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Autore: Pervinca95    29/03/2015    15 recensioni
Gea è una ragazza come tante... o almeno così ha sempre creduto. La sua vita viene stravolta in una notte da un ragazzo dai taglienti occhi cobalto, estremamente pericoloso quanto affascinante.
Ogni giorno sarà messa davanti a dure prove, e avrà solo due scelte: affrontarle o farsi annientare.
*******************
Dal testo:
La ragazza si rizzò in piedi e fulminò Deimos con lo sguardo. "Prima o poi, io ti ucciderò" sentenziò con decisione.
Il giovane alzò un sopracciglio ed avanzò di un passo, bloccandola con le spalle al muro. "E come pensi di riuscirci? Hai appena sprecato un'occasione a causa della tua debolezza."
"Non penso a come ci riuscirò. Sono sicura che mi verrà tutto molto naturale."
Deimos si avvicinò ancor di più ed abbassò la testa per guardarla negli occhi. Un sorriso divertito si affacciò sulle sue labbra. "Ah sì?" sussurrò posandole le mani sui fianchi.
Il battito cardiaco della ragazza cominciò ad aumentare. "Sì."
Il giovane ancorò le mani sotto le cosce di lei e con una leggera pressione la sollevò da terra. "Mm" mugugnò con un mezzo sorriso, posando le labbra chiuse sul collo di Gea. "Allora sarà interessante" alitò sulla sua pelle prima di darle un piccolo morso.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Gea non chiuse occhio per tutta la notte. Rimase seduta a terra, con le spalle contro la porta e gli occhi gonfi ad osservare il soffitto. 
Studiò ogni piccola e grande crepa intessuta nel vecchio intonaco ormai logoro. Seguì la traiettoria delle fenditure con attenzione, trasformando quel passatempo in un gioco.
Per tutta la notte non fece altro, evitando per quanto le fosse possibile di pensare al ragazzo. 
Lui non meritava il suo tempo. E forse non se l'era mai meritato. 
Quando un raggio di sole le toccò la scarpa, abbassò lo sguardo sul rinvigorito legno scuro del pavimento e sospirò stancamente. Ma non perché si sentisse assonnata, bensì per un altro genere di stanchezza. Si sentiva spossata dalle ferite che giorno dopo giorno continuava a collezionare. Nessuna di queste aveva il tempo di risanarsi che nell'immediato ne sorgevano di nuove. 
Per questo motivo le sembrava di essere senza forze, perché tra l'una e l'altra non aveva né il tempo di assimilare né di rafforzarsi. Come se stesse cercando di rialzarsi dopo una caduta, ma con continuità le venissero lanciati addosso dei pesi tali da impedirle di darsi lo slancio. 
E lei stava cominciando ad essere stanca di quelle insistenti stoccate. Prima o poi avrebbe smesso di provare a sollevarsi e sarebbe rimasta a terra, in balia del destino.
Ma sapeva bene che non se lo sarebbe mai realmente concesso, perché, per quanto le costasse ammetterlo, per quello spietato ragazzo dagli occhi cobalto avrebbe continuato a tentare e ritentare finché non avesse ottenuto qualcosa.  
Forse era stupida, pazza, illusa, ma non le interessava. Non se si trattava di Deimos.
Lo stomaco le ruggì rumorosamente, ricordandole che era giunta l'ora di nutrirsi e di smuoversi dalla sua scomoda posizione. 
Si alzò da terra tra smorfie di dolore e stiracchiamenti vari, dopodiché uscì dalla stanza e percorse il breve tratto di corridoio che la divideva dalle scale. Mentre passava davanti al bagno, la porta si aprì. 
I freddi occhi del ragazzo saettarono sul volto di Gea, la quale evitò di ricambiare il suo sguardo e di considerarlo. E così la giovane lo superò senza degnarlo della sua attenzione, nonostante il cuore le battesse furiosamente come a volerle ricordare chi lui fosse. 
Scese le scale di volata e si precipitò nella cucina per riprendere fiato. Si posò una mano sul petto e liberò un sospiro profondo. Ma appena avvertì un gradino scricchiolare, spalancò gli occhi e si costrinse ad indossare un'espressione neutra ed indifferente. Si diresse al frigorifero e ne estrasse una bottiglia di latte, in seguito passò ad aprire uno sportello della cucina per raccattare un bicchiere da riempire con la sua bevanda. 
Deimos mise piede nella cucina proprio in quel momento. Esaminò da capo a piedi la ragazza mentre chiudeva la confezione del latte e si sedeva al tavolo col suo bicchiere, e contrasse la mascella. L'umana aveva scelto di far finta che lui non esistesse. Quella novità avrebbe dovuto fargli piacere considerato il suo desiderio di non volerla tra i piedi, eppure gli dava terribilmente fastidio. Un fastidio che non era in grado di spiegarsi. 
Mosse dei passi per la stanza fino a raggiungere la bottiglia del latte alle spalle di Gea, si appoggiò al pianale e cominciò a bere alcuni sorsi di quel liquido freddo. 
Nel frattempo la ragazza aveva la destabilizzante sensazione che la nuca le venisse perforata da due paia di gelidi zaffiri. Il cuore continuò a rimbalzarle nel petto con crescente velocità, finché non si decise a scolare di getto il contenuto del bicchiere e scappare da quella cucina divenuta improvvisamente troppo stretta. 
La sua sedia slittò sul pavimento con uno stridio tale da spezzare il silenzio, e ciò contribuì ad agitare ancor di più la ragazza, che dissimulò il suo stato interiore con uno sguardo ricolmo d'indifferenza. 
Con una minuziosa manovra del braccio riuscì a depositare il bicchiere nel tinello, davanti a cui si trovava il ragazzo in una posa disinvolta. Si premurò di non sfiorarlo nemmeno per sbaglio mentre ritraeva la mano. Una volta riuscita nel suo intento si lodò mentalmente e si avviò fuori dalla cucina. 
Sospirò per distendere i nervi ed inspirò a pieni polmoni nel tentativo di darsi un contegno e persistere nel suo intento di evitarlo. 
Non sapeva che cos'avrebbe voluto ottenere con quell'atteggiamento, ma le era venuto spontaneo fin dal primo momento in cui lo aveva visto uscire dal bagno con la coda dell'occhio. L'affermazione della sera prima le aveva fatto troppo male per far finta di nulla. A mente più lucida si era resa conto che la visione vissuta a causa di Deimos non aveva niente a che vedere con ciò che le era successo la sera precedente. Ma lì per lì, mentre era accecata dalla paura, non aveva avuto modo di accorgersene ed aveva preso quell'ipotesi per vera. 
Raggiunse la finestra incriminata e si piegò di poco sulle ginocchia per esaminare quanto grande fosse il danno provocato dal quarto sasso. 
Un debole vento le accarezzò il viso e le smosse alcuni capelli sulle tempie. Alzò un dito e picchiettò su un tratto di vetro rimasto intatto, ma appena il suo polpastrello ci entrò in contatto questo cadde a terra e raggiunse gli altri frammenti. 
<< No >> esclamò colpevole, osservando il cimitero di vetri sotto i suoi piedi. Li smosse con la punta della scarpa come a volerli rianimare ed infine se ne allontanò per ricercare con lo sguardo qualcosa che potesse tappare il buco alla finestra. 
Gli occhi le caddero sui cocci disseminati sul pavimento, un tempo facenti parte di un vaso. 
Ancora non aveva ben chiaro il perché dell'ira che aveva infervorato il ragazzo la sera prima. Le sembrava strano che si fosse arrabbiato solo perché lei era uscita di casa. O forse le stava nascondendo qualcosa a cui lei era andata molto vicina? Un qualcosa che non voleva che lei scoprisse e che probabilmente aveva a che fare con l'entità sconosciuta che aveva lanciato i sassi. 
Sospirò pesantemente e mantenne lo sguardo sui cocci. Su quante cose la stava ancora tenendo all'oscuro? Quando avrebbe potuto rifidarsi di lui e smettere di sospettare? 
Le sue gemme d'ambra si velarono di tristezza e nostalgia. Scosse la testa per scacciare quei pensieri e riprese la sua ricerca da dove l'aveva interrotta. 




                                                                       *  *  * 




Ogni secondo contribuiva ad aumentare il nervosismo di Deimos. 
Odiava l'atteggiamento indifferente dell'umana, che oltretutto stava andando avanti da svariate ore. Se da principio si era ripromesso di adottare la stessa indifferenza per tenersela lontana dai piedi, adesso faticava a mantenere la calma. 
Dopo essersi fatto una lunga doccia ed aver indossato una nuova maglietta e dei nuovi pantaloni rigorosamente neri, si teletrasportò in cucina. Puntò gli occhi sulla schiena della ragazza ed incrociò le braccia al petto. << Preparami il pranzo, umana >> le ordinò perentorio. 
Il cuore di Gea sobbalzò emozionato. Era la prima volta in quella giornata che le rivolgeva la parola, peccato che lo avesse fatto per comandarle qualcosa a cui lei non aveva intenzione di ubbidire. 
Evitò accuratamente di considerare le sue parole e di conseguenza la sua presenza, e continuò a tagliare i finocchi in piccoli pezzi. 
Deimos contrasse la mascella innervosito e mosse dei rapidi passi in direzione della ragazza. Le afferrò il polso con cui impugnava il coltello, la strattonò verso di sé e le prese la mandibola in una mano per alzarle la testa. << Ti conviene smetterla >> le disse tra i denti, stringendo la presa. 
Gea puntò i suoi neutri occhi in quelli accesi di lui e rimase in silenzio, ma per poco dal momento che le risultava impossibile non rispondergli. << E a te conviene lasciarmi in pace >> ribatté con un tono tagliente. << Ho un coltello in mano, potrei lanciartelo addosso da un momento all'altro. >> 
<< E credi che mi farei colpire da una stupida umana come te? >> la canzonò con cattiveria, perforandola con lo sguardo.
La ragazza strinse i denti ed aumentò la stretta delle dita attorno all'arma. Qualche tempo prima sarebbe stata seriamente tentata dall'idea di scagliargli quell'oggetto contundente addosso, ma adesso... adesso odiava la sola idea di potergli fare del male. 
Deimos le lanciò un sorrisetto derisorio. << Fallo. Colpiscimi >> la incitò scuotendola. << O forse non ne hai il fegato? >> 
<< Sta' zitto >> sibilò Gea, assottigliando lo sguardo. 
Il ragazzo le si avvicinò di un passo. << Reagisci, umana >> la canzonò mantenendo la stessa espressione dissacrante. Abbassò la testa e con le labbra giunse a pochi millimetri dall'orecchio di lei. << È quello che vuoi, no? >> la stuzzicò fiatando contro la sua pelle. La giovane trattene il respiro ed istintivamente gli agguantò la maglietta, stringendola tra le dita. 
<< Scarica la rabbia >> le sussurrò con un tono più basso, muovendole il polso per puntarsi il coltello contro al petto. 
Gea deglutì faticosamente ed osservò come la punta della lama si trovasse a contatto con la maglietta di Deimos. Perché lui stava facendo tutto quello? Perché la stuzzicava a colpirlo? Che cosa cercava di ottenere? 
<< Che cosa ti dice che non lo farò veramente? >> gli chiese, nascondendo l'agitazione. 
Il ragazzo sorrise divertito ed avvicinò ulteriormente la bocca al suo orecchio, finendo per sfiorarlo. << La tua debolezza >> rispose tagliente. 
<< Meglio essere deboli che degli assassini >> replicò di getto lei. 
Deimos allargò il sorriso e fece scivolare le dita sopra la mano di Gea, provocando il battito accelerato del cuore della ragazza. Ma appena il coltello le venne strappato dalla presa poco salda e le venne puntato sull'addome, sgranò gli occhi e le si mozzò il respiro. 
<< Solo che i deboli periscono, ed indovina per mano di chi? >> le domandò con ironia in un roco sussurro.  
La giovane gli strinse la maglietta e digrignò i denti. Perché riusciva sempre a metterla con le spalle al muro? Ma soprattutto, perché a lui veniva tanto naturale ferirla o pensare di ucciderla? Quella era l'ennesima schiacciante prova che il ragazzo non tenesse a lei, ma che la considerasse un oggetto da poter usare a suo piacimento. 
Ripensando a quanto il giorno prima si fosse interrogata proprio su quella questione, si sentì una sciocca. Aveva perso tempo per qualcosa che non esisteva, ma che lei desiderava ad ogni costo. Talmente tanto da farle vedere spiragli di luce in una valle di oscurità. 
Deimos percepì il cambio di umore della ragazza dalla sua volontà di non reagire. Aveva ormai imparato che quando lei si rifiutava di controbattere verbalmente o attaccare fisicamente, qualcosa la stava turbando. E come ogni volta si ritrovò ad essere curioso dei suoi pensieri. 
Senza riflettere, abbassò la testa ed andò a posare la bocca sul collo della giovane, schiudendo le labbra per risentire quel sapore che tanto gli piaceva. 
Gea spalancò gli occhi per lo stupore ed il cuore le iniziò una rapida corsa. 
Il ragazzo gettò il coltello per terra, che con il suo atterraggio sulle piastrelle provocò la propagazione di un metallico ticchettio per la stanza, e le passò la mano su un fianco. Salì con le labbra su un altro piccolo tratto di pelle e lo mordicchiò piano, prima di assaporarlo  con la lingua ed allontanarsi quel tanto che bastava a sfiorarle la mandibola con la punta del naso. << La devi smettere, umana >> le fiatò sul viso, a pochi centimetri dalla bocca. 
Gea deglutì pesantemente mentre il suo sguardo si focalizzava sulle labbra del giovane. << Non sto facendo nulla >> ribatté a bassa voce.  
Deimos le passò una mano sulla schiena e l'avvicinò a sé, dopodiché piegò la testa di lato e piantò i suoi velati e duri zaffiri sulla bocca di lei. << La devi smettere di evitarmi >> dichiarò sfiorando impercettibilmente le labbra di Gea con le sue. 
Il cuore della ragazza sobbalzò stupito. E lo fece sia per quel gesto delicato che per quelle parole inattese. 
<< Perché, ti dà noia? >> lo stuzzicò stringendo il lembo della sua maglietta nel palmo sudato.  
<< Non ti conviene scherzare col fuoco >> la redarguì espirando sulla sua bocca e facendo scivolare entrambe le mani sui suoi fianchi. 
Gea mosse un piccolo passo in avanti e si morse un labbro, gesto che fece scurire le iridi del giovane. << E a te non conviene tergiversare >> sussurrò inclinando la testa. << Altrimenti continuerò ad evitarti. >> 
Deimos rimase in silenzio, con lo sguardo perso sulla bocca di lei. Successivamente strinse la presa sui suoi fianchi e la sollevò da terra; le passò una mano sotto la coscia destra e l'altra andò a posarla sulla sua schiena, premendo il corpo della ragazza contro di sé. 
La giovane avvinghiò le gambe attorno al suo bacino e gli circondò il collo con le braccia, mentre entrambi insistevano ad osservarsi e scrutarsi con delle espressioni concentrate e decisamente perdute l'una in quella dell'altro. 
<< Mi devi rispondere >> sussurrò Gea, tirandogli una ciocca di capelli con delicatezza. 
Il ragazzo sorrise beffardo e le toccò il mento con le labbra, mantenendo gli occhi socchiusi. << Io non devo mai niente, umana >> le ricordò con un tono provocatorio.
<< D'ora in poi adotterò anch'io questa tua filosofia di vita >> asserì lei, depositando un piccolo bacio su un angolo della sua bocca. << E ricomincerò ad evitarti. >> 
Quel delicato gesto scatenò in Deimos un qualcosa di non ben identificabile, ma che per la seconda volta in vita sua gli fece battere il cuore. E così deglutì pesantemente e persistette ad osservare le labbra di Gea, in quel momento estremamente vicine. 
Un secondo dopo la schiena della giovane si scontrò contro il muro, e la sua bocca venne tappata da quella famelica di lui. La baciò con passione e avidità, come un assetato che dopo giorni s'imbatte in una fonte d'acqua. 
Spostò la mano dalla sua schiena, premendo ogni dita contro il corpo della ragazza, e la fece risalire sino al suo viso, posizionando il palmo sulla sua guancia accaldata. E nel frattempo le morse piano il labbro inferiore in modo tale da stuzzicarla e farle liberare un mugolio di piacere. 
Gea rafforzò la stretta delle gambe attorno al bacino di Deimos e lo avvicinò a sé, ma in compenso gli tirò una ciocca di capelli e lo distanziò dalla sua bocca. I loro respiri agitati si fusero l'uno in quello dell'altra, mentre nella stanza regnava solo il rumore della lancetta dei secondi che scandiva l'inesorabile scorrere del tempo.
<< Non mi hai dato una risposta >> mormorò flebilmente lei. Il cuore le batteva talmente veloce che fece persino fatica a sentire le sue stesse parole. 
Deimos sorrise divertito e fece pressione col palmo per alzarle la testa. << E non l'avrai >> dichiarò appoggiando le labbra sul suo collo. Iniziò a succhiarle un lembo di pelle con lentezza, alternando la punta della lingua ai denti e provocando lo scollegamento del cervello della ragazza. Quest'ultima gli agguantò la corta manica della maglietta e la strinse nella mano sudata, riducendola ad un brandello spiegazzato ed umido. Contrasse l'addome ed appoggiò la nuca contro al muro, mentre manteneva gli occhi chiusi e si lasciava sfuggire un sospiro di piacere. 
Il giovane, nell'udire quel flebile verso, si sentì scuotere da un fremito che lo indusse ad intensificare la velocità dei bollenti baci che le disseminava sul collo. 
Non gli era mai successo. Mai successo di sentirsi tanto coinvolto in un rapporto di quel tipo. Non era in grado di pensare lucidamente e di controllarsi, ma era preda dell'istinto e dell'atmosfera. Desiderava quell'umana più di qualsiasi altra al mondo. L'unica che fosse capace, pur non muovendo un dito, di inibire la sua ragione e risvegliare i suoi sensi. 
Gli sarebbe bastata una volta. Una volta sola ed era certo che tutti quegli strani effetti che riusciva a scatenare in lui sarebbero svaniti. 
Le morse il lobo dell'orecchio ed in contemporanea premette il bacino contro quello della ragazza. << Chi è George? >> le domandò di punto in bianco, con un tono rauco e severo. 
Gea riaprì gli occhi, li strinse confusa ed abbassò la testa per cercare il suo sguardo. << Perché? >> chiese con un filo di voce. 
Deimos le marcò il profilo della mandibola con la punta del naso, dopodiché puntò i suoi lucenti zaffiri nelle gemme d'ambra di lei. << Rispondi >> le ordinò duramente. << Chi è? >> ripeté con un cenno del capo. 
La ragazza sbatté velocemente le palpebre. << Perché io dovrei risponderti se tu non lo fai mai? >> ribatté stizzita. << Non ci penso nemmeno. >> 
Il giovane rimase in silenzio e fece scivolare la mano che le teneva sul viso verso il suo fianco. Ci si ancorò ed in contemporanea alzò il mento in un gesto di sfida, guardandola con un'espressione impassibile. << Una a testa >> pronunciò atono. << Tu rispondi alle mie domande ed io risponderò alle tue. >> 
Il cuore di Gea sobbalzò per lo stupore di quella concessione. Avrebbe potuto rivolgergli tutti i quesiti che le assillavano da sempre la mente e liberarsi di una parte di quei fastidiosi tarli. Ma davvero lui le avrebbe risposto? O si trattava solo di una trappola? Per una volta decise di accantonare i sospetti e di comportarsi da ingenua.  
<< Adesso rispondi >> le comandò perentoriamente, fissandola con intensità. 
La ragazza riemerse dai suoi pensieri e senza accorgersene si ritrovò incastrata nel freddo sguardo di lui. Deglutì e si schiarì la voce. << È un mio compagno di corsi. Un amico >> specificò sentendosi in dovere di farlo. << Lo hai visto una volta sulla porta di casa mia. >>
Deimos la fissò per qualche altro secondo, infine le si avvicinò e deviò la bocca in direzione del suo collo. Ci poggiò le labbra e le schiuse per baciarla lascivamente. 
La giovane tornò a strizzare il lembo di maglietta che teneva in una mano e trattenne a stento un gemito. << Perché me lo hai chiesto? >> domandò d'un fiato. 
Le leccò un tratto di pelle sino alla clavicola e si soffermò su di essa per morderla piano. << Lo hai nominato nel sonno l'altra notte >> le rispose affondando le dita nel suo fianco. 
La mente di Gea scattò a ritroso nella speranza di ricordarsi in quale sogno fosse stato presente George, ma non rammentò niente. Però il desiderio di conoscere in che condizioni fosse stato realmente ridotto dopo l'attacco di Deimos non le si era mai allontanato dalla testa. Probabilmente doveva essere stato quello a spingerla a nominarlo. 
Ma subito dopo i suoi pensieri furono catturati da un'altra lunghezza d'onda. << E tu come fai a saperlo? Ogni notte stai fuori >> affermò con una nota di fastidio. 
Il ragazzo inspirò l'odore della sua pelle e spostò una mano sotto la sua maglietta. << Hai fatto una domanda di troppo, umana >> le fece notare, risalendo con la bocca fino a portarla davanti a quella di lei. << Come sai che ogni notte esco? >> le fiatò sul viso, fissandole le labbra. 
Nel notare dove si fossero posati i suoi occhi, lo stomaco le fece varie capriole e le si contrasse emozionato. 
<< Ti sento rientrare presto la mattina, ogni volta >> confessò depositando una mano dietro al suo collo. << Che cosa fai là fuori? >> domandò con la gola secca. Poteva immaginare quale sarebbe stata la risposta, e se da una parte odiava il fatto di averglielo chiesto, dall'altra desiderava sentirsi dire qualcosa di diverso da ciò che aveva sempre supposto. 
Deimos avvicinò il viso al suo, inclinò la testa e le sfiorò le labbra, facendo palpitare il cuore di Gea. << Gioco, bevo e mi diverto con qualche umana >> tagliò corto con un tono rauco. 
Gli occhi della ragazza si velarono di tristezza. Che cosa si era aspettata dopotutto? Che lui le dicesse che andava ad aiutare le vecchiette in giro per il mondo? Era scontato che passasse ogni santa notte a sollazzarsi con qualche tipa. Altrimenti perché tornava sempre coi capelli arruffati e la maglietta raggrinzita? 
Al pensiero che altre ragazze si fossero prese la libertà di passargli le dita tra i capelli, il suo stomaco si accartocciò infastidito. Istintivamente acciuffò una ciocca di Deimos e la strinse nella mano. 
Il giovane avvertì i muscoli di lei irrigidirsi e tendersi. E così, senza pensare, appoggiò le labbra su quelle della ragazza per lambirle con lentezza. Le alzò ulteriormente la maglietta e fece vagare le dita fin dietro la sua schiena, in modo da tenerla premuta contro di sé. 
Gea iniziò a rispondere a quel pacato bacio con stupore. Uno stupore causato dalla calma con cui stava avvenendo quel contatto, una calma mai esistita prima. Le palpebre le calarono pesantemente e lei si lasciò trasportare dalla docile corrente in cui la sua mente stava fluttuando. Dimenticò i pensieri che la stavano assillando, il tempo, lo spazio, la situazione nella quale viveva, la minaccia degli elementi e lo strano avvenimento della sera precedente. Ma in compenso si abbandonò al calore che le si propagava nelle vene e le offuscava ogni sorta di riflessione negativa. 
Accarezzò la nuca del giovane e rilassò ogni muscolo contratto, mentre lui non mostrava intenzione di voler approfondire il bacio, ma si limitava ad accarezzarle le labbra. 
Poco dopo lo scenario cambiò. La schiena di Gea non si trovò più a contatto con il muro, ma si vide sorretta dalla mano del ragazzo, che nel frattempo non aveva allontanato la bocca dalla sua. 
La giovane gli circondò il collo con le braccia e si strinse a lui, provocando una tanto più grande eccitazione in Deimos da fargli innescare un bacio frenetico e passionale. 
E mentre i loro respiri agitati si confondevano nel silenzio della stanza, il ragazzo mosse dei passi in avanti finché il suo stinco sinistro non si scontrò contro la copertura in legno del letto. 
Operò una pressione contro i fianchi di lei e la fece cadere sul materasso, interrompendo così il loro contatto. Due accesi ed intensi zaffiri s'incatenarono con due lucide e velate gemme d'ambra. Mantenendo lo sguardo fisso in quello del giovane, Gea premette i palmi sul lenzuolo e si sospinse all'indietro. Un attimo più tardi Deimos si precipitò sul corpo della ragazza, la stese sotto di sé e continuò a fissarla coi suoi penetranti occhi. 
Per un minuto buono si osservarono e scrutarono reciprocamente, senza rendersi conto che man mano i loro volti approssimavano le distanze. Solo quando il ragazzo le contrassegnò il contorno delle labbra con la punta della lingua, si resero conto di quanto fossero vicini.
In contemporanea al battito accelerato del cuore, Gea espirò un debole gemito ed appoggiò una mano sul costato di lui. In risposta a quel mugolio, Deimos le prese un labbro tra i denti e lo morse piano, dopodiché fremette ed avviò un nuovo avido bacio. 
E mentre le sollevava la maglietta sulla pancia fino a raggomitolargliela sopra al reggiseno, introdusse la lingua nella sua bocca per accendere ed intensificare il loro contatto. 
La giovane gli passò una mano sotto la maglia e gli accarezzò la pelle del ventre, per poi salire e sfiorare gli addominali con dei tocchi leggeri. I muscoli del ragazzo si tesero ed un brivido gli corse lungo la schiena, scuotendolo talmente forte da innescare il battito accelerato del suo cuore. 
Si staccò di colpo dalle labbra di Gea e le scagliò contro i suoi annebbiati ed interrogativi zaffiri. Perché lei era capace di fargli battere tanto forte quell'organo? Perché gli succedeva solo quando era insieme a lei? Che poteri aveva quella dannata umana? 
Fissò intensamente le gemme di colei che si era impossessata dei suoi pensieri come se avesse potuto trovarci delle risposte. Ma nello scandagliare quei grandi e docili occhi, ogni domanda fu spazzata via dalla sua mente come l'oscurità viene diramata dalla luce di un faro. E così le sue palpebre si socchiusero istintivamente ed il suo volto tornò ad avvicinarsi a quello di lei. Posò le labbra sul suo collo, toccandolo appena, mentre con un gomito si puntellò sul materasso e l'altra mano l'adagiò sul suo fianco nudo. << Perché odi la parola "incapace"? >> le chiese inspirando l'odore della sua pelle. 
Quella domanda, per un attimo, la spiazzò. Non si sarebbe mai aspettata un simile interesse da parte sua per il suo passato e più in generale per lei stessa. Se da una parte ne era felice, dall'altra avrebbe preferito un altro tipo di quesito. Odiava ricordare i motivi per cui a lungo si era sentita inferiore a tutti e per colpa dei quali si era sempre limitata a fare il minimo. Dei motivi che potevano essere incarnati in due persone: i suoi genitori. 
<< È... una storia lunga >> disse soltanto, deglutendo in difficoltà. 
Deimos sollevò la testa e puntò i suoi duri occhi in quelli di lei. << Rispondi >> le ordinò con freddezza. 
Gea abbassò lo sguardo e sospirò piano. << È... diciamo che... cioè... ha a che vedere col motivo per cui vivo da sola >> pronunciò, senza accorgersi del modo attento con cui la stava osservando il ragazzo. << E quindi... coi miei genitori. Loro... >> s'interruppe per buttare giù il magone che le si stava formando nella gola e schiarì la voce. << Loro non mi hanno mai vista come una figlia di cui... andare fieri. E... >> Strinse gli occhi e deglutì nuovamente. << Gli altri erano costantemente un gradino al di sopra di me. Mi hanno sempre ritenuta... >> La voce le tremò per un istante, così sospirò e cercò di distendere la tensione. << Un'incapace in tutto >> confessò infine in un sofferto sussurro. 
Dopo ciò, il silenzio piombò pesantemente su di loro. 
Il giovane rimase a scrutare la tristezza che le aveva adombrato il volto, mentre lei evitava di alzare lo sguardo ed incontrare gli zaffiri di lui. Sentiva di essersi esposta troppo, raccontandogli qualcosa che con molte probabilità non gli interessava nemmeno. E magari adesso la vedeva ancora più debole di quanto già non la vedesse. O in alternativa dava ragione ai suoi genitori, dal momento che anche lui l'aveva più volte appellata incapace.
Appena percepì le labbra del ragazzo che si schiudevano sul suo collo, il cuore le zompò nel petto e gli occhi le si spalancarono. 
<< Mm >> le disse soltanto, con un tono atono. Ma bastò quel borbottio per far emozionare la giovane, perché le sembrò quasi che lui fosse in disaccordo con ciò che avevano sempre ritenuto i suoi genitori. 
<< Tocca a me adesso >> si ricordò d'un tratto. << Perciò... perché vuoi che smetta di evitarti? >> domandò con un filo di voce. Desiderava ardentemente avere quella risposta. Perché a seconda di cosa le avrebbe detto avrebbe potuto capire se lui tenesse a lei oppure no. Il fatto che poco prima le avesse intimato di smetterla le faceva presagire qualcosa di positivo. Ma come al solito, quando si trattava di quel misterioso ragazzo, tutto poteva essere il contrario di tutto. 
Deimos irrigidì i muscoli delle spalle e salì con la bocca fino a portarla su quella di lei. 
Non sapeva nemmeno lui perché voleva che l'umana lo considerasse. Sapeva solo che quell'essere evitato gli scatenava un fastidio immenso. Perché esigeva gli occhi dell'umana e la sua attenzione rivolti su di sé, e non su qualcos'altro o qualcun altro. 
Intensificò la velocità e la passionalità del bacio appena si rese conto di un'altra verità. 
Gea gli alzò la maglietta sul petto e con l'altra mano passò a toccargli i capelli, mentre lui si abbassava sul suo corpo per farli entrare in contatto. 
Le morse un labbro e subito dopo lo succhiò con avidità, per poi riprendere a baciarla famelicamente. 
Lui voleva quell'umana per sé. Solo per sé. Non era intenzionato a condividerla con nessuno. 
Le sfilò la maglia e la gettò frettolosamente da una parte, dopodiché assecondò le dita di lei che premevano per togliergli la sua. E così nel giro di pochi secondi entrambe le loro t-shirt atterrarono sul pavimento riscaldato dai raggi del sole. 
Deimos piantò i palmi sul materasso e si calò piano sul fisico della ragazza, mentre lei gli stringeva le braccia attorno al petto come in un abbraccio. 
Gea alzò la testa e lui si fiondò di colpo sulla sua bocca, impegnandola in un bollente bacio frenetico. 
Si stuzzicarono per svariati minuti, concedendosi a malapena il tempo di respirare. Appena lei si allontanava, lui subito la cercava come se quelle labbra fossero il suo ossigeno, e viceversa. 
Si distanziarono poco dopo, quando i loro respiri si fecero troppo agitati per permettere loro di continuare. Ma in compenso furono i loro occhi ad incontrarsi. Si fissarono con un'intensità tale che nessuno dei due si rese conto che, a causa del potere di Gea, il tempo si era fermato. 
La lancetta dei secondi al piano di sotto si congelò appena prima d'inaugurare le due del pomeriggio, risparmiando che l'atmosfera non venisse spezzata dal suo tetro rintocco. E così successe agli uccelli nel cielo, le cui ali si arrestarono tra un battito e l'altro, ad ogni persona nel mondo, all'acqua nei fiumi, agli alberi smossi dal vento e a qualsiasi essere animato e non. L'intero pianeta si trasformò in una cartolina. 
Deimos abbassò la testa e scese a baciarle un lembo di pelle non coperto dal reggiseno. In contemporanea ad un sospiro della ragazza, il tempo tornò a scorrere ed il mondo riprese a respirare.   
E mentre il giovane le solleticava quel tratto con la lingua e con i denti, Gea fremette ed avvinghiò le gambe attorno ai suoi fianchi per trattenerlo a sé. Nel sentire l'eccitazione di lei crescere, di riflesso, quella del ragazzo fece altrettanto. Capovolse di scatto le posizioni e portò Gea su di sé, tenendola premuta contro il suo corpo con una mano sulla schiena e una sul costato. 
Dopodiché sollevò la testa in contemporanea all'abbassamento di essa da parte della giovane. La baciò lascivamente sulla spalla sinistra e lei posò la bocca sul suo collo. 
Quest'ultima dischiuse le labbra ed assaggiò la pelle del ragazzo quasi con timidezza, come se avesse paura di fargli del male. Successivamente intensificò l'urgenza di quei piccoli ed umidi baci scendendo verso la sua clavicola. 
Deimos appoggiò il capo sul cuscino ed emise un tremulo sospiro, mentre le sue mani calavano sulla pancia della giovane sino a raggiungerle il bottone dei pantaloni. Li sbottonò e fece pressione per farglieli scendere sotto al sedere. Gea andò in suo soccorso e si rizzò dal suo corpo per toglierseli definitivamente, tra varie goffe mosse, e lanciarli a terra. Per un attimo i suoi occhi furono catturati dai vestiti che già giacevano sul pavimento come memorie delle loro azioni, ma solo per poco dal momento che il ragazzo l'afferrò per un polso e la tirò di nuovo su di sé. La chiuse tra le sue forti braccia e si avventò sulla sua bocca, causando lo scollegamento del cervello di entrambi. 
Il cuore della giovane sembrò smettere di battere quando lui fece navigare le sue abili dita sino al gancetto del reggiseno. Poco meno di un secondo dopo, un debole ticchettio risuonò per la stanza assieme ai loro respiri mozzati.  
Deimos interruppe il bacio e sollevò la testa. << Perché mi dà fastidio >> le mormorò in un orecchio con un tono estremamente rauco. E prima che Gea riuscisse a collegare quelle parole alla domanda che poco tempo prima gli aveva rivolto, lui ribaltò le posizioni e tornò ad imperare su di lei.  
I loro lucidi occhi s'incontrarono ancora e non si staccarono per i minuti successivi. Nessuno dei due sembrava volersi privare dello sguardo dell'altro, come se quel gesto riuscisse ad alimentare di vita entrambi. Deimos analizzò minuziosamente le sfumature color ocra che serpeggiavano tra le iridi della ragazza, mentre quest'ultima scandagliò il blu tenebroso dei suoi zaffiri alla ricerca di un'emozione. Ma non riuscì a definire in modo preciso nulla di ciò che gli attraversava gli occhi, capaci d'immagazzinare ma non di riflettere. 
Gli passò una mano sulla nuca e si sporse in avanti per depositare un bacio sul suo mento, dopodiché glielo prese tra i denti e lo morse piano. 
Il giovane fremette e si abbassò su di lei, contraendo i muscoli delle spalle per non schiacciarla. Percorse con la lingua una striscia sul suo collo per poi iniziare a baciarne un tratto con ardore. Gea gemette e gli serrò una ciocca di capelli tra le dita, mentre istintivamente s'inarcava contro il ragazzo. 
<< Perché quella sera mi hai voluto seguire al pub? >> le domandò, proseguendo con la scia di baci sino alla clavicola. 
<< Volevo... >> Deglutì pesantemente ed espirò di piacere. << Volevo uscire di casa >> riuscì a dire in un soffio. 
Deimos sorrise sulla sua pelle e portò una mano sotto al reggiseno, ancora in equilibrio precario, per appoggiarla su un suo seno e stringere la presa. Gea lanciò un urletto sorpreso e nell'immediato le sue guance si surriscaldarono.
<< La verità >> le intimò il giovane, abbassando il bacino sul suo e facendole sentire la sua condizione. 
La ragazza soffocò a stento un gemito appena le labbra di lui ripresero a succhiarle un lembo non coperto dal reggiseno. << Io... >> Strinse i denti ed impugnò con più forza la ciocca che teneva tra le dita, mentre Deimos le spostava quell'impedimento dal petto e passava a stuzzicarle un seno. 
<< Tu? >> la incitò fiatando sulla sua pelle. Le infilò una mano sotto la schiena e l'avvicinò ulteriormente a sé, per poi tornare a ricoprirle il seno di baci e fameliche stoccate con la punta della lingua. 
Gea tremò per un istante, piegò le gambe e le serrò intorno ai fianchi di lui. << Volevo vedere... cosa facevi la notte >> pronunciò con difficoltà. Dopodiché, incapace di resistere oltre, costrinse il ragazzo ad alzare la testa e a portare la bocca sulla sua. 
Si baciarono con frenesia e trasporto, a tratti con più delicatezza e a tratti con urgenza, ma senza darsi tregua. 
La giovane premette le mani sulle sue spalle e Deimos l'assecondò nella sua volontà d'invertire ancora una volta le posizioni, trasportandola distesa su di sé. 
Adagiò una mano sulla schiena di lei e la fece navigare lentamente, godendosi ogni centimetro di morbida e calda pelle, sino al suo fondoschiena. Lì si soffermò e la massaggiò con un tocco leggero, sfiorandola con i polpastrelli e facendole venire i brividi. 
Gea ansimò sulla sua bocca e se ne allontanò per deglutire un cumulo di emozioni assolutamente nuove. Con un colpo secco della testa gettò i capelli da un lato, incrementando l'eccitazione del ragazzo, e si abbassò a lambire un suo pettorale. Ci giocò sia con la lingua che con le labbra, senza rendersi conto che secondo dopo secondo le iridi del giovane si facevano più scure e liquide. 
Quest'ultimo esalò un verso gutturale e contrasse ogni muscolo esposto al tocco della ragazza. Con urgenza fece scontrare il bacino a quello di lei e la riportò sotto di sé, si teletrasportò in piedi sul pavimento, lasciandola per un attimo perplessa, e si tolse rapidamente i pantaloni, prima di estrarre una bustina e buttarla sul materasso. Tornò a gattoni sul letto, mantenendo i suoi profondi zaffiri fissi in quelli di Gea, e fece leva sui palmi per distendersi sul suo corpo. La ragazza gli circondò il collo proprio mentre lui faceva entrare in contatto i loro caldi petti ed approssimava le distanze tra i loro volti. Inclinarono entrambi la testa e si osservarono le labbra a vicenda, inspirando l'uno il respiro agitato dell'altra. Gea mosse impercettibilmente il capo e gli accarezzò la guancia con la punta del naso. << Adesso me lo dici quanti anni hai? >> domandò flebilmente, disegnando motivi circolari sulla sua pelle.
Deimos socchiuse gli occhi, ammaliato da quel delicato tocco, e nascose la faccia sul suo collo. Inspirò l'odore dei suoi capelli ed infine dischiuse le labbra su un osso della sua mandibola. << Uno in più di te >> confessò delineando il percorso fino alla sua bocca con dei tocchi leggeri. << Quasi venti >> precisò prima d'impegnarla in un bacio incandescente.
Il cuore della ragazza batté rapido come un uccello. Le sembrava impossibile che lui stesse rispondendo alle sue domande. Non poteva sapere se ciò che le diceva fosse la verità, ma non sospettava nemmeno che le sue risposte fossero false. E tutto ciò contribuiva a riporre dei nuovi mattoni sul muro della sua fiducia per lui.
Il giovane incrementò l'intensità del bacio ed introdusse una mano sotto la sua schiena, facendo pressione per sollevarla e metterla cavalcioni su di sé. Gea appoggiò le mani sulle sue spalle e si allontanò dalle labbra del ragazzo per piegare la testa di lato e far cadere i fastidiosi capelli da una parte. Deimos non si perse niente di quel gesto, ma la osservò intensamente, faticando a staccarle gli occhi di dosso anche solo per un istante. 
Fece navigare la sua mano per tutta la schiena della giovane e da ultimo esercitò un'improvvisa pressione per avvicinarla a sé. Quest'ultima si strinse al corpo del ragazzo ed abbassò il capo per condurre la bocca davanti alla sua. 
Ancora una volta rimasero a scrutarsi da vicino, con gli occhi semichiusi ed il respiro corto. Era la prima volta che Deimos si prendeva così tanto tempo prima di concludere un rapporto. Con qualsiasi altra ragazza era solito far presto per raggiungere il suo culmine, invece da quell'umana desiderava di più. Voleva sentirla gemere e farle provare piacere, voleva sentirla abbandonata tra le sue braccia e vedere i suoi occhi appannati dalla passione. Ma più di ogni altra cosa, bramava sentirla sua. Un desiderio che non aveva mai provato per nessun'altra. 
Le agguantò la mandibola con una mano e strinse la presa, dopodiché con una rapida mossa fece scontrare le loro labbra, suggellando un nuovo ardente bacio. 
Gea fece scivolare un braccio sulla schiena di lui e prese a vezzeggiare la sua pelle con la punta delle dita, in un tocco tanto delicato quanto destabilizzante per la mente del ragazzo.
E così Deimos inserì una mano tra i loro corpi, risalì la pancia della giovane e raggiunse un suo seno, sul quale pose il palmo ed iniziò a giocarci con delicatezza ed al contempo ruvidità. La ragazza soffocò un gemito sulla sua bocca e gli morse un labbro, come se si fosse trattata di una punizione. La gola di lui vibrò di un ringhio gutturale e subito dopo la riportò distesa sotto di sé. La premette contro il materasso mentre lei gli cingeva i fianchi con le gambe, e nonostante il respiro spezzato si spostò a baciarle lascivamente il collo. Non le lasciò un solo centimetro di pelle privo della sua umida scia, ma al contrario provvide a depositare più marchi possibili. 
Le inclinò la testa di lato e deviò il suo tragitto in direzione dello zigomo. << Hai pianto stanotte? >> le domandò in un rauco soffio. 
Gea riaprì gli occhi ed il cuore le perse nuovi battiti. << Perché... >>
<< Sono io che faccio le domande, umana >> la redarguì mordendole il lobo con forza. 
La ragazza mugolò di un dolore misto a piacere e sospirò piano, mentre lui le succhiava il punto che appena prima avevano assaggiato i suoi denti. << Sì >> mormorò debolmente. 
Quella risposta provocò l'istintivo irrigidimento dei muscoli del giovane, che di conseguenza reagì baciandole un lembo di pelle sul collo con maggiore famelicità. 
Gea gli strinse i fianchi con tenacia e gli circondò il collo con le braccia, facendosi scappare un altro gemito capace di far fremere il ragazzo. 
E così quest'ultimo si allontanò di scatto da lei, si sedette e sfilò via i boxer. Il cuore della giovane probabilmente si arrestò per svariati secondi mentre lo osservava aprire la bustina che poco tempo prima aveva buttato sul letto. 
Non ci aveva ancora pensato, ma era davvero sicura di ciò che stava facendo? Dopotutto lui non era un ragazzo normale, ma colui che le aveva fatto patire le peggiori torture sia fisiche che psicologiche, che il giorno precedente le aveva dato di pazza, che ogni notte la lasciava sola ed in preda alla tristezza, che aveva annientato la sua fiducia, che sembrava non essersi mai pentito di niente di ciò che le aveva fatto, ma di cui lei si era perdutamente innamorata. Forse era pazza, forse c'era qualcosa di sbagliato in lei, o forse molto più semplicemente il suo cuore seguiva delle strade opposte a quelle tracciate dalla ragione. Ed in quel momento, mentre la sua mente veniva affollata da congetture, le bastò incontrare i liquidi e taglienti zaffiri per cui aveva perso la testa perché ogni dubbio venisse spazzato via. 
Non le servì altro. Nient'altro per sentirsi sicura del passo che stava compiendo. 
Deimos fissò intensamente l'umana, come se stesse cercando qualcosa nel suo sguardo. Un qualcosa che non sapeva neanche lui cosa fosse. Dopodiché ritornò con lenti gattoni sul corpo della ragazza, senza mai interrompere il loro contatto visivo. Con una mano raggiunse l'elastico delle sue mutandine ed esercitò una pressione per farle scendere sino alle ginocchia. 
Gea deglutì emozionata ed in contemporanea al battito cardiaco sempre più accelerato le luci della casa si accesero e spensero per varie volte, ma senza che i due se ne accorgessero. Mosse le gambe e riuscì a far calare quell'ultimo indumento sino ai piedi, per poi liberarsene e sentire il suo leggere tonfo sul parquet. 
Il giovane avvicinò le labbra a quelle di lei, unendo il suo respiro affannoso a quello tremulo della ragazza, e portò una mano sotto una sua coscia per farle allargare le gambe. Gea strinse le sudate dita sulle sue forti spalle mentre lo stomaco le lanciava dolori piacevoli e liberava in volo qualsiasi genere di farfalla. 
Al di fuori di quella stanza e della soglia di casa, tutto ciò che risiedeva sul terreno vibrò impercettibilmente, ogni cespuglio si agitò come smosso dal vento e le montagne rocciose emisero delle note gravi in riflesso ai massi che calavano lungo le loro pareti. 
E mentre i loro sguardi si trovavano persi l'uno in quello dell'altra, Deimos entrò appena dentro Gea, mozzando il respiro di entrambi. Lei aumentò la presa, sempre più scivolosa, sulle sue spalle e lui strinse i denti. 
La luce riprese ad accendersi e spegnersi ad intervalli irregolari, mentre il televisore nel salotto cominciò a traballare sul suo precario tavolino nero. Le fronde degli alberi del centro cittadino della contea di Scottsbluff frustarono rapide l'aria, facendo alzare più volte il naso dei passanti. 
E come un alito di vento, il respiro agitato di Deimos s'imbatté sulle labbra dischiuse della giovane. 
<< Deimos >> pronunciò in un tremulo soffio lei. << Io non ho... >> Ma non ebbe il tempo di concludere il suo avvertimento che il ragazzo la penetrò con un colpo secco e le tappò la bocca con la propria, soffocando il suo grido di dolore. 
Gli occhi le si sgranarono, il televisore al piano di sotto scoppiò in un boato, il cuore le batté rapido, i cespugli si dimenarono violentemente, lo stomaco le si contrasse, ed i sassi sul terreno saltarono come fossero stati chicchi di mais nell'olio bollente. 
Le lambì le labbra freneticamente, senza darle il tempo di rispondere ai baci, e successivamente insinuò la lingua nella sua bocca. In contemporanea a ciò, diede il via ai suoi movimenti dentro di lei, crescendo man mano in intensità e velocità. 
Gea strinse le gambe attorno al suo bacino, mentre il dolore improvviso che aveva provato veniva meno, e gli afferrò una ciocca di capelli per tirarla con forza. Deimos si staccò dalle sue labbra ed espirò ansante sul suo viso, alzò gli zaffiri e li schiantò nelle gemme lucide ed annebbiate di lei. Distanziò di poco la testa per osservarla meglio ed in quel preciso istante il suo cuore palpitò frenetico. Palpitò per le sue guance rosse, per le sue labbra dischiuse ed umide di baci, per la luce che le accendeva le iridi, per gli scompigliati e dorati capelli che le scendevano su una spalla e per il gemito che le uscì dalla bocca. 
Strinse i denti e si riavvicinò al viso della ragazza; con la pressione delle labbra le fece voltare la testa e scese a delineare e marcare con la lingua il contorno della sua mandibola. 
Aumentò il vigore delle spinte, facendo fremere entrambi, e Gea liberò altri velati mugolii di piacere mentre nella mano continuava a stringere i capelli del giovane. 
Deimos chiuse gli occhi e tremò impetuosamente, avvertendo che il suo culmine si stava approssimando. E così, dopo le ultime intense stoccate, entrambi raggiunsero il loro amplesso. 
Gli alberi smisero di agitarsi, i sassi ripiombarono a terra, la luce si spense definitivamente, le montagne rocciose tacquero ed i cespugli s'immobilizzarono. Tutto tornò alla normalità. 
I respiri affannati dei due riempirono la stanza. Gea allentò la presa sui capelli di lui e s'inumidì le labbra, abbassò la testa e cercò lo sguardo del ragazzo. Ma non trovò niente dal momento che lui teneva il viso nascosto sulla sua spalla ed alitava sulla sua pelle sudata, facendola rabbrividire. 
La giovane socchiuse le palpebre e gli sfiorò i capelli scompigliati prima col naso e poi con la bocca, in un gesto dolce e delicato. Deimos sgranò gli zaffiri mentre il suo cuore ricominciava ad accelerare, e così si allontanò di scatto da lei, si alzò da letto sotto gli occhi confusi della ragazza, e senza degnarla di uno sguardo ricominciò a vestirsi.
Gea agguantò il lenzuolo e se lo tirò addosso mentre si sollevava a sedere. Perché la stava abbandonando subito dopo ciò che c'era stato tra loro? Gli si era concessa totalmente, gli aveva donato cuore e anima, non poteva non averlo notato.
Le si inumidirono gli occhi mentre il pensiero di aver commesso un madornale errore le bazzicava per la mente. Eppure lei non sentiva di aver sbagliato, ma, anzi, fino ad un minuto prima era stata la persona più felice del mondo. Le era quasi sembrato che lui ci mettesse più attenzione mentre la toccava, come se stesse cercando di non farle del male, ad eccezione di quando aveva infranto la sua verginità con brutalità. Ma quell'atto glielo aveva già perdonato.
Lo guardò mentre si calava la maglietta sugli addominali con il suo solito sguardo impenetrabile. 
Era forse perché troppo accecata dall'amore che non vedeva il reale errore che aveva compiuto? Non voleva crederci, non voleva credere di essere solo un giocattolo per lui. Ed invece quel martellante e doloroso dubbio iniziò a consolidarsi sempre di più. Perché la stava trattando esattamente come tutte le ragazze con cui si divertiva, se non peggio. 
Non le aveva rivolto neanche uno sguardo da quando entrambi avevano raggiunto l'apice. Ai suoi occhi probabilmente doveva essere un'entità invisibile e non degna della sua attenzione. Al pari di un giocattolo di cui si era stancato. 
Il cuore le esplose nel petto, e ciascuna scheggia s'irradiò verso ogni angolo del corpo fino a conficcarsi in qualche organo e procurarle un'accecante dolore. 
Il ragazzo chiuse il bottone dei pantaloni e si avviò di gran carriera alla porta. L'aprì, se la sbatté alle spalle e si arrestò nel corridoio. I suoi zaffiri si persero sul consumato parquet che conduceva alle scale. 
Che diavolo gli stava succedendo? Perché dopo aver posseduto l'umana il suo cuore non smetteva di agitarsi? Cosa c'era che non andava in lui? 
Strinse le mani a pugno e digrignò i denti. Aveva immaginato che una volta averla fatto sua, ogni effetto della sua vicinanza si sarebbe spento come una fiamma immersa nel mare. Ed invece non era così. Non si era placato assolutamente nulla, ma forse si era raddoppiato. 
Che accidenti di potere aveva quell'umana su di lui? Perché avrebbe voluto tornare in quella stanza e distendersi accanto a lei? Esattamente come uno schifoso e debole umano. 
Ringhiò frustrato e si precipitò al piano di sotto con una furia fuori dal comune. Odiava non avere la situazione in pugno, ed in quel caso sentiva che qualcosa d'irrazionale ed ingestibile gli stava sfuggendo di mano. Qualcosa che non era in grado di comandare, ma da cui era spinto ad obbedire. E lui detestava sentirsi impotente. 
Uscì dalla casa ed alzò i suoi gelidi zaffiri al cielo. Ma più di tutto odiava quell'umana: la vera causa della sensazione irrazionale e d'impotenza che provava. 
Un basso vortice di vento si alzò intorno ai piedi del ragazzo. Un secondo dopo, lui era sparito nel nulla. 



  
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