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Autore: The Galway Girl    27/03/2015    1 recensioni
Gabrielle vive nella Parigi del fine 1800, è una ragazza semplice con un grande sogno: ballare al mitico Moulin Rouge. Un sogno impossibile, finché una scoperta (e un piccolo ricatto) la aiuterà a realizzarlo. Sarà così bello come se lo è sempre immaginato?
Genere: Commedia, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo tre


La mamma ed io abbiamo passiamo il resto del pomeriggio a cucire insieme, o meglio lei ha rammendato cinque abiti, io sono riuscita a cucire quattro centimetri di pizzo sul vestito della signora Boulin pungendomi un'infinità di volte con l'ago e strillando a più non posso sotto le risate di divertimento di Coralie.

Ora ho proprio bisogno di un po' di svago, è sabato sera, la mamma non lavora, Coralie è già a letto e io ho veramente, disperatamente bisogno di uscire a schiarirmi le idee.

Decido che la cosa migliore da fare è andare a trovare Elyse così, avvisata la mamma esco. L'aria è fresca, ha smesso di piovere, e lascio che la luce della luna guidi i miei passi.

La mamma era un po' stupita che io volessi andare di nuovo dalla mia amica, mentre la informavo mi sono del tutto scordata che stamattina Elyse è stata il mio alibi per il fallimento del Moulin, così le ho detto che volevo assolutamente raccontarle del meraviglioso pomeriggio che abbiamo passato insieme.

L'ho lasciata decisamente spiazzata e sicuramente è convinta che io abbia perso qualche rotella.

Non so bene di cosa parleremo, ormai le nostre conversazioni hanno sempre lo stesso soggetto: il suo rivoltante marito e la sua eccitante vita matrimoniale.

Arrivo a casa sua e busso energicamente alla porta. Aspetto qualche istante, do altri due colpi, ma non ricevo risposta.

Ottimo, Elyse dev'essere uscita, si sarà recata a una delle sue solite cene eccitanti con altre coppie eccitanti, che non mancherà certo di raccontarmi nei minimi dettagli la prossima volta che ci incontreremo.

Decido allora di continuare a camminare fino alla riva della Senna e di guardare la luna riflessa nell'acqua, è una cosa che trovo estremamente rilassante, ed è proprio quello di cui ho bisogno.

Ho fatto appena un paio di passi quando una figura aggrappata ad un lampione attira la mia attenzione. Mi sembra familiare. Metto a fuoco cercando di capire e la riconosco.

< < Zia Clementine! Zia Clementine! > > urlo a pieni polmoni.

La figura si ridesta guarda verso di me e mi risponde < < Ah! Gabrielle!! Ma cherie, come stai? > > dice venendo verso di me.

Barcolla pericolosamente e ne deduco che dev'essere alticcia come suo solito.

La zia mi abbraccia e mi da un bacio sulla fronte, e dall'odore che emana direi che non è alticcia, è decisamente ubriaca.

< < Allora come sta la mia nipote preferita? > > mi chiede in tono strascicato.

< < Insomma,così così > > le rispondo alzando le spalle.

< < Come mai da queste parti? > >

< < Ho passato tutto il pomeriggio a cucire con la mamma e mi serviva un po' d'aria. > >

< < Oh, sacre bleu, non dirmi che ce l'ha fatta a convincerti a diventare una sarta come lei > >  esclamò la zia.

< < Bé, diciamo che mi sono offerta io stessa, ma solo perché non ho prospettive migliori in vista. > >

< < Frottole! Io non avevo prospettive, ma non mi sono mai piegata alla volontà degli altri! E guardami adesso! Faccio una vita di tutto rispetto!>>

A queste parole la guardo un po' sconcertata. Zia Clementine non ha un lavoro. Non ha una casa, non una fissa almeno. Passa le serate nei bar a sedurre gli uomini per farsi offrire da bere.

Non è esattamente la definizione di "Vita di tutto rispetto" a cui penso.

Dopotutto però è ubriaca e decido di darle corda.

< < Già, tu si che sei fortunata zia > > le dico con tono ammirato.

< < Infatti! Povera nipote mia. Una misera sarta! Non c'è proprio nient'altro che vorresti fare? > >

Sono indecisa se raccontarle o meno della mia disavventura al Moulin Rouge di questa mattina, ma decido saggiamente di non dirglielo. Mia madre non ne sa, e mai dovrà saperne niente, e mia zia ha la lingua molto lunga, specie quando ha bevuto, cioè sempre.

< < Mmm... no, non mi viene in mente niente zia. E comunque cosa potrei fare? A cosa mai può aspirare la figlia di una sarta? > >

< < Bé ma e tuo padre? Cosa ne pensa? > > mi chiede la zia.

La guardo perplessa. Per la miseria stasera è veramente ubriaca fradicia!

< < Ehm zia... non so chi sia mio padre. Ricordi? > >

< < O cribbio è vero! Quel farabutto! Se lo becco guarda! Lo afferro per i baffi e gli tiro due schiaffi! > > esclama lei su tutte le furie.

Lo sapevo che ce li ha i baffi!

Un attimo. Come fa a sapere dei baffi? Per caso la zia si ricorda qualcosa di mio padre? Magari lo ha conosciuto?

In tutto questo tempo ho passato ore a chiedermi di chi mai potesse essersi innamorata mia madre e mai una volta mi è saltato in mente di chiederlo alla persona che la conosce meglio di chiunque altro. Se provassi a chiedere alla zia qualche informazione su mio padre adesso che è sull'orlo di svenire per il troppo alcol magari potrei scoprire qualcosa di interessante.

< < Senti zia, mio padre, lo hai conosciuto? > > tento timidamente.

< < Chi? Tuo padre? Certo che l'ho conosciuto! Non di persona ovviamente, lui era troppo importante per frequentare gente come me. A parte tua madre certo! > > dice facendomi l'occhiolino.

< < In che senso troppo importante? > >

< < Nel senso che la sua famiglia è ricca da far schifo, ecco in che senso! Dei magnati delle scarpe credo. > >

< < All'epoca tua madre ed io aiutavamo tuo nonno al bancone del pesce e lì si conobbero. Lui ci provò subito con lei, che connard, e lei era tutta lusingata e faceva la civetta.
Si frequentarono per un po', ma a un certo punto lui si tirò indietro perché uno del suo rango non poteva stare con la figlia di un pescivendolo,
quel batard! Quando tua madre si accorse di essere incinta lui si era già fidanzato con una squinzia con la puzza sotto il naso così lei non glie lo disse perché non voleva creargli dei problemi. Fossi stata io avrei fatto scoppiare uno scandalo!>>

< < Si ok, ma lui te lo ricordi? > > dico spazientita, la zia sarebbe capace di andare avanti per ore, meglio fermarla subito. E poi sono troppo curiosa di sapere di lui, delle sciagure di mia madre magari parleremo un'altra volta.

< < Ricordi com'era, come si chiamava? > >

< < Come si chiamava? E chi se lo ricorda dopo tutti questi anni? > >

< < Avanti zia, cerca di ricordarti. > > le chiedo col tono più supplichevole che riesco ad ottenere.

< < Oh ok, fammici pensare un attimo. Aspetta...Claude? No... Charles? Si ecco Charles, e il cognome, vediamo... cominciava con la Z... me lo ricordo perché ho sempre pensato che fosse insolito un nome che cominciava con quella lettera... Za... Ze... Zi... oh courage Clementine pensaci... ah voilà! Zidler! Charles Zidler, così si chiamava! > >

< < Charles Zidler? > > ripeto stupita. Questo nome mi dice qualcosa ma non ricordo proprio dove potrei averlo sentito o letto.

< < Ok zia, ora è meglio che vada altrimenti la mamma mi farà un'altra delle sue sfuriate! A presto! > >

Abbraccio la zia e decido di avviarmi verso casa.

Charles Zidler, Charles Zidler, Charles Zidler, dove l'ho già sentito?

Mi ripeto questo nome per tutto il tragitto e sono talmente assorta nei miei pensieri che quasi non mi accorgo di essere di nuovo di fronte al Moulin Rouge.

Mi fermo a guardare l'insegna sospirando un po' malinconica.

Quanto avrei voluto poter lavorare qui dentro!

Sui muri sono affissi gli stessi manifesti che ho visto stamattina nella hall d'ingresso, con la scritta "Prossima apertura,gran serata il 6 ottobre" e le ballerine sorridenti.

Alla vista di quelle ragazze avverto una nota di tristezza pensando che non sarò mai una di loro. Ripenso a come mi ha trattata la signora in nero e a come ha riso la sguattera quando una voce mi sussurra in testa:””Quello? E' Charles Zidler il proprietario del Moulin. Prova ad andare anche da lui a chiedere di far la ballerina!””

Charles Zidler, ma certo! Ecco dove ho già sentito quel nome!

Ma...un attimo...Charles Zidler... proprietario... questo significa che... non può essere. Io sarei la figlia, per di più nascosta, del signor tutto impettito nel suo bel costume da mille franchi proprietario del Moulin Rouge?

O cielo, si, io Gabrielle Bouvier sono la figlia di uno degli uomini più ricchi di Parigi, che ha comprato uno dei locali più famosi di Parigi!

Percorro tutta la strada che mi rimane per arrivare a casa con mille pensieri per la testa.

Siamo sicuri, cioè proprio sicuri, al cento per cento, senza ombra di dubbio, che si tratti proprio di QUEL Charles Zidler? Potrebbe anche trattarsi di un'altra persona con lo stesso nome. Però, insomma, quanti uomini potranno mai esserci a Parigi che hanno quel cognome? Non sono neanche sicura che sia francese. Il signor cognome strambo sa che esisto? Voglio dire, mia madre e lui sono stati insieme prima che io nascessi e la zia Clementine mi ha assicurato che è lui, ma insomma, se si sono lasciati, o meglio lui ha piantato in asso lei potrebbe anche essere che mia madre si sia consolata col primo che le sia capitato a tiro e che io sia nata da quella infausta unione.

Ma se è vero che io sono la figlia di un uomo così illustre, la domanda più importante è: a cosa mi servirà aver scoperto l'identità di mio padre?

Ho bisogno di pensarci bene ma prima devo pensare a una spiegazione valida da dare a mia madre, vedo la luce ancora accesa, mi subirò una bella lavata di capo quando tornerò.

  
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