. Dovevo uscire con quella, percorrere tutto il quartiere e comprare dei vestiti.
«E' l'unico modo.» Sbuffai seccato.
Così la indossai e uscii di casa ricevendo occhiate da tutte le persone in strada. Tutti mi guardavano come a dire "Come diavolo si è conciato quello?"
Arrivai in un negozio di vestiti, quello più vicino. Chiesi alla cassiera dove fossero i vestiti maschili.
«In fondo a destra c'è il reparto uomo.» Mi rispose ridacchiando.
Mi girai e camminai a passo veloce verso il reparto. Non avevo idea di cosa comprare. Così presi un jeans, una maglietta verde scuro e una felpa bordeaux, assieme a delle scarpe ginnastica. Andai verso la cassa e quando vidi la signora davanti a me pagare, mi resi conto di non avere il portafogli. Certo, questa cosa non portava le tasche. Mi venne un'idea, anche se non mi piaceva poi così tanto. Così quando venne il mio turno dissi:
«Oh, scusi. Prima di prendere i vestiti non li ho provati. Potrei andare nel camerino? Sa com'è, oggi sono più distratto del solito.» Aprì la bocca mostrando i denti, cosa che fanno tutte le persone. Com'è che si dice? Ah, sorridere. E mostrai il mio sorriso più convincente.
«Vada, vada.» Mi disse la cassiera sorridendo.
Andai verso i camerini e cominciai a vestirmi. Non erano poi così male. Anche se non mi trovavo a mio agio senza la camicia e il trench.
Sospirai e mi teletrasportai a casa, atterrando sulle lattine. Mi sentii un po' un ladro, ma ormai era fatta. La casa era un disastro, schioccai le dita e tutto era in ordine.
Mi sentivo un po'... vuoto e camminando trovai i vestiti sporchi e... la cravatta. La cravatta che mi aveva regalato Dean, era blu. L'appoggiai alla maglietta e mi guardai allo specchio, mi sentivo meno vuoto con quella. Scossi la testa e la riposi assieme agli altri indumenti.
Dato che il caro, carissimo, amico che aveva avuto le palle di chiamarmi nonostante lo abbia spedito nel deserto e all'ospedale, mi aveva invitato a cena. Decisi quindi di portare qualcosa, come mi aveva insegnato Dean. Solo che non sapevo cosa portare, così scelsi dei dolci. A tutti piacevano i dolci. Uscii nuovamente di casa, stavolta con il portafogli e andai in pasticceria. Aspettai l'ora della cena per presentarmi a casa di Roberto e una volta lì, bussai, ma c'era casino in casa, nessuno mi avrebbe sentito, così decisi di sfondare la porta.

Conclusa la cena mi avvicinai a Roberto.
«Allora, che mi dovevi dire?» Gli dissi.
«Si, ehm... aspetta un attimo. Aiuto Bea a fare i piatti.»
Era calmo, ma percepii del nervosismo in lui. Si girò per andare in cucina e lo fermai.
«Aspetta, faccio io.» Schioccai le dita e i patti erano apposto. «Ora dimmi che è vero che c'è la possibilità che si  possa ritrovare Dean nella tua impresa...»
«Si, può esserci.» Disse Roberto evitando il mio sguardo.
«In percentuale?»
«Di-di-di...» Roberto deglutì fortemente, forse dalla paura.
«Allora? "Di" che cosa?» Lo incitai.
«Dici...» E smise di parlare. «Senti... è meglio che te ne vada.»
«No, dimmi la percentuale. Non ti mangio mica. Sai che poso assorbire solo le anime, no?»
Mormorò qualcosa sottovoce, tipo: "No, al massimo mi spedisci nel deserto in un covo di ragni."
«Sai, sono stanco, quindi... vai.» Disse impallidendo.
La cosa buffa è che è facile sapere quando gli umani stanno per fare qualcosa di sbagliato: diventano bianchi, e lui era abbronzato, quindi anche un cieco lo avrebbe notato.
«Senti, se non mi rispondi, ti mando veramente in un covo di ragni nel deserto, di nuovo.» Un'altra tattica di Dean: "Se non parlano, sfrutta le loro paure."
Roberto dopo aver deglutito così forte come se il pomo d'Adamo l'avesse dovuto ingoiare, disse:
«Diciannove percento.» Poi all'improvviso piegò le ginocchia, come se fosse pronto a scappare. Gli misi una mano sulla spalla e lui alzò le braccia e voltò il viso come per difendersi.
«Ma che hai ora? Quando c'erano quei sei eri tranquillo, e ora?»
Poi notai il segno bianco sull'avambraccio, un taglio, era la cicatrice di un taglio. Girai il braccio per farglielo vedere.
«Come te lo sei fatto?» Gli chiesi.
«Ahia! Mi sloghi il braccio così. Comunque, non te ne importa.»
«Si che me ne importa. Come te lo sei fatto?» Dissi, continuando a girargli il braccio. Sembrava opporre resistenza e non ero neanche al minimo della mia forza.
«Un paio di settimane fa. Mi sono tagliato con un ferro sporgente in cantiere. Ora potresti la-lasciarmi?»
«Sai che la falsa testimonianza è peccato, quindi o me lo dici con le buone o con le cattive.»
«Sai che non ho paura di te.»
A quel punto non rimase che una scelta, farmi male. Era una lista per ricavare informazioni dagli umani, merito di Dean.
Quindi lo spinsi con il petto al muro, gli girai il braccio dietro la schiena e la mano sinistra la premevo  fra le due scapole, mentre con l'altra continuavo a girargli il braccio. Sì sentì un "crack". Inspirò, cercando di trattenere un grido di dolore. Aveva il viso leggermente bagnato, stava cominciando a sudare.
«Chi... chi te le ha... insegnate.. qu-queste cose?» Disse, con molta difficoltà.
«Dean. E' merito suo. Se un umano non parla, per sapere quello che ti serve, lo torturi. Comunque, non cambiare discorso, rispondi!»
«Non sono affari tuoi, mi sono tagliato con le lame.»
Avevo capito che non era la verità, così usai ancora più forza e la spalla di Roberto fece un altro orribile "crack". Vidi le sue pupille dilatarsi.
«Allora?» Incitai.
«Dal meccanico. Un cacciavite mi ha graffiato.»
«Bugia.»
Feci ancora più pressione e vidi la spalla che uscì dal suo posto. Non c'era dubbio, era stra-lussata. Roberto inspirò, di nuovo, cercando di sopportare il dolore. Era più bianco delle vesti di Gesù nella sua trasfigurazione.
«Contento, ora? Mi... hai lussato... la... spalla...» Pronunciò con voce bassa e sofferente, mentre strizzava gli occhi.
«Rispondi! Sai che non sono neanche al minimo della mia forza, e sai che appena ti romperò tutti i legamenti di questa spalla, passerò all'altra. Ti conviene?»
«Belial, è stato Belial.»
Uno dei demoni più pericolosi.
A quel punto lo lasciai, e scivolò con la schiena contro il muro, fino a sedersi e con l'altro braccio si teneva quello slogato, gemendo di dolore.
«Che voleva quel farabutto? Eh?» Dissi ferocemente.
«Lui niente.»
«Oh, allora tu cosa volevi da lui?» Ironizzai.
«Informazioni su Dean.»
Rimasi scioccato e mi chinai per guardarlo in viso.
«Ma ti sei rincoglionito? Sai che è uno dei più potenti?»
«Lo so...» Disse con voce dolorante.
E' matto da legare.
«Ma sei stupido? No, solo per sapere. Invocare un demone solo per...» Sgranai gli occhi e continuai. «...avere informazioni su Dean?»
«Lucifero non era disponibile.» Disse a denti stretti.
«Guardalo, fa anche il simpatico. Quindi immagino che il cerchio si sia rotto e tu abbia combattuto da solo contro di lui. Ed ecco il perchè del taglio, non è una semplice cicatrice.  Ma come hai fatto a liberartene senza esorcismo?»
«Questo sos... tituto di Dean di cui ti... di cui ti parlavo... è stata lei.»
«Lei?»
«Si, le avevo chiesto con un inganno come si invocasse un demone e poi sempre con...» Sbatteva le palpebre e notai che lentamente si stavano chiudendo, così lo scossi per la spalla slogata e li riaprì, urlando dal dolore, stringendo la mano fino a falra diventare bianca.
«Deve essere brava.» Commentai.
«Si, comunque Belial mi ha detto che avrei trovato il tuo migliore amico attraverso la mia impresa.»
Mi alzai e lo guardai.
«Quando è successo?» Poi mi voltai e guardai il paesaggio di Napoli, di notte.
«Poco dopo il... "viaggetto" nel deserto, Cas...»
«Ti ho detto di non chiamarmi cosi! O devo slogarti anche l'altra spalla per fartelo capire?!» Quando mi voltai lo vidi lì, che dormiva, no, era svenuto dal dolore. Forse forse.. avevo esagerato. Mi avvicinai e lo curai. Lui rinvenne toccandosi la spalla e si alzò.
«Grazie per avermi fatto svenire. Certo che sai essere molto persuasivo.»
«Si, certo. Ma questo... "presunto sostituto di Dean", verrà con noi?! E lo sa?»
«Si, verrà con noi. E non glie l'ho ancora detto. Ora vi presento, portami a Mergellina.»  
   
 
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