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Autore: JeanneValois    29/03/2015    2 recensioni
Pan e Bra hanno sempre vissuto nel mito dei Saiyan, di quei guerrieri di cui loro sono le più giovani eredi.
Che cosa potrebbe accadere se le due ragazzine decidessero di fare tornare in vita la squadra del Principe Vegeta?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Un po' tutti, Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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- Inganni e pregiudizi -

 




In una grande camera gravitazionale in un grande giardino di una grande proprietà di una grande città, vi era un uomo grande – badate bene, non un grand’uomo – che soleva sostenere grandi pesi sulle sue grandi spalle e grandi piegamenti sulle sue grandi gambe, allenandosi solertemente di notte e di giorno, con l’unico pensiero nella sua grande piccola testa di rendere nullo un piccolo grande uomo.
 
La pelle gli stava bruciando per il calore sprigionato dallo sforzo ed il copioso sudore liberatosi nelle ore precedenti l’aveva resa appiccicaticcia e lievemente lucida. Goccioline di sudore e pulviscoli di borotalco sporcavano il freddo pavimento bianco, e segni di mani sudate mostravano la scarsa efficacia nel tenere asciutte quelle armi che poco avevano di umano. Il sistema di aerazione ben poco poteva fare contro quella miscela olfattiva di borotalco misto a sudore saiyan, insopportabile addirittura per il soggetto stesso, e l’aria si era fatta insostenibilmente umida e soffocante.
 
Nappa lasciò ciondoloni le braccia e fece piccoli movimenti ondulatori per scaricare i muscoli. Probabilmente aveva fatto qualche movimento sbagliato, tant’è che avevano cominciato a dolergli la schiena e la cervicale. Roteò la testa prima a destra e poi a sinistra, ed alla fine afferrò l’asciugamano per asciugarsi il volto e le ascelle, facendo attenzione a seguire tale ordine e non a fare il contrario, come già gli era accaduto il giorno precedente, provocandogli un forte malessere.
Aprì la bottiglia di una bevanda energetica e la tracannò tutta d’un fiato, per poi mettersi a sedere per terra, ed infine lasciarsi andare disteso sul pavimento.
Il saiyan osservò il soffitto bianco, fatto di pannelli e fredde luci a led che venivano riflesse dal pavimento e dalle pareti. Tutto intorno a lui era bianco, se non per la postazione dei comandi e di alcuni piccoli oblò sulle pareti circolari che gli permettevano di vedere il mondo esterno, buio ed immobile, ma leggermente illuminato da delle luci in lontananza, le luci bianche del grande giardino delle Capsule Corporation e quelle aranciate delle strade della Città dell’Ovest.
Era dentro quella stanza dal mattino, ed era uscito solo per qualche istante per andare in bagno e per rifocillarsi. Così era stato quel giorno e così era stato nei giorni precedenti da quasi una settimana, da quando la Principessa se ne era andata dalle stellari proprietà delle Capsule Corporation per andare a vivere in mezzo ai residui di terze classi nelle loro stallatiche abitazioni.
Da quel giorno Nappa aveva messo tutto il suo impegno negli allenamenti, con lo stupore ed il dispiacere della signora Brief che negli ultimi giorni  aveva perso il suo portantino preferito.
Ogni momento era buono per allenarsi, e Nappa aveva capito che non ce n’era da sprecare. Doveva in ogni modo riuscire ad accrescere la sua potenza abbastanza da diventare più forte della guerriera che aveva osato metterlo alle strette la mattina della partenza della suddetta. Non poteva assolutamente rischiare di diventare nuovamente carne abbrustolita per mano di un reale saiyan.
Questa volta si sarebbe tutelato. Nessuno dei suoi ex commilitoni sarebbe riuscito a farlo fuori quando non gli avrebbe più fatto comodo. Semmai, sarebbe avvenuto il contrario.
 
Nappa si strofinò i baffi e pensò a quanto sarebbe stato bello il momento in cui finalmente sarebbe riuscito ad agguantare Celosia per il collo, per poterla guardare dritta negli occhi mentre la saiyan esalava il suo ultimo respiro.
Non gli era andata giù la visita che la donna gli aveva fatto la mattina della partenza, e all’ex generale dell’esercito saiyan tale visita aveva suonato come un pericoloso campanello d’allarme.
Avrebbe sì portato avanti il piano della Principessa, l’avrebbe sì aiutata a far fuori Vegeta, assassino di entrambi, ma poi, una volta che i doveri sarebbero finiti, i giochi sarebbero cominciati, e liberarsi di quella donna sarebbe stato il primo di quelli.
E per far ciò necessitava che la saiyan non si potenziasse più di quel tanto. Sarebbe stato d’obbligo che la guerriera si allenasse abbastanza da sconfiggere, magari con l’ausilio del saiyan d’élite, il Principe loro assassino, ma che non diventasse troppo forte per Nappa. Ed un modo per evitare ciò sarebbe stato privarla del suo piccolo asso nella manica, del ragazzino che aveva a tal punto perso la testa per lei che aveva cominciato ad allenarla pazientemente e scrupolosamente tutti i giorni quasi da quando erano tornati in vita.
Senza il suo aiuto, Celosia avrebbe notevolmente faticato a raggiungere un livello tale da sconfiggere un saiyan d’élite che si sarebbe allenato notte e giorno, senza inutili pause come invece faceva lei, per un anno intero. Questa volta sarebbe stato Nappa a fare una sorpresa esplosiva a tutti.
 
***
 
Nappa osservò il soffitto della Gravity Room che il dottor Brief aveva appositamente costruito per il suo diletto. Era impressionante la somiglianza alle palestre sulle navicelle ed i pianeti di Freezer.
Sembrava di essere ancora là, con lo scouter ancora attaccato all’orecchio in attesa di qualche comando, la frenesia per una nuova missione, la brama di uccidere, il desiderio di distruggere. Giornate intere passate ad allenarsi in totale dedizione, senza sprecare fiato in inutili convenevoli o chiacchiere con altri mercenari di Freezer.
Nappa non aveva alcun problema ad isolarsi per lunghi periodi con il solo scopo di potenziarsi per una nuova missione. Così era abituato da sempre, e così era anche abituato ai lunghi viaggi nelle piccole navicelle che le portavano nelle zone più disparate della galassia, e che per mesi non gli permettevano di vedere anima viva. Non era una vita facile, ma il saiyan sapeva che al suo rientro dalle missioni, o anche nel mentre, avrebbe trovato qualcosa di cui lui aveva estremamente bisogno, e che lo sfogava abbastanza da non sentire il peso di quei mesi di duro lavoro ed immensa fatica. Una dolce ricompensa che immediatamente gli faceva dimenticare lo stress e l’avvilimento di dover lavorare per un essere che considerava la sua magnifica razza più insignificante di una pulce sul pelo di una scimmia. Qualcosa che in quella nuova vita gli mancava e che, nonostante gli sforzi ed i tentativi di corruzione, non era riuscito ad ottenere.
 
«Una donna.» sussurrò sconfortato il saiyan d’élite, che non riusciva a credere a come le terrestri lo scansassero e fuggissero di fronte a lui. Neppure sfoggiare la fantomatica card delle Capsule Corporation - che, fino a quel momento, era riuscita ad aprire tutte le porte - aveva potuto convincere un esemplare di sesso femminile ad andare con lui. Neanche sotto laute ricompense gli si erano avvicinate. Nessuna di loro era stata così coraggiosa o audace quando si era trovata di fronte un essere di due metri e dieci e più di un quintale di peso di puro muscolo.
Erano momenti gloriosi quelli in cui il saiyan poteva ancora ottenere ciò che voleva semplicemente allungando una mano ed afferrando la sua preda, indifferente della volontà o meno di questa. Eppure quando il suo pianeta esisteva ancora, l’ex generale dell’esercito saiyan poteva ritenersi un ambito bocconcino, vista la forza fisica e la carica che aveva ottenuto. E quando il suo pianeta era diventato il niente, il fatto che le altre aliene lo apprezzassero o meno non lo tangeva affatto, dato che comunque il guerriero avrebbe ottenuto ciò che voleva. Ma da quando era tornato in vita sulla Terra, grazie ad un desiderio che per lui si era rivelato più un maleficio che un incantesimo, la situazione era decisamente precipitata.
 
Gli sembrava di stare impazzendo. Giornate intere passate da solo ad allenarsi e neanche un momento di svago tra le dolci carni di una donna. In quel momento il saiyan si sarebbe accontentato anche di molto meno, senza fare troppo il pretenzioso se quella fosse stata del tutto donna o meno, o se fosse stata visibilmente un ragazzo dai tratti delicati. In realtà, si sarebbe accontentato semplicemente di fare due chiacchiere con qualcuno, tanto per non far picchiare il cervello sempre su quel solito punto. In momenti di carestia, qualsiasi cosa gli sarebbe andata a genio.
 
Gli venne da ridere istericamente quando pensò che in realtà c’era una donna su cui poteva usare la forza per ottenere le sue grazie, non rientrando questa tra i protetti del drago, ma da lei il saiyan non voleva niente, neanche una carezza.
Capiva che era un’assurdità fare lo schifiltoso proprio in tali momenti di penuria femminile, ma al guerriero quella saiyan aveva sempre scaturito una sorta di repulsione. Non perché l’aveva vista in fasce e poi negli anni diventare una donna, oppure perché era stata designata a diventare la compagna del suo Principe, perciò qualcuno di intoccabile.
Sebbene Celosia fosse, in fin dei conti, un bel vedere, Nappa sentiva che avrebbe avuto bisogno di lavarsi con l’acido muriatico per disinfettarsi se l’avesse toccata.
Era un suo superiore, ma ciò non bastava per non fargli provare una sensazione di schifo pensando a lei, a chi era.
 
Su Vegeta-sei erano note le radici della mala pianta, la pazzia che regnava nella testa del re di un tempo, che, secondo le voci popolari, aveva inquinato anche le vite dei suoi discendenti.
Celosia era difettosa.
Era una pazza strana, una pazza con le sembianze della ragione, ma comunque pazza, squilibrata, malata, snaturata, un vero abominio.
Ossessionata dal proclamarsi continuamente principessa, quando in realtà non ne aveva alcun diritto. Poteva dichiararsi con un altro titolo nobiliare, duchessa, arciduchessa o arciquelchelepareva, ma non di certo principessa. Su Vegeta-sei potevano essere chiamati tali solo i diretti discendenti dall’unione di un re e di una regina, non altri individui.
 
Solo Vegeta aveva il diritto di proclamarsi Principe di tutti i Saiyan.
 
Celosia sarebbe diventata principessa una volta che l’unione tra lei e Vegeta sarebbe stata ufficializzata, cosa che non aveva fatto in tempo ad avvenire - data l’esplosione imprevista ed improvvisa del pianeta - oppure grazie ad una dichiarazione ufficiale di Vegeta, proclamazione che il Principe dei Saiyan non aveva mai voluto fare, né a parole, né tantomeno concependo un erede che, magari, essendo sempre un guerriero saiyan, avrebbe fatto loro comunque molto comodo.
Ma ciò non l’aveva dissuasa dal proclamarsi tale, dal pretendere di dare comandi al pari di Vegeta, dall’obiettare e contraddire gli ordini di quest’ultimo.
Ed era di certo colpa della saiyan - riteneva così Nappa - se osava addirittura superare in forza ed in potenza il Principe, e quando questi riusciva a raggiungere il suo livello, la saiyan osava sorpassarlo un’altra volta, costringendo in tal modo l’ex generale dell’esercito saiyan a dover spesso passare dalla parte di Vegeta a quella della saiyan, poiché la più forte.
Che poi la sua altalenante fedeltà fosse semplicemente stata guidata da servilismo e vigliaccheria che lo avevano portato a prediligere continuamente l’ala del più forte, quello era un altro discorso.
Se però Celosia avesse evitato di mostrare costantemente la sua superiorità di fronte al Principe, Nappa avrebbe evitato molte volte di sfigurare di fronte a Vegeta. Giustamente, tutta colpa di quella pazza!
 
***
 
Una fresca brezza accarezzò la giovane pelle umida del ragazzo, ed una sensazione di rigenerazione gli pervase corpo e mente.
Era stata una giornata calda, quasi infernale, ed i rumori di un traffico impazzito per le strade della città ed i brontolii del padre per i corridoi di casa non l’avevano aiutato a mantenere la giusta concentrazione nello studio. La lontananza inoltre di una persona a lui cara si stava facendo pesante, quasi insopportabile, e gli stava sembrando assurda la nostalgia che stava provando per quel distacco forzato.
Fortunatamente quella sera il ragazzo aveva ricevuto una gradita visita, e per un breve attimo i suoi tormentosi pensieri avevano avuto una tregua. Ed una spruzzata d’acqua fresca sul volto l’avevano completamente ridestato e riportato nel presente.
«E buttati per una buona volta! Mi vuoi far fare il bagno da me?» lo chiamò una voce allegra dal centro della piscina.
Trunks sorrise e guardò l’amico d’infanzia che si divertiva ad immergersi e riemergere nella grande piscina delle Capsule Corporation, e che l’aveva salvato da loop in cui era entrato quella sera, che riguardavano questioni di finanza aziendale troppo inidonei per una serata stellata come quella.
Il ragazzo si sedette sul ciglio della piscina ed immerse i piedi e le gambe nell’acqua, rimanendo però in silenzio, con le mani  in grembo.
Goten nuotò verso di lui e si appoggiò al bordo di mattoncini, guardando pazientemente l’amico.
«Ehy, quello con l’umore a terra dovrei essere io, mica te!» cercò di confortarlo alla bell’e meglio, ricordandogli che il motivo per cui quella sera si trovava lì era perché aveva bisogno di una persona amica accanto, dopo aver avuto un breve e spiacevole incontro con Valese, la quale gli aveva espresso il suo bisogno di prendersi dell’altro tempo prima di decidere di tornare a rifrequentarlo come un tempo.
«Scusa.» sussurrò Trunks, sorridendo all’amico e sentendosi un po’ stronzo nel mostrarsi in quel modo proprio in quel momento. Il suo migliore amico era stato nuovamente messo in pausa dalla ragazza per cui aveva perso la testa, era volato fin da lui per ricevere conforto morale e, fino a quel momento, aveva semplicemente ricevuto da lui sospiri e musi lunghi. Neanche una tazza di tè o un bicchiere di birra.
Goten poggiò i palmi delle mani sul bordo e si dette uno slancio per mettersi seduto accanto all’amico.
«Ancora storie da parte di tuo padre?»
Trunks alzò le spalle e vi nascose il capo. «Non la smette più.»
«Che palle.»
«Già.»
Da quando Vegeta si era accorto che ci poteva essere stato qualcosa tra il figlio e Celosia, il Principe dei Saiyan era diventato fastidiosamente opprimente nei riguardi di Trunks.
Dal nulla aveva cominciato a fare il padre presente che si preoccupava di moralizzare la condotta dei figli.
Ossessivamente aveva cominciato a domandargli che cosa ci fosse tra lui e la saiyan, di cosa avevano parlato in tutti quei giorni, quante ore avevano passato assieme, che cosa avessero fatto, se era andato a letto con lei.
Vegeta non si era mai occupato in tal modo del figlio. Si preoccupava spesso dei suoi allenamenti, ma mai aveva messo becco nella sua vita privata. Mai una parola se lo vedeva prima con una bionda e poi con una bruna nel giro di ventiquattr’ore, mai una chiacchierata da uomo a uomo o una parola di conforto quando il ragazzo veniva mollato dall’ennesima probabile futura signora Brief e tornava a casa completamente demoralizzato. Tutt’al più, gli aveva dato una pacca sulla spalla e l’aveva invitato ad allenarsi assieme a lui, il suo modo per prendersi cura del figlio, sapendo che un buon allenamento l’avrebbe distratto dal pensare all’ennesimo fallimento con il mondo femminile.
Ma da quando Trunks aveva fatto quella sfuriata al compleanno del nonno, la musica era notevolmente cambiata.
Trunks si trovava a disagio ad avere un padre completamente diverso da quello che era sempre stato. Non era assolutamente abituato ad un padre così partecipe ed interessato alla sua vita privata.
Era imbarazzante.
 
E non era solamente questo ciò che Trunks non sopportava del padre.
Vegeta si era fatto insistente nel voler mettere in cattiva luce Celosia, volendo in tal modo mettere in guardia il figlio.
E farlo arrabbiare abbastanza da fargli confessare tutto.
Se prima Trunks ancora tollerava quelle sporadiche maldicenze da parte del padre, adesso quelle calunnie erano diventate decisamente troppe ed eccessive, tanto da dargli noia ogni volta che Vegeta osava pronunciare il nome di Celosia.
Se ancora Trunks si era trattenuto dal dirgli la verità, che tanto il padre bramava da lui, era solo perché Celosia l’aveva pregato di non dirgli niente, per il suo bene e per il bene della loro relazione. Altrimenti il ragazzo sapeva che gli avrebbe fatto un’immensa soddisfazione gridare al padre che, sì, frequentava la sua ex Promessa, si allenava con lei, parlava con lei, faceva l’amore con lei ormai da giorni sotto al suo stesso tetto, proprio sotto ai suoi occhi. E che era stato un idiota a volersi foderare gli occhi per tutto quel tempo e poi risvegliarsi dal nulla e cominciare a fare prediche a destra e a manca.
 
«Non ce lo vedo proprio Vegeta farti discorsetti sul sesso e sapere con chi vai, cosa fai, quando lo fai.» ridacchiò divertito Goten.
«Ma infatti non ce lo vedo neanche io!» proruppe Trunks, esasperato dalla situazione. «E poi… adesso si è rinvenuto! Ma fino ad ora cosa ha fatto? Niente!»
«Ma tipo ti fa…» Goten assunse un’aria di sfida e guardò minaccioso l’amico, afferrandogli con una mano la spalla e puntandogli con l’altra l’indice contro «Ehi, tu, sì, proprio tu, stai lontano dalla mia ex! Lei è roba mia!» gli ringhiò con voce intimidatoria, per poi tornare a parlare con la sua usuale voce allegra e spensierata, rimettendosi a ridere «Egoistello tuo padre, eh! Quello che è stato suo è ancora suo! Ed io che pensavo fosse una gran rottura quando ti diceva di andare ad allenarti!»
Trunks guardò con aria di sufficienza l’amico, semplicemente perché sembrava aver colto il punto della situazione. L’unica spiegazione logica che per lui potesse esserci. Probabilmente il padre non poteva vedere Celosia con nessun altro se non lui.
«Che poi non capisco la sua preoccupazione di sapere se ci sono andato a letto.» continuò a sfogarsi Trunks «Non capisce che è imbarazzante parlarne con lui? E poi che c’è di male? Mica mi attacca qualcosa!»
Goten alzò le spalle e sorrise. «Avrà paura che lo facciate diventare nonno, che ti devo dire?»
Trunks rabbrividì a quella ipotesi. «Ehy, guarda che non sono mica nato ieri. Ci stiamo attenti, che credi? Anzi, Celosia è ancora più accorta di me!»
«Allora non so proprio cosa dirti.» gli rispose sconfortato l’amico, dispiaciuto nel vederlo in tali casini in casa.
«E poi mi manca da morire.» sussurrò lievemente Trunks, quasi vergognandosi.
 
Per quanto gli facesse ancora strano, nonostante gli ultimi momenti passati insieme non esattamente felici, Trunks sentiva la mancanza della saiyan. Gli mancavano quei momenti di svago in cui si allenavano insieme, ed in cui gli scappava un sorriso mentre vedeva con quale tenacia ed energia la guerriera si apprestava a quegli allenamenti atti a migliorarla, a superare il limite. Vederla allenarsi avrebbe fatto venir voglia a chiunque di mettersi la tuta ed iniziare il riscaldamento. Trunks percepiva in ogni istante passato nella camera gravitazionale con lei quanto a Celosia piacesse combattere. Era il suo carburante che la faceva funzionare e le dava la carica, nonostante la stanchezza spesso evidente che la prendeva.
Era tangibile il piacere che provava Celosia a combattere, a confrontarsi con un guerriero come lui. E ciò aveva aiutato Trunks a riprendere gli allenamenti come un tempo, con la stessa carica ed energia che metteva una volta, quando era un bambino che sognava di diventare bravo come il padre.
Gli mancavano i post allenamenti, quando Celosia si liberava della tuta di entrambi e lo conduceva sotto alla doccia con lei, facendogli toccare le stelle senza muoversi da quel metro quadrato.
Gli mancavano addirittura quei momenti in cui Celosia si estraniava, e rimaneva taciturna seduta all’angolo del letto, a pensare a chissà cosa, al passato, al presente o al futuro, ed in cui Trunks aveva capito di lasciarla stare in quei momenti, a rispettare quel silenzio.
Solo dopo qualche giorno Trunks aveva ipotizzato che il pomeriggio della festa di suo nonno, in cui Celosia si era allontanata da lui, probabilmente la donna era di nuovo entrata in uno dei suoi loop, e Trunks aveva semplicemente varcato il limite, cercando da lei qualche carezza e qualche coccola.
 
Goten si morse un labbro per non ridere guardando l’espressione sconfortata dell’amico. Era quasi divertente come Trunks finisse di lamentarsi di una cosa per poi passare a lamentarsi subito di un’altra.
«Ohhh… A Trunks mancano le coccole della fidanzata!» lo schernì l’amico, facendogli il solletico.
Il ragazzo si scansò, ridacchiando. «E dai, non mi prendere in giro! E poi Celosia non è tipo da coccole.» gli fece presente, ricordandosi della scarsa affettuosità che a volte mostrava la saiyan durante i loro incontri.
«Ma allora te le faccio io le coccole! Vieni qui!» rise Goten, tentando in malo modo di fargli due carezze, continuando a prenderlo in giro, riagguantando l’amico ogni volta che cercava di allontanarsi.
 
«Forse è un bene che il nostro pianeta sia esploso.» disse una voce rauca dietro di loro, facendoli saltare in aria dallo spavento «Sì, decisamente un bene.»
 
***
 
«Che mammolette!» li schernì Nappa, guardandoli dall’alto «E dire che Vegeta una volta temeva che i mezzosangue fossero addirittura più forti di noi tanto da ammazzarci!» rise divertito l’ex generale dell’esercito saiyan «Ed invece… L’unica nostra preoccupazione sarebbe stata quella di non far cadere la saponetta nella doccia!»
Nappa si avvicinò ai due ragazzi e si sedette accanto a loro, sogghignando sotto ai baffi.
«Vorrei capire perché per alcuni saiyan c’è stata sempre questa grande attrazione malata tra gli appartenenti di classi diverse. Prime classi che si mescolavano con terze classi e viceversa. Brutto vezzo, in effetti.»
Il saiyan fece una smorfia e sputò per terra. «Che strana perversione voler mischiare i propri fluidi con chi è nettamente inferiore.» enunciò con tutto lo sdegno e disprezzo che aveva in corpo, guardando con spregio il ragazzo dai capelli scuri, per poi guardare con più maliziosità l’altro dai capelli più chiari, e difficilmente riconducibili alla razza saiyan.
«No, ma aspettate, lasciatemi indovinare… La femmina tra voi due è…»
Nappa li scrutò con zelante attenzione, indifferente ai loro sguardi ostili e disgustati, che gli mostravano palesemente il fastidio e l’importunità della sua presenza in quel momento.
«Lui.» ed indicò Trunks, il quale divenne improvvisamente rosso di rabbia e di imbarazzo.
«Ehy, ma che strane idee ti sei messo in testa?» gli sbraitò sdegnato il figlio di Vegeta «E poi perché proprio io?»
«Ma è chiaro. Un faccino tanto delicato come il tuo…» scoppiò a ridere divertito l’ex generale dell’esercito saiyan.
Nappa cominciò a levarsi l’armatura e gli stivali e mise i piedi in acqua. «Mh… Bella tiepida! Perfetta per un post allenamento!» e fece per buttarsi nella grande piscina.
«No no no, fermo!» sbraitarono all’unisono i due ragazzi, cercando di bloccarlo, nonostante fossero costretti a tenere entrambe le mani davanti al naso e alla bocca per non sentire l’odore flatulente che si era propagato quando il saiyan si era liberato degli stivali.
Sudato e sudicio com’era, avrebbe rischiato di infestare l’intera piscina. Almeno una doccia sarebbe stata d’obbligo!
«Che c’è? Ho interrotto un vostro momento romantico?» si rimise seduto il saiyan, con un’espressione sorniona in volto. Non potendo fare altro di più divertente, aveva capito che si doveva accontentare di stuzzicare i due ragazzi, i quali erano arrossiti ed allontanati l’un dall’altro.
«No.» rispose nauseato Goten, chiedendosi cosa avesse fatto di male per passare una serata pessima come quella. Prima Valese che gli dava il due di picche, e poi Nappa che… semplicemente era Nappa.
«E comunque siamo entrambi fidanzati. Non ti fare strane idee.» volle specificare il ragazzo.
«Ah, ma davvero? Eppure non ho mai visto una vostra fidanzatina da quando sono qui.»
«Perché sappiamo che la tua brutta faccia le spaventerebbe!» gli rispose per le rime Trunks, che si era talmente alterato che aveva assunto la posizione del padre: braccia conserte e spalle agli astanti.
Nappa si distese e si allungò sul prato, alzando gli occhi sul ragazzo e sorridendogli subdolamente. Aveva proprio tanta voglia di stuzzicarlo.
«E Celosia lo sa?»
Trunks sobbalzò e cambiò colore, con un’espressione vagamente spaventata quando notò che Nappa si era messo a guardarlo con una sottile circospezione e astuzia negli occhi. Se il saiyan avesse scoperto cosa c’era tra lui e Celosia, Trunks temette che Nappa non avrebbe aspettato molto a riferire tutto a Vegeta, anche per il solo semplice gusto di rovinare qualcosa a qualcuno.
 
«E che c’entra adesso Celosia?» domandò il ragazzo, fingendo di non capire.
«E’ che il primo giorno che eravamo tornati in vita vi avevo visti così affiatati…» gli rispose con malizia il saiyan, leccandosi lascivamente le labbra «che pensavo non avresti più staccato le mani dal suo culo.»
Nappa si ricordava  con grande gioia quel pomeriggio in cui erano arrivati alle Capsule Corporation, dove non solo erano andati subito a saccheggiare la cucina, ma anche in cui aveva avuto il piacere di fare da spettatore ad una scena che prima di allora non mai aveva visto come protagonista Celosia, ma che era stata sufficiente per risvegliargli i sensi ed una piccola parte di lui. E dopo i discorsi che la saiyan aveva fatto sul ragazzo, in cui intendeva usarlo per potersi allenare e potenziare, Nappa non aveva molti dubbi su come l’avrebbe anche utilizzato.
 
«Mi aveva preso alla sprovvista.» si giustificò Trunks, anche se non capiva perché sentisse il bisogno di giustificarsi anche con lui, invece di rispondergli direttamente con un calcio nel sedere «E comunque è finita lì. Non è più successo nulla.»
Nappa sorrise a sentire quella risposta e si portò le braccia sotto alla testa, guardando allegro le stelle. Aveva proprio la sensazione che quella sera si sarebbe notevolmente divertito.
«Ah, meglio così allora.» fece vago il saiyan, sorridendo sornione «Sei pur sempre il figlio del principe del mio popolo. Sarebbe stata una sciagura se una come quella ti avesse attaccato qualche strana malattia.»
A sentir quel commento, Trunks si trattenne a stento dal non afferrarlo per il collo ed affogarlo in piscina, dopo, ovviamente, averlo riempito di botte allo stomaco.
«Strano che tu lo dica a me, ma non abbia il coraggio di dirlo in faccia a Celosia.» gli rispose invece il ragazzo, cercando di non cadere nella sua trappola.
«Ehy, vengo in pace.» mise le mani avanti l’ex generale dell’esercito saiyan «Lo dico solo per te.» gli specificò con una notevole calma «E poi... anche per il tuo bel fidanzatino.» continuò il guerriero, ammiccando a Goten e muovendo le labbra in un bacio derisorio «Con tutto lo schifo che s’è fatta Celosia, non vorrai mica attaccare qualcosa anche a lui che non c’entra niente.»
«Guarda che noi due siamo solamente buoni amici.» rispose rabbioso Trunks, ormai al limite della sopportazione.
«Già, dicono tutti così.» gli rispose il saiyan con un sorriso sghembo, scrutandolo furbamente. «Tutti così.» continuò, leccandosi le labbra. «E magari grandi amici fin dalla più tenera età. » congetturò, guardandoli con uno scintillio furbo negli occhi.
«A proposito...»
Il guerriero si ritirò su seduto e guardò Goten, facendogli capire che si stava riferendo a lui. «Come si sta comportando Celosia in casa vostra? Adesso che è da sola con quel saiyan di terza classe, sarà un po’ meno acida. Immagino che Radish saprà riempirle per bene le giornate.» commentò il guerriero, contornando il tutto con dei gesti abbastanza espliciti.
 
Non potendone più, Trunks si chinò su di lui e l’afferrò per una spalla, alzando in alto un pugno che trattenne a stento.
«Cosa vorresti insinuare?» gridò rabbioso il ragazzo.
«Ehy, calma calma! Non vorrai mica picchiare un povero vecchio che non si può difendere?» gli fece l’ex generale, alzando le mani in segno di resa, ma non riuscendo troppo a mascherare il sorriso della soddisfazione. Aveva perfettamente toccato un punto dolente.
Trunks riluttante lasciò la presa e si allontanò di poco da Nappa, il quale si massaggiò la spalla leggermente arrossata.
«Certo, certo, ho capito.» commentò a bassa voce il saiyan, uno scintillio furbo negli occhi. «Del resto sei giovane…  ti sembrerà tutto così nuovo!»
Il guerriero si alzò lentamente in piedi, pulendosi le ginocchia ed il petto, per poi grattarsi il mento.
«In effetti sei pur sempre un saiyan anche tu, ed avere finalmente intorno una della tua razza deve farti uno strano effetto… Ma sai, se tu avessi visto le saiyan che c’erano su Vegeta-sei, caro mio, una come Celosia non l’avresti neanche considerata!»
Vedendo che aveva colto l’attenzione dei ragazzi, Nappa continuò.
«Certe gambe, certi culi, certi seni!» esclamò il saiyan esaltato, quasi con le lacrime agli occhi per la commozione di fronte a tali ricordi. «Ve le avrei fatte vedere! Quelle sì che erano donne!»
Nappa era stato preso dalla nostalgia ripensando al suo pianeta natale ed agli esemplari femminili che lo avevano popolato. Si ricordava che di guerriere ce n’erano state di tutti i tipi, dalle minutine che sembravano sempre bambine alle giganti che di gigante avevano tutto, e proprio di loro Nappa serbava il più dolce ricordo.
«Altro che Celosia, cari miei!» fece il saiyan, sventolandosi con una mano «Per carità, in quanto a forza forse è stata una delle migliori, ma in bellezza… con quegli zigomi alti da superiore e la faccia sempre da una che non le va mai bene niente… e poi, suvvia, con quelle due tettine che non ci puoi fare nulla! E che ci vuoi fare con quelle due cose lì?» domandò retoricamente il saiyan, per poi fermarsi un momento a meditare «Ecco…  Forse la cosa migliore che abbia Celosia rispetto alle altre donne, ma proprio migliore migliore, è il culo. E che culo!» sorrise soddisfatto il guerriero, cercando di palpare l’aria con le mani.
«Vedi, ragazzo…» continuò, avvicinandosi a Trunks, che stava facendo una gran fatica a trattenersi dal fargli mangiare tutte le sue parole, denti compresi, e che non sapeva veramente da dove gli fosse venuto fuori tutto quell’autocontrollo quando aveva sentito la spalla venir battuta affettuosamente dal saiyan, come se fosse stata una pacca tra commilitoni, o come quella saggia di un padre al proprio figlio. «Tuo padre in un certo senso era costretto ad andare anche con quella donna… Insomma, capiscimi, eravamo dei mercenari che conquistavano pianeti e sterminavano popolazioni… Ogni tanto ti ci vuole una donna che sappia muoversi e non stia ferma come un morto perché troppo terrorizzata. Ma tu, dai, sai quante ne puoi trovare di donne che collaborino!» sbottò con una grossa risata il saiyan, prima di allontanarsi di scatto da Trunks, avendo intuito che il ragazzo era arrivato talmente al limite che un pugno dritto sul naso non glielo avrebbe levato nessuno.
Difatti si era scansato appena in tempo, tant’è che il pugno era andato a colpire solamente l’aria.
 
«Tu!» gridò Trunks in direzione dell’amico, puntandogli l’indice contro «Guai a te se mi fermi.» lo avvertì, scandendo lentamente ogni singola parola «Lo so che non si può difendere, ma questa peculiarità non penso che l’abbia tanto considerata nella sua precedente vita quando era assieme alle sue vittime.»
Goten si portò le braccia al petto e sorrise.
«Stai tranquillo, amico mio, non avevo alcuna intenzione di fermarti.» gli rispose, impaziente di vedere come Trunks avrebbe reso a Nappa pan per focaccia.
 
***
 
L’acqua era piacevolmente tiepida e questa, assieme alla soffice schiuma, aveva contribuito ad alleviarle un leggero mal di testa ed i muscoli leggermente stanchi dalla lunga giornata.
La saiyan riemerse dall’acqua della vasca, dove era rimasta in apnea per alcuni secondi.
Avevano cominciato a fischiarle le orecchie da qualche minuto, come se qualcuno avesse parlato talmente tanto di lei in sua assenza che tali rumori le erano giunti alle orecchie, e la guerriera si era pure alterata pensando che, dopo l’umore altalenante della giornata, avesse cominciato anche la pressione a giocarle brutti scherzi.
Fortunatamente avevano smesso di fischiarle poco dopo, e la saiyan lasciò che il bagno caldo esplicasse totalmente la sua funzione di rilassarle i nervi. Funzione di cui aveva notevolmente bisogno, dato che più volte durante la serata si era ritrovata a digrignare i denti tanto le si era irrigidita la mascella, oppure a cercare di reprimere i tremori di braccia e busto, tant’è che alla fine aveva sentito solo una soffocante morsa allo stomaco ed il bisogno di rigettare la cena. Era nervosa, irritata, nauseata, arrabbiata talmente tanto con se stessa da sentire che, se non si fosse trattenuta, avrebbe vomitato tutta la sua rabbia e frustrazione sugli altri.
 
Non aveva molta voglia di uscire dal bagno, sapendo che fuori da questo avrebbe trovato Radish e la sua famiglia.
Chichi, verso la quale quella sera aveva accantonato remissivamente il proprio orgoglio, aveva accettato le sue scuse, ma la saiyan non aveva comunque desiderio di condividere la sua aria con quella donna. Pan, da bambina vivace quale era, risultava per la guerriera decisamente troppo esaltata quella sera, e si mostrava insostenibile sopportare le sue grida e risate. Gohan non aveva smesso per un secondo di osservare ogni suo movimento, come se fosse stato in attesa di chissà cosa, rendendosi incredibilmente fastidioso e pesante agli occhi della guerriera, e Videl a cena era finita in un misto d’ansia e di invidia quando aveva scoperto che Celosia non aveva la minima idea di che cosa fosse la cellulite. Ed infine c’erano i due figli di Bardack, il più giovane che rideva e gridava al pari della nipotina, ed il più grande che furtivamente lanciava occhiate irrequiete verso la compagna di squadra, sguardi che non facevano altro che metterla ulteriormente a disagio per essere seduta attorno a quella tavola rotonda.
 
Celosia non aveva alcuna voglia di riprendere quel discorso con Radish. Sapeva che, una volta uscita dal bagno, il saiyan l’avrebbe attesa in camera da letto per poter parlare con lei di un discorso o, meglio, di una situazione lasciata in sospeso per anni, ma che, dato che Celosia l’aveva volutamente interrotto nella sua precedente vita, nemmeno in quella nuova desiderava riprenderla.
Si stava sentendo una codarda, una vigliacca, perché proprio non se la sentiva di riportare alla luce quel fatto, un po’ per vergogna, un po’ per rabbia, ma soprattutto perché non sapeva come poter affrontare quella situazione con Radish.
Conoscendosi, sapeva che sarebbe scoppiata in un impeto d’ira, e ciò non voleva che accadesse perché, così facendo, avrebbe rischiato di ferire l’animo del saiyan e di incrinare nuovamente il loro rapporto che, proprio in quei giorni, era tornato ad essere perfetto.
Purtroppo Celosia si rendeva conto che non sapeva come comportarsi. Maledì l’universo intero, perché c’erano libri e manuali che insegnavano qualsiasi cosa, dal costruire una navicella al soggiogare un popolo a sua insaputa, ma non uno che spiegasse ai saiyan come comportarsi con gli altri senza ferirli.
La saiyan era abituata a distruggere, ad uccidere. Se qualcuno non era d’accordo con lei o le intralciava la strada, la guerriera alzava un dito e con un ki-blast eliminava il fastidioso inconveniente, ma non poteva fare altrettanto con Radish.
Perciò, non sapendo come agire, decise che non avrebbe fatto nulla fino a che non sarebbe stata proprio messa alle strette. E quindi, almeno per quella sera, avrebbe evitato ogni momento potenzialmente intimo con il saiyan, a costo di rimanere dentro alla vasca per tutta la sera.
La guerriera non immaginava che, a chilometri di distanza da lei, in una popolosa città, un altro saiyan si stava trovando in quella stessa identica situazione da settimane ormai, e che, dopo essersi rinchiuso non in un piccolo bagno ma in una grande camera gravitazionale, aveva più volte tentato di confessarsi nella maniera più civile possibile, ma aveva fallito miseramente ogni volta che aveva provato.
 
Celosia chiuse gli occhi e tornò a farsi coccolare dalla soffice schiuma, liberando per un momento la mente dai suoi pensieri.
Fu però una breve tregua, perché nella sua testa si materializzarono due figure che aveva lasciato alle Capsule Corporation, ed un vuoto allo stomaco la ridestò completamente.
La saiyan sbuffò, dando la colpa alla sua fame atavica quando non volle ammettere che quella sensazione era stata scaturita dalla mancanza dei figli di Vegeta. Celosia sarebbe tornata indietro di cinque giorni solo per poter risentire l’abbraccio di Bra attorno alla sua vita, e fermarla per chiederle cosa mai suo padre le avesse detto di lei. L’avrebbe supplicata di non credergli, che erano tutte fandonie quelle raccontate da Vegeta sul suo conto. L’avrebbe convinta ad andare via con lei, per il pianeta, per le galassie.
L’avrebbe finalmente cresciuta come una vera saiyan.
Celosia aprì il getto d’acqua fredda, cercando in tal modo di diminuire la temperatura dell’acqua quando si era ricordata dei bicipiti e degli addominali di quel ragazzino che era stato tanto gentile quanto stupido da allenarla. Si convinse che erano quei muscoli, quelle vene superficiali che si vedevano sottopelle, quell’energia che sprigionava quando si trasformava in super saiyan, ciò che alla guerriera aveva fatto venire il capogiro. Ed il bisogno di afferrare quel ragazzo e fargli capire che era suo.
Celosia si convinse che ciò che le stavano mancando erano quei lunghi, piacevolissimi minuti che passava in sua compagnia, pelle contro pelle, e non di certo quegli altri minuti passati a parlare o a ridere di stupidaggini, o quei momenti in cui Trunks capiva che Celosia si era chiusa in uno dei suoi momenti di malinconia, perciò, rispettando quei suoi momenti, si sedeva accanto a lei rimanendo in silenzio, ma facendole capire che sarebbe andato tutto alla perfezione e che lui non le avrebbe dato le spalle o derisa. Anzi, apprezzandola proprio per quei suoi momenti. Facendole capire che era libera di lasciarsi andare.
 
Celosia rimase ad ascoltare i rumori che provenivano dal resto della casa e, sentendo che il fracasso era notevolmente diminuito, si concentrò per individuare le auree degli abitanti.
Sorprendentemente non sentì più quelle dei due figli di Bardack dentro quella casa, percependole solo in lontananza, probabilmente nei boschi inoltrati.
La saiyan sorrise entusiasta: poteva uscire dal bagno. Si sarebbe recata in camera da letto e messa sotto le coperte cosicché, una volta che il guerriero fosse rientrato, l’avrebbe trovata dolcemente addormentata nell’ampio letto matrimoniale - e, se così non fosse stato, avrebbe fatto semplicemente finta di dormire – e si sarebbe salvata dal parlare, poiché Radish era a conoscenza della pericolosità di svegliarla, a meno che non ci fosse stato un attacco nemico in corso.
 
Torpidamente uscì dalla vasca, lasciando che la soffice schiuma scivolasse dal suo corpo.
Con un gesto rapido del braccio ripulì lo specchio che si era appannato per il vapore ed osservò la propria figura, un suo piccolo rituale per potersi sentire indistruttibile, al limite del raggiungimento della perfezione.
Il suo portamento si mostrò altero, superbo, come superba e altera era sempre stata nel gesto e nella parola, e ciò contava per la saiyan al pari di un tesoro prezioso, molto prezioso.
Si ricordava con sadica soddisfazione il numero impressionante di corteggiatori che aveva avuto durante la sua precedente vita, tra sovrani, ufficiali, ricchi mercanti e uomini di potere, ma superba e orgogliosa quale era, aveva disprezzato gli uni, deriso gli altri e scoraggiato in fin dei conti tutti.
Intimamente quel gran numero di conquiste avevano contribuito ad accrescere la grande stima e sicurezza che la saiyan serbava per se stessa, ma ciò che più di tutto aveva accresciuto la propria stima era stato aver rifiutato dal primo all’ultimo ogni suo corteggiatore.
A quei tempi Celosia ammirava e, probabilmente, amava furiosamente, tremendamente tanto gettarsi anche nel fuoco, un unico saiyan. Solo per lui il suo cuore aveva cominciato a battere con maggior violenza, scaturendo poi in una scintilla, scintilla che era avvampata ed aveva scatenato un incendio.
 
Celosia guardò riflesso allo specchio quel corpo che Vegeta aveva conosciuto bene nella loro precedente vita e si sorprese quando vide che non era cambiato affatto. La sua vita era stata completamente ribaltata, tanto da perdere cognizione di chi fosse, ma il suo corpo era rimasto sempre lo stesso.
La sua pelle era forse diventata un poco più bronzea e più liscia, ed i suoi lineamenti si erano fatti meno spigolosi, più ingentiliti anche da una vita più casalinga e tranquilla rispetto a quella che conduceva una volta, quando i pasti non erano assicurati e regolari, e le intemperie delle galassie e gli scontri contro guerrieri nemici contribuivano a svigorire e a irruvidire quella pelle di donna.
 
La saiyan afferrò l’accappatoio ed uscì dal bagno, rifiutandosi di guardare indignata quegli impercettibili due o tre etti che le si erano adagiati sui fianchi.
 
***
 
«Io vado a letto. Vedete di non fare troppo rumore che è tardi.» volle puntualizzare la saiyan ai pochi astanti che si trovavano ancora in salotto.
Celosia non si era sbagliata quando si era messa a percepire le auree: i due figli di Bardack infatti non c’erano. E neanche la giovane, strillante pronipote di questi era presente.
Fu per lei un gran piacere quando vide che, in realtà, i pochi rimasti stavano sbaraccando la sala per andare a dormire, e non la infastidì neanche troppo quando Chichi la riprese per essersi mostrata in deshabillé in una casa non sua e con la cintura dell’accappatoio legata non troppo stretta attorno alla vita.
Non capiva che era un semplice modo della saiyan per fare capire agli altri che era l’ora di accomiatarsi.
 
«Io semmai spero che non saranno quegli altri tre sciagurati a far troppo baccano quando rincaseranno.» si augurò Videl mentre spiumacciava i cuscini «Ci mancavano solo i tirannosauri adesso!»
Celosia aggrottò la fronte, non capendo cosa volesse dire la donna.
Solo dopo il chiarimento di Gohan la guerriera venne a sapere che i due saiyan non si erano fidati della spiegazione di quest’ultimo, quando aveva detto loro che i dinosauri non avevano latte e, come tutti i rettili, i loro piccoli nascevano dalle uova, e perciò i due guerrieri erano partiti in una piccola spedizione notturna per scoprire quale fosse la verità. Pan, semplicemente, aveva seguito i due saiyan nella grande avventura.
La saiyan scosse la testa, sorridendo mentre pensava che Bardack e Gine si erano notevolmente impegnati per fare non uno, bensì due figli scemi. E la loro stupidità si era protratta anche alla progenie, comprendendo figli e nipote.
Non avendo altro da condividere con i presenti, Celosia voltò la schiena e si diresse verso la propria camera, chiudendo la porta dietro di sé.
 
Il silenzio.
 
La calma.
 
Niente volti fastidiosi davanti a lei.
 
La gioia.
 
Celosia si trattenne a stento dal saltellare per la stanza, ma un sorriso da orecchio a orecchio le illuminò comunque il giovane volto.
Notò quanto più grande sembrasse adesso quella stanza dopo le pulizie di Radish, anche se il saiyan quel pomeriggio era riuscito a metterla in ordine solo per metà.
Sul comò era addirittura ricomparsa una sua crema – o, meglio, una costosissima crema idratante che aveva sottratto a Bulma – che già dal secondo giorno che si era trasferita non aveva più trovato.
 
L’aprì e ne stese un velo sulle mani, facendo piccoli movimenti per farla assorbire alla pelle. Seppur fosse un semplice rituale, per la saiyan rimaneva una magnifica sensazione, ricordandole i momenti di relax tra una missione e l’altra, quando vagava per i pianeti divenuti di Freezer e ne scopriva i tesori, e tra questi delle deliziose prelibatezze culinarie e dei miracolosi oli essenziali e sostanze di bellezza. Si rendeva conto che erano delle semplici, stupide futilità, soprattutto per una guerriera come lei, eppure… facevano un immenso gusto.
Quel suo piccolo, delizioso rituale venne però interrotto da qualcuno che bussò alla porta. Celosia sospese il suo massaggio e si concentrò per riconoscere l’aurea. Se fosse stata quella di Radish, si sarebbe affrettata a spegnere la luce ed a ficcarsi sotto le coperte, ed avrebbe badato bene a non rispondere.
 
«Sì?»
«Sono Gohan. Posso entrare?»
«Fa come ti pare.»
 
Gohan entrò lentamente, l’espressione del volto apparentemente sicura, ma non abbastanza da nascondere a Celosia la titubanza ed il disagio per essere entrato in quella camera.
L’uomo chiuse la porta dietro di sé, così pacatamente che sembrava avesse paura di romperla o di fare un rumore tale da svegliare tutti gli animali del bosco.
«Ti devo parlare.» le disse appena era riuscito a racimolare un poco di sicurezza ed aver accantonato l’imbarazzo di averla trovata ancora in accappatoio, lasciato abbastanza sciolto da poter vedere cosa si nascondesse sotto.
Celosia continuò a passarsi la crema sulle mani e sui polsi, e sorrise quando pensò alla somiglianza di quella situazione ad un’altra che aveva vissuto quasi una settimana prima, con un altro saiyan in quella che era la sua stanza e sempre con l’intenzione di volerle parlare.
 La saiyan chiuse il barattolino di crema e si voltò verso Gohan, aggiustandosi l’accappatoio e stringendosi la cintura in vita, come a volersi ricomporre e a non voler dare il diritto all’uomo di deliziarsi di tale veduta.
«Ti sei rifatto un po’ tardi. Sto andando a letto.» gli rispose guardandolo di sottecchi per studiarlo, per poi vagare lentamente nella stanza.
«Sarò breve, non ci metterò molto.»
«E’ la stessa cosa che dici a Videl quando siete a letto?» gli chiese sarcastica la saiyan, sorridendo maliziosamente quando si accorse che Gohan non aveva afferrato subito l’ironia. Sorrise ulteriormente quando lo vide farsi rosso e cominciare a balbettare.
 
Eppure quello aveva praticamente sconfitto un essere decisamente più forte di Freezer quando era ancora un ragazzino!
 
La saiyan scosse la testa e si arrese nel suo tentativo di comprendere come diavolo facessero quelle terze classi ad essere tanto stupidi ed imbranati quanto fortunati nelle importanti battaglie.
 
Celosia lo incalzò a parlare con un gesto della mano e Gohan si ricompose per tornare in sé.
 
«Tu sei una saiyan.»
Celosia corrugò la fronte davanti all’ovvio.
«Anche tu lo sei.» rispose con un’ironica semplicità.
«Sì, ma io sono diverso, sono cresciuto sulla Terra e non mi sono mai divertito a sterminare intere popolazioni.» specificò Gohan, cercando di mantenere un contegno il più rigido possibile.
«E dunque? Dove vuoi arrivare?» gli domandò con fare acido e spazientito, percependo qualcosa di dispregiativo in quell’asserzione.
 
«Ti tengo d’occhio.»
 
Celosia sorrise con un che di malignamente ironico. «Bravo, fai bene. Una bellezza come me va guardata e tenuta costantemente d’occhio.»
Gohan storse la bocca, ma non si perse d’animo e continuò. Se, del resto, la sua famiglia più di un mese prima aveva accolto a braccia aperte e senza batter ciglio il saiyan che per primo aveva messo scompiglio nella loro vita, ciò non significava che Gohan avrebbe abbassato la guardia del tutto. E ciò che aveva visto e, soprattutto, sentito la sera della festa di compleanno del dottor Brief aveva ulteriormente acuito i suoi sospetti.
 
«Che cosa mi devo aspettare da una guerriera che ha ucciso milioni di persone?» la sfidò il figlio di Goku.
 
Celosia in quel momento smise di vagare senza meta per la stanza e gli si avvicinò con fare minaccioso, come a volergli fare rimangiare le parole dette e quelle che sarebbero uscite dalla sua bocca.
Qualcuno che la voleva intimorire ed offendere senza alcun apparente motivo non era di certo persona gradita per la saiyan.
 
Gli occhi le si assottigliarono e le mandibole si serrarono. Solo le labbra si mossero, lasciando in mostra i denti saldamente agganciati l’uno all’altro.
«Che vuoi dire?»
Gohan non si fece intimorire e andò avanti.
«So che stai tramando qualcosa. Questo teatrino di guerrieri sanguinari che bivaccano assieme a noi non mi sta convincendo affatto. Non è assolutamente reale, né tantomeno credibile.»
Celosia gli sorrise e gli si avvicinò ulteriormente, tanto da trovarsi ad un palmo da lui, per guardarlo occhi negli occhi, anche se Gohan percepiva di essere guardato dall’alto in basso.
«Tu veramente credi che stiamo fingendo? Che abbiamo finto per tutto questo tempo quando ci trovavamo assieme a voi?» gli domandò, mostrandosi infastidita «Sul serio, Gohan, come pensi che fosse stata la vita tra noi saiyan quando abitavamo ancora su Vegeta-sei? Te ne sei mai fatto un’idea?»
Celosia lo vide mantenere il silenzio, perciò continuò. «Secondo te eravamo perennemente dietro a delle missioni e ad uccidere il nostro prossimo? Oppure tra di noi conducevamo una vita di cameratismo, e si rideva, scherzava e si beveva – beh, chi poteva – come qualsiasi altra razza?» continuò ad incalzarlo di domande, tanto da vederlo piegarsi poco a poco «Dimmi, tu che sei così colto ed intelligente, com’era la vita sul mio pianeta? Dimmelo, magari non me lo ricordo bene io e tu lo sai meglio di me.»
 
Celosia stava sentendo che la pazienza la stava abbandonando parola dopo parola.
A pelle non le era mai stato simpatico quel ragazzo. Quei modi da professore e così poco da guerriero l’avevano infastidita fin dal primo giorno in cui l’aveva visto, e la sua opinione nei suoi confronti non era potuta che peggiorare nei giorni a seguire. Sentirlo poi parlare saccentemente ed in maniera subdolamente denigrante della sua razza era la goccia che stava per far traboccare il vaso: credere di sapere già tutto, reputare di conoscere come si comportava la sua razza quando lui non ne aveva mai fatto veramente parte… tali presunzioni la ripugnavano.
E ciò che sentiva che la stava particolarmente infastidendo era rendersi conto che non c’era finzione. Almeno da parte di Radish. Dato che lei in quei giorni, tanto meno quella sera, non riusciva a fare buon viso a cattivo gioco, aveva preferito rimanere zitta per buona parte del tempo, preferendo starsene per conto suo e fare i fatti propri, anziché intaccare la buona riuscita del piano con i suoi isterismi e scoppi d’ira che non riusciva a controllare. Ma Radish non fingeva. Se ne era accorta quella stessa sera, quando cenavano tutti assieme attorno alla grande tavola rotonda nella cucina di Chichi. Ogni singolo gesto, ogni singola parola, ogni singolo sorriso… era sincero. Non c’era forzatura nei suoi modi confidenziali. Radish si era integrato nella sua famiglia.
E Gohan non aveva il diritto di insinuare che tutti i saiyan stessero fingendo.
 
Gohan capì di aver detto probabilmente una stupidaggine e di essere stato in parte frainteso, perciò non desistette e andò avanti nel suo intento.
Con l’indice si sistemò gli occhiali sopra al naso e dette un leggero colpo di tosse. «Può darsi che sia così.» ammise quasi a testa bassa, ma per rialzarla velocemente verso di lei «Ma io mi sto riferendo specificatamente a te. Non mi fido di te
«E perché?»
«Perché sei una saiyan.»
«Ti ripeto, anche tu lo sei. Ed aggiungo, fortunatamente per il buon nome della nostra razza lo sei solo per metà.» gli rispose la guerriera, ormai al limite della pazienza, tant’è che si voltò indignata, dando le spalle all’uomo.
 
Gohan fece un lungo respiro e si prese un momento di pausa. Capì che con lei era meglio essere diretti.
«Ti dico solo una cosa. Io quel ragazzo lo conosco da quando era in fasce. L’ho visto crescere e diventare un uomo. Se solo gli storci un capello, non mi farò scrupoli a fartela pagare.»
Celosia voltò leggermente il capo verso di lui, guardandolo con circospezione. «A chi ti riferisci?»
«Lo sai bene a chi mi sto riferendo.» le rispose fermo il figlio di Goku.
 Gohan attese una qualche mossa della saiyan che continuava a dargli le spalle.
Celosia sorrise divertita della situazione. «E perché pensi che gli storcerei mai un capello?»
«Perché sei una saiyan.» ripeté un’altra volta Gohan, come se questo particolare fosse abbastanza da condannarla alla gogna «Ed ho come l’impressione che tu non sia pienamente sincera in tutta questa faccenda.» la avvertì, per poi continuare «Ho conosciuto il Vegeta di un tempo, che non è quello di ora che pranza con noi o che porta a fare shopping la figlia dodicenne, ma quello che si divertiva a frantumare le ossa di chi ormai era inerme, o che attaccava alle spalle i suoi nemici o amici – caso mai ne avesse veramente avuti - , quel crudele saiyan che lo stesso Vegeta una volta era sceso addirittura a patti con un mago per poter tornare ad essere quello di un tempo. Ovvero per tornare ad essere quello vero, il puro saiyan, privo di contaminazioni terrestri e dei loro affetti, lo spietato ed egoista guerriero saiyan. Ed ho pensato ad una cosa.» le disse, e questa volta fu lui a guardarla dall’alto in basso «Che per poter stare con uno come lui, bisogna essere come lui
 
A quella frase Celosia si alterò. Si sorprese di quanta noia le avesse dato quell’asserzione, tanto da ferirla e farle venire la nausea, ma quel fastidio venne presto coperto dalla rabbia che si fece sempre più crescente dentro di lei.
Come una furia gli si rivoltò contro.
«Ma tu mi conosci? A parte che sono una saiyan ed una guerriera, tu mi conosci come persona? Chi è Celosia, questo tu lo sai?» gli gridò rabbiosa la donna, tant’è che le sue urla passarono anche i muri e la porta.
Avrebbe voluto tirargli uno schiaffo, ma il desiderio del drago glielo impedì e così quello schiaffo si tramutò in ulteriore frustrazione per la saiyan, che ringhiò esasperata e dette un pugno al muro, lasciando un buco nell’intonaco e creando tante piccole crepe che corsero fin quasi al soffitto.
«Tu parli dei saiyan in una maniera talmente dispregiativa, quando dovresti essere solamente tu stesso da disprezzarti. Non hai idea di che insulto sia per la nostra gloriosa razza avere qualcuno che rifiuta la lotta!» gli urlò contro la Principessa, e da come Gohan spalancò gli occhi, la saiyan capì che aveva colto nel giusto: Gohan era un saiyan a cui non piaceva lottare. Ed era addirittura peggio di chi non ne era in grado. Celosia conosceva bene il dispiacere e la vergogna che tacitamente serbava Radish per sua madre, la quale non era stata abbastanza in gamba per combattere. Ma ciò era una cosa che non dipendeva direttamente da lei, che magari avrebbe preferito continuare a combattere al fianco del proprio uomo, anziché essere relegata allo smistamento delle carni come una semplice operaia. Diversamente era chi, per scelta, decideva di non combattere perché non aveva l’indole della lotta. Quella era la feccia.
«E poi vieni qui, a parlarmi in questa maniera insolente, a me che sono la tua Principessa, e pretendi di conoscere tutto di me. Che sto tramando qualcosa, che sto fingendo, che sono cattiva. Quando in realtà, ti vorrei ricordare, la vittima che ha subito un’atroce ingiustizia sono stata io.»
 
«Ottimo movente per una ritorsione magari.»
 
«Certo. Perché sono una saiyan. E sono una guerriera sanguinaria. Ti prego, adesso dimmi che sono anche una pazza ed una puttana, così il quadretto di quel che è stata sempre dipinta la mia vita sarà completo!»
Celosia sbottò adirata quella frase, stanca dell’ennesimo idiota che pretendeva di conoscere ogni aspetto della sua esistenza. Per anni, ancor prima che venisse alla luce, era stata raffigurata come la nipote di un re pazzo. Crescendo e diventando una donna, ed una donna molto più in gamba di tante altre che lavoravano per l’esercito di Freezer, la rivalità e l’invidia di tanti l’avevano additata come una puttana perché si prendeva spesso le missioni più gustose. E per quanto cercasse di fregarsene di quelle voci, le loro continue ripetizioni avevano cominciato ad infastidirla, e si arrabbiava quando vedeva che i suoi meriti non venivano riconosciuti come tali, perché semplicemente era particolarmente portata in ciò che faceva, ma perché era più facile asserire che se la intendeva con i piani alti.
«Tu parli di me, senza sapere niente di me. Vedi solo ciò che ti pare, ciò che ti fa comodo. Non ci pensi che magari mi possa essere affezionata, anche se per nulla al mondo l’avrei voluto, a quel ragazzo? Per me è una disgrazia che sia proprio il figlio di quell’essere. Sarebbe tutto più semplice se fosse qualcun altro!»
 
Celosia aveva gridato talmente tanto che le si erano seccate le ultime parole in gola, tant’è che alla fine era come se le avesse sussurrate. Solo dopo pochi secondi la guerriera si era accorta della pesantezza di quella dichiarazione, pronunciata tanto fievolmente che poteva non essere mai stata detta.
Il problema era che si era realmente affezionata alla sua vittima, alla sua piccola pedina che avrebbe sacrificato per uno scopo maggiore: far soffrire Vegeta, indebolirlo e affliggerlo e, alla fine, sconfiggerlo.
Affezionarsi a qualcuno rappresentava un danno, uno svantaggio per la saiyan. Si sentiva legata a qualcuno di cui doveva da allora in poi tener riguardo, stare attenta a non recargli danno, sentirsi in dovere di proteggerlo. Non sarebbe più stata una guerriera libera e ciò poteva tramutarsi in una perdita per se stessa, si sarebbe potuta presentare l’eventualità che la saiyan avrebbe potuto rimetterci da quella relazione di affetto. Celosia aveva già perso una parte di sé aiutando Radish, combattendo con se stessa perché non riusciva a perdonarsi, vergognandosi per gli accordi che aveva dovuto prendere per poterlo salvare, per poterlo avere ancora accanto a lei, anni ed anni prima, quando scouter e navicelle spaziali erano oggetti perennemente presenti nella loro vita quotidiana. Ma questa volta Celosia non poteva permettersi di mostrare una simile debolezza, perché altrimenti non avrebbe più avuto le forze di sconfiggere Vegeta ed ottenere così la sua vendetta.
Nonostante ciò, la saiyan capiva quanto fosse sacro quel sentimento di affetto. Celosia stava male solo a pensare che, ancora una volta, per il suo bene, non poteva permettersi quel lusso di abbandonarsi al piacere di avere qualcuno accanto senza il pericolo che tutto ciò che stava progettando venisse distrutto.
 
Gohan rimase per un attimo interdetto a quelle ultime frasi che aveva udito, così insolite per una bocca saiyan da farlo trovare impreparato.
Celosia aveva ragione: Gohan non la conosceva. Non aveva mai avuto modo di parlarle o passare del tempo assieme a lei, se non in maniera molto superficiale. Aveva ragione ad essersi arrabbiata e ad essersi sentita offesa, dopo i pregiudizi e le infamie dette sulla propria razza, razza di cui la guerriera andava fiera.
Però Gohan continuava a vedere in Celosia il volto del Vegeta di un tempo, di Nappa che mozzava il braccio di Tenshinhan, di Radish che martoriava il proprio fratello. E sentirla asserire che si era affezionata a quel ragazzo che Gohan aveva visto crescere, ridere, combattere, suonava come una grandissima presa per i fondelli.
Non era da lui essere così meschino, ma la paura che la donna potesse fare del male a qualcuno a cui lui teneva era troppa dal trattenersi. Doveva attaccare. Tant’è che la sfidò nuovamente.
 
«Stupidaggini.» sorrise l’uomo con fare beffardo «Hai ucciso e distrutto probabilmente fino al giorno prima della tua morte, come può un guerriero simile provare affetto per qualcuno?»
 
Celosia si morse un labbro e strinse la mani a pugno.
«Esci da questa stanza.» lo intimò ferma la donna.
 
Gohan incrociò le braccia al petto e le mostrò la sua fermezza. «Hai paura a rispondermi?»
 
La saiyan lo guardò e scosse la testa, per poi avvicinarsi alla porta per aprirla lei per lui, ma attese ancora un attimo, fissando la maniglia della porta.
«Sì, ho paura.» gli confessò la guerriera, sorridendo sorniona, mantenendo gli occhi bassi «Perché… se ti rispondessi adesso… ti urlerei tutto ciò che penso di te, della tua faccia, della tua famiglia, di questa casa. Ma non voglio.» gli disse, per poi alzare lo sguardo su di lui «Perché, se lo facessi, io mi leverei lo sfizio, ma probabilmente qualcuno a cui tengo e che è talmente coglione da essersi affezionato a voi, razza di poveri idioti dalla faccia da imbecilli, lui… ci rimetterebbe a causa mia. E questo io non voglio che avvenga.» gli disse placida la donna, facendogli infine capire che si era sbagliato per tutto il tempo, e che era difatti possibile che dei saiyan si affezionassero a qualcuno.
Celosia non voleva mettere nei guai Radish a causa sua, ben sapendo come la guerriera reagiva negli ultimi tempi. Non gli voleva fare un simile torto. Radish aveva finalmente trovato la sua famiglia, e Celosia avrebbe impedito a se stessa di rovinare tutto. Per lui sarebbe si sarebbe trattenuta, sarebbe stata zitta. Per il suo bene, perché Celosia aveva capito quanto Radish ci tenesse ad essere entrato a far parte della famiglia di suo fratello, nonostante, a volte, anche per lui quella confidenza ed intimità da parte di alcuni era eccessiva da sopportare. Ma era felice, e a suo agio, e Celosia si era accorta da un pezzo come il saiyan non stesse più fingendo con loro. Radish si meritava finalmente quel premio, e Celosia non glielo avrebbe privato per un suo ennesimo capriccio.
 
La saiyan abbassò la maniglia ed aprì la porta, invitando Gohan con un gesto della mano ad uscire.
 
Gohan la fissò e per un momento gli sembrò di comprendere.
Forse aveva esagerato e forse un giorno si sarebbe scusato con lei, nonostante sapeva che fino a quel momento l’avrebbe comunque tenuta d’occhio. Ma ci fu qualcosa che in quell’attimo scorse per la prima volta nello sguardo della saiyan e che lo sorprese vedendolo in lei: la totale sincerità. Niente finzione o sorrisi costruiti, frasi studiate a tavolino ed atte a far scena. Celosia, dalla prima volta che l’aveva incontrata, era sincera.
E fosse stata per l’ora tarda o perché sapeva che l’indomani si sarebbe dovuto alzare presto per andare a lavorare, il figlio di Goku decise di concedere una tregua a quella principessa di tutti i saiyan.
Gohan le sorrise alzando un sopracciglio e le si avvicinò. Con ponderata calma la guardò, facendole intuire le sue intenzioni, afferrò la maniglia del lato esterno della porta e la chiuse dietro di sé.
 
 
 





Note dell'Autrice

Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo qui, finalmente riesco ad aggiornare!
Ero partita con l’intenzione di descrivere in questo capitolo il sogno che aveva fatto Celosia in quello precedente, ma alla fine ho deciso di mostrare alcuni aspetti di ciò che è lei e di come la vedono alcuni dei personaggi: lo zoticone di Nappa, che è il saiyan che la conosce da più tempo, il giovane ed innamorato Trunks che la conosce solo in parte ed il razionale Gohan, che la conosce per sentito dire.
E siccome non riesco mai a smentirmi, è venuto fuori un capitolo extralungo. Beh… Spero che almeno così riuscirò a farmi perdonare per l’immenso ritardo!
Non mi dilungo ulteriormente, visto che ho già scritto abbastanza, ma vi ringrazio perché avete ancora voglia di seguire questa storia. Ringrazio i vecchi ed i nuovissimi lettori e spero di non deludervi in seguito.
Non vi prometto che riuscirò ad aggiornare in tempi brevi, ma spero che con queste vacanze riesca ad avere un po’ più di tempo libero per dare una botta al nuovo capitolo.
Intanto vi saluto e vi auguro una felice Pasqua! Un bacione!
   
 
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