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Autore: Panssj    19/12/2008    4 recensioni
Non provare nulla era paragonabile al volo di un aquilone il cui filo era stato reciso. Galleggiare nell’aria, sospinto da venti capricciosi, e non dover chiedere mai scusa. A nessuno. Essere un ninja avrebbe dovuto rendere tutto più semplice. Eseguire missioni, obbedire agli ordini, non fare mai domande. E le vuote ore libere da spendere nel silenzio confortevole della sua stanza, disegnando fino ad avere le dita dolenti nere di inchiostro e gli occhi in fiamme per lo sforzo. Eppure, eppure … (Sai x Naruto unilaterale, SasuNaru)
Genere: Triste, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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StellaI

Piccola one-shot sul dolore di amare senza essere ricambiati. Banale forse, ma era ciò che mi sentivo di scrivere stasera, sopportatemi xD

Sai x Naruto unilaterale, accenni SasuNaru.

 

 

A Francy, mia fedele compagna nelle nostre scorribande a sfondo yaoi.

Chi l’avrebbe mai detto che dopo tanti anni avrei di nuovo scritto una fic? XD

 

 

Istanti rubati

 

 

 

Sai era stato educato in modo da non provare emozioni. Era stato un processo lento e doloroso, durato molti anni, perché un essere umano non abbandona facilmente i suoi sentimenti.

Ma quando c’era riuscito, si era sentito libero.

Non provare nulla era paragonabile al volo di un aquilone il cui filo era stato reciso. Galleggiare nell’aria, sospinto da venti capricciosi, e non dover chiedere mai scusa. A nessuno.

Essere un ninja avrebbe dovuto rendere tutto più semplice. Eseguire missioni, obbedire agli ordini, non fare mai domande. E le vuote ore libere da spendere nel silenzio confortevole della sua stanza, disegnando fino ad avere le dita dolenti nere di inchiostro e gli occhi in fiamme per lo sforzo.

Eppure, eppure …

Erano bastati pochi giorni, una missione come le altre compiuta con le persone “sbagliate” e si era ritrovato nuovamente legato. E il filo questa volta, era resistente come l’acciaio; non si sarebbe spezzato facilmente.

Naruto gli aveva mostrato cose scontate per gli altri, ma che ai suoi occhi abituati ad un’arte vuota erano apparse meravigliose.

Una nuova strada si era dispiegata davanti a lui, e per quello splendore accecante lui aveva abbandonato la comoda sicurezza della sua stanza per il mondo confuso e rumoroso degli uomini.

Forse da qualche parte, nascosto nelle pieghe della sua anima, il desiderio di farne parte c’era sempre stato. Era stato quel ninja biondo dal sorriso deciso e smagliante, sempre allegro e carico di un’energia travolgente che ti costringeva a vivere, a farlo emergere.

Sai aveva imparato molte cose da allora. Che le persone nascondono molte cose ad esempio, che non sono mai quello che mostrano agli altri. Che un sorriso alle volte non è solo un sorriso, ma può nascondere una richiesta di aiuto. Cosa era giusto dire e quali verità tacere. Che l’orgoglio e la determinazione possono cambiare molte cose, e che la pietà non è solo un’inutile appendice.

E che l’amore può essere doloroso quanto una lama conficcata in profondità.

Ci aveva messo un po’ a capirlo. Quell’inspiegabile desiderio di stuzzicarlo, di essergli sempre accanto, o il guardarlo mentre dormiva pesantemente, illuminato dalle fiamme del fuoco del campo.

Alle volte sognava. Erano sogni amari, disperati; talvolta piangeva. E non era mai lui l’oggetto dei suoi sogni.

Desiderare una persona così tanto da inseguirla per tutto il mondo. Bramarla così disperatamente da cambiare se stessi solo per sentirsi al suo livello. Parlarne con sguardo sognante senza rendersene conto, le parole che si trasformavano in un mormorio affettuoso e lo sguardo perso in mondi lontani. Ostinarsi a non vederne i difetti, giustificare ogni suo errore, lasciarsi ferire fino a che il cuore non si frantumava in tanti piccoli pezzi.

Eppure continuare a sognarlo.

Piangeva di nascosto alle volte. Forte e orgoglioso all’esterno, spaccone con gli amici, e così miserabilmente solo quando l’amarezza lo coglieva a tradimento. Lui lo aveva visto da lontano; le spalle avvolte nella solita giacca nera e arancione che sussultavano scosse da un tremore incontrollabile. Sai non si era avvicinato, non gli aveva rivolto la parola. Era rimasto lì, immobile e nascosto, unico testimone di quel dolore così intimo.

Non conosceva Sasuke. Lo aveva incontrato una volta di sfuggita; ma non aveva potuto fare a meno di notare, fra le parole dure che si erano rivolti, l’esitare della mano del moro sopra la spalla di Naruto, il suo avvicinarsi alla pelle abbronzata dell’altro, le narici dilatate per inebriarsi del suo profumo. Gli occhi di Sasuke non avevano tradito alcuna emozione, ma qualcosa in quella scena aveva fatto sentire Sai come se gli avessero reciso la mano che usava per disegnare.

Si era chiesto che rapporto ci fosse tra i due, quando erano ancora un team. Sakura sembrava saperlo: quando parlava di loro due, il suo sguardo era affettuoso e al contempo rassegnato. Sai conosceva solo il tradimento.

Quel brutale, terribile episodio avvenuto tre anni prima. Non conosceva Naruto allora, se non dai sussurrii dei suoi superiori nei corridoi asettici della Radice. La notizia più importante era la fuga dell’ultimo degli Uchiha; il vano inseguimento del ragazzo-Kyuubi era un dettaglio di contorno. Eppure, pur non avendolo conosciuto prima, Sai lo aveva capito.

 

Con i suoi occhi abituati a catturare la bellezza del mondo, vedeva anche Naruto come un aquilone. Anche i suoi fili si erano spezzati; anzi peggio, erano stati brutalmente recisi. Tuttavia, un ultimo filo lo teneva ancorato a quel mondo e gli impediva di volare via.

Il dolore della perdita, la solitudine e il desiderio di riaggiustare i fili recisi alimentava la speranza. La speranza era quel filo solitario, e Sai sapeva che non avrebbe mai abbandonato Naruto. Perché c’era qualcosa di infinitamente importante ad aspettarlo alla fine di quel cammino impervio e non si sarebbe mai voltato indietro.

Non per lui.

Lo osservava anche adesso, come sempre di nascosto. Sedeva su una panchina, lo sguardo rivolto al cielo. Sorrideva sebbene non ci fosse nessuno attorno a lui da compiacere; ma del resto, Sai non aveva ancora compreso il meccanismo della felicità da cui nascono i sorrisi spontanei e un po’ stupidi. Guardava le stelle, e Sai lo ritrasse così, il volto disteso, le mani poggiate sul marmo della panchina e le gambe distese in una posizione rilassata e un po’ sciocca. Un istante rubato, per sempre congelato nel tempo in un suo disegno.

Non poteva catturare il suo dolore, ma poteva imitare la sua anima. Quel poco che a Sai era concesso vedere.

Si chiese che tipo di dialogo silenzioso stesse avendo il biondo con le stelle. E se parlava con esse, o con qualcun’altro, in un paese lontano nella speranza che potesse in qualche modo ascoltarlo. Era sciocco, ma lo stesso quel dialogo silenzioso fece sussultare il cuore di Sai. Non abituato alle emozioni, prima o poi quel cuore avrebbe ceduto e il moro sarebbe morto per amore. Una fine poetica per un ninja.

Prima di riporre il blocco nel piccolo zaino che portava sempre con se, Sai si chiese cosa si provasse ad essere amati in modo così totale. La gelosia bruciava la sua anima come un fuoco, e l’invidia lo accecava alle volte. Disegnava il volto di Sasuke, crudelmente impresso nella sua mente, e poi lo scarabocchiava rabbiosamente.

Non poteva fare altro, del resto. Era impotente di fronte a quell’amore che non sarebbe mai stato suo.

Forse Naruto lo avrebbe guardato un giorno, e magari amato. Più di quanto si ama un amico; ma non sarebbe mai stato come con Sasuke.

Lo guardò alzarsi, stiracchiarsi, sbadigliare e poi allontanarsi ciondolando, le mani in tasca e una canzone sussurrata fra le labbra. Le spalle del biondo, seppur piccole, erano diritte, fiere. Lo sguardo teso verso un obbiettivo, un futuro che non comprendeva lui.

L’amore era piacevole sì, ma doloroso.

Riprese il blocco e lo aprì. Fissò lo schizzo in bianco e nero, e lo accarezzò con le dita. Posò le labbra sopra il volto abbozzato del biondo, consapevole che per quanto la carta fosse morbida, non era paragonabile a delle labbra vere.

Alle volte, il desiderio di baciare Naruto, di sfiorare la sua pelle e sentire il suo calore, era così intenso che qualcosa dentro di sé tirava e lo spingeva avanti contro la sua stessa volontà. Aveva letto molti libri per trovare una spiegazione, ma le parole sembravano solo inchiostro gettato a caso sulle pagine quando quell’insopportabile desiderio lo bruciava da dentro rendendolo vivo.

Ma non avrebbe mai potuto, perché quelle labbra non gli appartenevano. Erano state donate a qualcun altro che non era lui, molto tempo fa’.

Continuò a fissare a lungo il Naruto sul foglio. Il suo falso Naruto, unica consolazione della sua anima affranta. Gli aveva insegnato ad amare e quale fosse il prezzo dell’amore. Ma non lo aveva mai amato; era un caro amico, e mai, mai, mai, sarebbe stato qualcosa di diverso.

Quando alzò lo sguardo, Naruto se n’era andato. Le selle e la luna brillavano beffarde, illuminando il parco vuoto.

Era solo.

 

 

Fine

 

 

Nota: Al rogo word e i suoi ‘nasuto’ al posto di ‘Naruto’. Critiche e recensioni in generale saranno apprezzate a dovere, e alle buone anime torturate da questa shottina senza senso dico subito: Grazie. Un Sasuke a grandezza naturale verrà consegnato direttamente nelle vostre case da Kakashi. (falso, falso! XD)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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