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Autore: Umiko    28/03/2015    3 recensioni
"Lotus Hotel, il paradiso al giusto prezzo".
Nico sviene davanti al Lotus Hotel e viene ospitato dal suo gestore, Percy.
Ma sarà davvero un paradiso?
***QUESTA FANFICTION E' UNA TRADUZIONE. TUTTI I DIRITTI VANNO ALL'AUTRICE ORIGINALE. LINK ALL'INTERNO.***
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sssssalve a tutti!
Come butta? Ancora vivi dopo l'ultimo capitolo? AHAHAH
Dato che non so più come ringraziarvi per le meravigliose recensioni (credo di averlo fatto in 500000 modi diversi), passo direttamente al dunque XD
Lascio il link del capitolo originale (Children of Loss, Chapter 16) e del profilo dell'autore (XTheSonofHadesX) e vi auguro una buona lettura! :3
Spero che anche questo vi piaccia!


*































Nico si strofinò sul cuscino, crogiolandosi nella sensazione perfetta che percepiva sotto la testa. I suoi occhi si aprirono per un breve secondo prima di chiudersi di nuovo. Dopodiché, però, cominciò a realizzare qualcosa, e un cipiglio prese vita sulle sue labbra. Non c'era alcuna fonte di calore alle sue spalle, come prima di addormentarsi. Sbatté le palpebre e aprì gli occhi, voltandosi per scoprire che il letto era vuoto. Scrutò la camera, chiedendosi dove fosse finito Percy.
Studiò meglio l'ambiente, a cui non aveva prestato molta attenzione la sera prima. Mentre si metteva seduto, si strofinò il collo, le coperte che scivolavano dal suo petto. Una TV, delle stesse dimensioni di quella in salotto, era appoggiata su un cassettone, direttamente di fronte al letto. C'era un comodino nero dal lato del letto in cui aveva dormito Percy, con una sveglia al di sopra. Accanto al cassettone c'erano due porte scorrevoli, che Nico immaginò conducessero all'armadio.
Percy aveva un letto matrimoniale, rivestito di una trapunta nera e lenzuola bianche. La testata del letto era coperta di cuscini neri. Due lampade sporgevano dal muro di entrambi i lati del letto, sopra a degli altoparlanti. Sul lato di Nico, c'era un altro cassettone con uno specchio e due cornici sopra.
Nico strisciò giù dal letto per ispezionare le foto. Una mostrava tutti i Bambini Sperduti; Leo, Rachel, Clarisse ed Ethan inclusi. Nico si accigliò, domandandosi se Percy l'avrebbe mai sostituita con una che lo includeva nel gruppo. La seconda foto mostrava due persone che Nico non riconobbe, una donna ed un ragazzo. Il ragazzo sembrava avere la stessa età di Percy. Aveva i capelli neri e ricci e gli occhi color nocciola, quasi simili al dorato. La sua carnagione era pallida quanto quella di Nico. Il ghigno sul suo viso rese Nico leggermente inquieto.
La donna era bellissima. Aveva un'abbronzatura perfetta, e sembrava leggermente truccata, se lo era. I suoi capelli erano lunghi e neri, mentre i suoi occhi verdi ricordavano l'erba. Il suo sorriso, al contrario di quello del ragazzo, sembrava davvero caloroso. C'era qualcosa di lei che Nico non riusciva a collocare. Osservando il suo viso e i suoi occhi, gli ricordava un po' Percy, quando cercava di mascherare le sue emozioni. C'era un misto di cordialità e di durezza nei suoi occhi. Non aveva idea di chi fosse il ragazzo, ma immaginò che la donna fosse Gea.
Increspò le labbra e si allontanò dalle foto. Si voltò e afferrò la biancheria intima, infilandosela di nuovo. Trovò il resto dei vestiti in giro per la camera e li indossò rapidamente. Aggiustandosi i capelli disordinati, decise di andare a cercare Percy.
Non ci mise molto. Lo trovò in cucina, che sorseggiava una tazza di caffè. Indossava gli stessi vestiti che aveva durante la prima notte che Nico aveva passato lì, una maglietta blu scuro e un paio di pantaloncini neri. Percy lo guardò non appena ebbe attraversato l'entrata. Quello sguardo mise Nico a disagio, come se non potesse decifrare ciò che stava pensando.
- Buongiorno - mormorò intontito Percy, prendendo un altro sorso.
- Buongiorno - mormorò Nico, strofinandosi il braccio.
Percy si fece da parte e indicò la cucina. - Sentiti libero di servirti per la colazione.
Nico si morse le labbra e si avvicinò all'isola, scegliendo un sacchetto di ciambelle. Ne prese una e la rosicchiò, lanciando un'occhiata a Percy di tanto in tanto. Percy si avvicinò all'isola e lo fissò in silenzio, rendendolo solo più nervoso.
- Come ti senti? - chiese Percy.
Nico si spostò i capelli dietro l'orecchio. - Meglio. Grazie.
Percy sorrise. - E' stato un piacere. - Guardò Nico dal suo boccale, prendendo un altro sorsetto.
- Quindi adesso verrò trattato come tutti gli altri?
- No.
Nico sbatté le palpebre. - No? - chiese.
Percy sospirò. - Guarda, Nico, la scorsa notte è stata divertente, ma non ti aspettare che accada regolarmente.
Nico solcò le sopracciglia. - Perché no?
- Non sto cercando di corromperti, Nico. E' per questo che ho tracciato il limite.
Nico si accigliò e guardò in basso. Pensava di aver fatto progressi con Percy, ma lo stava respingendo di nuovo. Pensava che avrebbe effettivamente cominciato ad interessarsi. Ma era al punto di partenza.
- So cosa vuoi, Nico - sussurrò Percy. - E non posso dartelo. Se hai pensato che la scorsa notte riguardasse questo, beh, non è così.
Nico si coprì la bocca. Il suo cuore cominciava a far male. Strinse le labbra in una linea sottile. - So che non puoi darmi quello che voglio - sussurrò.
Percy emise un sospiro profondo. - Mi dispiace di averti dato un'idea sbagliata.
Nico scosse la testa, mordendosi leggermente le labbra.
- Nico, non ho intenzione di ferirti - disse Percy.
Nico annuì. - Lo so. E' così che vanno le cose, qui.
Percy appoggiò la tazza e abbandonò le mani sull'isola. Fissò Nico per qualche secondo prima di parlare. - Starai bene?
Nico annuì lentamente. Non era sicuro di essere sincero, ma sapeva che era questa la risposta che doveva dare. Se avesse detto di no, Percy avrebbe pensato che fosse incapace di gestire la vita nel Lotus. - E' solo che pensavo fosse diverso - sussurrò.
Percy inclinò la testa di lato. - Tu sei diverso.
- Non intendo dai Bambini Sperduti. Intendo da te.
Percy si accigliò, grattandosi la testa. I suoi occhi saettarono su Nico, restringendosi leggermente. - Perché dovresti pensarlo? - chiese Percy, riprendendo la tazza.
Nico distolse lo sguardo per un istante, incerto sul fatto che la sua risposta fosse una buona idea. Si strofinò il braccio e guardò di nuovo Percy, desiderando di conoscere la reazione del ragazzo dagli occhi verdi. - Ti.. ti sei eccitato a causa mia, la scorsa notte, e ho sentito il tuo controllo perfetto del tuo corpo. T-ti ho visto darti una sistemata quando è finito tutto.
Percy ghignò, portandosi la tazza alle labbra. - E' tutto qui? - Alzò le spalle.
Il cuore di Nico gli stava calpestando il petto. I suoi occhi erano quasi sul punto di lacrimare. Sapeva che aveva visto quello che aveva fatto. Improvvisamente, Nico sentì il bisogno di scappare. Al momento, voleva andare via da Percy. Sentiva di essere sull'orlo del pianto, e non stavolta non aveva intenzione di farsi vedere da lui.
- D-devo andare a prepararmi per il lavoro - sussurrò tristemente Nico. Si fece strada verso il salotto, e Percy lo seguì.
- A proposito, dobbiamo ancora discutere di questo - dichiarò, la voce priva di ogni emozione. Nico si voltò lentamente, desiderando subito di non averlo fatto. L'espressione di Percy era come il suo tono di voce, vuoto. - Ti occuperai del trasferimento oggi pomeriggio, ma la punizione inizia subito dopo.
- C-che punizione?
Gli occhi di Percy sembrarono farsi freddi, e Nico dovette usare tutta la sua forza di volontà per non tremare. - Dopo aver finito il trasferimento, stasera, non lavorerai. Anzi, non lavorerai fino a nuovo avviso. Leo taglierà la tua carta d'accesso. Non potrai raggiungere il bar o il piano di sopra. Non potrai tornare su questo piano, una volta andato via. Perderai l'accesso alla piscina, alla SPA di Circe, alla palestra, alla stanza dei giochi e ad ogni altro posto simile nell'albergo. Difatti, gli unici posti a cui avrai accesso saranno la tua stanza e la cucina. Puoi lasciare l'albergo, se vuoi, ma dovrai farti strada da solo.
Mentre Percy parlava, Nico si spezzò. Non riuscì ad impedirselo. Le sue parole erano come coltelli che lo infilzavano. I suoi occhi sembravano distrutti e aveva cominciato a tremare. Percy restò fermo davanti a lui, con le mani nelle tasche. Nico annuì lentamente. Non appena la prima lacrima gli rigò la guancia, si voltò e aprì la porta.
Raggiunse la propria stanza ed entrò in bagno, dove vomitò subito nel water. Mentre si metteva seduto sulla tazza, incurvato, il suo corpo barcollò ed ebbe nuovi conati di vomito. Si lasciò andare e appoggiò la schiena contro la vasca, portandosi le gambe al petto e seppellendovi la faccia.







Durante il suo viaggio in ascensore verso il piano di sopra, Nico tentò di calmarsi. Stava andando in iperventilazione, cosa che non doveva succedere mentre lavorava. Comunque, aveva davvero importanza? Cosa gli sarebbe accaduto? Perché Percy lo stava punendo così? Le sue paure si erano impossessate della sua parte migliore da quando era tornato nella suite, e non riusciva più a spegnere il cervello.
Aveva cominciato a mangiarsi le unghie, un'abitudine che non aveva dalla seconda media. Quando se ne accorse, scosse la mano e la portò al fianco. Frustrato quanto era con quel posto, al momento, doveva mantenere un certo aspetto.
Il battito del suo cuore cominciò ad accelerare mentre usciva dall'ascensore ed entrava nel bar. I gemelli e Reyna si stavano già occupando dei clienti arrivati in anticipo. Nico sentì immediatamente la minaccia delle lacrime di riaffiorare. Non voleva vederli, in quel momento. Lo odiavano, non importava ciò che aveva detto Percy. Stava dalla loro parte, era ovvio che aveva detto quelle cose. Erano tutti uguali. Era rimasto solo, in quel posto.
- Ehi, Nico! - esclamarono allegramente i gemelli mentre passava.
Nico si fermò e sbatté le palpebre. Cosa? Dov'era l'animosità della sera prima? Non si sarebbe mai aspettato quella reazione.
- C-ciao - replicò.
Entrambi ghignarono con il loro solito sorriso da gatto del Cheshire. Sembravano così normali e disinvolti. Beh, normali per quanto potessero esserlo. Sapevano della sua punizione? Era per questo che erano felici? - Ehi, non prendertela per l'altra sera. Sono sicuro che la prossima volta ce la farai - disse Travis.
Andarono via e Nico si diresse lentamente verso il bancone. Non era davvero sicuro di cosa stesse succedendo. Chirone lo accolse con il suo solito sorriso caloroso. Reyna era l'unica che non sorrideva, ma comunque era normale, per lei.
- Non hai un bell'aspetto, Nico. Hai dormito bene ieri sera? - chiese la ragazza dai capelli neri.
- Sì, uh, abbastanza bene - replicò Nico, più che confuso.
Arrivarono i gemelli, consegnando le loro ordinazioni. - Dovresti bere un po' di caffè. Sembri davvero stanco - concordò Connor con Reyna.
- Ok, che sta succedendo? - chiese Nico.
I gemelli sbatterono le palpebre. - Che intendi? - chiesero, portando le mani dietro la testa.
- Sei sicuro di stare bene? - chiese Reyna, inarcando un sopracciglio.
Nico scosse la testa, incredulo. A che gioco stavano giocando? Chirone si accigliò. - Credo che dovreste tornare tutti a lavorare - disse.
Il sorriso dei gemelli fece nuovamente capolino e i due si incamminarono verso i tavoli. Reyna alzò le spalle e lì seguì. Nico guardò Chirone. - Che gli prende? - chiese.
Chirone increspò le labbra. - Dovresti cominciare a servire qualche tavolo - disse con un sorriso.
Nico si accigliò e guardò il pavimento mentre andava via, senza dare importanza al fatto di star trascinando i piedi. Che stava succedendo? Non capiva più nulla, ormai. Sentiva di dover essere nel Paese delle Meraviglie, in contrasto con quel posto, l'equivalente dell'Isola Che Non C'è.
Dopo circa un'ora, la mente di Nico vagava dovunque. Non sapeva cos'avrebbe dovuto fare durante il tempo libero. Non capiva perché Percy avesse scelto quella punizione. Riusciva benissimo a servire i tavoli, perciò perché escluderlo completamente dal lavoro? Tutti i Bambini Sperduti si sarebbero comportati come se non fosse successo nulla? Cosa ci avrebbero guadagnato? Qual era il loro punto di vista?
Nico represse un gemito. Doveva smetterla di pensare in quel modo. Cominciava a sembrare paranoico, e la cosa non gli piaceva. E' solo che non riusciva ad evitarlo. Il suo cuore non smetteva di battere contro il petto. Aveva la pelle fredda e gli pareva impossibile mantenere il controllo degli occhi. Erano distrutti, come vetro rotto.
Quando inciampò, Nico ansimò, il vassoio vuoto che gli scivolava dalle mani. Travis lo afferrò e Connor raccolse il vassoio. Il gemello più piccolo sorrise e glielo porse. - Ecco a te, Nico - ridacchiò Connor.
- Sembri distratto - dichiarò Travis, inclinando la testa di lato. A volte ricordavano davvero dei gatti; era spaventoso.
- Sto... bene. Sto bene - cercò di rassicurarli Nico, ma le sue parole non sembrarono credibili. Che cosa gli stava succedendo? Stava cominciando a perdere la testa. Sapeva di non star immaginando quello che era successo la sera prima, però.
I gemelli si accigliarono e si strofinarono la nuca. Travis alzò le spalle e diede una gomitata al fratello, prima che andassero nuovamente via. La testa di Nico cominciava a fargli male e si sentiva le vertigini.
Voleva solo tornare in camera e raggomitolarsi sul letto. Voleva stare da solo, e i clienti che come al solito lo scrutavano da capo a piedi non erano d'aiuto. Voleva scappare da tutto quello, ma allo stesso tempo non voleva. Sarebbe stato isolato solo fino a quando Percy non avesse deciso il contrario. La cosa cominciava davvero a spaventarlo.
Si asciugò gli occhi mentre si avvicinava ad un altro tavolo. Ce la stava mettendo tutta per non piangere, ma diventava più difficile ad ogni minuto. - Buon pomeriggio, signora. C'è qualcosa che posso portarle? - chiese, cercando di sembrare seducente, ma fallì miseramente. Non ci riusciva. La sua mente era troppo focalizzata su quello che aveva detto Percy.
La donna si accigliò. - Un nuovo cameriere, se ti piangerai addosso tutto il tempo - sospirò.
Arrivò Connor, che picchiettò Nico sulla schiena. - Mi dispiace, è solo una brutta giornata - lo giustificò. Lo spinse di lato. - Perché non vai a parlare un po' con Chirone? Accorcia il turno. Non sei concentrato, oggi.
Nico annuì. Normalmente, avrebbe protestato, ma sapeva che Connor aveva ragione. Aveva la testa troppo fuori, al momento. Si trascinò fino al bancone. - Chirone, ti dispiace se oggi termino prima? - chiese con un sussurro.
Chirone appoggiò il bicchiere che stava lavando e lo guardò. Gli fece un sorriso comprensivo e tese la mano. - Per me va bene. Va' a riposarti, Nico - disse tranquillo.
Nico annuì e gli passò il grembiule. Firmò il registro per uscire e si fece strada verso l'ascensore. Entrando, guardò il bar un'ultima volta, senza sapere quando lo avrebbe rivisto. I gemelli gli fecero un cenno, mentre Reyna annuì semplicemente. Le porte dell'ascensore si chiusero e Nico si appoggiò alla parete.
Si sentiva così incompetente. Conosceva questa parte del suo lavoro con il palmo della sua stessa mano. Era frustrante rovinare tutto in quel modo. Tutto ciò che avrebbe dovuto fare era insistere con Percy per riavere il lavoro.
Prestò si ritrovò in camera, dove si arricciò prontamente sul letto. Portò le ginocchia al petto e si sdraiò di lato, un cipiglio profondo sulle labbra. Cosa gli sarebbe successo, ora? Era solo. Vedeva gli altri solo al lavoro.
Ma dubitava che i Bambini Sperduti volessero davvero passare del tempo con lui. Doveva essere tutta una falsa, giusto? Non gli avrebbero fatto alcuna visita. Almeno Percy, sarebbe passato a controllare? Gli piaceva pensare che il direttore dagli occhi verdi fosse ancora preoccupato per lui. Ma c'erano così tante telecamere di sicurezza nelle diverse parti dell'albergo che se Nico avesse provato a prendere del cibo, lasciare l'albergo, o qualcosa del genere, Percy avrebbe saputo che stava bene.
Cosa gli stava succedendo, però? Sapeva che non avrebbe dovuto fare errori sul palco, ma non era colpa sua se Apollo lo aveva incastrato sotto un autobus. Non era colpa sua. Quindi, perché veniva punito? E poi, il modo in cui Percy lo guardava. Non gli importava nulla di lui?
Nico cominciò a tremare mentre nuove lacrime scivolavano dai suoi occhi. E se Percy non lo avesse mai più lasciato lavorare? Cos'avrebbe fatto, in quel caso? Percy si sarebbe sbarazzato di lui? Sarebbe finito di nuovo in mezzo alla strada? Gli si raggelò il sangue al solo pensiero. Era così? Percy pensava davvero che Nico non potesse più reggere quel posto? Voleva cacciarlo?
E come avrebbe fatto con la scuola? Doveva prendere un taxi, adesso? Non lo sapeva. Percy aveva detto solo che avesse voluto andare da qualche parte fuori dall'albergo, avrebbe dovuto trovare la propria strada. La cosa includeva anche la scuola?
Era solo. Era rimasto solo, e nessuno lo avrebbe salvato. Percy stesso aveva detto di non essere un cavaliere dall'armatura splendente. Non lo avrebbe salvato. Dov'era finito quel Percy così cordiale per il quale Nico aveva sviluppato dei sentimenti? Dov'era il Percy che si era preso cura di lui? Rivoleva quello indietro, non il Percy senza emozioni. 
Nico proprio non capiva perché non potesse essere felice. Perché non poteva esserci un lieto fine? Pensava di aver trovato una vita migliore, una volta arrivato lì, ma poi aveva cominciato a dubitarne, dopo aver scoperto cosa riguardava. Ora, non lo sapeva più. Sicuramente non era la casa abusiva in cui aveva vissuto, ma era una cosa talmente traumatica per lui. Tutto stava crollando, e Nico voleva rimettere insieme tutti i pezzi.
Non era sicuro di quanto tempo fosse passato, ma stava diventando vagamente consapevole del brontolio del suo stomaco. Tuttavia, non aveva voglia di muoversi. Non voleva nemmeno allungare la mano nella tasca per controllare l'orario. Voleva solo restare sdraiato lì. Qual era il punto? Non aveva nulla da fare. Non aveva un posto dove andare. Non aveva nemmeno qualcuno con cui passare il tempo. Tutti quelli con cui aveva passato del tempo lo avevano accoltellato alle spalle.
Nico continuò a fissare la TV, che non si era nemmeno preoccupato di accendere. Ogni tanto sbatteva le palpebre, ma tranne per quello, rimase immobile. Non smise di sperare di sentire la porta aprirsi e mostrare Percy sull'ingresso, così che tutto potesse andare nuovamente bene. Diavolo, gli sarebbe andato bene anche uno dei Bambini Sperduti.
Non era passato nemmeno un giorno intero, e già si sentiva completamente solo. La sera precedente aveva contato su Percy, ma anche lui lo aveva abbandonato. Aveva pensato che Percy avrebbe provato ad esserci, per lui, considerando che non aveva nessun'altro dopo che i Bambini Sperduti avevano chiarito i loro sentimenti. Ma lo avevano fatto davvero? Qual era il loro accordo? Si erano comportati in modo gentile, prima. Lo odiavano o no? Perché non potevano essere semplicemente onesti e diretti con lui? Almeno Luke e Ottaviano lo erano stati.
Ma Nico non se lo sarebbe mai aspettato da Apollo. Aveva pensato che Apollo fosse suo amico. Lo aveva considerato il suo migliore amico sin dall'arrivo. Si era preso cura di Nico. E solo qualche notte prima, aveva tentato di fare sesso con lui. Ora veniva a sapere che era solo un gioco per corromperlo. Un gioco che Percy aveva permesso solo perché voleva che Nico facesse da solo le proprie scelte. Una parte di lui voleva essere furiosa con Percy per aver permesso gli altri a fargli una cosa del genere, ma la parte razionale del suo cervello gli diceva che era stupido. Percy gli aveva lasciato la responsabilità. Gli aveva permesso di mostrargli quanto fosse maturo e capace di fare le giuste decisioni.
Alla fine, Nico sbatté le palpebre e si passò una mano sulla faccia. Si mise seduto e tirò fuori il telefono. Erano da poco passate le sei. Probabilmente avrebbe dovuto procurarsi qualcosa da mangiare. Tuttavia, si preoccupò di non riuscire a mandare giù nulla. Si sentiva orribile. Aveva gli occhi rossi e la faccia più pallida del solito.
Con un ultimo sguardo al suo riflesso, Nico spense la luce del bagno e si diresse fuori dalla suite. Salì sull'ascensore e premette il pulsante per l'atrio. Avrebbe potuto chiamare il servizio in camera, ma aveva solo bisogno di una scusa per lasciare la suite. Sarebbe rimasto chiuso lì dentro per tutta la durata della punizione, e l'avrebbe lasciata solo quando poteva. Era come una prigione, ormai. Una prigione molto carina, ma pur sempre una prigione.
Finalmente l'ascensore si fermò e Nico si avvolse con le braccia mentre si faceva strada attraverso l'atrio per raggiungere il ristorante. La hostess lo salutò con un sorriso quando le passò davanti. Luì annuì di rimando. Non sarebbe riuscito a fare un sorriso, in quel momento, lo sapeva.
Era determinato a raggiungere semplicemente la cucina per fare un'ordinazione, ma mentre si faceva strada nel retro del ristorante, notò Rachel e Leo seduti nell'angolo della stanza. Lo avevano visto entrambi e gli stavano facendo un cenno. Nico guardò la cucina per un attimo, riflettendo sulla scelta da fare. Sospirò e si avvicinò ai due segretari. In quel momento aveva bisogno di un amico e, forse, ma solo forse, loro potevano esserlo.
- Ehi, Nico - lo salutò Rachel mentre si avvicinava al tavolo.
- Ehi - mormorò Nico, facendo un piccolo cenno.
- Vuoi sederti? - chiese Leo, indicando la sedia accanto a lui.
Nico annuì e si accomodò insieme a loro. Rachel gli passò un menù, sorridendo. - Allora, come te la passi? - chiese.
- Non lo so più - confessò Nico. Appoggiò la faccia sui palmi. - Perché Percy si comporta così?
Leo increspò le labbra e gli strofinò la schiena. - Non può fare favoritismi, Nico. E' così. Gea gli ha dato il comando perché i suoi metodi sono efficaci. Fa le cose comportandosi bene sia con noi sia con i clienti - spiegò.
Restarono in silenzio e la cameriera si avvicinò al loro tavolo per prendere le ordinazioni. Nico mantenne un pasto semplice. Non credeva che il suo stomaco potesse sopportare un grande pasto, al momento. Tutto ciò a cui riusciva a pensare, momentaneamente, era se fosse riuscito ad essere ancora, il giorno dopo. E davvero non sapeva quale parte lo spaventasse di più, se essere strappato da quella casa, o non rivedere Percy mai più.
- Non prenderla sul personale con noi, amico. Abbiamo solo seguito gli ordini - disse Leo una volta che la cameriera se ne fu andata.
- Lo so - sussurrò Nico. - Non sono arrabbiato con voi. Ma gli altri...
Rachel sospirò. - Te l'abbiamo detto, sono complicati. Siamo tutti una famiglia rispetto alle entità esterne, ma quando si tratta di noi... - si spense.
- Diventa competitiva e personale - terminò Leo per lei.
- Cosa dovrei fare? - chiese Nico, le mani che ricominciavano a tremare.
Leo guardò Rachel. - Beh, se non hai niente da fare, sei il benvenuto tra di noi. Anche se, di solito, stiamo lavorando.
Nico annuì tristemente. - Va bene - mormorò.
- Se fosse per noi, potresti anche entrare per accomodarti con noi in ufficio, ma Percy ci ha già detto che non è permesso - lo informò Rachel.
Nico scossa la testa. - Va bene, davvero.
La cameriera tornò con le bevande e Nico prese un piccolo sorso. Trovò difficile deglutire, e si preoccupò di non riuscire ad ingoiare il pasto. Si sentiva così distrutto e sconfitto. Non sapeva nemmeno dove sarebbe finito. Guardò Leo e Rachel. Forse loro avrebbero potuto aiutarlo. Dopotutto, avevano detto di essere simili a lui. Dovevano essere incontaminati quanto lui.
- Posso chiedervi una cosa? - domandò il ragazzo dai capelli corvini.
- Spara - replicò Leo con un ghigno.
- Vi hanno mai fatto una cosa del genere, gli altri? Intendo, avete detto che siete entrambi come me, quindi ho pensato che potrebbero avervi fatto qualcosa di simile.
Rachel e Leo si guardarono. - Beh, Nico, forse "siamo come te" non era la frase giusta da usare - mormorò Rachel sull'orlo del suo bicchiere d'acqua.
Nico inclinò la testa di lato. - Che intendi?
- Non siamo come gli altri, ma non siamo nemmeno tanto simili a te - rispose Leo.
- Ma è per questo che Percy non vi ha messo a lavorare al piano di sopra, giusto? Perché non siete contaminati come gli altri Bambini Sperduti.
Rachel si schiarì la gola. - Ma non siamo nemmeno innocenti come te, Nico - spiegò.
- Abbiamo il nostro passato difficile, ma non siamo diventati come gli altri - continuò Leo.
- Forse perché eravamo sempre come siamo ora.
- Cosa significa? - chiese Nico.
Rachel si accigliò e guardò Leo. Leo sospirò e si grattò la testa. - Noi... siamo sempre stati consapevoli di come fosse il mondo, Nico. Non ci siamo davvero stancati come gli altri - spiegò il ragazzo latino. Restò in silenzio per un momento prima di continuare. - Abbiamo avuto una vita difficile, ma più o meno ci siamo sempre aspettati le cose che ci sono successe.
- Mio padre è uno di quelli che probabilmente farebbe, o ha fatto, affari qui, Nico. Non è una bella persona, e crescendo in quell'ambiente, ho potuto vedere che razza di posto fosse davvero il mondo - aggiunse Rachel.
- Ma allora perché Percy non vi ha messo entrambi sul palco? - chiese Nico. - Sembra che possiate benissimo lavorarci.
Sorrisero entrambi. - Grazie - mormorò Rachel con un lieve rossore.
Leo ridacchiò. - Possiamo essere stati dei mondani, ma non tanto quanto loro, una volta arrivati. Inoltre, ci ha aiutato il fatto di essere bravi con la tecnologia e a sbrigare affari - rispose.
- Ma la cosa ha creato una barriera tra voi e gli altri.
Leo annuì. - Clarisse ed Ethan vengono trattati in modo simile, ma non così male.
- Ma perché? - chiese Nico con un cipiglio. Non sembrava giusto. Perché discriminare un livello simile?
- Perché Clarisse ed Ethan sono molto più simili ai Bambini Sperduti di quanto lo siamo noi - replicò Rachel, prendendo un altro sorso della sua bevanda. - Sono stati assegnati dove sono perché riescono a controllare le persone quando sorge la necessità.
- Intendi con violenza?
Entrambi annuirono. - E' qualcosa in cui possiamo concordare con gli altri - mormorò Leo. - Sono diventati di una tonalità più scura rispetto al resto di noi.
- Gli altri Bambini Sperduti sono solo complicati e traumatizzati. Ethan e Clarisse, beh, loro sono diversi - disse Rachel, una sfumatura particolare nella voce. Nico non riuscì a collocarla, ma lo mise a disagio.









Nico crollò sul divano, cercando di trovare qualcosa di interessante da guardare. Si stava facendo tardi, perciò non aveva molto tempo prima di andare a letto. Quello era uno dei vantaggi del non lavorare. Sarebbe finalmente andato a dormire ad un orario decente. Era così annoiato. Leo e Rachel erano dovuti andare a lavorare, lasciandolo senza nessuno con cui passare il tempo.
Pensò di mandare un messaggio a Percy per chiedergli di passare a fargli visita, ma aveva deciso di non farlo. Non era sicuro di cosa aspettarsi dal direttore, al momento. Perciò, la migliore opzione era quella di non cercarlo. Il problema era che così non aveva nulla da fare. Non aveva nessuno con cui uscire o parlare. Era solo, e sapeva che era così che la sua vita sarebbe andata per un bel po', se restava lì.
Desiderò aver comprato una console. Almeno gli avrebbe dato qualcosa da fare. Avrebbe potuto passare il suo tempo di isolamento giocando ai videogames e guardando DVD. Invece, poteva solo guardare la televisione. Pensò di aspettare fino alla mattina dopo, quindi la spense. Pensò anche di comprare un computer.
Da quando era arrivato, era stato essenzialmente tagliato fuori dal mondo esterno. Non aveva pensato di contattare nessuno dei suoi vecchi amici prima di quel momento. Si sentì un po' in colpa, per quello. Il pensiero di contattare sua sorella tramite Facebook gli era passata per la mente, ma aveva deciso di non farlo. Anche se odiava pensare al biondo, al momento, poteva capire perché Apollo non aveva voluto contattare sua sorella, adesso.
Come avrebbe spiegato quella situazione a Bianca? Cos'avrebbe pensato di lui? Non sapeva se sarebbe stato capace di guardarla negli occhi, nelle attuali circostanze. Immaginò che sarebbe stata delusa da lui, che vendeva il suo corpo per soldi. Non era per niente come lui, e lo sapeva. Quindi, alla fine, Nico aveva scelto di non prendere quella strada.
Sbatté le palpebre, confuso, quando qualcuno bussò alla sua porta. Si alzò lentamente e si diresse verso l'entrata. Non sapeva chi potesse essere. Tutti i Bambini Sperduti stavano lavorando. Che fosse Percy? Si era realmente preoccupato del suo stato?
Per sua sorpresa, Nico trovò Rachel fuori alla porta, un sorriso sul viso. - Buonasera, Nico - lo salutò.
- Ehi, Rachel - mormorò Nico. Guardò in fondo al corridoio. - Cosa ci fai qui?
- Stavo tornando al ristorante. Vuoi venire con me?
Nico inclinò la testa di lato. - Non è un po' tardi?
Rachel sorrise. - Ho pensato che avresti apprezzato del gelato - gli disse.
Nico, finalmente, sorrise. - Sembra appetitoso.
- Grande! - Rachel afferrò il braccio di Nico e lo trascinò per il corridoio. Nico ebbe appena il tempo di prendere il portafoglio dalla mensola dietro la porta. - Avevo giusto voglia di qualcosa di dolce, e ho pensato fosse una buona scusa per tirarti fuori da quella stanza.
Nico annuì, sorridendo. - Grazie, Rachel - mormorò.
- Quando vuoi. Inoltre, qualcuno di noi deve pur ricordati che siamo ancora una famiglia.
Nico si strofinò la nuca mentre aspettavano l'ascensore. - Beh, non sono sicuro di cosa stia succedendo con gli altri, al momento. Si comportano normalmente, ma dopo l'ultima sera, non ci voglio credere.
Rachel annuì e appoggiò una mano sulle sue spalle. - Non pensarci troppo - disse mentre salivano sull'ascensore. - Non penso che ti odino davvero. Forse questo è il loro modo di farti sapere che sei ancora uno di loro.
- Forse.
Rachel gli diede una pacca sulla schiena. - Tirati su, zombie. Non li ho mai visti odiare qualcuno di noi.
- Ma comunque li disgusto - le ricordò Nico.
Rachel alzò le spalle. - Devono solo lavorarci un po' su. Non è colpa tua, Nico. Non cambiare a causa loro. Non penso che tu voglia farlo, e so che nemmeno Percy lo vuole.
- Però lui mi sta lasciando scegliere - mormorò Nico.
Rachel sorrise e spostò lo sguardo sulla porta dell'ascensore. Nico si accigliò. Sapeva qualcosa? No, si disse Nico, probabilmente non era questo. Forse stava diventando di nuovo paranoico. Tuttavia, sembrava che la ragazza avesse dei pensieri interessanti a riguardo.
Nico seguì Rachel fuori dall'ascensore una volta apertosi sull'atrio. L'hostess era ancora in piedi sul podio quando arrivarono all'entrata del ristorante. - Passiamo per uno spuntino di mezzanotte - la informò Rachel. Lei annuì e i ragazzi entrarono nel ristorante.
Alcuni camerieri e cameriere erano impegnati a ripulire. Uno di loro li notò e si avvicinò, dopo che si furono accomodati. - Cosa posso portarvi? - chiese il cameriere.
- Due banana split - disse Rachel. Guardò Nico. - Ti va bene? - Nico annuì. - Sì, due banana split.
Il cameriere annuì e si incamminò verso la cucina. Nico sospirò e si rilassò sulla sedia. - Grazie ancora - disse.
Rachel fece un cenno. - Non preoccuparti. Volevo compagnia, comunque. - Tirò un lungo sospiro. - Di solito, vengo qui da sola. Tutti gli altri lavorano. Le uniche opzioni che mi restano sono sempre Clarisse o Ethan.
- Deve fare schifo.
Rachel annuì. - Questo posto può essere solitario, a volte. Ma è per questo che cerchiamo di stare insieme più che possiamo, anche se bisticciamo.
- Beh, io non penso di avere speranze - mormorò Nico.
Rachel si accigliò. - Non dovresti pensarla così.
Nico guardò fisso il tavolo. Restarono in silenzio fino a quando non arrivò il dessert. Nico non riuscì ad impedirsi di sorridere, guardandolo. Era una banana split abbastanza grande. Aveva le solite tre palline di gelato, ma con un secondo strato sopra. Era ornata da vari condimenti, due banane, panna montata e tre ciliegie.
Prendendo il primo morso, Nico gemette. Ne aveva davvero bisogno. - Allora, cosa dicevi di tuo padre, prima? - chiese Nico dopo aver mandato giù un boccone di gelato.
Rachel si accigliò mentre raccoglieva una ciliegia con il cucchiaino. - Io e lui non ci vediamo mai faccia a faccia - cominciò. - Come ho già detto, è il tipo di uomo che potresti vedere da queste parti, a fare affari. Ha sempre pensato che imbarazzassi il nome della famiglia. Non ero d'accordo con alcune cose che faceva. Ero la macchia sulla tela di famiglia, e mio fratello era il piccolo bambino d'oro.
Nico solcò le sopracciglia. - Che cosa hai fatto? - chiese.
Rachel sospirò. - Abbiamo cominciato con dei semplici battibecchii, ma più crescevo, più protestavo contro le sue corporazioni. Cominciai ad agire. Donavo soldi alle associazioni di beneficenza che non sopportavano mio padre. Diventai un'attivista. Ho c-cercato di dare loro alcune informazioni sporche su mio padre, ma mio fratello mi ha beccata. Quando mio padre lo scoprì, come puoi immaginare, non ne fu contento.
Nico si accigliò, trovando improvvisamente difficile mandare giù il gelato. Stava cominciando ad avere un brutto sapore in bocca. - Cos'è successo?
L'espressione di Rachel cadde a pezzi. Si asciugò la bocca con un tovagliolo. - Mi ha rinnegato. Mi ha cacciata senza pensarci due volte. Beh, ero preparata per una cosa del genere. Tenevo pronta una borsa d'emergenza fornita di denaro. - Si morse le labbra per qualche secondo prima di continuare. - Ho trovato da sola la strada da NY a qui. I miei soldi... ad un certo punto i miei soldi sono terminati, e sono finita in mezzo alla strada.
- E Percy ti ha trovato? - chiese Nico.
Rachel annuì. - Sì, in effetti. Facevo un lavoro di strada, per guadagnare un po' di soldi. Penso che stesse facendo spese con Annabeth. Comunque, mi passarono davanti quando stavo per andarmene. Percy dedusse più o meno la mia situazione e si avvicinò. Sulla strada di ritorno verso l'albergo, scoprì che ero brava con gli affari e mi assunse come segretaria. Come puoi immaginare, ho fatto subito una brutta impressione ad Annabeth.
- Quindi, sei cresciuta in uno stile di vita simile?
Rachel si picchiettò le labbra. - Non direi simile, ma so che tipo di uomo era mio padre. Sapevo come funzionavano le cose. Non ero cieca alla natura del mondo come probabilmente eravate tu e il resto dei Bambini Sperduti prima di finire in mezzo alla strada. - Sorrise. - A causa di questo, Percy vide un uso diverso in me. 
Nico annuì, dando un altro morso al dessert. - Mi dispiace.
Rachel alzò le spalle. - Non devi dispiacerti - replicò. - Non mi interessava davvero di mio padre. Ero felice di essere lontana da lui. - Prese un altro cucchiaino di banana split. - Tu hai dei fratelli?
Nico annuì. - Una sorella.
- Andate d'accordo?
Nico annuì ancora. - Andavamo. Intendo, certo, abbiamo litigato, ma penso che tutti i fratelli lo facciano. Mi proteggeva al massimo delle sue possibilità contro mio padre. Penso che lui esitasse un po' quando lo faceva. Forse non si sentiva a suo agio nel picchiare una ragazza. - Nico fissò il gelato che si scioglieva. - Le sono sempre stato grato. Non penso che sarei riuscito a farcela senza di lei. Potrebbe sembrare strano, ma penso sia la ragione per cui sono attirato da Percy. Intendo, non provo niente per mia sorella, ma...
- Ho capito cosa intendi, Nico - ridacchiò Rachel. Annuì comprensiva. - E' davvero dolce. Ma come so che Leo ti ha detto, non penso tu stia scortecciando l'albero giusto.
- Anche Percy me lo ha detto - mormorò Nico.
- Hanno ragione. Percy è protettivo, è vero. Solo che non si trova nella posizione di darti ciò che vuoi, anche se ne avesse intenzione.
Nico annuì e torno a mangiare la banana split. Le sue spalle crollarono un pochino. Tuttavia, quando sentì delle voci, si rianimò. Rachel si voltò per guardare l'entrata del ristorante, mentre Percy, Annabeth, Clarisse, Piper Luke e Apollo l'attraversavano. Nico fu colpito da un miscuglio di emozioni quando posò gli occhi sul biondino.
Una parte di lui voleva piangere perché il biondo lo aveva tradito. Un'altra parte voleva correre via dal ristorante, evitando la sua presenza. Un'altra parte ancora voleva raggomitolarsi in una palla. Ma la maggior parte di lui era arrabbiata. Strinse le mani intorno al tavolo, guadagnandosi un'occhiata preoccupata da Rachel. 
Annabeth li notò per prima, gli occhi spalancati. Si fermò, richiamando l'attenzione di Percy. Lui si accigliò e seguì la sua linea di visione, posando gli occhi su Nico. Alzò un sopracciglio, ma non esibì alcun ulteriore riconoscimento. Apollo, invece, congelò sul posto, le spalle tese.
Percy scrollò le spalle e cambiò direzione verso il loro tavolo. A quel punto Nico strinse i denti, lanciando un'occhiata fredda in direzione di Apollo. Clarisse ghignava mentre si accomodava accanto a Rachel. Si chinò e sussurrò qualcosa alla ragazza dai capelli rossi, facendole aggrottare le sopracciglia. Luke guardò Nico e si sedette accanto a Clarisse, pienamente consapevole della tensione che aleggiava nell'aria. Gli occhi di Nico guizzarono su di lui per un secondo. Non farlo, disse silenziosamente Luke. Nico si accigliò e riportò l'attenzione sul biondino. Ringhiò, e prima di pensarci troppo, saltò fuori dalla sedia. 
Spinse Apollo a terra, sorprendendolo. I suoi occhi si spalancarono mentre colpiva il pavimento. Nico si lasciò sfuggire un altro ringhio e gli diede un pugno dritto dritto sulla mascella. L'unico pensiero che aveva, al momento, era quello di rovinare il suo viso perfetto. Annabeth spalancò la bocca quando accadde, gridando dal suo lato insieme a Piper. Entrambe tentarono di tirare Nico per le spalle, ma lui le scrollò. Percy fece spallucce e restò seduto con calma sulla sedia accanto a quella da cui Nico era appena saltato.
Rachel fissò il direttore con occhi spalancati, confusa riguardo a come potesse starsene lì tutto tranquillo mentre Apollo veniva preso a pugni. Nico gli colpì nuovamente la mascella, piantando le gambe sulle sue braccia. Lo voleva, e la sua vendetta non gli sarebbe stata negata.
- Stronzo! - urlò Nico.
Luke saltò dalla sedia e corse verso di loro. Cercò di sottrarre Apollo dai colpi di Nico, ma inutilmente. Quindi cercò di strattonare via Nico, ma il ragazzo dai capelli corvini afferrò la maglietta di Apollo. Diede un calcio sul ginocchio di Luke e tornò sul biondo, le cui guance si erano già fatte rosse.
- Nico, aspetta! - tentò Apollo, ma Nico non voleva ascoltare. Piagnucolò dal panico mentre le sue guance subivano un'altra botta.
Improvvisamente, Nico fu allontanato da Apollo. Tentò di strisciare verso di lui quando venne rialzato, graffiandogli il collo e tenendo stretta la sua maglietta. Mentre veniva trascinato, la maglietta si strappò e Nico sorrise, una parte del tessuto blu stretta in mano. Cominciò a dimenarsi mentre Clarisse lo sollevava da terra. Annabeth e Luke aiutarono rapidamente Apollo a mettersi in piedi; contemporaneamente, Nico fu trascinato con calma verso l'uscita. Apollo si accigliò, strofinandosi la mascella.
- Fallo tranquillizzare per un po', Clarisse - esclamò Percy dietro di loro.
Clarisse fece un cenno oltre la sua spalla. - Sì, sì. Ho capito, capo - borbottò di rimando.
- Lasciami andare - grugnì Nico, mentre veniva trascinato nell'atrio.
- No se non ti tranquillizzi. - Clarisse raggiunse l'ascensore e ce lo spinse dentro. Lo guardò, minacciandolo di non provare a tornare indietro mentre premeva il pulsante per il secondo piano.
- Dove stiamo andando?
- Hai bisogno di qualcuno che ti liberi dall'aggressività.
Nico si accigliò mentre l'ascensore si fermava. Clarisse gli afferrò il braccio e lo trascinò nella palestra. Invece di fermarsi alla stanza i Bambini Sperduti avevano usato per allenare Nico, superò altre due porte. Infilò la chiave nella fessura e spinse il ragazzo all'interno.
Nico si guardò attorno, confuso, notando numerosi sacchi da boxe e attrezzature da palestra. - E come potrebbero aiutarmi, queste cose? - chiese frustrato.
Clarisse si diede uno schiaffo sulla fronte. - Colpisci qualcosa! - Allargò il braccio lungo la stanza. - Fai la tua scelta. Se vuoi, stamperò persino una foto di Apollo da attaccare ad un sacco da boxe, cacchio!
Roteò gli occhi e lo guidò verso uno dei sacchi. Nico si voltò e aggrottò le sopracciglia. Lei continuò a fissarlo. Sospirando, Nico diede un pugno al sacco.
Clarisse sbuffò. - Davvero virile da parte tua, ragazzino - lo prese in giro.
Il cipiglio di Nico si fece più profondo. - Mi dispiace, non ho mai fatto niente del genere prima.
- Non hai mai partecipato ad una rissa? - chiese Clarisse. Nico scosse la testa. - Diamine, sei davvero innocente. - Si grattò la fronte. - D'accordo, beh, colpisci il sacco fino a quando non ti tranquillizzi. - Strofinò le labbra e ridacchiò. - Devo ammettere, però, che hai scelto un bel numero con Apollo.
Nico sbatté le palpebre, fissando il tessuto blu che ancora stringeva in mano. - Grazie - mormorò.
- Ma non ti suggerirei di farlo di nuovo. Percy non tollera la violenza fisica tra i Bambini Sperduti.
Nico annuì. - Mi dispiace. Non sono riuscito ad impedirmelo.
Clarisse scrollò le spalle mentre Nico provava un altro pugno sperimentale al sacco da boxe. - Non preoccuparti. Personalmente, penso sia stato divertente.
Nico sorrise. - E' stato bello - ammise.
- Sicuramente. Sembravi davvero arrabbiato la scorsa notte. Però ti sei comportato un po' da femminuccia.
- Sta' zitto - mormorò Nico.
Clarisse ridacchiò. - Scommetto tu ti sia sentito davvero bene cercando di rompergli la faccia.
- Mi sono sentito usato. Volevano fare sesso con me, ma per loro non valgo niente.
Clarisse scrollò le spalle. - Per loro il sesso non significa niente - replicò. - E' una cosa normale.
Nico gemette mentre colpiva di nuovo il sacco. - E' troppo chiedere un po' di felicità? O romanticismo?
Clarisse roteò gli occhi e si passò il pollice sulle labbra. - Come ho detto, una femminuccia - brontolò. Nico la fissò. - In questo posto, devi trovare la tua felicità da solo.
Nico sospirò. Immaginò che fosse vero. Alzò nuovamente il braccio e diede un altro pugno. La mano cominciava a fargli male, ma non gli importava. Iniziava a farlo sentire meglio. Nico si passò una mano tra le ciocche nere ormai disordinate e si voltò per fronteggiare Clarisse.
- Grazie - borbottò.
Clarisse alzò un sopracciglio. - Per cosa?
- Per avermi portato qui. Mi ha aiutato.
Clarisse incrociò le braccia sul petto. - Forse posso ancora fare di te un vero uomo.
Nico ridacchiò. - E grazie per la scorsa sera.
Clarisse fece un cenno. - Non mi piace neanche stare intorno a quei ragazzi.
- Cosa fate tu ed Ethan tutto il giorno, comunque? Di solito non vi vedo.
Clarisse sorrise. - Sai cosa ti dico, ragazzino, domani ti passo a prendere, e potrai uscire con me ed Ethan. - Si grattò la nuca. - Sai, giusto perché non hai nient'altro da fare, immagino.
































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Questi personaggi non mi appartengono né appartengono a XTheSonofHadesX, ma sono proprietà di Rick Riordan e di chi ne detiene i diritti, quindi questa fanfiction è stata scritta e tradotta senza alcun scopo di lucro.
  
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