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Autore: tonksnape    26/03/2015    0 recensioni
Una fanfiction per immaginare un nuovo modo di stare insieme di un Mentore e di una Accompagnatrice che non hanno più motivo per sentirsi tali, ma non hanno ancora trovato un nuovo modo di vivere con se stessi e di stare vicini senza ripetere quello che hanno sempre fatto. Haymitch ed Effie fuori dal mondo degli Hunger Games.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

 

Il mercato in un giorno di sole era davvero piacevole. Effie aveva scelto di uscire presto per non trovare troppa gente e guardare liberamente le bancarelle. Era veramente qualcosa di diverso dai negozi, dalla sfilate, dagli specchi dei camerini ai quali era abituata. Ma  la paga minima che lo Stato le passava da Panem, come profuga, non le consentiva di pensare a qualcosa di più costoso di ciò che trovava al mercato giornaliero del Distretto 12.

A Capitol City la sua casa era stata distrutta e comunque requisita dallo Stato in quanto inagibile. Aveva recuperato le cose più preziose, chiuse dentro una piccola cassaforte rimasta intatta, ma ben poco di ciò che le serviva quotidianamente. L’invito di Katniss a raggiungerla al Distretto 12 l’aveva sorpresa, ma al suo arrivo le era stato chiaro che anche Katniss e Peeta avevano bisogno, come lei, di sentire vicino i pochi amici rimasti e fidati. Johanna era rimasta a lungo in ospedale e solo da qualche settimana li aveva raggiunti.

Gale era ancora al Distretto 2, ma probabilmente gli avrebbero affidato la direzione del reparto Sicurezza al Distretto 5 che era rimasto vacante. Era di passaggio proprio per quel motivo .Un trasloco per una promozione. Era stato Peeta a raccontarlo qualche giorno fa, durante una cena. Effie non sapeva cosa fosse successo mentre la squadra con Katniss, Peeta e Gale raggiungeva Capitol City, ma da quel rapporto assurdo che li legava ne era nata una amicizia tra i due uomini che la lasciava perplessa. Katniss lasciava che fosse Peeta a tenere i contatti. Le aveva confidato, una sera davanti al camino, che il silenzio e la sicurezza che le offriva Peeta anche solo stando vicino a lei seduto sul divano la facevano sentire serena più che perdersi nei campi a caccia. Effie era grata ad entrambi per la discrezione della loro presenza: nessuna domanda, nessuna richiesta. Faceva quello che poteva per loro e riceveva quello che loro potevano darle.

Si era resa conto che al Distretto 12 quella era una caratteristica quasi di tutti. Da subito si era aggirata tra i negozi e il mercato, aveva preso contatto con gli uffici dello Stato che le avevano consentito di ricostruire i suoi documenti personali, persi nella guerra e di ricevere il sostentamento previsto. Era in attesa di capire se poteva chiedere definitivamente di rimanere nel Distretto 12. La maggior parte delle persone, anche i profughi come lei dagli altri Distretti, riconoscevano il suo volto e non facevano domande sul motivo per sui era lì o da dove venisse. Forse qualcuno parlava alle sue spalle, ma nessuno la evitava. Del resto era amica delle persone più importanti del Distretto.

Sospirò per i suoi stessi pensieri mentre sceglieva delle mele da Igor. Il vecchio contadino le sorrise come sempre, seduto nella sua sedia, mentre figli e nipoti si muovevano dietro al bancone per servire i clienti.

“Le piacciono, mia cara? Arrivano direttamente dai nostri campi.” La voce era tremula quanto le mani.

“Erano molto buone anche quelle che ho preso tre giorni fa, ma i mirtilli sono favolosi!” Effie gli sorrise con gentilezza.

“Allora ne prenda ancora, mi raccomando!”

“Buongiorno.” Una delle figlie o delle nuore di Igor era pronta a servirla. Quella bancarella le piaceva soprattutto per l’estrema cortesia di tutti i membri della famiglia. Erano corretti con i clienti, attenti a servire con il sorriso sul volto e veloci. “Cosa le posso dare oggi?”

“Dei mirtilli e delle fragole, se ci sono.”

“I mirtilli sono nostri, ma le fragole arrivano da un distretto più a sud.”

“Va bene lo stesso, grazie.”

Molti prodotti circolavano liberamente tra i Distretti  e questo dava ad Effie una sensazione di normalità, come se pur non avendo una casa potesse sentirsi a casa ovunque potesse riuscire a trovare anche solo una minima parte delle cose che a Capitol City erano considerate normali fino a qualche mese fa.

Mentre aspettava che le preparassero la frutta si guardò intorno e vide Sae arrivare verso di lei con un sacchetto di carne. Si sorrisero e Sae si fermò da lei.

“Stai rientrando oppure devi ancora fare un giro?”

Effie le fece vedere il pacchetto che aveva dentro il sacchetto di tela e iniziò a spiegarle del vestito che intendeva fare con quella stoffa. Nessuna della due si accorse del silenzio che era sceso intorno a loro finché non sentirono la voce di Rufold.

Era un ex Pacificatore, uno dei pochi che si era rifiutato di aderire al progetto di riqualificazione per entrare nel nuovo settore Sicurezza. Ne erano rimasti una decina in tutto, schedati e controllati dallo Stato, ridotti come gli altri allo stato di  profughi, ma per loro non era possibile ottenere alcuna residenza al di fuori di Capitol City. Potevano muoversi dove volevano, ma una volta al mese dovevano presentarsi all’Ufficio Centrale di Sicurezza e i loro spostamenti erano controllati. Era stato un amico di Thread e veniva spesso al Distretto 12 per rendergli omaggio. Lo faceva girando tutti i locali dove fosse possibile bere senza qualcuno che gli dicesse di smettere. Era massiccio, come la maggior parte dei Pacificatori e gli occhi erano rossi di alcool e poca cura di sé.

“Bene, mia cara.” Sapeva di viscido persino il rumore del suo respiro. Stava guardando Effie. Di solito non la vedeva neppure. “Allora sei proprio tu, avevano ragione.”

“Buongiorno.” Effie rispose con fredda cortesia, irrigidendo leggermente le spalle e il collo.

“Mi avevano detto che qui si aggirava una delle più belle accompagnatrici di Panem. Avevano ragione.” Effie sentì lo sguardo dell’uomo passarle addosso.

“Ho smesso da molto di lavorare per Panem.” La voce di Effie era decisa. O almeno così le sembrò, ma sentiva che la sua sicurezza di stava incrinando. Conosceva quel tipo di uomini e ne aveva sempre avuto paura. Cercava di rendersi invisibile ai loro occhi oppure di presentarsi come una altezzosa rompiscatole e la sua fama di antipatica finta aristocratica le era stata utile in tante occasioni. C’era poi talmente tanta gente a Capitol City che era facile far perdere le tracce tra la folla e casa sua era sempre controllata.

“Peccato mia cara. Eri una accompagnatrice tra le più piacevoli che ho incontrato. Si potrebbe parlare di tradimento.” Lo sguardo di Rufold divenne meno viscido e più freddo. “Manchi di lealtà, carina .” Si passò a lingua sulle labbra con evidente piacere.

“Sono sempre leale con il mio Stato.” Effie sentiva il sudore correrle sulla schiena. Le faceva davvero paura stare così esposta, in mezzo alla gente, davanti ad un uomo evidentemente pronto a diventare aggressivo. Sentiva che tutti erano fermi in attesa di capire cosa sarebbe successo. Era quasi certa che l’avrebbero protetta in qualche modo, ma quello era pericoloso. Sae le si era avvicinata ancor di più.

“Allora sei ancora una buona accompagnatrice?” Le chiese sollevando un sopracciglio. Il doppio senso di quella parola per Effie evidente e tagliente. Sentì le lacrime salirle agli occhi. Sapeva come fare con uomini come quelli a Capitol City, tanto tempo fa, forte del suo ruolo e della sua fama. Ma lì al mercato era solo una donna sola insultata da un uomo grande e grosso. Aveva paura. Doveva pensare a cosa dire per andarsene di lì con il minor danno. Poi poteva rimanere in casa fin quando lui rimaneva in zona.

Sentì la mano di Sae stringere la sua e subito dopo la voce di Haymitch.

“Rufold.” Era una voce di ghiaccio.

Rufold alzò lo sguardo dal corpo e dal viso di Effie e vide avvicinarsi Haymitch, alle spalle della donna.

Anche Effie lo sentì arrivare, come un muro solido che si alzava dietro di lei. Lo aveva osservato molto in quelle settimane e sapeva che, per combattere il desiderio della bottiglia, aveva ripreso, con fatica, ad occuparsi del suo corpo e del suo tempo con esercizi e corsa. Peeta era un allenatore feroce, dato che anche a lui serviva prendersi cura del suo corpo e del suo tempo per prendersi cura della mente. Insieme sistemavano i giardini e le case del Villaggio dei Vincitori che ancora erano in piedi, oltre ad aiutare chiunque ne facesse richiesta.

“Salve Haymitch. Vedo che hai cambiato stile di abbigliamento.” Rufold aveva la solita divisa bianca candida da Pacificatore, anche se erano state tolte le insegne del Governo mentre Haymitch si era dedicato con Peeta a sistemare una finestra e una grondaia quella mattina e indossava pantaloni di tela grossa e grezza e una maglia arrotolata sulle braccia.

“Non passo da un po’ a Capitol in effetti. Quando verrò chiamato a riferire al Presidente mi aggiornerò.” Tanto per chiarire chi è vicino a chi, pensò Haymitch senza distogliere lo sguardo. “Hai finito il tuo viaggio in zona?” Vediamo se capisci cosa dovresti fare, amico.

Rufold rimase in silenzio per un attimo. Anche se con un po’ di alcool in corpo sapeva capire quando un potenziale avversario era grosso quanto lui e altrettanto forte. E sobrio. E allora?

“Non proprio. Speravo di recuperare qualche vecchia amicizia.” Un po’ di sfrontatezza non era male. Guardò Effie.

“Ben per te. Spero che ti rivedano volentieri da queste parti.” Haymitch appoggiò con leggerezza una mano sulla schiena di Effie trasmettendole un po’ di calore. Senza rendersene conto però il suo gesto rendeva Effie più fragile tanto che la rigidità del suo corpo si trasformò in un leggero tremito, come se fosse stata colpita da una ventata di aria gelata. “Bene, buona giornata. Noi torniamo a casa.” Tanto per chiarire che stai cercando di pescare nel torrente di un altro. Haymitch fece un cenno di saluto e con la mano che aveva ancora sulla schiena di Effie la spinse leggermente per portarla fuori dal mercato. Sentiva Effie tremare vicino al suo corpo. Sae rimase la loro fianco.

“Tieni duro ancora per qualche metro, dolcezza, poi puoi lasciarti andare. Non ti mollo, tranquilla.”

Aveva parlato sottovoce senza guardare Effie, osservando invece il movimento della gente attorno a lui che sembravano spostarsi alle sue spalle come a chiudersi in uno scudo protettivo tra loro e quella specie di scimmione.

Appena usciti dal mercato si allontanarono dalla zona centrale passando attraverso uno stretto vicolo tra due case, fino al prato che si stendeva attorno al paese. Haymitch a quel punto si fermò e afferrando Effie alle braccia le si mise di fronte per guardarla in volto.

Effie vide la leggera striscia di calce che gli segnava la guancia e i capelli striati di polvere bianca. Poi la maglia macchiata e i pantaloni strappati.

“Non dovresti venire al mercato conciato in questo modo.” La voce tremava come quella di Igor.

Haymitch pensò per un attimo di darle una schiaffo per farla tornare in sé.  Le strinse invece le mani attorno alle braccia. “Cosa diavolo ti preoccupi di come sono vestito!?”

“Non imprecare.” I denti di Effie non riuscivano a fermarsi.

Haymitch prese un profondo respiro. “Adesso torni a casa con me e fai qualcosa che ti rilassi. Uno dei quei bagni profumati che impestano l’aria ad esempio, poi parliamo di cosa fare per evitare di trovarti di nuovo con quello scimmione.”

“I miei profumi non impestano l’aria.” Gli occhi erano pericolosamente vicino alle lacrime, rossi e lucidi.

Anche Haymitch li aveva notati e si trattenne dal confermare che avendo condiviso per anni e anni lo stesso treno e lo stesso Centro di Addestramento sapeva esattamente quale profumo usciva dalla sua stanza ogni volta che ci passava davanti. Non tutti i profumi erano impossibili, anzi ce c’era uno in particolare che aspettava di annusare con molto piacere. In qual momento preferì incamminarsi, sempre tenendole il braccio, verso il Villaggio dei Vincitori. Sae rimase con loro e proseguirono in silenzio finchè Effie inizio a parlare a scatti, con il respiro accelerato, come se le mancasse l’aria.

“Non credo di interessargli poi molto. Una volta mi ha proposto di uscire a Capitol City, ma mi sono trovata una scusa di lavoro e poi non ha più insistito. Forse non si ricorda neppure quanto sono antipatica. Oppure vuole solo dare fastidio a te. Si diceva in giro che non voleva che tu fossi circondato da tante donne solo perché avevi vinto uno stupido torneo. Potrei provare a parlarci per…”

“Effie, piantala di blaterare per cortesia. Dai fastidio.”

“Sto cercando di trovare una soluzione, se permetti.” Ancora le lacrime, ma questa volta stavano già scendendo sul volto. “Non come te che ti limiti a tirarti via dai problemi.”

“Effie, piantala.” Le strinse la mano attorno al braccio. “Stai parlando a casaccio e stai dicendo stupidaggini.”

“Non insultarmi!”

“Se volessi insultarti, tesoro mio, ti darei della stupida e dell’ingenua se pensi davvero di sistemare la situazione con quello parlandoci. Ma ne parliamo quando sarai meno spaventata.”

“Non sono spaventata!” La voce tremava, ma Effie non poteva permettersi di farsi prendere dalla paura. Era sola e doveva trovare una soluzione da sola. Haymitch era una certezza solo per se stesso. Era freddo, distante e acido. Egoista e incapace di fare qualcosa insieme agli altri. Dannatamente bello, nonostante tutto.

“No!” Effie stava cercando di non pensare quello che stava pensando e aveva urlato più di quanto voleva. Haymitch lo prese come un ulteriore segno che stava dando di matto. Per fortuna il cancello era davanti a loro.

“Vado da Katniss e preparo il bagno.” Erano le prime parole di Sae dal mercato.

“No!” disse di nuovo Effie con lo stesso tono. “No, non posso stare così con gli altri.” Guardò Haymitch quasi con terrore. “Devo stare sola, non posso farmi vedere così fuori di testa.”

Autocontrollo, rispetto delle regole sociali, comportamento cortese e formale. Erano i pilastri portanti dell’equilibrio di Effie, Haymitch lo aveva imparato negli anni. Lui era tra i pochi che riuscivano a farglieli saltare. Mai tutti insieme, ma con lui alzava la voce, lo insultava e qualche volta erano volati oggetti in sua direzione, spesso fragili e con una buona mira. In quel momento nessuno di quei pilastri stava tenendo e quindi Effie non sarebbe mia riuscita a stare insieme ad altre persone. Tranne forse lui. Avevano visto il peggio di entrambi. A dire il vero Haymitch si rese conto che non l’aveva mai vista così stravolta. Anche quando era arrivata al Distretto 13, senza casa, costretta a vedere quello che aveva solo intravisto nei Tour tra i Distretti, sola con se stessa. In quel momento gli era apparsa quasi matta, fuori dalla realtà, non sconvolta.

“Allora vieni da me. Sae portala a casa mia e aiutala a prepararsi per un bagno, Bollente. Le ha sempre fatto bene. Io passo da Katniss e le prendo quello che serve.”

“Non sai quello che mi serve.” Voce tremante. Effie chiuse gli occhi sperando di riuscire a riprendere un po’ di autocontrollo.

Si girò verso di lei e le prese il volto tra le mani. “So esattamente cosa ti serve, tesoro. Vai a casa mia, mettiti a mollo e al resto penso io, ok? Sai che ti conosco più di chiunque altro, qui. Potrai comunque sgridarmi quando starai meglio.” Aveva un tono basso, lento, quasi ipnotico e gli occhi fissi nei suoi. Effie fece un piccolo segno di assenso con la testa, cercando di dire qualcosa, ma la voce non usciva. Haymitch le mise un dito davanti alla bocca per bloccare ogni tentativo di dialogo. “Fai quello che dico io, per favore. Ne so più di te di come gestire il  terrore.”

“Io non bevo.” Gracchiò Effie.

Haymitch le fece un sorriso un po’ storto. “Cercherò di ricordarmelo. Vai.”

  
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