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Autore: Matrider90    26/03/2015    0 recensioni
Questa "storia" parla di un mondo post apocalittico in cui tutti, o quasi, gli apparecchi elettronici non sono funzionanti e i "sopravvissuti" sono costretti a vivere senza tutta la tecnologia a cui erano abituati. Anche le cose essenziali come l'acqua corrente non ci sono più.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino a passo svelto verso quella che da qualche anno è come una seconda casa. La chiamiamo La Serra.
Un grande capannone costruito con lo scarto di vecchi materiali, plastica per lo più. Dopo il “grande buio” la caccia e la pesca erano le uniche fonti di sostentamento, ma con il passare del tempo non erano più sufficienti a sfamare tutti i sopravvissuti che arrivavano qui in cerca di un rifugio. Fu Zelan ad avere l’idea di realizzare una grande serra dove coltivare ogni sorta di ortaggi e frutta per il fabbisogno di tutti. In soli 2 anni, grazie al lavoro di molti, abbiamo costruito un edificio di quasi un chilometro di lunghezza ed è in continua espansione. Da quel giorno Zelan è diventato il nostro capo e nonostante a lui non piaccia definirsi tale, senza di lui non saremmo stati in grado di realizzare tutto questo.
Vista la lunghezza della Serra ogni giorno, in base al lavoro, veniamo assegnati ad una mansione ed oggi a me è toccata la semina.
Allungo il passo, non voglio rischiare di arrivare tardi. Alle 5.45 esatte mi aggrego alla fila di lavoratori che devono firmare il registro delle presenze. Un uomo basso, tarchiato e con pochi capelli ai lati del capo si occupa di controllare firma ed orario di ogni singolo lavoratore che entra. Ogni minuto di ritardo equivale ad una riduzione della paga giornaliera e lui è fin troppo fiscale in questo.
Firmo il registro poco prima delle 6 e mi dirigo verso la mensa per prendere la mia “colazione”, una sbobba marrone densa che nessuno osa chiedere di cosa è fatta. Nessuno però se ne lamenta, per alcuni è anche l’unico pasto della giornata.
Mentre mangio mi dirigo alla zona della semina e ho tempo di ammirare questo immenso edificio a cupola largo 150 metri. Le pareti semi trasparenti mostrano il fiume che scorre imponente e che fa muovere giganteschi mulini ad acqua che portano il prezioso nettare in ogni zona della serra. Adoro guardali girare attraverso le parerti e quando arriva sera mostrare solo la loro ombra.
«Hei Hunter, ragazzo!» mi giro in direzione della voce e vedo Reran che mi saluta.
«Ciao Reran!»
«Forza forza, non c’è tempo per i convenevoli, c’è troppo lavoro da fare» mi dice con fare spiccio.
Sulla ottantina, lunghi capelli bianchi legati a coda di cavallo Reran ricorda una di quei vecchi saggi che si trovano spesso nei libri di fantasia.

«Va tutto bene?» gli chiedo sorpreso. Con gli anni ho imparato a conoscere questo vecchietto un po’ lunatico ma è la prima volta che si comporta così.
«Bene?! Bene?! si tutto benissimo se non conti questo tremendo mal di schiena che mi assilla» dice Reran in tono alterato. «Ahh, non diventare mai vecchio ragazzo» aggiunge sconsolato. Io sorrido e presi guanti e attrezzi mi metto al lavoro.
Come sempre il lavoro ripetitivo della semina mi fa cadere in un vortice di pensieri e ricordi che mi isolano dal mondo. Cerco di far emergere solo i ricordi belli prima del grande buio e l’immagine felice dei miei genitori si palesa davanti ai miei occhi. Sono talmente vividi che mi sembra di poterli toccare.
Passano minuti, forse ore on saprei dirlo ma ad un certo punto vengo risvegliato dal mio mondo da una mano che si appoggia sulla mia spalla...

   
 
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