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Autore: Locked    29/03/2015    3 recensioni
Questa FF partecipa al Glee Big Bang Italia.
"Perché essere anime gemelle significa molto di più che amarsi per tutta la vita."
Questo era esattamente il genere di frasi melense che Kurt Hummel avrebbe creduto di poter ritrovare nella carta spiegazzata di un cioccolatino di San Valentino - o in una versione arrangiata della proposta di matrimonio del proprio fidanzato Blaine Anderson, insomma.
Non avrebbe mai potuto immaginare quanta verità una simile frase potesse effettivamente nascondere.
Dal testo:
[Dopo una lotta – impari, a detta di Blaine – contro gli scatoloni ricolmi di vecchi oggetti inutilizzati che ‘continuano ad uscire fuori dal nulla, Kurt!’ la sua testa riccioluta riemerse dal ripostiglio con un vecchio lettore di videocassette nelle mani e una luce brillante negli occhi.
“Okay, Kurt, potresti spostarti? Non ho posto per sedermi.”
“Blaine.”
“Ho capito che non volevi alzarti, ma se per favore potresti scorrere—“
“Blaine quei due-- i due sullo schermo, siamo noi.”

"Oh mio Dio."]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note:
Duuuuunque. Grazie immensamente a Anna_Vik e kissmycollarbones che non si perdono un aggiornamento e che mi fanno sempre awware all'infinito con le loro recensioni meravigliose. Grazie grazie grazie.
E grazie anche alle persone che continuano ad aggiungere questa storia tra le seguite/preferite/ricordate. Solitamente non ho mai tempo di controllare EFP, ma quando l'altro giorno l'ho fatto e ho visto più di quaranta seguite per questa storia mi sono commossa. Seriamente, non sto scherzando.
Grazie per credere in questa storia. <3
Enjoy!
Oh, quasi dimenticavo! Questa FF è nata guardando questa fanart, che è meravigliosa e sdfjnsk. In questa storia è solo Kurt il badboy, però è da qui che è nato tutto e ci tenevo a mostrarvela.
Un abbraccio!


 
About cigarettes, motorbikes and falling in love with strangers
 
A Fede, che l'ha ispirata, mi ha minacciata affinché la scrivessi e l'ha letta per prima.
Ti voglio bene, sweetheart. **


 
Quando la porta sul retro della discoteca più infognata di tutto l’Ohio gli si richiude alle spalle con uno scricchiolio metallico per niente piacevole, Blaine è sicuro che quella serata non possa andare peggio.
Certo, magari lasciarsi trascinare da Sebastian in quella follia – perché solo così si sente di definire il disastro che è stato quella notte, e non sta facendo il melodrammatico – solo perché non riesce a dire di no ai dai, Blaine! Solo questa volta, non esci mai! del suo migliore amico non è stata la più brillante delle sue idee, ma comunque.
Rabbrividisce impercettibilmente nel freddo pungolante della sera autunnale e si stringe addosso il maglioncino azzurro che fino a pochi secondi prima, sotto le luci psichedeliche e nel calore di corpi sconosciuti e sudaticci, sembrava soffocante. Si perde per qualche istante ad osservare le nuvolette bianche e condensate del proprio respiro sbiadire nella notte, per poi infilare le mani nelle tasche e muovere qualche passo sul marciapiede sporco e illuminato solo da un flebile lampione dalla luce gialla.
Non che si aspetti pavimenti lucidati con la cera o vetrate cristalline – dopotutto quello è sempre un bar gay di scarsissima qualità –, ma sul serio, preferisce non sapere cosa sia quel cumulo di … qualcosa abbandonato al lato del marciapiede.
Infila le mani nelle tasche dei jeans – che sono ridicoli e sono stretti, ma Sebastian lo ha costretto ad indossarli perché devi fare colpo, Blaine. Su chi, non l’ha ancora capito – e si guarda intorno per un po', crogiolandosi nel silenzio ovattato – sembra quasi di trovarsi in una nuvola – della strada deserta davanti a lui, frammentato solo dagli sprazzi di discutibile musica house che rimbombano nella discoteca.
"Non dirmi che stai davvero per sederti ." Il suo didietro si blocca a una manciata di centimetri dal gradino del marciapiede e il cuore gli rimbalza in gola dallo spavento. "Voglio dire; secondo me potresti anche prendere la rabbia, con tutto lo schifo che c'è per terra."
Blaine scatta su come una molla e si guarda intorno, cercando di individuare da dove provenga quella voce e— oh. Eccolo. C'è un ragazzo seduto qualche metro sopra la sua testa, sui gradini metallici che risalgono come rampicanti l'esterno del locale – le gambe penzolanti nel vuoto, le braccia appoggiate a un tubo di ferro orizzontale della ringhiera, seduto con la testa inclinata e gli occhi brillanti di luce di luna.
Blaine piega il collo di lato e lo guarda incuriosito – non sembra pericoloso, nonostante sia buio e sia un'ora abbastanza inquietante della notte per starsene appollaiato su una scala traballante nel bel mezzo del nulla –, ma non fa in tempo ad aprire la bocca e colmare quel silenzio che è sceso su di loro come nebbia sottile, perché lo sconosciuto sta già parlando di nuovo.
"Inoltre, qui c'è un sacco di spazio; sarebbe uno spreco non condividerlo con qualcuno, non trovi?"
Blaine percepisce un calore piacevole invadergli collo e guance, e si ritrova a pensare che lo sconosciuto è davvero carino quando ammicca, salvo poi darsi dell'idiota da solo perché quello là potrebbe essere uno stupratore e tu sei ancora qui, coglione.
Il ragazzo sembra leggergli nel pensiero, perché rotea gli occhi sbuffando e il suo sguardo si schianta in quello di Blaine – e wow, i suoi occhi sono davvero azzurri.
"So cosa stai pensando e no, non voglio violentarti, né rapirti, né derubarti se è questo che ti preoccupa."
Blaine si mordicchia il labbro e si rende conto di non aver ancora aperto bocca, quindi lo fa e si maledice subito dopo, perché di tutte le cose che avrebbe potuto dire se n'è uscito con un misero "Quelle scale non sembrano sicure."
Se la missione da portare a termine è farsi passare per un vecchietto di ottant'anni con l'artrite, ci sta riuscendo bene.
Il ragazzo comunque non sembra prenderla troppo sul serio; ridacchia e si scompiglia i capelli – dei bellissimi capelli dorati e disordinati ad arte.
"Lo sono, garantisce il sottoscritto. Oh, e a proposito: io sono Kurt," dice, ed allunga il piede destro rinchiuso in un anfibio nero e un po' graffiato ai lati verso Blaine.
"Dovrei afferrarlo o—?"
"Se preferisci puoi venire qua su e stringermi la mano; altrimenti le mie scarpe saranno più che felici di far conoscenza con te."
 
*
 
È ufficiale, Blaine è un cretino. È un cretino e se ne rende conto fin da quando poggia il primo traballante passo sul gradino più basso di quella dannata scala antincendio, e pensa chi diavolo me l'ha fatto fare?
“Vuoi una mano?”
“No — no, ce la faccio.”
Forse, aggiunge nella mente, mentre si abbarbica alla ringhiera metallica e muove qualche passo cigolante. Alla fine non sa nemmeno come è riuscito a raggiungere il piccolo spiazzo che divide una rampa dall’altra su cui è seduto Kurt – che lo sta ancora fissando con il fantasma di un sorriso divertito impresso nelle labbra sottili –, ma ora è lì e tanto basta. Si lascia crollare – no, in realtà si siede pian piano, stando attento a ogni piccola sfumatura del clangore della scala – a terra, sedendosi vicino a Kurt. E wow, forse quel posto non fa così schifo da lassù.
Certo, si trovano sempre in una periferia mal illuminata e maleodorante di Lima, ma lì, sospesi a metà tra il cielo ricolmo di minuscoli diamanti di stelle e la strada asfaltata e deserta, solo tetti bui all’orizzonte, non sembra poi così male.
Kurt sembra essersi perso nell’osservarlo, perché quando volta la testa e incontra i suoi occhi, due grandi pozze di azzurro così brillanti da far invidia all’intero universo e a tutte le sue galassie, lui sbatte le ciglia castane e sorride colpevole e consapevole insieme. Non che sembri dispiacergli, comunque, essere stato beccato a fissarlo; Blaine arrossisce e sposta lo sguardo sul suo corpo, pentendosene esattamente un secondo più tardi.
Il torace snello di Kurt è fasciato da una maglia nera e troppo larga, che gli si affloscia sui fianchi in maniera adorabile e lascia intravedere lembi di pelle perlacea attraverso degli strappi fatti ad arte in una maniera che di adorabile ha poco e di sexy ha troppo. Le gambe affusolate sono a malapena nascoste da un paio di jeans sdruciti sulle cosce e sulle ginocchia, e dio, dovrebbe veramente smetterla di fissarlo come un maniaco.
“Non sei un tipo che parla molto, non è vero?” Kurt gli chiede, e punta gli occhi all’orizzonte, lasciando scoperto un lembo di pelle del collo inchiostrata in più punti. Blaine scuote la testa ed aguzza lo sguardo, accarezzando con le iridi quelle piccole linee nere a forma di rondine stampate sulla sua pelle. Sono quattro e gli risalgono la curva del collo in maniera elegante, arrampicandosi su quella distesa pura e bianca.
“No,” dice, e sorride un po’, distogliendo lo sguardo dal tatuaggio. Ho paura di dire qualcosa di sbagliato, pensa.
“Non è una brutta cosa. Le persone che parlano molto non si rendono conto del valore delle parole che pronunciano. Non si capiscono che a volte le parole fanno male.
E’ un ragionamento strano – o no, forse non lo è. Forse è solo strano che due sconosciuti ne stiano parlando –, ma Blaine si ritrova ad annuire. Perché lui, lui più di tutti, sa quanto le parole possano ferire. L’ha sperimentato nell’anima ancor prima che sulla pelle, come voragine nel petto prima che come cicatrici sulla schiena.
“Quindi, Blaine,” e lui sussulta, letteralmente, amando il suono del proprio nome che rotola sulla sua lingua. “Perché sei seduto su una traballante scala antincendio nel retro di una squallida discoteca a non-parlare con un completo sconosciuto nel bel mezzo di un sabato sera?"
Blaine arrossisce, perché messa su questo piano la situazione è davvero ridicola, ma non può fare a meno di rispondere.
"Il mio amico Sebastian ha deciso che dovevo uscire, e mi ha trascinato qui," gesticola vagamente con la mano per indicare il locale. "Anche se sa benissimo che non è qualcosa che fa per me, e voleva semplicemente rimorchiare qualcuno." Rotea gli occhi con uno sbuffo che sa tanto di gli voglio bene anche se è un idiota.
In quell'istante, la porta di metallo del retro si schianta contro la parete, lasciando che il caos e gli schiamazzi all'interno invadano prepotentemente la quiete della notte, come un fiume che straripa dai propri argini. Blaine sussulta e sporge il collo oltre la balaustra, giusto in tempo per vedere Sebastian avvinghiato a un altro ragazzo poco più basso di lui, moro e muscoloso. Per un secondo ha davvero paura che quel tipo risucchi la bocca del suo amico, perché andiamo, riesce a vedere la sua lingua da lì – non è un bello spettacolo – e la sua stretta attorno alle ciocche disordinate di capelli di Sebastian è davvero possessiva.
"Tha— mpfh. Thad, fermo. Ora."
Il ragazzo scrolla le spalle e si attacca al suo collo. Kurt ridacchia.
"Blaine? Blain— ah! Dove sei?"
"Quassù, Seb."
L'occhiata che gli rivolge Sebastian, quando con non poche difficoltà riesce ad individuarlo, è appannata e un po' perplessa, ma non sembra aver intenzione di indagare sul perché si trovi lassù.
"Ho bisogno— mpfh— della macchina. Puoi a—ah—spettare che—" Indica vagamente il corpo pressato al suo, prima di agganciare un braccio al bacino di quel famigerato Thad e riprendere a baciarlo e okay— Blaine non ha voglia di fare da pubblico alle pomiciate con sconosciuti del suo migliore amico, grazie tante.
"Sebastian, non se ne parla, è la mia macchina, non ci andrai a letto con lui, dentro!" esclama, distogliendo lo sguardo e fissandolo prepotentemente all'orizzonte buio.
"Non è andare a letto, se non c'è un letto," sussurra Kurt accanto a lui, nascondendo un sorriso malizioso dietro a un ghigno. Blaine lo fissa sconvolto, poi lancia un'occhiata dubbiosa a Sebastian e a quell'altro. Non sembrano nemmeno averlo sentito.
"Senti, posso accompagnarti a casa io. Ho la moto parcheggiata davanti al locale, non è un problema."
"Stai scherzando?" Kurt sbuffa e si scompiglia i capelli.
"No, Blaine." Blaine sussulta e— seriamente, dovrebbe smetterla di avere un attacco di cuore ogni volta che pronuncia il suo nome. "Scegli; puoi venire con me o puoi passare il resto della serata ad aspettare che quei due," indica quell'ammasso di arti e dita e labbra pressato alla parete, "concludano, e farti un viaggio di ritorno in un'auto che ... sa di vissuto, con un amico sbronzo e mezzo nudo sdraiato sui sedili posteriori." Incrocia le braccia al petto con un sorrisino soddisfatto impresso sulle labbra.
Blaine sembra valutare le opzioni per un attimo; dopotutto Kurt è sempre uno sconosciuto – uno sconosciuto attraente e bellissimo, ma non è questo il punto –, ma finisce per infilarsi una mano in tasca e cavarne le chiavi dell'auto.
Kurt ghigna – ghigna, letteralmente –, e ridacchia contro l'incavo della mano, quando entrambi i ragazzi avvinghiati l'uno all'altro sotto di loro sussultano al Sebastian! urlato da Blaine.
Blaine lo ignora ed arrossisce fino alla conchiglia delle orecchie; lancia le chiavi al suo migliore amico. "Domani," dice con gli occhi ridotti a due fessure, "la porti all'autolavaggio e la fai tornare nuova. Non mi interessa cosa ci fate o quanto—"
Ma Sebastian e Thad sono già corsi via.
"Ci rinuncio," sbuffa affranto, stropicciandosi gli occhi col dorso della mano.
“Pronto per la corsa più spericolata di sempre?” Kurt gli fa l’occhiolino – l’occhiolino! – e si alza in piedi – le sue gambe sembrano ancora più lunghe così, e Blaine deve deglutire forte –; gli tende la mano, e sembra che insieme ad essa gli offra anche una piccola parte di sé.
 
*
 
“Woah, quando hai detto ‘moto’, non pensavo intendessi … una di queste moto.”
Kurt ridacchia e lo spinge di lato, facendosi spazio nell’angusto angolino che ha trovato per parcheggiare davanti al locale. Sfila un casco dal bauletto e ne sgancia un altro dalla motocicletta, mentre Blaine accarezza con uno sguardo adorante ogni sua particolarità.
Non se ne intende molto, di moto, ma è piuttosto sicuro che quella sia abbastanza grande. O almeno, quel tipo di grande che ti permette di salirci in due, ma solo se entrambi si spiaccicano l’uno all’altro. Improvvisamente la prospettiva di un viaggio con Kurt prende una sfumatura diversa.
Si ritrova il casco tra le mani e per un attimo esita, ma i suoi neuroni decidono che è un buon momento per non ragionare, quindi si limita a fissare le gambe di Kurt – che sono ancora più lunghe, tese a cavalcioni sulla moto nera, semiscoperte dai jeans sbiaditi e sfilacciati – e a giocherellare con la visiera di plastica trasparente dell’aggeggio che ha in mano.
"Allora, sali o no?"
A volte ci sono azioni che devi compiere senza pensare.
 
*
 
Blaine fa appena in tempo a dettargli l'indirizzo oltre la coltre assordante del rumore del motore, e Kurt sta già partendo, l'acceleratore che rimbomba sotto di loro e il vento che investe loro le membra. Sente da qualche parte un tieniti forte gridato oltre gli strati dei caschi e Blaine semplicemente lo fa, aggrappandosi saldamente ai fianchi fasciati di nero di Kurt, percependo un brivido che non ha nulla a che fare col freddo risalirgli la spina dorsale ed espandersi in tutto il corpo e oh! Blaine, respira.
Sono praticamente incollati insieme – Kurt che sembra far apposta a tenere la schiena dritta per creare ancor più contatto tra di loro e Blaine che sta sicuramente facendo apposta ad appiccicarsi alle sue spalle.
Le luci dei lampioni della città, che pian piano riacquistano una certa frequenza lungo la strada, illuminano i loro volti coperti dai caschi, e Blaine sta seriamente pregando ogni divinità in cui crede e non, perché Kurt non percepisca il proprio cuore pulsare impazzito contro la sua scapola sinistra. Per quanto ne sa lui, potrebbe anche star esplodendo; i battiti sembrano affondargli nella cassa toracica con lo stesso ritmo sconnesso di una batteria suonata da un bambino e Dio! Blaine fa scorrere le dita sulla pelle dei suoi fianchi ed entrambi fremono.
Sembra quasi troppo presto, quando arrivano a destinazione.
 
*
 
"Wow, non mi avevi detto di vivere in una villa."
"Perché questa non è una villa."
Kurt rotea gli occhi. "Andiamo, Blaine. Questa è una villa."
Blaine fissa corrucciato l'ingresso di casa sua, poi scuote la testa.
"Pensi che i proprietari di questa non-villa si arrabbierebbero se fumassi una sigaretta nel loro vialetto?"
Blaine si volta a guardarlo per un attimo – Kurt ha i fianchi abbandonati contro il lato della moto e lo fissa con un'aria dolce, la testa appena inclinata e gli occhi limpidi – e poi prende fiato. "Non credo. I miei non sono a casa per tutta la settimana e mio fratello dorme al campus dell'università."
Ora lo sguardo che gli rivolge Kurt sembra divertito. "Blaine, intendevo chiedere se dà fastidio a te, ma se questo tuo discorso non è altro che un modo per invitarmi ad entrare in casa perché non c’è nessuno continua pure, ci stai riuscendo."
Blaine arrossisce; dice "Idiota" e pensa sei adorabile, ma poi gli sorride, perché le leggi di questo universo hanno stabilito che la quantità del ridacchiare sommesso di Kurt è direttamente proporzionale all'ampiezza del proprio sorriso e— andiamo, chi è lui per contraddire un teorema matematico così perfetto?
"Comunque no, non mi dà fastidio, davvero."
Kurt scava con la mano nella tasca destra dei jeans – per l’amor di Dio non fissargli il cavallo dei pantaloni – e ne tira fuori un pacchettino bianco e lucido; estrae la sigaretta con un gesto esperto e calibrato delle dita e la stringe tra le labbra – non fissargli nemmeno le labbra, pervertito – contratte in un sorriso obliquo.
Poi lo sente borbottare un merda sottovoce e sbatte gli occhi un paio di volte, perché sì, alla fine lo stava fissando sul serio. Inclina la testa di lato e socchiude le ciglia. “C’è qualcosa che non va?”
“Non trovo il mio accendino.”
Blaine ridacchia e si infila una mano in tasca, cavandone fuori un accendino vecchiotto e azzurro sbiadito. Le sopracciglia di Kurt si inarcano, a metà tra lo scettico e il divertito.
“Da quando in qua, Blaine” si interrompe giusto un attimo, per sbirciare la cassetta della posta, “Anderson— Da quando in qua Blaine Anderson è un fumatore incallito?”
“Non è mio, è del mio amico – lo stesso della discoteca –, me lo ha lasciato perché, cito testualmente, ‘I suoi jeans erano troppo stretti per respirare, figurati per tenere quello in tasca!’” Blaine ridacchia e vede gli occhi di Kurt illuminarsi, prima di ritrovarsi il suo viso a qualche centimetro dal proprio e una decina di anni in meno da vivere.
L’aria gli si smaterializza dai polmoni in un risucchio e i suoi occhi sono così blu e Blaine, concentrati.
“Potresti accendermi la sigaretta, Blaine Anderson?” E lui lo fa. Non ha idea di con quale forza di volontà, ma fa scattare la rotellina arrugginita un paio di volte e il calore della piccola fiamma investe il suo volto assieme al respiro fresco di Kurt.
Poi Kurt si allontana in un soffio di fumo, e Blaine non ha mai desiderato così tanto in vita sua che una sigaretta non finisca mai di bruciare.
 
*
 
Ma la sigaretta finisce e Blaine arriccia le dita attorno alla stoffa del maglioncino, tirandola un po’ più in giù e mordicchiandosi le labbra, perché Kurt se ne sta andando e forse non lo rivedrai mai più.
Non sa se è pronto a lasciar andare quel ragazzo; ed è ridicolo – lo sa perfettamente, grazie tante – , perché dopotutto Kurt non è altro che un ragazzo bellissimo che ha incontrato meno di un’ora prima, appollaiato su una scala antincendio sul retro di un locale in cui lui non voleva nemmeno andare. E’ solo un ragazzo un po’ strano, che guida una moto grande come tre Blaine e fuma sigarette nei vialetti di case altrui alle tre di notte. Un ragazzo così speciale da essere riuscito a farlo sentire diverso come non era mai successo prima.
“Io— uhm. Andrei a casa. E’ davvero tardi.”
Blaine solleva gli occhi di scatto e li punta nei suoi. “Oh, sì. Certo.”
“Allora … buonanotte, Blaine Anderson.”
“Buonanotte anche a te Kurt.”
E Kurt sta già armeggiando col manubrio, le gambe a cavalcioni sulla sella e il casco incastrato sotto il braccio destro, quando Blaine decide che non vuole che se ne vada.
A volte bisogna puntare i piedi e chiudere gli occhi.
Blaine fa un passo ed ora è ad un respiro da Kurt. Gli dà appena il tempo di rendersi conto che oh, eccoti qui! e sta già serrando le palpebre e pressando le labbra contro le sue.
Ed è ... Diverso. Non è come se non avesse già baciato altri ragazzi, prima, ma questa volta è come se fosse tutto nuovo e tutto familiare allo stesso tempo. È come se sentisse al livello del petto una voragine tutt'altro che dolorosa scavarsi e riempirsi di un sentimento strano che gli fa venire i brividi sulla pelle delle braccia. Forse è semplicemente Kurt ad essere diverso.
È piuttosto sicuro di avere il manubrio della motocicletta conficcato nella milza e il casco che Kurt aveva in mano è scivolato per terra in un tonfo rumoroso, ma non è poi così importante, adesso che le labbra di Kurt si sono dischiuse attorno alle sue e oh! Quella è la sua lingua. Il respiro di Blaine incespica nei polmoni e sente il cuore pulsargli sulle labbra, quando Kurt gli passa un braccio attorno al collo ed approfondisce il bacio, attirandolo stretto contro di sé.
Quando entrambi si separano – in realtà Kurt si allontana di qualche millimetro, e Blaine lo segue, come attratto da una calamita, prima di rendersi conto di tutto ciò è successo e tirare la testa all'indietro accennando un minuscolo sorriso – hanno il respiro pesante e gli occhi spalancati e pieni di luce, come se fossero letteralmente illuminati l'uno dallo sguardo dell'altro.
"Sbagliavo su di te, Blaine Anderson." Kurt ridacchia – le pieghe attorno ai suoi occhi sono ancora più carine, viste da così vicino. Blaine sente  un calore familiare formicolargli sulle guance, quando il proprio cervello elabora che oh, hai appena assaltato le labbra di un ragazzo che conosci appena, e mormora uno 'scusa' appena udibile perfino nel silenzio della notte blu.
"Non ho mai detto che mi sia dispiaciuto cambiare idea," dice Kurt, accarezzando ogni sillaba con una dolcezza vagamente maliziosa.
Un secondo più tardi stanno già respirando l'uno contro l'altro. Si stanno respirando l'un l'altro. Ed è bellissimo.
 
"Secondo me dovresti riempire il tuo armadio di jeans strappati."
"Blaine, scordatelo."
"Ma—"
"Innanzitutto, i miei pantaloni di Mark Jacobs sono perfetti, grazie tante. E poi non so quanto possa valere un giudizio sui miei pantaloni, detto da qualcuno che indossa ancora i mocassini."
"Non provare ad insultare i miei—"
"E i papillon."
"I papillon sono alla mod—"
"Sì, e io mi chiamo Matt Bomer."
"Be', con quei jeans là il tuo didietro era molto simile al suo."
"Vorresti dirmi che ha qualcosa che non va, così com'è?"
"Neanche per scherzo."






 
Per chi aspetta le risposte alle recensioni: SOON! Domani parto per la gita scolastica, ma giuro che cercherò un modo per rispondervi il prima possibile. 
Grazia ancora,

Elena. <3
   
 
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