Serie TV > JAG
Segui la storia  |       
Autore: germangirl    27/03/2015    6 recensioni
Harm, Mac, un bimbo in arrivo e una telefonata da Washington.
Ovvero: la vita e le sue imprevedibili conseguenze.
Seguito di “Tutta colpa del lago dorato”
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Matilda 'Mattie' Johnson, Sarah 'Mac' MacKenzie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3. Tom Johnson

 

Il giorno successivo Harm si recò in ospedale nel primo mattino. La situazione purtroppo non era cambiata rispetto alla sera precedente. Trascorse alcuni minuti al capezzale di Mattie e le raccontò di San Diego, del suo lavoro alla base Nato, della gravidanza di Sarah e di quanto sarebbe piaciuto loro che lei li andasse a trovare appena fosse arrivata la sua sorellina o il suo fratellino.

Non poteva fare molto per aiutare quella ragazzina dal punto di vista medico, pertanto la lasciò nelle sapienti mani del personale sanitario. Però indubbiamente poteva intanto cercare suo padre. La sua licenza non gli permetteva di perdere tempo. Per prima cosa noleggiò un’auto, così da potersi muovere per la città in modo indipendente. Partì dal magazzino dove Tom lavorava e lì alcuni colleghi gli dissero che non lo vedevano dal giorno dell’incidente. Rabb temeva di sapere dove avrebbe potuto trovare Johnson: la tragedia che aveva colpito sua figlia doveva aver rappresentato un terremoto devastante per il suo fragile equilibrio, faticosamente raggiunto dopo mesi di disintossicazione. E la tentazione di cercare rifugio nell’oblio dell’alcol doveva essere stata irresistibile.

Washington offriva una scelta decisamente troppo ampia di bar e locali e le chance di individuare immediatamente Johnson erano scarse. In ogni caso, Harm non voleva nemmeno che Mattie si svegliasse da sola in quel letto di ospedale, senza un volto amico accanto a sé. Decise dunque di ritornare a Blacksburg e di dedicarsi a quella ragazzina.

Mangiò un sandwich al volo, rigorosamente vegetariano, nel bar dell’ospedale e si avviò di nuovo verso il reparto di terapia intensiva. L’infermiera Wilson lo riconobbe e lo accolse con un sorriso: “Venga, signor Rabb, i parametri vitali di Mattie stanno dando segnali incoraggianti!”

Harm si precipitò nella camera e si sedette di nuovo accanto al letto. Le prese una mano e le parlò con dolcezza: “Andiamo, Mattie, sono qui con te. Prova ad aprire gli occhi, forza…”

I monitor indicarono un cambiamento dell’attività cerebrale per alcuni minuti, poi ritornarono di nuovo alla loro calma piatta. Harm sospirò.

“Signor Rabb, deve avere pazienza. Vedrà che si sveglierà appena sarà abbastanza forte da farlo. Il corpo umano segue dei percorsi non sempre spiegabili scientificamente e ha i propri tempi” lo consolò il dottor Daniels. Harm non si era nemmeno reso conto che il medico fosse entrato nella stanza. “Possiamo comunque essere moderatamente ottimisti. Sta facendo piccoli progressi ogni giorno e questo è un buon segno. Dovremo però prendere delle decisioni appena vedremo quali saranno le sue effettive condizioni al risveglio. Dalla cartella clinica della signorina Johnson sappiamo che la madre è deceduta anni fa e non abbiamo più visto suo padre. Lei ha la tutela legale?”

Harm scosse la testa. “Sono stato il tutore di Mattie quando suo padre si stava disintossicando, ma da un po’ si era rimesso in riga e aveva ripreso il suo ruolo genitoriale. Lo sto cercando anche io, ma finora non ho avuto successo.”

“Capisco” fu l’unico commento del medico. Poi riprese: “Se trova il signor Johnson, gli dica di contattarmi quanto prima” Detto questo, si congedò e uscì dalla stanza, lasciando Harm in compagnia dei suoi pensieri e del beep emesso dai macchinari che monitoravano lo stato di Mattie.

 

Nei due giorni successivi l’unico cambiamento fu rappresentato dalla telefonata che Harm ricevette dal suo superiore. Questi gli concesse di rimanere a Washington solo a patto che si fosse appoggiato alla base Nato della capitale per poter riprendere quanto prima a lavorare da lì. Si organizzò con la sua assistente affinché gli inviasse i fascicoli dei casi di cui si stava occupando e si mise in contatto con un collega per attivare in poche ore una postazione con una scrivania, un telefono e una presa per il suo portatile. Non era certo il massimo, ma questo almeno gli permetteva di stare accanto a Mattie. Era preoccupato anche per sua moglie, ma ogni sera parlavano a lungo al telefono e lei stessa gli aveva ricordato che il suo posto al momento era accanto a quella ragazzina. Sarah era un marine e se la sarebbe cavata anche al settimo mese di gravidanza. E comunque non sarebbe stata da sola nell’assolata San Diego: avrebbe sempre potuto contare su Jennifer e sui Burnett.

Il resto della settimana trascorse in modo frenetico. Harm sfruttava le tre ore di differenza di fuso orario per rimanere con Mattie la mattina e lavorare la sera fino a tardi, per poi farsi qualche giro nei bar alla ricerca di Tom Johnson, riducendo drasticamente le ore di sonno.

Quando ormai stava per perdere le speranze, finalmente lo individuò in un locale squallido in cui l’odore acre di liquori di pessima qualità si mischiava a quello di sudore e di fumo, creando una combinazione vomitevole che colpì Harm come un gancio destro sferrato violentemente alla bocca dello stomaco, togliendogli quasi il respiro. Tom Johnson era seduto al bancone e con sguardo vacuo fissava il bicchiere contenente un liquido ambrato. Harm riuscì a stento a trattenersi dal prenderlo a pugni. Gli si sedette vicino, gli mise una mano su un braccio e gli disse: “Johnson, hai bevuto abbastanza. Andiamo, vedi di fare il padre almeno per una volta nella tua vita”

“Ah, guarda chi è arrivato… il comandante Harmon Rabb, il cavaliere puro dall’armatura scintillante… ma chi ti credi di essere, eh? Vieni qui e pretendi di darmi lezioni su come si fa il genitore…” gli rispose con una voce strascicata, la lingua impastata da chissà quanto alcol e gli occhi iniettati di sangue.

“Mattie ha bisogno di te, Tom” riprese Harm.

“E’ ancora in coma?” gli chiese, tenendo lo sguardo basso.

“Sì e le serve suo padre” replicò Rabb, tentando di controllare la rabbia.

“Io non sono di nessuna utilità” ammise Tom. “Non sono in grado di aiutarla, Rabb. Guardami, sono un completo fallimento” aggiunse, abbassando il tono della voce.

“Johnson, Mattie ha bisogno di suo padre, ha bisogno di qualcuno che la aiuti a risvegliarsi. Non puoi abbandonarla adesso” cercò di nuovo di convincerlo, ma Tom scosse la testa e lo interruppe: “Se ci tieni tanto, è tutta tua, Rabb. E ora vattene e lasciami in pace, voglio finire il mio whisky”

Harm lo guardò per pochi secondi, poi si alzò e si allontanò, sconfitto. Sentiva tutta la stanchezza di quei giorni pesargli sulle spalle come un macigno. Appena fuori da quel sudicio bar, prese un respiro profondo e cercò di ripulire polmoni, cuore e cervello dalla schifezza che aveva respirato. L’aria fresca lo aiutò a far chiarezza nella sua mente e capì che gli rimaneva solo una cosa da fare: parlare con sua moglie, con la roccia della sua vita.

La consueta telefonata serale con Sarah fu più lunga del solito. Sin dal tono della voce con cui l’aveva salutata, Mac si era resa conto che c’era qualcosa che non andava.

“Harm, è successo qualcosa a Mattie?” gli chiese preoccupata.

“No, non è cambiato niente… è ancora in coma. Ma ho rintracciato suo padre. Mac, lui…” sospirò. Non riusciva a capacitarsi di come un genitore potesse rinunciare a una figlia. Lui non lo avrebbe mai fatto. Scosse la testa e riprese: “Se ne è lavato le mani, Sarah”

Da ex alcolista, Sarah poteva comprendere almeno in parte lo stato d’animo di Johnson, il suo senso di fallimento e di inadeguatezza. Ma da quasi mamma sentiva che non avrebbe mai potuto abbandonare la sua creatura. E quella ragazzina le faceva una gran pena: il destino si era accanito fin troppo contro di lei.

“Harm, dobbiamo prenderci cura di lei. Possiamo avviare le pratiche per richiederne la custodia legale. Te l’hanno concessa quando eri da solo, vedrai che adesso che siamo sposati sarà più semplice. Puoi rivolgerti a Bud affinché ti rappresenti in Tribunale, sono sicura che sarà più che felice di aiutarci” disse Sarah, con un tono di voce dolce ma deciso.

Il marine e la moglie erano entrati in azione!

Harm chiuse gli occhi per trattenere le lacrime e formulò una silenziosa preghiera nella sua mente, ringraziando il cielo per avergli donato una donna straordinaria come Mac.

“Hai idea di quanto ti amo?” le disse sottovoce, temendo di svelare quanto le parole di sua moglie lo avessero commosso.

“Mai quanto ti amiamo io e tuo figlio” gli rispose Sarah, accarezzandosi la pancia in un gesto che ormai le era diventato spontaneo.

“O mia figlia” replicò Harm.

 

Nota dell’autrice

Harm è riuscito a trovare Johnson, ma quest’ultimo non ha intenzione di occuparsi di sua figlia. Fortunatamente, dalla costa occidentale del paese arriva la soluzione: saranno i coniugi Rabb ad accogliere Mattie nella loro famiglia.

Ora basta solo che si svegli…

Grazie per aver letto anche questo capitolo!

Al prossimo,

Deb

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > JAG / Vai alla pagina dell'autore: germangirl