Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Thingsthinker    26/03/2015    2 recensioni
Rinuccio e Nina crescono fra la polvere e il dialetto cattivo di un quartiere poverissimo alla periferia della città.
Le ragazze si sposano a sedici anni e se qualcuno le tocca prima è dovere dei familiari ammazzarlo di botte.
Nina è la più brillante della sua classe; lo sanno tutti che scapperà da quel posto appena possibile e cambierà il suo destino.
Rino nel suo destino ci sta già dentro fino al collo, lo vive tutti i giorni quando si alza e va al cantiere; dodici anni, la pelle bruciata dal sole, le braccia forti - perchè devi essere forte, per fare il muratore.
Non potrà mai averla e lei non potrà mai avere lui.
Forse.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rino ha imparato a memoria la disposizione dei tavolini, l’orario di alcuni clienti, il clangore delle tazzine gettate nel lavandino. Ha imparato una nuova lingua nello stesso modo in cui ha imparato come la gente non parli forte, come gesticoli poco, come abbia più spesso un ombrello che una giacca. Ai cambiamenti ci si abitua e trovare lavoro al Coffee Corner, vicino Brick Lane, è stato un vero e proprio colpo di fortuna.
Di giorno lavora molto, di notte si chiude nel bilocale in Marlow Street e studia. Legge. Ha pensato a lungo a questa scelta, e dopo mesi di riflessioni ha deciso che la cosa che gli riusciva meglio era difendere i poveri e gli indifesi, quindi perché non farne un mestiere? Gli hanno detto che “l’avvocato dei poveri non guadagna niente”: di solito risponde che l’avvocato dei poveri, se è povero pure lui, è anche meglio.
Studierà un anno per diventare “barrister”, così li chiamano a Londra, per corrispondenza e frequentando saltuariamente dei corsi al college vicino. Poi, se tutto va bene, farà un anno di apprendistato presso un altro avvocato.
E’ un progetto impegnativo eppure Rino, per la prima volta nella sua vita, sente che sta facendo una cosa dannatamente giusta.
Al lavoro è svelto ed efficiente, dopo cinque mesi di soggiorno parla un’inglese fluente che arricchisce con espressioni dialettali, divertendo i suoi colleghi che provano a ripeterle. Il giovane bell’italiano con i ricci bruni e gli occhi azzurri è ormai parte del Coffee Corner tanto quanto i poster dei Rolling Stones alle pareti.
Lavora di giorno, studia di notte, legge quando ha tempo per arricchire la sua cultura davvero minimale, e poi... beh, poi c’è Hailey.
Hailey è la novità tra le novità. Con gli enormi occhi verdi come una bandiera nel giorno di St. Patrick, i ricci rossi e le migliaia di efelidi sul volto, è l’incarnazione vivente dell’Irlanda del Sud. E’ una ragazza alla mano, con una determinazione ferrea ma una mente poco incline ad accettare opinioni diverse dalle sue. Una volta lei e Rino hanno litigato riguardo i genitori di lei, e Hailey gli ha rovesciato una birra in testa. E’ semplice, Hailey, estremamente semplice: ride quando è felice, piange quando è triste, quando è arrabbiata corruga le sopracciglia inesistenti. Semplice, ma prevedibile. Le cose con lei vanno bene, persino meglio di quello che si sarebbe aspettato.
Tutto sta andando meglio di quanto si sarebbe aspettato.
 
E allora perché Rino quella mattina si alza, e deve scrivere? Non scrivere in generale, non è uno scrittore, lui; deve scrivere a qualcuno di preciso.
Perché sente che ha bisogno del suo odore? Gli sembra un bisogno istintivo, irrazionale. Lo è.
Eppure si alza, si siede al tavolino di lamiera illuminato dalla luce grigia del pallido sole della periferia di Londra. Prende carta e penna. Guarda Hailey, i ricci color carota sparsi sul cuscino, il corpo bianchissimo fra le lenzuola, e sente una fitta di senso di colpa. Ha ancora sulla pelle ambrata l’odore di quella di lei, delicata e algida.
Non stai facendo nulla di male. Stai solo scrivendo una lettera.
Ecco ciò che sta facendo. Mentre scrive, Rino si mantiene distaccato, freddo. Tenta di mantenere una sorta di gentilezza cordiale così poco da lui, una gentilezza un po' finta che nei loro discorsi non c'è mai stata. Ma sono cinque mesi che non si vedono, e non ha nessuna intenzione di aprirsi con lei, se poi lei non lo farà. Ma prova nei confronti di Nina, della brunetta molto più che corpo e cervello, una profonda gratitudine.
Poi chiude la busta, sospira, esce nel rigido freddo inglese e la imbuca nella cassetta delle lettere più vicina, dopo aver comprato in tutta fretta un francobollo.
Si pente nel momento stesso in cui le sue dita mollano la busta e quella piomba nella cassetta insieme alle altre.
Oh-oh. Troppo tardi.
 
Cara Nina,
ti fai ancora chiamare così? O ormai, all’università, tutti ti chiamano Giovanna?
Qui in Inghilterra le ragazze che studiano Letteratura sono tutte occhiali, casa e chiesa. Mi hanno chiesto se fossero così anche in Italia, ma io ho detto di no, perché io conosco solo te, e tu non sei così. Almeno, cinque mesi fa non lo eri.
Cinque mesi. A dirlo non sembra vero. Il grigio dell’Inghilterra a volte sbiadisce persino il sole e la polvere del rione.
Mi manca il sole dell’Italia. A Londra il cielo è grigio tutto il giorno, tanto che a volte la notte sembra luminosa; però è… ordinata. Già, ordinata. Molto più del quartiere, o di tutto il paese.
I Londinesi amano solo tre cose: la Regina, la birra e il rugby. Hanno davvero una regina. E’ una vecchietta con una faccia simpatica: niente a che vedere con quelle storie di re britannici che tagliavano la testa alle mogli.
Lavoro nel solito Caffè e studio da avvocato. Voglio poter difendere chi non si difende da solo. Lo so che al quartiere dicevamo che gli avvocati erano delle sanguisughe, ma dicevamo così tante stronzate che non mi preoccupa.
Come va la vita?
Roma deve essere bella, molto. Tra un paio di mesi, a Marzo, dovrei tornare per un breve periodo. Vorrei passare a salutarti nella Grande Capitale, se non ti dispiace.
Del rione che mi dici? Ho saputo che Paolo ha sposato Teresina. Strana cosa, strana davvero. Ho sempre pensato che paolo fosse… diverso. E i tuoi fratelli, come stanno? Lella, Peppe, Mario e la piccola Rosa. Mia madre mi ha detto che è brava a scuola quasi come eri tu.
Ti devo ringraziare, Ninetta. Perché è grazie a te se sono qui. Mi sembra ieri che stavamo nello scantinato di Giulietta e mi facevi l’alfabeto davanti gli occhi. E’ passato così tanto tempo, probabilmente quando torno mi troverai cambiato. Però, se non fosse stato per te, starei ancora a fare il muratore.
Grazie, Nina, per avermi dato la possibilità di volare via.
Mi mancate tutti.
Con affetto,
Rino
 
 
***
 
Roma ha un fascino disordinato, una bellezza per niente funzionale che ammalia Nina ogni giorno di più. Secoli di arte e bellezza accumulati uno sopra l’altro che danno vita ad un puzzle sconnesso e ancora più bello, ancora più segreto, perché non potrai mai vederlo chiaramente.
Nina ama Roma quasi quanto ama l’università. Dell’università ama i corridoi luminosi, la grande statua nel giardino, l’immensa biblioteca dove ogni giorno lascia un pezzetto della sua anima. Ama la mensa e l’ombra degli alberi, la fontana e le grandi aule. Ma soprattutto, dell’università, Nina nota le persone.
I professori eccentrici, scrittori o filosofi mancati che vogliono far pagare a chiunque il loro mancato successo. I figli dei ricchi, per cui la quota è così bassa che posso permettersi di ripetere l’anno due o tre volte.
Nina spende le notti immersa fra grandi scrittori, china sulla scrivania sommersa da enormi tomi ingialliti, mentre nell’altra stanza sente le focose notti d’amore della sua coinquilina. Tempo prima, se non aveva un esame il giorno dopo, si vendicava e portava a casa Lorenzo.
Lorenzo era tutto ciò che Nina avrebbe mai potuto desiderare. Altissimo e misterioso, con i capelli biondastri, come se avessero il colore del sole ma fossero oscurati.
La chiamava sempre Giovanna, elogiava la sua intelligenza e la esortava a sfruttarla e a “renderla tridimensionale”. Per lui, il tempo impiegato a studiare era sprecato. E la sua era una battaglia sempre in atto, sempre a scontro diretto; suo padre era il professore di filosofia di Nina, e i due non sono mai andati d’accordo. Lorenzo aveva cominciato l’università per laurearsi in Storia dell’Arte, ma aveva mollato, perché il suo sogno era diventare cantautore.
Estremamente colto, incredibilmente brillante, con un sorriso ammaliatore e il dono del “bel parlare”: lo stesso che aveva anche Nina. Solo che Lorenzo, sulla vastità degli argomenti, la batteva decisamente.
Nina sorride e il suo cuore si inacidisce. Il volto da angelo vendicatore di Lorenzo ora le suscita solo fastidio, e un odio più profondo, una vergogna intensa per l’amore che ha provato, una disapprovazione estrema per il guaio in cui si è andata a cacciare.
 
Nina si alza quel giorno e le sembra di svegliarsi in un corpo che non le appartiene. Trova la forza di muovere un passo dopo l’altro, finché non crolla su una delle sedie del tavolo della cucina.
Una ragazza bionda e sottile le poggia davanti una tazza bollente di caffè nero.
- Non credi faccia male? – chiede Nina. Marta, la sua coinquilina, scrolla le spalle.
- Il caffè è la soluzione a tutti i mali. Ah, è arrivata una lettera per te. –
Nina alza gli occhi sulla ragazza e le sorride riconoscente. Leale, fidata, con la battuta pronta, la coinquilina pugliese studentessa di Fisica Astronomica è stata una delle persone migliori che Nina abbia incontrato durante la sua vita.
La cui lista, dopo la brusca eliminazione di Lorenzo, si è ristretta a due soli nomi, Marta compresa.
Nina prende la busta, e il francobollo inglese le fa tremare le mani.
- Cazzo. – mormora.
Marta la guarda assorta mentre Nina legge, divorando il contenuto della lettera, scritta in una grafia sottile ma chiara.
- E’ lui, vero? – dice la bionda, portando alle labbra un cornetto di un paio di giorni prima.
- Lui chi? –
- Ti brillano gli occhi. Ma si, dai, quel ragazzo del tuo quartiere. Ti brillano gli occhi come sempre quando parli di lui. –
Nina arrossisce, poi si prende la testa fra le mani. Quando guarda di nuovo Marta, gli occhi scuri sembrano enormi, due pozzi neri nel bianco cinereo del volto.
- Vuole venire. Non posso farmi vedere da lui in questo stato. Faccio pena. Ho fallito, Marta, ho fallito in tutto. –
- Non dirlo. Non dirlo nemmeno per scherzo. –
Prova a consolarla, senza successo. Nina si mette a braccia conserte e fissa fuori dalla finestra, osservando le finestre di fronte. Chissà come vivono, quelle persone. Chissà se sono tristi, o felici, se gridano di rabbia o piangono di gioia. Chissà quanto le loro vite sono diverse da quella di Nina.
Marta la saluta e esce velocemente.
Nina indugia per un quarto d’ora, prende tempo. Poi si dice che tanto, prima o poi, lo sapranno tutti, quindi meglio cominciare subito.
La ragazza raccoglie i capelli, prende una penna, e comincia a scrivere alla persona numero uno della sua lista. Lascia subito cadere quella sorta di gentilezza formale con cui le ha scritto lui: Nina è una scrittrice e può scegliere diversi stili. E scrive come si sente: scrive diretto, schietto ma fragile.
 
Caro Rino,
non sai quanto vorrei dirti che va tutto bene. Ma sono così patetica che non riesco a mentirti nemmeno via lettera.
Comincerò parlandoti degli altri, perché non voglio sembrare egoista – anche se in realtà sappiamo tutti e due che un po’ lo sono.
Lula ha avuto la bambina. Quel pezzo di merda di Sandro non è stato molto contento, ma ho parlato con Teresina e lei mi ha garantito che se dovesse diventare troppo violento ospiterebbe lei Lula e la bambina – l’ha chiamata Maria – per qualche giorno.
Riguardo Paolo e Teresa, la situazione è un po’ delicata. Preferirei parlarne quando ci vediamo.
Mia sorella Lella si è fidanzata con quello che gestisce la sala giochi, sai, quello che finanzia gli incontri di lotta. Non ho nemmeno provato a dirle che erano soldi sporchi, sai com’è fatta. Basta che somiglino ai soldi, ed è fatta.
Ma quella che sta messa peggio di tutti, Rino, sono io.
Mi credevo tanto brava. Tanto intelligente, tanto studiosa: credevo che bastasse questo a far di me la persona che volevo diventare, credevo che bastasse a farmi diventare una bella persona. Quanto sono stata stupida, se ora ci penso voglio piangere.
Lo so cosa stai pensando, e hai ragione: torno sempre a piangere da te. Ma forse è perché non mi piace farmi vedere debole dagli altri. Di te mi fido, ma se non vorrai vedermi, dopo tutto quello che ho fatto, ti capisco.
Però lasciati chiedere di tornare, per favore, anche solo per un giorno.
Mi basterà vederti un giorno.
Ho probabilmente rovinato la mia vita, e ho bisogno di te. Ho bisogno di vedere che almeno una, delle cose a cui tengo, è rimasta salda. Ho bisogno che tu mi illustri come sono veramente le cose.
Io pensavo di andare bene e ho sbagliato tutto; tu che sei sempre stato buono, onesto, coraggioso, tu sei davvero volato via. Però ti chiedo di tornare, solo per poco.
Ho bisogno di te, Rino.
Ti prego, torna.
Con affetto,
tua
Nina
 
***
 
 
Cara Nina,
parto domani mattina. Sarò in Italia per la sera, ci vediamo dopodomani.
Arrivo, non piangere.
 

 
 

(ORA STARO' MOLTO ATTENTA A NON SPOILERARE)
Lo so, lo soh. Sono in imperdonabile ritardo.
Ma sono stata molto presa da altre cose, tra cui un nuovo abbozzo di LONG chiamata Newcastle's Kids (se volete passare, mi fate felice! ^_^)
Questo capitolo è stato tosto. L'ho riscritto da capo almeno cinque volte, e non sono pienamente soddisfatta del risultato. Spero non abbia fatto calare la vostra opinione della storia. Siete fantastiche, davvero, soprattutto voi che lasciate delle bellissime recensioni :)
Vi invito ancora a farmi notare eventuali errori o passaggi che non vi sono piaciuti molto (con una ragione, però)
Vi amo tanto tanto
Lee
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Thingsthinker