Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Root    25/03/2015    2 recensioni
Avevo una cotta per te. Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Quelle parole, Nico se ne rendeva conto perfettamente, non riuscivano neanche ad avvicinarsi a quel che erano i sentimenti che aveva provato per Percy. In quelle poche, insulse parole non era presente tutto il dolore che il figlio di Ade aveva provato, tutto quel che aveva fatto per Percy, tutto quel che aveva desiderato e non aveva mai potuto avere.
Eppure, fu proprio quel che disse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Vi chiedo umilmente perdono per tutto il tempo che ci ho messo ad aggiornare! Mi dispiace, ma questo capitolo è stato immensamente difficile da scrivere, non so bene il perché; avevo l'impressione che ci fosse qualcosa di sbagliato e, per la verità, ce l'ho ancora, ma vabbè. Spero vi piaccia più di quanto non piaccia a me :)



La cosa più difficile era trattenersi dal mandare all'aria il proposito di mettere ordine nella propria testa e nel proprio cuore prima di fare qualcosa, qualunque cosa.
Percy non si era aspettato che quel che provava per Nico -cui ancora non aveva saputo dare un nome, né aveva avuto il coraggio di farlo- lo avrebbe colpito in modo così forte e così improvviso. Non si era aspettato di non essere capace di smettere di pensare al più piccolo neanche per un istante.
Era strano, era incredibilmente assurdo che un ragazzo come lui, iperattivo e con disturbo dell'attenzione, fosse in grado di concentrarsi su di un unico pensiero per tanto a lungo. Percy non riusciva neanche a capire quando avesse iniziato a pensare incessantemente al figlio di Ade; sapeva solo che non gli era più stato possibile smettere.
Non che gli dispiacesse; gli piaceva pensare a Nico, gli piaceva che se lasciava vagare la propria mente questa andava inevitabilmente in quella direzione, come se il figlio di Ade fosse il suo centro gravitazionale.
Percy avrebbe potuto dire di essere felice; confuso riguardo se stesso e l'intera situazione, ma felice. Perché ripensare all'espressione che si era dipinta sul viso di Nico quando Percy gli aveva detto che non era certo di quel che provava per lui, quell'espressione di sorpresa, speranza e incredulità, lo faceva sorridere, e il pensiero che Nico potesse essere ancora innamorato di lui gli faceva sentire le farfalle nello stomaco e, soprattutto, gli faceva desiderare di non lasciarlo andare mai più.
Era difficile trattenersi e non abbracciarlo ogni volta che ne aveva la possibilità, evitare di cedere al prepotente desiderio di baciarlo.
Era come se la possibilità che Nico si innamorasse di nuovo di lui e la sua preghiera che ciò non accadesse, avessero fatto sì che Percy si rendesse conto che era esattamente quel che voleva: stare con lui. Le parole di Nico e poi quelle di Afrodite gli avevano fatto realizzare che -forse- il fastidio che provava quando vedeva Nico tanto rilassato con Jason o con Will aveva un nome ben preciso e che quel che voleva era non solo vederlo sorridere, ma esserne la causa.
Forse stare qualche giorno lontano da Nico lo avrebbe aiutato a fare un po' d'ordine nella sua mente incasinata. Forse, ma a Percy non andava l'idea. Voleva rivedere sua madre, trascorrere del tempo con la sua famiglia come una persona normale, lo voleva talmente tanto che non sarebbe stato capace di esprimerlo a parole; ma non poteva negare che era stato sul punto di chiedere al figlio di Ade di andare con lui né che continuava a domandarsi quale sarebbe stata la sua risposta.


Percy non si era reso conto di quanto gli fosse mancata New York finché non fu di nuovo circondato dalla vitalità e dall'attività caotica che rendevano unica quella città. Ancor meno si era accorto di quanto avesse avuto bisogno di rivedere sua madre finché non fu sull'uscio di casa e l'ebbe abbracciata. Sally era sempre preoccupata per lui, nonostante la guerra fosse finita da parecchi mesi e sebbene si fossero sentiti qualche volta tramite messaggi Iride. Per sua madre lui era sempre un bambino, a prescindere da tutti i mostri e le divinità che aveva affrontato e sconfitto. A Percy andava benissimo così; gli piaceva sentirsi, di tanto in tanto, un comune mortale e dimenticare la propria natura semidivina; ed era facile farlo, quando sua madre lo trattava come il semplice adolescente che avrebbe dovuto essere.
Nonostante tutto, però, Percy non poteva impedire al proprio pensiero di andare spesso nella stessa direzione, immaginando non di stare al Campo con Nico, ma chiedendosi piuttosto come sarebbe stato se avesse effettivamente trovato il coraggio di chiedere al figlio di Ade di andare con lui e se questi avesse accettato.
- Allora, tesoro, come va con Nico?
La voce di sua madre lo raggiunse all'improvviso riscuotendolo da quei pensieri e Percy ebbe la quasi certezza che lei fosse capace di leggergli nella mente.
Fu sul punto di rispondere, poi si bloccò.
- Eh?- disse intelligentemente, incapace di impedire al sangue di affluirgli al viso.
- Oh, andiamo, Percy- ridacchiò lei. - Non avrai davvero pensato che non me ne fossi accorta? Ogni volta che ci siamo sentiti non hai fatto altro che parlarmi di lui e di quanto fossi contento che voi due vi foste finalmente avvicinati.
Percy non rispose, odiando la perspicacia di sua madre e la propria incapacità di tenere la bocca chiusa.
- Certe cose non sfuggono ad una madre.- aggiunse Sally, guardando divertita il figlio.
Davanti all'espressione di Percy, a metà tra l'imbarazzato e l'offeso, Sally ridacchiò di nuovo.
Percy sbuffò, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere.
- Va bene... credo- disse infine, rispondendo finalmente alla domanda che gli era stata posta.
Sally aspettò per qualche secondo poi, in risposta al silenzio del figlio, disse: - Se vuoi parlarne, tesoro, sai dove trovarmi.
Percy si limitò ad annuire, e pensò che sua madre era davvero fantastica. Non si era mai posto il problema della sua approvazione riguardo il suo rapporto con Nico ma, adesso che sapeva di averla, si sentiva decisamente leggero.
Ne parlarono di nuovo due giorni dopo, quando Percy trovò il coraggio sufficiente per farle la domanda che lo stava torturando da quando aveva parlato con Afrodite.
-Secondo te come ci si accorge che qualcuno è il tuo vero amore?- le chiese, perché aveva bisogno di sapere la risposta o, se non altro, sapere che non era l'unico ad ignorarla. Sua madre lo guardò per qualche secondo prima di rispondere; forse perché stava riflettendo o forse perché non si sarebbe mai aspettata una domanda simile da lui.
- Non lo so.- disse infine con espressione pensosa. - Forse non possiamo saperlo, forse siamo destinati a scoprirlo quando, alla fine della nostra vita, ci scopriamo ancora innamorati di quella stessa persona e pensiamo che le volte in cui abbiamo sofferto per amore non hanno importanza, se paragonate a tutte le volte in cui ci ha resi felici.
Sally si interruppe, guardando il figlio con un espressione dolce. -Perché è questo che deve fare l'amore, Percy, deve rendere felice.
Sono felice quando sono con lui, pensò Percy. Quando stava con Nico si sentiva bene, in un modo che non aveva mai conosciuto prima, né con Annabeth né con nessun altro; anche adesso che l'atmosfera tra di loro si faceva spesso pesante, gravida di un' aspettativa e di un desiderio che per entrambi era difficile gestire, anche in questo caso Percy amava stare con lui; e poteva dire che non era l'unico a sentirsi così, che anche per Nico era la stessa cosa.
- Quando...- si bloccò, incapace di trovare le parole giuste; decise che probabilmente non ce n'erano. -Hai mai pensato che Poseidone fosse il tuo vero amore?
Sally non rispose subito. Nel vedere il suo sguardo perso in un tempo lontano, fisso su un'immagine che lui poteva solo immaginare, Percy si pentì di aver fatto quella domanda. Ma poi Sally sorrise, abbandonando il ricordo e tornando da lui.
- Oh sì, ne ero convinta.
Percy stette in silenzio per una manciata di secondi, durante il quale osservò sua madre, la quale aveva parlato con tono sereno, pacato e privo di rimpianti.
- E credi che sia Paul, il tuo vero amore?
All'udire quella domanda, Sally non riuscì a trattenere una risata.
- Oh, tesoro, io non ne ho idea! Tutto ciò che posso dire è che lo amo, lo amo davvero tanto; ma non capisco abbastanza questo famigerato vero amore per dire se sia lui o meno.
Nel vedere il sorriso di sua madre mentre parlava della persona che amava a Percy si scaldò il cuore, e pensò che non era importante sapere se Paul fosse il vero amore di Sally, non finché era in grado di farla sorridere in quel modo. Forse anche Nico sorrideva mentre pensava a lui.
- Stai sorridendo.- gli fece notare sua madre, e solo in quel momento Percy si rese conto del familiare pensiero verso cui la sua mente si era diretta.
- Eh?
Scosse la testa e, istintivamente si portò una mano alla bocca come per controllare se fosse vero o se sua madre lo stesse solo prendendo in giro.
Sally lo guardò in silenzio per un po', divertita dall'imbarazzo del figlio.
- Tesoro,- disse, - Cos'è che ti preoccupa, esattamente?
Percy non rispose subito. Non sono certo di quel che provo per lui, pensò, ma una parte di lui gli disse che era un vigliacco, che la realtà era che aveva paura di ammetterlo. Tuttavia fu quel che offrì come risposta alla domanda di sua madre.
- Sei sicuro?
Percy si bloccò, sorpreso e spiazzato e, di nuovo, ebbe l'impressione di sentire quella onesta parte di sé che non era d'accordo con quel che aveva detto.
- Non lo so.
Come faccio a capirlo?, si chiese. Pensò a Nico, a come si sentiva quando era con lui, al prepotente bisogno di stringerlo a sé; pensò a come Nico era sempre stato in grado di tirar fuori lati di lui che agli altri erano celati, sentimenti forti e travolgenti che Percy neanche sapeva di avere dentro di sé: che fossero rabbia e rancore o quella tempesta di emozioni cui non aveva ancora dato un nome. Pensò che quel che gli faceva provare Nico era completamente diverso da quel che gli aveva fatto provare Annabeth. Pensò che con Nico era tutto diverso e che...
- Farei qualunque cosa per lui- disse, concludendo in un sussurro il suo pensiero, parlando più a se stesso che a sua madre.
- Lo so, tesoro.
Sally accompagnò quelle parole con un sorriso dolce e comprensivo. - Ma non è questo che può dirti se sei innamorato di lui. Percy, tu faresti qualunque cosa per tutti i tuoi amici- aggiunse, in risposta alla domanda silenziosa che poteva leggere negli occhi del figlio.
Percy fu sorpreso dalla verità di quelle parole. Lui avrebbe dato qualsiasi cosa, avrebbe fatto di tutto per ognuno dei suoi amici, per Annabeth, per Grover, per Frank e Hazel, per l'intero Campo Mezzosangue e il Campo Giove; Percy era pronto a mettere in gioco se stesso per tutti loro, era il suo difetto fatale. Ma con Nico era diverso, lo sapeva; non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma era diverso, completamente diverso.
Era l'ultima cosa cui avrebbe voluto pensare, ma il pensiero gli sorse spontaneo. Pensò alla mano di Annabeth stretta nella sua, un baratro oscuro sotto di loro e l'unica certezza dentro di lui, quella che non avrebbe lasciato andare quella mano. Percy non aveva mai rimpianto quella scelta, neanche mentre sentiva la morte e l'orrore penetrargli nelle vene, attaccarsi alla sua pelle per non lasciarlo andare mai più.
Ma avrebbe mai lasciato andare quella mano, se non fosse stata Annabeth? Avrebbe mai avuto il coraggio di abbandonare uno dei suoi amici, condannarlo ad affrontare da solo l'inferno? No, non avrebbe mai potuto farlo, avrebbe continuato a stringere quella mano, di chiunque fosse stata.
Il pensiero di Nico nel Tartaro, solo e in balìa dei seguaci di Gea, non era nuovo nella mente del figlio di Poseidone; Percy combatteva con esso ogni volta che doveva svegliare Nico nel cuore della notte, per permettergli fuggire dall'incubo che lo stava tormentando, ogni volta che era lo stesso Nico ad aiutare lui e a fargli finalmente riaprire gli occhi.
Non sarebbe dovuto essere solo. Avrei dovuto essere con lui. Percy aveva perso il conto delle volte in cui lo aveva pensato. Se lo avesse saputo, Nico si sarebbe sicuramente arrabbiato, Percy ne era certo, e si era per questo sempre trattenuto dal dirlo a voce alta. Nico si sarebbe liberato dalla stretta di Percy e avrebbe preferito cadere da solo nell'oscurità piuttosto che trascinare Percy con sé.
Nico era più un eroe di quanto non lo fosse lui, pensò Percy.
Percy non si rese conto di non aver risposto a quel che Sally gli aveva detto, finché lei non gli diede un bacio sulla tempia, riscuotendolo dal filo dei suoi pensieri. Lo guardò sorridendo, un sorriso che si può ricevere solamente dalla propria madre.
- Non pensarci troppo, tesoro. Sono certa che riuscirai a trovare la risposta che cerchi- gli disse. - Anzi, ti dirò di più: credo che tu la conosca già, anche se non te ne sei ancora accorto.
Percy si ricordò delle parole che Afrodite gli aveva detto sulla spiaggia.
“E allora non c'è problema, no?”
Non aveva molta fiducia negli dei, ma forse la dea dell'amore aveva ragione; forse stava pensando troppo e avrebbe solo dovuto smettere per un po'.
- Quindi dovrei limitarmi a seguire il mio cuore?
- Qualcosa del genere- rispose Sally.
Percy annuì e un sorriso nacque spontaneamente sulle sue labbra.
- Grazie, mamma.- disse.
- Di niente, tesoro.
Nella propria camera, Percy si sedette sul letto, poggiò la schiena contro il muro e chiuse gli occhi.
Chissà cosa starà facendo Nico adesso, fu il suo primo pensiero. Chissà se sta pensando a me come io sto pensando a lui, fu quello che venne subito dopo e che lo fece sentire piuttosto sciocco, come una ragazzina alla sua prima cotta. Si sentì ancora più stupido quando prese la dracma che aveva in tasca e provò il desiderio di creare un arcobaleno e chiedere a Iride di fargli vedere Nico. Percy si chiese quand'era stata l'ultima volta che aveva davvero sentito la mancanza di qualcuno in modo tanto naturale, senza che alcuno dei due fosse in pericolo di vita. Puro e semplice desiderio di averlo vicino, non per proteggerlo, ma solo perché la lontananza aveva un sapore amaro; un sentimento così da comune essere umano che gli era quasi estraneo.
Percy aprì gli occhi e si voltò verso la finestra dove la piantina di Trina di Luna che gli aveva regalato Calipso brillava ancora argentea alla luce della luna.
Cosa aveva provato per lei? Cosa aveva provato per Calipso? La domanda sorse improvvisa, una domanda che Percy non si era mai posto prima ma cui ora sentiva il bisogno di dare una risposta. Nulla, gli suggerì la sua stessa mente, nulla che potesse essere paragonato a quel che aveva sentito per Annabeth, qualcosa che era completamente lontano da quel che provava per Nico, ma che lui aveva confuso con l'amore; e poi si era dimenticato di lei. Dei, Percy si odiava per quello. Calipso aveva sofferto per colpa sua, e il pensiero di lei non lo aveva neanche sfiorato finché Leo non era finito su Ogigia. Strinse le dita attorno alla dracma e richiuse gli occhi.
Non sarebbe accaduta la stessa cosa di nuovo, non con Nico. Era questo quel che continuava a ripetersi e che una parte di lui sapeva essere la verità; l'altra parte di lui, invece, si fidava troppo poco di se stesso per riuscire ad ascoltarsi senza mettersi in dubbio.
Dopotutto cosa sapeva lui, dell'amore, se non che era fragile e passeggero?
Si alzò di scatto dal letto e scosse la testa come per liberarla da tutti quei pensieri che si affollavano la suo interno.
Lo stava facendo di nuovo, stava pensando troppo. Nico aveva quell'effetto su di lui: lo faceva perdere in mille inutili pensieri e, contemporaneamente, gli faceva dimenticare ogni altra cosa che non fosse lui, i suoi occhi neri, il suo sorriso, ora non più così raro ma che per Percy continuava ad essere un tesoro, una piccola conquista da festeggiare; Nico lo faceva pensare troppo e gli faceva venir voglia di spegnere completamente il cervello e di abbandonarsi a qualunque cosa avrebbe potuto esserci tra di loro.
Percy voleva solo che Nico fosse il suo vero amore; in quel momento era una delle poche certezze che aveva.
Quando quella notte decise che era finalmente arrivato il momento di dormire Percy era certo che la sua testa satura di pensieri gli avrebbe impedito di chiudere occhio; invece gli ci volle solo qualche minuto prima di riuscire ad abbandonarsi alle braccia di Morfeo. Quando quella notte decise che era finalmente arrivato il momento di dormire Percy era certo che la sua testa satura di pensieri gli avrebbe impedito di chiudere occhio; invece gli ci volle solo qualche minuto prima di riuscire ad abbandonarsi alle braccia di Morfeo.
Si svegliò di soprassalto dopo quelle che dovevano essere un paio d'ore ma che a lui erano parse non più lunghe di qualche minuto. Concentrò tutta la sua attenzione sul respirare, poi trasse un altro lungo respiro, deciso a trascorrere le prossime ore in un sonno tranquillo. L'ultimo pensiero prima di riaddormentarsi fu se Nico stesse dormendo bene anche senza di lui.
Non ebbe altri incubi quella notte, ma il suo sonno non fu privo di sogni.
Sognò Annabeth e la conversazione che avevano avuto tempo prima nella casa di Poseidone, sognò il momento in cui avevano annullato tutti i piani che avevano fatto per il futuro ed erano tornati ad essere solo amici.
-E' quel che siamo sempre stati, Testa d'Alghe. Null'altro che amici.
Annabeth non glielo aveva detto allora, ma lo fece adesso nel sogno, e Percy si rese conto che aveva ragione.
-Afrodite ha detto che avresti potuto essere tu il mio vero amore- le disse Percy.
Annabeth si limitò a scrollare le spalle, poi sorrise. -E che importanza ha il vero amore? Non è da te perderti in tanti inutili pensieri, Testa d'Alghe.- Prima che la ragazza svanisse e il sogno cambiasse, Percy pensò di nuovo che aveva ragione.
Poi sognò Nico, steso nel suo letto nella casa numero tredici, le braccia strette attorno a quello che Percy sapeva essere il proprio cuscino; e allora il vero amore e le sue preoccupazioni riguardo esso scivolarono via dalla sua mente. Forse era vero, non aveva poi così tanta importanza.

 

Quando tornò al Campo, Percy si ritrovò a domandarsi se fosse davvero stato via solo una settimana perché, nel momento in cui incontrò Nico, gli sembrava di non vederlo da molto, molto più tempo. Percy non aveva paura di ammettere di aver sentito la sua mancanza ma, quando i suoi occhi si posarono su Nico, sentì il prepotente bisogno di dirglielo, di fargli sapere che aveva occupato i suoi pensieri per tutto il tempo. Non gli importava di sembrare stupido, gli importava solamente che Nico capisse che Percy era stato sincero quando gli aveva detto che non lo avrebbe lasciato; improvvisamente, l'unica cosa che per Percy contava davvero era che il figlio di Ade sapesse che Percy aveva sentito terribilmente la sua mancanza in quei pochi giorni che erano stati separati.
- Mi sei mancato- disse, cercando di trasmettere con quelle poche parole tutto ciò che provava.
Sebbene Nico cercasse di nasconderlo, Percy notò la sua espressione sorpresa e pensò che avrebbe potuto continuare a ripeterglielo per ore ed ore, finché non gli avesse creduto; sentì un groppo in gola quando ammise che era colpa sua se Nico aveva difficoltà a credergli.
Non ricordava quando si erano avvicinati, ma adesso la distanza tra di loro era poca, talmente poca che tutto quel che Percy voleva era eliminarla completamente.
- Ti sono mancato?- gli chiese in un soffio e, quando Nico rispose, dopo una manciata di istanti, Percy sentì il proprio cuore fare le capriole e un sorriso farsi strada sulle sue labbra.
Percy avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto prendergli il viso tra le mani e baciarlo fino a che entrambi non fossero rimasti senza fiato. Gli occhi scuri di Nico erano fissi nei suoi, le sue labbra leggermente dischiuse e le guance tinte di rosso e Percy non poté fare a meno di pensare che era bello, decisamente bello.
Come aveva fatto a non accorgersene prima? Come era possibile che gli ci fosse voluto tanto tempo per realizzare quanto importante Nico fosse per lui?
- Percy...
La voce di Nico, sottile ed incerta, lo riportò alla realtà e fu come se Percy si rese conto solo in quel momento quanto vicini fossero. Il respiro di Nico sulle sue labbra gli faceva desiderare più di ogni altra cosa di baciarlo; in un fugace pensiero si chiese come doveva essere, sentirlo così vicino, avvertire il suo calore come se fosse il proprio.
Si allontanò, avvertendo chiaramente il proprio viso andare a fuoco e la tensione che li aveva circondati fino ad un attimo prima sciogliersi lentamente. Non si era accorto di quando il proprio cuore avesse accelerato tanto che sembrava volergli balzare fuori dal petto eppure, ora, Percy sentiva ogni singolo battito come rimbombargli nelle orecchie. Distolse lo sguardo e quasi gli venne da ridere. Non ricordava l'ultima volta che si era sentito così, tanto in imbarazzo da dover distogliere gli occhi e, di nuovo, pensò che Nico era incredibile, e incredibile era il modo in cui riusciva a farlo sentire, un modo che per Percy era completamente nuovo.
Improvvisamente ripensò al sogno che aveva fatto qualche giorno prima ed ebbe la certezza che tutti quei discorsi sul  vero amore non avessero alcuna importanza,  che tutto quel che contava erano loro due e quel che provavano l'uno per l'altro.

 

Quella sera, nella casa numero tredici, Percy aveva l'impressione che qualunque distanza tra lui e Nico fosse decisamente troppa.
Nico aveva continuato -quando pensava che Percy non lo notasse- a guardarlo con un'espressione a metà tra l'imbarazzato e il curioso e Percy sapeva che stava pensando a quel che era successo quel pomeriggio nell'arena. Anche la sua mente tornò spesso a quel momento e ogni volta Percy si sentiva arrossire: e se una parte di lui riteneva che fosse stato un bene che fosse finita così, un'altra parte di lui voleva solo eliminare di nuovo ogni distanza tra sé e Nico.
Erano seduti sul letto di Nico con le spalle che si toccavano, e non era difficile avvertire la tensione imbarazzata che li circondava.
A un certo punto Percy si ricordò di una domanda che voleva davvero porre al più piccolo.
- Senti, Nico...- iniziò a dire. -La prossima volta che vado a New York ti andrebbe di venire con me?
Il figlio di Ade rimase in silenzio per qualche secondo, guardandolo con un' espressione di sorpresa e di incredulità, quasi si aspettasse che Percy lo stesse prendendo in giro.
- Non sono certo che tua madre sarebbe d'accordo- disse infine, distogliendo lo sguardo.
- E perché non dovrebbe?- ribatté Percy, confuso.
- Forse perché l'ultima volta che ci siamo visti ho chiesto la sua benedizione per rischiare la vita di suo figlio.
Nico lo disse come se fosse la cosa più ovvia dell'universo, qualcosa che anche un bambino avrebbe potuto comprendere. A Percy, tuttavia, non sfuggì la nota di rammarico nella sua voce. Il figlio di Poseidone non aveva mai pensato che Nico si rimproverasse per quello -dopotutto perché avrebbe dovuto?- ma adesso si sentì piuttosto sciocco per non averci pensato.
- Nico, lo hai fatto per salvare il mondo; e poi io ero d'accordo con te, io ho scelto di seguire quel piano. Lo so io e lo sa anche lei- concluse sorridendo.
Nico non sembrava troppo convinto ma dopo un po' annuì.
Percy mise una mano sulla sua guancia e fu sorpreso quando il più piccolo si abbandonò velocemente a quel contatto. Finalmente Nico risollevò lo sguardo verso di lui, un piccolo e incerto sorriso sulle sue labbra.
- Allora verrai con me?- chiese di nuovo Percy e, quando Nico annuì, sorrise chiedendosi come potesse una sola persona renderlo tanto felice.
Un silenzio confortevole li avvolse e, dopo un po', Percy si lasciò cadere sul letto trascinando Nico con sé. Il figlio di Ade non protesto ma si irrigidì quando Percy lo abbracciò attirandolo più vicino.
- Percy...?- sussurro con voce incerta.
Il figlio di Poseidone ebbe l'impressione che Nico non volesse interrompere quel momento ma, allo stesso tempo, non fosse certo di non volersi allontanare da lui. Percy allentò la presa e ristabilì un po' di distanza tra di loro. Non riusciva a vederlo bene nel buio della stanza, ma era certo che il suo viso fosse completamente rosso e, per una manciata di secondi ebbe il timore che Nico si allontanasse da lui e gli dicesse di tornare a dormire nel suo letto. Ma poi, senza guardarlo negli occhi, Nico gli posò timidamente un braccio attorno ai fianchi e gli si fece più vicino, poggiando la testa sul suo petto. Percy lo abbracciò di nuovo e cercò di ricordare un altro momento in cui si era sentito tanto felice, come se null'altro al mondo avesse importanza; ma quel pensiero abbandonò in fretta la sua mente.
Nico si era rilassato nella sua stretta ma era immobile tra le sue braccia come se avesse paura che, muovere anche solo un muscolo avrebbe infranto ogni cosa.
Improvvisamente Percy pensò che doveva essere quello, l'amore; avere Nico così vicino, stringerlo a sé, con i suoi capelli che gli solleticavano il viso e il suono del suo respiro leggermente irregolare. Sorrise, perso nella sensazione di aver finalmente capito dove il suo cuore stesse andando.
, pensò subito prima di addormentarsi, deve senz'altro essere questo l'amore.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Root