Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: _Trilly_    26/03/2015    7 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Pablo ripose con cura i documenti nella tasca della giacca, raggiungendo poi la sua famiglia nella zona di attesa dell'aeroporto di Venezia. Violetta era praticamente incollata ad Angie, lo sguardo fisso nel vuoto. Diego era seduto tra Marco e Francesca e parlavano fitto fitto di chissà quale argomento. Leon sembrava tormentato, non faceva altro che lanciare occhiate verso la Castillo, venendo puntualmente ignorato. A chiudere il gruppo c'era Lena, impegnata a scrivere sul suo tablet, anche se non poteva fare a meno di volgere il capo verso Marco con un lasso di tempo quasi calcolato. Di lì a poco sarebbero saliti sull'aereo che li avrebbe riportati a Buenos Aires e l'atmosfera non avrebbe potuto essere più tesa. Li aveva lasciati in quella posizione per andare a fare il check-in e così li aveva ritrovati. In particolare erano Angie, Violetta e Leon a preoccuparlo. La Saramego non si staccava un attimo dalla nipote, che sembrava caduta in una sorta di apatia, cosa che stava avendo delle conseguenze anche su Leon. Era sicuro che il giovane avesse tentato di avvicinarla e fosse sempre stato respinto, il modo in cui cercava il suo sguardo lo confermava. Violetta si era chiusa in se stessa, non parlava e non guardava nessuno, solo Angie era riuscita ad ottenere qualche risposta e si vedeva lontano un miglio che fosse seriamente preoccupata per lei, forse si sentiva addirittura in colpa per ciò che era accaduto con Marotti. Pablo non poteva sopportare di vedere la sua famiglia così sofferente, doveva risolvere le cose in un modo o nell'altro. “Angie,” mormorò, rivolgendosi alla moglie. “Posso parlarti un momento?” La bionda annuì, ma quando fece per alzarsi, Violetta le artigliò il braccio dicendo parole sconnesse. Il puro terrore le attraversava lo sguardo. “Tranquilla,” la rassicurò Angie, accarezzandole il capo. “Cinque minuti e sono di nuovo qui con te.” La ragazza annuì, anche se poco convinta. “Fai presto.” Si mise poi le cuffie alle orecchie, scoraggiando l'ennesimo tentativo di approccio di un amareggiato Leon.
Angie e Pablo si incamminarono nell'affollato aeroporto, fermandosi solo alle spalle della grande edicola. Fu allora che guardandola dritto negli occhi, lui si rese conto di quanto lei fosse vulnerabile e che il sorriso che mostrava in presenza di Violetta fosse solo una maschera. “Angie.” La donna sospirò, abbassando lo sguardo, esausta. “Non ce la faccio più, Pablo.” Si lasciò sfuggire un singhiozzo, gettandosi poi tra le sue braccia. Galindo la strinse forte a se, sentendosi irrimediabilmente in colpa. Quella che doveva essere una vacanza, un modo per staccare la spina, si era trasformata in un incubo ed era tutta colpa sua. Avrebbe potuto portare la sua famiglia dovunque e invece aveva scelto quella maledetta città. Se solo avesse dato retta ai timori di Angie e Angelica, ora sua moglie e sua nipote non si sarebbero ritrovate in quello stato.
“Ho una sorpresa per te,” sussurrò all'improvviso all'orecchio di Angie. “Davvero?” Chiese lei curiosa, sollevando di poco il capo. “Che sorpresa?” La disperazione di poco prima era stata sostituita da un sentimento più genuino e spensierato, quel misto di interesse e divertimento tipico dei bambini, che aveva sempre caratterizzato sua moglie da ragazzina e che gli fece accelerare di tre volte il battito cardiaco. Forse stava facendo la cosa giusta, Angie aveva bisogno di distrarsi, di sapere quanto fosse importante per lui e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice. “Allora? Dov'è questa sorpresa?” Insistette lei con un sorriso malandrino. Eccolo, il sorriso di cui si era innamorato, quello che lo aveva tenuto sveglio ore intere a fantasticare quando era giovane e che ora aveva ancora lo stesso effetto su di lui. Lentamente fece scorrere la mano nella tasca della giacca, recuperando una piccola scatolina di velluto blu notte. Sotto lo sguardo stupito di Angie, l'aprì. Si trattava di un anello d'oro bianco, che presentava tre piccoli diamanti incastonati. “Sono stato ore a sceglierlo,” ammise Galindo, imbarazzato. “La commessa a un certo punto voleva cacciarmi e così mi sono fatto dare qualche consiglio.” La bionda però non lo stava ascoltando, troppo occupata ad ammirare quel meraviglioso anello. Sin da piccola era sempre stata un tantino vanitosa e possedeva un numero spropositato di orecchini, collane e anelli, ma non aveva mai visto nulla di più bello. Non era un gioiello troppo lavorato o appariscente, al contrario era molto semplice e allo stesso tempo elegante e rappresentava perfettamente la donna che era diventata da quando si era innamorata di Pablo, una persona che di certo preferiva di gran lunga rispetto a quella frivola di un tempo. Sorrise emozionata, sfiorando i contorni dell'anello con l'indice. “Se non ti piace, siamo ancora in tempo per cambiarlo,” riprese Pablo, convinto che il silenzio della moglie fosse motivato dal fatto che non gradisse il regalo. Angie sorrise, scuotendo il capo. “Al contrario, è bellissimo.” Euforico, lui le prese la mano sinistra e le infilò l'anello sopra la fede. Le calzava a pennello, un meraviglioso contrasto con la sua pelle candida. Il sorriso della bionda si accentuò, mentre a sua volta ammirava il regalo del marito. “Oh Pablo,” mormorò con le lacrime agli occhi. “è...è perfetto, grazie.” Pablo sorrise, scostandole una ciocca dorata dalla fronte, per poi stringerla in un forte abbraccio. “Perfetto come te,” le sussurrò dolcemente all'orecchio, facendola rabbrividire. “Ti amo, Angie e farei qualsiasi cosa per vederti felice.” Lei annuì, strofinando il volto contro il suo petto. “Lo so, è così da quando ci siamo conosciuti. Ci sei sempre stato per me. Sei un uomo meraviglioso e non capisco cos'ho fatto per meritarti.” Pablo ridacchiò, anche se aveva assunto la tonalità di un pomodoro. “E io allora? Senza sapere perché, ho la moglie più bella di questo mondo.”
“Ma quanto siamo sdolcinati oggi,” sorrise Angie, sollevando il capo così da specchiarsi nei suoi occhi neri. “E ti dirò, questo mi piace. Mi fa sentire di nuovo un'adolescente, anche solo per qualche minuto.” Lui sollevò un sopracciglio, divertito. “Hai parlato al singolare, quindi io continuo a sembrare un vecchio?” Assunse un'espressione offesa, che la fece scoppiare a ridere. “Se ti può consolare, sei il mio vecchio preferito,” lo prese in giro, facendo però poi sfiorare le loro labbra. “Ti amo, vecchio.” Seppur ancora offeso per quel 'vecchio', Pablo le prese il volto tra le mani e la coinvolse in un dolce e profondo bacio e in quel momento qualsiasi preoccupazione era accantonata. Non c'era nessun Emilio Marotti, non c'erano sensi di colpa, non c'erano preoccupazioni e tutto era perfetto esattamente come quando si erano sposati. Tanti anni erano trascorsi da quel giorno così importante, eppure per loro non era cambiato nulla, continuavano ad amarsi profondamente e a vedere nell'altro l'unico posto sicuro dove rifugiarsi. “è tutto finito, amore, lui non sarà più un problema,” mormorò Pablo alla fine del bacio, sorridendole rassicurante. Lei annuì, sfiorandogli una guancia con una leggera carezza. “Ancora una volta ci sei stato e non solo per me, ma anche per Vilu.” La mente di entrambi andò a Marotti, chiuso ormai nel carcere della città grazie alla confessione che Galindo e Leon gli avevano estorto e non poterono fare a meno di pensare che nonostante tutto, giustizia era stata finalmente fatta. Certo, nulla avrebbe potuto restituire loro Maria e German e cancellare tutte le sofferenze che quell'uomo aveva causato, ma almeno era stato punito e ciò riduceva anche solo di poco il vuoto in fondo alla loro anima. “è tutto finito,” ripetè Pablo, accarezzandole il capo. Angie deglutì, sforzandosi di sorridere. “Spero solo che Vilu riesca a superarlo, mi spaventa vederla in quello stato.” Lui annuì. “è stato un duro colpo per lei, la sua reazione è normale. Ha bisogno di tempo per assimilare e accettare la cosa, ma poi vedrai che si riprenderà. L'importante è che non le facciamo mai mancare il nostro sostegno.” Come al solito era sicuro, tranquillo e Angie si sentì in un certo senso contagiata da tutto quell'ottimismo. Pablo era la persona più forte che avesse mai conosciuto, nemmeno una volta lo aveva visto scoraggiato e voleva credere che anche quella volta avesse ragione. Solo loro, con affetto e pazienza, potevano aiutare Violetta a superare il trauma, era ciò che avrebbero voluto Maria e German, che si prendessero cura della loro bambina e lo avrebbero fatto, a qualsiasi costo. “Hai ragione,” annuì perciò lei alla fine, allacciandogli le braccia al collo e rivolgendogli un grande sorriso. “Solo noi possiamo aiutare Violetta e non dobbiamo arrenderci finché non ci riusciamo.”
“Esatto,” sorrise lui, accostando la fronte alla sua. “Ha bisogno di tempo e affetto, cose che nella nostra famiglia non sono mai mancate, ce la faremo.”
“Ce la faremo,” ripetè Angie, intrecciando la mano con quella del marito, mentre si incamminavano verso i ragazzi. Quella conversazione aveva fatto bene ad entrambi. Pablo aveva visto alleggerirsi i suoi sensi di colpa per quel viaggio, mentre Angie si sentiva più sicura e determinata e aveva detto addio allo sconforto degli ultimi giorni. Un pensiero su tutti li accomunava, la consapevolezza che insieme fossero più forti e che potevano davvero farcela.



Diverse ore erano trascorse da quando l'aereo era decollato, ormai erano già molto lontani dal territorio italiano e la stanchezza iniziava a farsi sentire, o almeno per la maggior parte dei passeggeri. Se all'andata Violetta si era seduta insieme a Leon e Diego e accanto a Francesca, più felice ed emozionata che mai, ora aveva preferito prendere posto accanto a Lena con le cuffie alle orecchie. Pablo e Angie, di fronte alle due ragazze, la fissavano di sottecchi, preoccupati. Non c'era niente da fare, nessuno di loro era riuscito ancora ad estorcerle una parola e l'atmosfera si faceva sempre più tesa e insostenibile.
Leon, seduto accanto a Francesca, sbuffò per l'ennesima volta, scompigliandosi nervosamente i capelli. Diego e Marco, disposti di fronte a loro, si scambiarono un'occhiata, afflitti. Sapevano quanto il ragazzo fosse tormentato per l'indifferenza di Violetta, ma proprio non sapevano cosa fare per aiutarlo. La Cauviglia dal canto suo, aveva riflettuto molto in quelle ore e forse era giunta a una conclusione. Violetta evitava tutti perché stava soffrendo e non riusciva ad esternarlo, mentre Vargas si era convinto di avere davvero delle colpe. Entrambi erano in difficoltà, entrambi avevano bisogno di aiuto. “Non è colpa tua,” sussurrò perciò all'improvviso, attirando su di se l'attenzione dei tre ragazzi. “Quello che sta passando Violetta non dipende da te,” proseguì, sotto lo sguardo confuso di Leon, che poi scosse il capo. “Teme che io possa essere come German o Marotti, inizia a vedere le cose per come sono, evidentemente,” commentò amareggiato, lo sguardo rivolto sulle sue scarpe. “Ma tu non sei come loro!” Sbottò l'italiana, attirando anche l'interesse dei fratelli Galindo, che ora spostavano lo sguardo dall'uno all'altra, curiosi. “Violetta sapeva chi eri quando ha deciso di stare con te, sapeva che ci sarebbero state delle complicazioni e ti ha scelto lo stesso. Ha bisogno di riflettere, ma ciò non significa che ha chiuso con te, dalle tempo.” Gli poggiò una mano sul braccio e gli sorrise rassicurante, lasciandolo a bocca aperta. Le cose tra di loro erano migliorate molto nell'ultimo periodo, ma non credeva che Francesca sarebbe mai stata una sua fan. “In passato ti ho giudicato male e mi dispiace. Tu la ami davvero.”
Leon spostò lo sguardo su Diego e Marco, aspettandosi da un momento all'altro che scoppiassero a ridere, ma nessuno di loro lo fece, al contrario si limitavano a concordare alle parole della ragazza. “Dalle tempo, ma non arrenderti.”
“Ascoltala, lei ha sempre ragione,” annuì Diego, strizzandole l'occhio. “Violetta ti ama e lo farà sempre.” Vargas scosse la testa, alternando lo sguardo dall'uno all'altra. “Si, ma ora è cambiato tutto. Probabilmente mi vede come lui, oppure teme che qualcuno della mia famiglia possa farle del male come è accaduto a sua madre.” L'ultima volta che Leon era apparso tanto insicuro e demotivato, era stato quando Violetta lo aveva lasciato e Diego lo sapeva molto bene. Guardò Francesca, come a voler ottenere la sua approvazione, poi quando lei annuì tornò a rivolgersi all'amico. “Leon.” Si sporse verso di lui, abbassando di poco il tono di voce. “Tu non hai niente a che vedere con mio zio o con Marotti, chiaro? Te ne sei tirato fuori e tuo padre lo ha accettato, non hai nulla da temere. Tuo padre è dalla tua parte, tutti noi siamo dalla tua parte,” aggiunse, accennando a Francesca e Marco che annuirono. “Siamo una squadra ora,” sorrise la Cauviglia. “Incredibile, ma vero,” concordò il minore dei Galindo, anche se palesemente a disagio, dato che non sapeva se effettivamente fosse stato accettato nel gruppo. Certo, ora lui e Diego erano uniti e aveva anche chiarito con Francesca, ma Vargas cosa ne pensava? Lo avrebbe mai accettato o mostrato un minimo di rispetto? Il fratello gli diede una pacca sulla spalla, facendogli sentire il suo sostegno e anche la ragazza gli sorrise. Leon invece non si mosse di un centimetro, continuando a scuotere il capo, perso in chissà quali pensieri. Proprio in quel momento, Diego vide Violetta scattare in piedi ed incamminarsi verso il bagno. Non poteva lasciarsi scappare quell'occasione.



Violetta si chiuse alle spalle la porta del piccolo e angusto bagno, avvicinandosi poi al lavandino e sciacquandosi ripetutamente il volto. Le lacrime nel frattempo le bagnavano le guance, confondendosi con l'acqua. Il cuore le batteva così forte da provocarle dolore e nel suo stomaco si era formata una voragine. Ogni singolo muscolo le doleva come se stesse prendendo fuoco. L'unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era lasciarsi andare, crollare nella sua disperazione e davvero non sapeva cosa glielo impedisse. Non riusciva a smettere di pensare a Marotti e a tutto quello che era accaduto in quella città. Quell'uomo, il peggior individuo che avesse mai incontrato, era in realtà suo padre. Tutto il dolore e la sofferenza che aveva provocato a Maria, il clima di terrore che avevano vissuto Angelica e Angie in quegli anni, il modo in cui German se ne era andato senza sapere nulla. Violetta non sapeva che pensare di se stessa. Era figlia di un mostro, un mostro che aveva anche tentato di manipolarla, di farle dubitare della sua stessa famiglia e lei lo odiava. Odiava colui che aveva scoperto essere il suo vero padre, ma allo stesso tempo lo temeva. Sarebbe mai riuscita a superare quelle rivelazioni? Sarebbe mai tornata la ragazza di prima? Se German avesse saputo, l'avrebbe ancora considerata sua figlia o l'avrebbe disprezzata? Un singhiozzo più forte dei precedenti le sfuggì dalle labbra e dovette sostenersi sul bordo del lavandino per non cadere sulle ginocchia. Poteva sforzarsi quanto voleva, ma la verità era che nella sua vita sarebbe inevitabilmente cambiato tutto e lei doveva solo accettarlo.
“Violetta.” Un leggero bussare alla porta, seguito dalla voce di Diego, la fece sobbalzare. “Apri, per favore.”
“Vattene,” ribatté prontamente lei, asciugandosi il volto con della carta. Il ragazzo sbuffò sonoramente, continuando a bussare, imperterrito. “Non puoi evitarci per sempre.”
“Ti ho detto di andartene!” Urlò quasi la ragazza, prendendo il rotolo di carta igienica e gettandolo contro la porta. Per un attimo credette che Diego se ne fosse andato, ma a sorpresa tornò alla carica. “Quello che stai passando non è colpa nostra, chiaro? Smettila di farci pesare questa situazione!” Quelle parole colpirono Violetta peggio di una coltellata. Davvero stava ferendo tanto le persone a cui teneva? Lentamente si avvicinò alla porta e la spalancò, rifugiandosi poi tra le braccia del cugino. Non seppe dire quanto tempo trascorse, sapeva solo che non riusciva a smettere di singhiozzare e Diego, pazientemente, la stringeva a se senza dire una parola, probabilmente perché non sapeva che dire. D'altronde cosa si poteva mai dire in una situazione del genere? “Vilu.” Il ragazzo le prese il volto tra le mani, così da potersi specchiare nei suoi occhi, preoccupato. “Mi dispiace per tutto questo, mi dispiace davvero.” Lei annuì, tirando su col naso. “Io non ce la faccio, fa troppo male.” Scoppiò poi di nuovo a piangere, scossa da rumorosi singhiozzi. “Non sarò mai più quella di prima.” Diego le permise di dare sfogo a tutto il suo dolore, riflettendo nel frattempo su quelle parole. Sapeva che sua cugina stesse soffrendo, ma non credeva l'avrebbe trovata tanto devastata. “Sono figlia di un mostro, Diego,” soffiò la ragazza contro il suo petto. “Un mostro che ha distrutto la vita della mia mamma...papà poi, lui mi ha sempre voluto bene e...non sapeva...” aggiunse altre frasi sconnesse di cui si comprendeva poco o nulla, ma il giovane Galindo non aveva bisogno di spiegazioni. Nessuno poteva capire fino in fondo come dovesse sentirsi, in fondo aveva visto spazzate via tutte le sue certezze e ora le restava solo un'amara verità da digerire. Quante cose sarebbero cambiate, quanti rimpianti e quante colpe ci sarebbero state e chissà quanto tempo avrebbe impiegato quel dolore a colmarsi. Starle vicino sarebbe bastato per aiutarla? “Ti aiuteremo noi ad uscirne, vedrai,” tentò di rassicurarla, ma lei scosse il capo. “Se solo avessi ascoltato la nonna, lei ha sempre avuto ragione su tutto.” Si appoggiò poi con la schiena contro il muro, lasciandosi scivolare sul pavimento e portandosi le ginocchia al petto. “Lei ha tentato in tutti i modi di proteggermi,” continuò, lo sguardo perso nel vuoto. Diego si inginocchiò davanti a lei, prendendola per le spalle. “Forse la nonna aveva ragione su molte cose, ma non su tutto. Lo sapevi che la verità avrebbe potuto essere terribile, ma l'hai voluta sapere lo stesso.” Violetta incrociò il suo sguardo, incredula. “Che vorresti dire con questo?” Sbottò, tradendo una traccia di stizza. “Solo perché lo sospettavo, non significa che non dovrei soffrire!” Diego ruotò gli occhi, esasperato. “Lo so e lo capisco, ma non puoi farlo pesare a Leon, non è giusto! Lui non c'entra nulla con Marotti!” La Castillo tutto si aspettava ma non che suo cugino l'aggredisse in quella maniera. Cosa ne sapeva lui di cosa stava passando? “Tu non hai idea,” iniziò, ma il ragazzo la interruppe, scuotendo il capo. “Hai ragione, non lo so cosa stai provando, ma di una cosa sono sicuro. Ti stai convincendo che la storia potrebbe ripetersi e per questo allontani Leon.”
“Non è vero!” Ribattè Violetta, spingendolo lontano. “E allora perché non gli permetti di avvicinarti?” Violetta incassò il colpo, abbassando lo sguardo. Dopo che Vargas l'aveva ritrovata fuori al teatro e si era gettata tra le sue braccia, lo aveva evitato come la peste seguendo solo il suo istinto, ma qual era il motivo? Quello che diceva Diego poteva essere vero? “La nonna aveva ragione su Venezia,” riprese il ragazzo, rimettendosi in piedi. “Ma la tua storia con Leon non è come quella dei tuoi genitori. Non c'è nessun Marotti e non c'è nessuna tragedia in agguato. Non permettere a tutto questo di distruggere quello che c'è tra te e Leon, ti prego.” Le tese le mani e lei dopo un attimo di esitazione gliele strinse, permettendogli di aiutarla a rialzarsi. “Diego,” provò, ma lui ancora una volta le impedì di continuare. “Sta soffrendo molto per questa situazione, sai quanto ci tiene a te. Ha fatto di tutto per dimostrartelo. Si è trovato un lavoro, ha chiuso con gli affari di famiglia e ha anche fatto arrestare Marotti. Non puoi non tenere conto di questo.” Violetta lo guardò per lunghi istanti, confusa. Sapeva che Diego avesse ragione su tutto, ma allo stesso tempo aveva paura che la storia potesse ripetersi e che lei, come sua madre, potesse uscirne devastata. E se anche nella famiglia di Leon ci fosse stato un Marotti? E se anche lei e Vargas avessero sofferto come Maria e German? Quasi le avesse letto nel pensiero, Diego mormorò: “Tu e Leon potreste essere felici come potreste soffrire, tutto è in mano al destino, ma se non corri il rischio non saprai mai come sarebbe potuta andare. Ti ricordi cosa mi dicevi sempre?” Aggiunse con un sorrisetto complice. “In amore vince chi corre il rischio. Se non fosse stato per te e Leon, io e Francesca non staremmo insieme e perciò ora ti dico la stessa cosa. Lotta per la vostra relazione, fallo fino alla fine.” Violetta ricambiò il sorriso, stampandogli poi un bacio sulla guancia. “Ti prometto che farò la cosa giusta.” Ed era vero, le parole di Diego l'avevano colpita e l'avevano portata a riflettere. Forse aveva preso una decisione troppo affrettata, forse avrebbe dovuto pensare di più ai suoi sentimenti e a quelli di Leon. Avevano lottato tanto per il loro amore e non poteva distruggere in quella maniera un sentimento tanto puro e profondo. Lei e Leon avevano senso solo se stavano insieme, era sempre stato così. Come poteva aver dimenticato un dettaglio così importante? Il suo sorriso si estese e Diego lo ricambiò prontamente, sicuro di aver finalmente scosso qualcosa nel cuore della cugina. Eccola la vera Violetta, quella che da troppo tempo non vedeva e che aveva temuto di non rivedere più. “Andrà tutto bene, tu e Leon ce la farete.” Lei annuì, abbracciandolo di slancio. “Grazie Diego, avevo bisogno di questa scossa.”
“Lo so,” ribattè lui, strizzandole l'occhio. “In questo sono il migliore.”



Marco aveva appena finito di parlare al cellulare con Ana, che lo aveva informato di come stavano andando le cose in loro assenza, aggiungendo tra l'altro di sentire molto la sua mancanza, cosa che lo aveva spiazzato ma allo stesso tempo gli aveva anche fatto piacere. Erano sempre stati grandi amici loro due, insieme ridevano, scherzavano, condividevano pene d'amore e per molto anche il suo odio per Diego. Proprio per quello, non si aspettava che Ana gioisse tanto nel sapere che lui e suo fratello avessero finalmente messo da parte le loro divergenze. “Sono così felice per voi,” gli aveva detto. “Tutto quell'odio vi stava solo facendo del male, ma adesso avete l'occasione per ricominciare daccapo.” Reazione totalmente opposta aveva avuto Lena, che lo aveva rimproverato ricordandogli che Diego non avesse rispetto per lui e che sicuramente lo avrebbe ferito ancora. “Quelli come lui non cambiano, hai dimenticato ciò che ti ha fatto passare?”
Marco aveva ascoltato entrambi i pareri, fermandosi a riflettere poi in un secondo momento. Era chiaro ormai che Lena provasse un piacere perverso nel causare scompiglio e davvero non ne poteva più di sopportarla, era una fortuna che quel viaggio fosse finalmente finito così si sarebbe liberato della sua presenza ossessiva. Era vero, lui e Diego avevano avuto tanti problemi, ma la colpa era da entrambe le parti e lo avevano ammesso, perciò non aveva senso continuare ad odiarsi. Ora che avevano chiarito si sentiva più leggero, come se si fosse liberato di un peso opprimente e non avrebbe potuto essere più soddisfatto. Lentamente attraversò lo stretto corridoio che separava le varie file di poltrone, fino a raggiungere il suo posto. Diego e Francesca non c'erano, ma in compenso c'era Leon. Fu quasi tentato di tornare indietro, dopotutto loro due non avevano mai avuto un buon rapporto. Parlavano civilmente certo, ma non si consideravano più di tanto. Tra l'altro, dopo che Diego lo aveva praticamente difeso di fronte a lui, era sicuro che lo odiasse. Vargas, fino a quel momento impegnato a guardare un film sul suo tablet, lo notò con la coda dell'occhio e gli rivolse un cenno del capo. Marco allora prese coraggio e si rimise al suo posto, proprio di fronte al ragazzo. “Diego e Francesca?” Chiese, tentando di mettere fine a quel teso silenzio. Leon scrollò le spalle. “Diego è andato a parlare con Violetta. Francesca credo dovesse chiamare i suoi.” All'apparenza Vargas sembrava tranquillo, ma in realtà a sua volta era molto nervoso. Sapeva di aver fatto passare le pene dell'inferno a quel ragazzo, sapeva quanto lo avesse odiato e temuto e in un certo senso si sentiva in colpa. Raramente aveva provato dispiacere per coloro che aveva ferito, ma ormai gli accadeva fin troppo spesso e sapeva che fosse per colpa di Violetta. Lei aveva un grande potere su di lui, lo rendeva una persona migliore. “Marco, senti,” iniziò, scuotendo il ragazzo dai suoi pensieri. Galindo infatti, stava pensando a suo fratello e a Francesca, che probabilmente si sarebbero incontrati nel corridoio e se un tempo la cosa lo avrebbe infastidito o ferito, ora si rendeva conto che non gli facesse alcun effetto. A poco a poco l'amore che aveva provato per la mora si stava dissolvendo ed era felice che ora lei amasse Diego. Suo fratello prima della mora non aveva idea di cosa fosse l'amore, mai lo aveva visto tanto vivo e il merito era tutto di Francesca, incredibile quanto lo stesse cambiando, quasi non lo riconosceva e forse era vero anche il contrario. La Cauviglia non aveva mai sorriso così tanto come da quando stava con suo fratello. Quando si guardavano, i loro occhi erano attraversati da una luce così potente da accecarlo. Erano perdutamente innamorati l'uno dell'altra, solo uno sciocco non se ne sarebbe accorto. In ogni caso, le sue considerazioni furono interrotte da Leon. “Penso che abbiamo iniziato con il piede sbagliato.” Sembrava quasi a disagio, cosa che sorprese il giovane Galindo ancora di più delle sue parole. “Non sono stato sempre molto carino con te e...bè, non è una cosa di cui vantarsi, ecco.”
“Stai cercando di scusarti?” Chiese Marco, corrugando le sopracciglia, scettico. Vargas si irrigidì e contrasse la mascella. Mai avrebbe pensato che si sarebbe ritrovato a scusarsi con il ragazzo che aveva sempre preso in giro, quasi non si riconosceva. “Non farmelo ripetere,” sbottò in ogni caso, stizzito, facendolo ridacchiare. In effetti aveva già ottenuto tanto da Leon Vargas, più di quanto avrebbe mai immaginato. “è stato Diego a chiedertelo? Di parlare con me, intendo.” Gli sembrava strano che di punto in bianco lui gli chiedesse scusa, soprattutto quando non aveva mai mostrato il benché minimo interesse a conoscerlo meglio. Di sicuro suo fratello doveva averci messo la buona parola. A sorpresa però, Leon scosse il capo, divertito. “Ammetto che Diego ci ha aggiunto del suo, però è stato soprattutto il tuo comportamento a portarmi a rivalutarti. Sei un bravo ragazzo e una persona corretta.”
“Oh, ehm...grazie,” balbettò il moro a disagio. “Anche tu non sei male, un po' pazzo, ma per il resto sei a posto.” Vargas sorrise, sistemandosi più comodamente sulla sua poltrona. “Credo che la pazzia sia un gene dei Vargas ed è una fortuna che Lara non lo abbia ereditato.” Si guardarono per alcuni istanti, poi scoppiarono a ridere. “Sei il ragazzo giusto per Violetta, ora lo so.” Un lampo di stupore attraversò lo sguardo di Leon. Prima Pablo e ora Marco. I Galindo gli avevano in pratica dato la loro benedizione, incredibile. La cosa ovviamente lo lusingava e sperava davvero di poter risolvere i problemi con Violetta. Sarebbe stato paradossale se lei avesse voluto chiudere proprio ora che avevano tanti sostenitori. “Grazie,” sorrise, tendendogli la mano. Marco lo fissò per alcuni istanti, sorpreso, poi però gliela strinse, abbozzando un mezzo sorriso. Se un giorno qualcuno gli avesse detto che lui e Leon Vargas avrebbero parlato civilmente, avrebbe pensato si trattasse di un folle utopico e invece stava accadendo davvero. Tutte le ostilità, le paure, l'odio, sembravano appartenere ad un'altra vita, lasciando il posto a dei giovani che ormai erano cresciuti e maturati ed erano pronti a ricominciare, sotterrando definitivamente l'ascia di guerra.



Francesca ripose il cellulare nella borsetta e poi uscì dal bagno con un luminoso sorriso stampato in faccia. Aveva parlato a lungo sia con i suoi genitori che con Luca e non poteva negare che le mancassero un sacco. Una settimana lontano da loro sembrava un'eternità. Per un attimo era stata quasi tentata di dire a sua madre che in quel viaggio era diventata una donna a tutti gli effetti, ma poi l'imbarazzo l'aveva frenata. Alla sua genitrice aveva sempre detto ogni cosa, ma parlargliene per telefono non le era sembrata la cosa giusta. Era un discorso importante, delicato e perciò glielo avrebbe detto una volta a casa, magari durante la maratona dei film strappalacrime che erano solite organizzare il mercoledì.
“Ehi.” La ragazza sussultò, notando Diego procedere verso di lei. Sapeva che avrebbe tentato di parlare con Violetta e visto che usciva proprio dal bagno delle donne, si poteva ben sperare sull'esito. “Com'è andata con Vilu?” Gli chiese, osservandolo appoggiarsi pigramente contro la parete al suo fianco. “Non riesco a sopportare di vederla in quello stato.” Abbassò lo sguardo, ma subito Diego la costrinse a risollevarlo, sfiorandole una guancia con una leggera carezza. “Mentirei se ti dicessi che va tutto bene,” soffiò, con un sorriso carico di amarezza. “Vilu è devastata, ha perso tutte le sue certezze, ma non è perduta.” Ci tenne a precisare, facendole tirare un sospiro di sollievo. Aveva più che mai bisogno di quella rassicurazione. “Si è aperta con me, mi ha confessato le sue paure e ha promesso che combatterà, ma noi dobbiamo aiutarla.”
“E lo faremo,” annuì la mora, lasciando che lui la stringesse forte a se facendole poggiare il capo contro il suo petto. “Povera Vilu, ha già sofferto tanto e...farò di tutto per starle accanto, tutto.”
“So che lo farai,” sorrise Diego, accarezzandole la schiena. “Sei un'amica meravigliosa, la migliore.” Le prese poi il volto tra le mani, facendo sfiorare i loro nasi. “Grazie al nostro sostegno ce la farà, vedrai.” Francesca si morse nervosamente il labbro, sforzandosi di ricambiare il suo sorriso. “Abbracciami Diego, ti prego.” Lui la avvolse prontamente tra le sue braccia, lasciandole un bacio sul capo. “Voglio solo che lei stia bene, solo questo.”
Fu lo stesso Galindo, dopo quelli che parvero lunghi minuti, a sciogliere l'abbraccio così da poterla guardare negli occhi. “Allora, mia bella bambolina, come vanno le cose tra Lara e il mio cognatino?” Sghignazzò, alludendo alla conversazione che sapeva la ragazza avesse appena sostenuto con i genitori e il fratello. “Più che bene,” rivelò la mora, euforica. “Non potrebbero essere più innamorati e domenica a pranzo, Luca la presenterà ai miei genitori.”
Diego fischiò ammirato, facendola ridacchiare. “Lara lo sa che sta per entrare nella tana del lupo?” Francesca si finse offesa, incrociando le braccia al petto. “Bè, non potrà mai essere peggio che affrontare tua madre.”
“Che?” Galindo era stupefatto, non si aspettava una risposta del genere, anche se in effetti non poteva darle torto, Angie era stata terribile con lei. Si lasciò perciò trascinare dalla sua ilarità, facendo poi congiungere le loro labbra. “Sei perfida.”
“Ho avuto un buon maestro,” ribattè Francesca, allacciandogli le braccia al collo. Si specchiarono l'uno nello sguardo dell'altra, sorridendosi dolcemente. “In pratica io ti ho resa perfida?” La stuzzicò, facendola scoppiare a ridere. “Se ti può consolare, io ti ho trasformato in un bravo ragazzo, perciò siamo pari.”
Diego si fece di colpo serio, poi cogliendola di sorpresa la baciò con passione. Niente di più vero. Era grazie alla Cauviglia se finalmente era diventato una persona migliore, quello che aveva sempre voluto essere e non avrebbe potuto esserle più grato. “Ti amo,” soffiò contro le sue labbra, facendola sorridere e arrossire, emozionata. “Anche io, Diego, tantissimo.” Si baciarono ancora, poi la mora tornò a fissarlo con un improvviso nervosismo. “Diego, stavo pensando una cosa...ovviamente non sei costretto, ma...mi piacerebbe che ci fossi anche tu a pranzo dalla mia famiglia domenica. Vorrei che loro ti conoscessero, ma...se non sei pronto, io...” Diego sgranò gli occhi, non se lo aspettava proprio. Per un attimo fu quasi tentato di dire di no, ma poi si rese conto che non sarebbe stato quello che voleva davvero. D'accordo, un po' la cosa lo spaventava, non era il tipo che andava a pranzo dai suoceri, però era anche vero che era cambiato tanto grazie all'unica ragazza che avesse mai amato. Ora era un Diego diverso, un Diego che voleva viversi fino in fondo la sua relazione con Francesca e perciò si, era pronto. “Aggiungete un posto a tavola,” sorrise perciò, facendola illuminare di colpo. “Oh Diego!” Lei gli avvolse le braccia al collo, euforica e Galindo subito ricambiò la stretta con il medesimo trasporto. Era felice e convinto delle sue scelte, mai prima di quel momento lo era stato tanto e il merito era tutto della sua Francesca.


Ed eccoci qui al penultimo capitolo, dopo questo solo l'epilogo :P
Allora, non mi ammazzate se non c'è stata la scena del chiarimento Leonetta, ma visto ciò che ha dovuto affrontare Vilu, la cosa sarebbe apparsa un po' frettolosa, ma nell'epilogo ci rifaremo, promesso :3
in questo capitolo abbiamo una Vilu sempre più apatica e chiusa nel suo dolore, mentre una preoccupatissima Angie viene rassicurata dal suo dolce marito Pablito, che le regala un anello awwwwww :3 nel frattempo, abbiamo due importanti confronti che riguardano Leon, il primo con Fran e il secondo con Marco, che lo fanno sentire sempre più accettato in famiglia :3 Finalmente Vilu esterna il suo dolore e lo fa con Diego, che oltre ad offrirle il suo sostegno, mostra il suo animo Leonetta *_______* infine, il nostro Galindo si dimostra una roccia anche per la sua Fran e accetta l'invito dai suoceri :3
L'unica cosa che posso fare ora è ringraziarvi, senza di voi non sarei arrivata fin qui, siete meravigliosi! Grazie! :3 ci vediamo giovedì con l'epilogo!!
besos


 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: _Trilly_