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Autore: nuvole_e_popcorn    26/03/2015    1 recensioni
Tutte le volte che lo vedeva, aggirarsi per il Campo, abbaiando ordini a destra e a manca, gli si spezzava il cuore. Era come vedere metà di una persona vagare in cerca dell’altra metà senza posa. Jasper dubitava perfino che dormisse davvero. Quando avevano perso Clarke Griffin avevano perso anche Bellamy Blake, era lì fisicamente, ma c’era ancora qualcosa che vagava nell’aria. Quell’insieme che lui aveva fallito. [BELLARKE!]
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Marcus Kane, Octavia Blake, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
WITH BLOOD AND DIRT ON MY HANDS
Una piccola folla li aveva raggiunti non appena avevano varcato le mura dell’accampamento; Clarke si sentì fin soffocata da tante persone dopo quasi un mese che aveva passato completamente da sola.
“Tu, stupida!” esclamò Raven stritolandola con un braccio e tirandole un orecchio con l’altro “Non mi fare mai più spaventare a questo modo, intesi?” domandò allontanandosi leggermente da lei; e fu allora che Clarke fu investita in pieno da Jasper che affondò la testa nella sua spalla singhiozzando.
“CLARKE!” aveva esclamato, stringendola quasi convulsamente. Clarke aveva temuto che Jasper non l’avrebbe mai perdonata e che la ritenesse responsabile della morte di Maya. Bellamy l’aveva adesso superata e le rivolgeva un sorriso dolce, mentre la vedeva sciogliersi tra le braccia dell’amico, scusandosi per l’involontaria pena inflittagli.
“Mi sei mancata” le aveva detto Jasper cedendo il passo agli altri “con chi altro avrei potuto parlare di lei?” Clarke era sull’orlo delle lacrime, così quando si trovò di fronte sua madre, col fiato grosso e gli occhi lucidi, bastò una leggera pressione sulla schiena da parte di Bellamy che si buttò nelle braccia aperte della donna che l’aveva messa al mondo, perdonando in quel momento quanto era accaduto tra loro.
Abby Griffin non poteva credere che sua figlia fosse tornata, finalmente e lanciò uno sguardo di ringraziamento al giovane uomo che non aveva mai staccato gli occhi per un attimo da sua figlia e che l’aveva riportata da lei.
Ma Bellamy aveva altre preoccupazioni per la testa: infatti, aveva notato che un cospicuo gruppo dei Cento che Clarke l’aveva aiutato a guidare se ne stavano in disparte, guardandola di sottecchi poco convinti. Forse, Clarke aveva perso la fiducia del gruppo e sperò con tutte le sue forze che non se ne accorgesse prima che potesse sistemare la situazione, ma bastò una sola occhiata nella sua direzione, incrociando il suo sguardo triste, a capire che se ne era accorta e che pensava avessero ragione.
“Ti farei stare nella mia tenda – aveva offerto Raven – ma non sarebbe salutare per te, con me e Wick che..” aveva lasciato il doppio senso in sospeso e Clarke aveva gentilmente declinato. Avrebbe occupato una delle brandine nell’infermeria, come sua madre, così se fosse stato necessario sarebbe stata disponibile a dare una mano con i feriti. Dopo il giro di saluti non aveva più visto Bellamy e lo cercò con lo sguardo trovandolo poco distante l’Infermeria ad aspettarla. Lo raggiunse, mentre sua madre entrava all’interno.
“Senza parole, Principessa?” le aveva domandato ghignando.
“Senza dubbio, Blake” aveva risposto a tono lei, sorridendogli.
“BELL! CLARKE!” il tornado chiamato Octavia Blake li investì in pieno rovinando completamente l’atmosfera del momento con Lincoln poco distante che scuoteva la testa divertito dal comportamento della ragazza. Li abbracciò entrambi, rimproverando Bellamy per la sua scarsa intelligenza nel farsi rapire e Clarke perché era troppo dimagrita.
“Se avrai bisogno di me, Principessa – aveva aggiunto Bellamy andandosene – la mia tenda e quella laggiù. Non esitare a venire”
“Buonanotte Bellamy”
“Clarke! Dico sul serio. Per qualsiasi cosa la porta è aperta”
“Grazie” e con questo entrò nell’infermeria, senza voltarsi indietro.
***
“Potremo andarcene” Clarke era lì da qualche giorno, ma aveva già ben chiaro il problema principale: gli ultimi arrivati dall’Arca li stavano emarginando. Si, in teoria i loro crimini erano tati perdonati, ma continuavano a vederli come delinquenti e quindi si comportavano come se avessero a che fare con tali. Non era il loro posto quello. Per quanto amasse sua madre era convinta che bisognasse ricominciare.
“Lo so” rispose Bellamy imbracciando ancora il fucile. Era di guardia e Clarke lo aveva raggiunto sulle mura per discutere della questione. “Ci avevo pensato anch’io – aggiunse –ma volevo aspettare che tu tornassi perché da solo non posso sperare di guidarli tutti” Clarke annuì. Sapeva cosa intendeva.
“Però credo che sia meglio aspettare che l’inverno finisca… abbiamo poche risorse e se restiamo uniti durante l’Inverno forse riusciremo a organizzarci per spostarci in primavera.”
“Sempre razionale. Clarke quanto credi che ci metteranno per escluderci dalle coperte, dai fuochi, dalle tende riscaldate? Siamo gli emarginati qui, quelli che nessuno vuole. Secondo me dovremmo provare ad andare a est verso il mare, da qualche parte mi sembra di aver letto che le temperature sono più miti lì. E costruire il nostro accampamento” Clarke rimase in silenzio, senza rispondere così Bellamy rincarò la dose:
“Sul serio Clarke, se non avessimo aperto le comunicazioni con l’Arca pensi che non saremo sopravvissuti all’inverno? Ci saremo inventati qualcosa”
“Credo – disse Clarke – che dovremmo chiedere loro che cosa ne pensano e lasciare che si decida. Tutti insieme”. Bellamy annuì.
 
Entro sera i restanti dei Cento erano tutti raccolti attorno ad un falò. Abby non aveva accettato di buon grado la notizia che la sua figlia appena ritrovata volesse partire sin da subito, ma Clarke era stata irremovibile.
“Non vi piace essere gli emarginati vero?” domandò Bellamy al quale Clarke aveva lasciato la prima parola.
“NO!”
“Allora andiamocene – intervenne Clarke – costruiamo un accampamento tutto nostro! Vicino al mare dove le temperature sono più miti, e affrontiamo l’inverno noi! I primi che hanno toccato Terra dopo 97 anni!”
Un mormorio si impossessò della folla.
“Ci ha abbandonati! Come possiamo fidarci di lei?!” esclamò un ragazzo che Clarke non riusciva a ricordare come si chiamasse. Le sembrava fosse lo stesso che durante l’epidemia di Murphy le aveva intimato di rientrare nella navicella e che Bellamy aveva trattenuto dallo spararle.
“E’ vero – disse Clarke – me ne sono andata. Non ho il diritto di chiedervi la fiducia che avevate prima in me…”
“Io mi fido” disse Jasper primo fra tutti e un coro di sì lo seguì, Raven in prima fila alzò una stampella (la sera continuavano ad accompagnarla nelle sue passeggiate) a mò di minaccia verso chiunque osasse dire il contrario.
“Io mi fido di voi – disse Clarke – si sono andata via. Ma non vi ho mai abbandonati. Vi guardavo la schiena durante la battute di caccia vi proteggevo controllandovi a vista. Solo non mi vedevate”.
Un mormorio di sorpresa invase la folla.
“Chiunque abbia qualcosa da dire – fece improvvisamente Bellamy ponendo fine alla discussione – ne risponderà a me. Se vi fidate di me, vi fiderete di lei perché io le metterei in mano la mia stessa vita” tutti rimasero in silenzio.
“Ora resta solo una domanda: siete con noi!? – un coro di “si” si alzò dalla folla – e soprattutto quando partire? Io dico subito! Siamo combattenti sopravviveremo all’inverno.”
“Bellamy però non abbiamo molte risorse!” esclamò Clarke, che ancora di quel particolare non era convinta.
“Non ti preoccupare, Principessa, ci inventeremo qualcosa”
“Vi daremo quattro giorni per pensare e poi ci direte la vostra opinione!” aggiunse Bellamy
 
“Allora, il tuo ragazzo sembra piuttosto protettivo” Clarke alzò gli occhi al cielo.
“Raven…” la ragazza mise su la faccia più innocente che avesse, anche se non pareva particolarmente credibile.  
“Hey non mi guardare così. È il tuo ragazzo”
Sì. Lo era. Ma non lo avrebbe ancora detto. Pensò Clarke lanciando uno sguardo nella direzione in cui Bellamy stava parlando con qualcuna delle guardie. In quel momento ebbe la netta sensazione che sarebbe andato tutto bene, ma per la semplice ragione che Bellamy era con lei e se c’era lui, loro due insieme potevano rendere l’impossibile realtà. Si coricò quella sera con quella certezza e con un sorriso sul viso. 

Nel prossimo capitolo:
"Ho freddo" 
Bellamy aprì la giacca e le fece segno, Clarke si sedette accanto a lui appoggiando la testa sulla sua spalla e sorridendo mentre lo vide chiudersi la giacca e per tenerla al caldo.
"Meglio, Principessa?"
"Bell? perchè mi chiami 'principessa'?"
"Perchè sembravi una principessa delle favole mentre scendevi dalla scala e sgomitavi per raggiungere la porta della navicella per rimproverarmi che l'aria poteva essere tossica... poi è bastato che tu aprissi bocca per capire che di principessa delle favole avevi ben poco"
"Ah grazie... però è vero, non sono quel tipo di principessa" disse Clarke, sbadigliando e cominciando a raggiungere dreamland.
"Lo so. Infatti tu sei il mio tipo di principessa"


Eccoci qua a fine capitolo! Volevo ringraziare chi ha messo la mia storia fra le seguite, le preferite e ovviamente chi ha recensito (una sola persona... :-( grazie le tue parole sono state un toccasana!)... e niente, lo so è un po' corto, ma è solo di transito.. come al solito fatemi sapere cos ne pensate, in fondo mica vi mangio se esprimete la vostra opinione. Detto questo alla prossima! Un bacio Giu 
  
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