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Autore: PrincesMonica    19/12/2008    2 recensioni
Come erano Jared e Shannon ai tempi della scuola? E se oltre alla musica si fossero interessati di ragazze?
Quando iniziai la FF non conoscevo ancora bene i due personaggi, quindi perdonatemi eventuali errori
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo extra 3: Buon Compleanno Jared!
 
Jared non aveva mai amato molto il Natale: la trovava una festa ormai trasformata troppo dal suo reale significato. Inoltre il suo compleanno era il giorno dopo e di solito perdeva molto della sua importanza. Insomma, compiere gli anni era qualcosa di unico ogni anno, significava che eri andato avanti ancora, era il giorno della propria celebrazione, invece tutti tendevano a sminuirlo perché c’era il Natale il giorno prima.
Tutti, tranne Monica.
Lei aveva sempre fatto in modo di festeggiare entrambi gli eventi e sempre in maniera che uno non mettesse in ombra l’altro. Cenette intime, regali significativi, simbolismi che solo loro due potevano capire. E lui non poteva che amarla ancora di più.
Inoltre con l’arrivo di Alex era stato impossibile declassare il Natale. Il bambino adorava decorare l’albero tanto quanto amava scartare i regali. Il Natale era la sua festa preferita e Jared avrebbe dovuto conviverci almeno per altri dieci anni almeno.
“Zio Jared, mi passi le patatine?” Jared fissò Samantha: sua nipote era diventata una bambina deliziosa. Crescendo assomigliava sempre di più ai suoi genitori, con gli occhi scuri e profondi di Stefania, ma dalla forma particolare di Shannon. Inoltre i capelli neri scendevano in morbidi boccoli. Jared non si sarebbe stupito se in pochi anni suo fratello avrebbe dovuto iniziare una guerra con i maschietti del quartiere.
“Certo, tesoro.” La bimba gli sorrise.
“Non è giusto, le volevo io le patate!”
“Simon, stai calmo, dopo avrai la tua razione.” Il secondogenito di Shannon era la copia sputata del padre. Un animale vero e proprio, già con la sua mini batteria, i capelli sparati in alto con il gel e terribile teppista a scuola. Quando c’erano i guai, lui era in prima fila, eppure Jared si divertiva un sacco con lui, anche perché rivedeva talmente tanto del Shannon bambino, che si permetteva un viaggio nei ricordi felici.
“Ma mamma, lei ha sempre tutto prima di me…uffa!” protestò ancora Simon.
“Taci Simon, sei una palla.” Fece Sammy ridacchiando.
“Ohi, signorina, chi ti ha insegnato queste parole?” Scattò Stefy. Stava parlando con Monica di lavoro, ma come aveva sentito che i termini diventavano troppo coloriti per le sue intenzioni, aveva immediatamente voltato la testa rosso fuoco in direzione dei suoi figli.
“Zio Tim. Perché, non va bene?” Fece Samantha. La bambina sapeva benissimo che certe cose doveva dirle solo a scuola, ma le era scappato.
Monica ridacchiò e Jared prese a fissarla. Quel giorno si era vestita tutta elegante, con una bellissima gonna rossa che le arrivava fino alle caviglie, un maglioncino di lana bianco e un paio di stivaletti. Gli pareva che quel giorno fosse ancora più raggiante del solito, con gli occhi che scintillavano felici.
“Io quello lo ammazzo. Sta troppo vicino a Sammy, non vorrei che me la contaminasse.” Continuò Shannon dal suo posto di capotavola. Quella mattina si era sbarbato per bene, sembrava quasi una persona seria, anche perchè era stato costretto a vestirsi elegantemente per celebrare il Natale.
“Ma dai, lo sai che Tim è un pezzo di pane.” Fece Jared.
“Mamma, acqua!” la vocetta acuta di Semuel arrivò dal fondo del tavolo.
“Samantha, aiuta tuo fratello.” Fece Stefy. Semuel era l’ultimogenito del clan Leto, aveva tre anni ed era la fotocopia di Stefania, tanto quanto Simon era quella di Shannon. Solo che, a differenza della madre, era molto più calmo e posato. Molto ordinato per la sua età, con una spiccata dote al disegno e all’osservare le dinamiche tra i due fratelli più grandi, specie quelle di Simon.
Era quello che andava maggiormente d’accordo con Alex.
Quella era la sua famiglia. Mancavano solo Tomo e Tim con le rispettive compagne e i figli, ma almeno per quel giorno ognuno stava con i parenti.
Non c’era suo padre, ma lui, aveva deciso di partire per una crociera con la sua nuova donna e aveva lasciato detto che sarebbe andato a trovare i nipoti al suo ritorno, dopo la Befana. Non che Jared tenesse così tanto a passare il giorno di Natale con il padre: per quanto avesse sfondato, per quanto i rapporti si erano molto più che distesi dai tempi dell’adolescenza, non erano due caratteri che riuscivano a stare insieme nella stessa stanza per troppo tempo.
“Papà, posso andare a giocare?” Eccolo Alex, il suo Alex. Per lui era di sicuro il miglior bambino del mondo, ma era decisamente di parte. Monica era sempre felice guardandolo, perché le pareva di avere una copia di Jared in miniatura, invece lui riusciva a vederci solo i tratti di lei, della donna che lui amava alla follia come il primo giorno. Il suo sorriso, il naso dritto e regolare, il volto ovale e dolce. Era come vedere Monica, poco importava che avesse i suoi stessi occhi grigi e le labbra sottili come le sue.
Jared guardò il piatto del figlio e, constatato che era stato spazzolato da cima a fondo, gli diede il permesso di alzarsi.
“Vai, ma non fate troppo chiasso.”
“Evviva!” esultò Simon correndo verso la sua camera. Anche Semuel sgambettò verso la camera del fratello: se c’era Alex, Simon non poteva prenderlo a botte. Samantha, invece, decise di restare a tavola con gli adulti: in fondo aveva 12 anni ormai, era una signorina e come tale doveva comportarsi. Peccato che le chiacchiere dei suoi genitori con gli zii la stavano annoiando a morte.
“Mamma, posso stare a leggere sul divano?” chiese infine annoiata.
“Certo piccola.” La sentirono borbottare qualcosa di simile ad un ‘io non sono piccola’.
Gli adulti risero e ripresero a parlare.
C’era una serenità speciale in quel Natale, qualcosa che Jared non aveva mai provato nei natali precedenti.
“Che ti ha regalato Monica, quest’anno?” chiese Shannon curioso.
“Mi ha preso un libro.”
Shannon e Stefania sgranarono gli occhi.
“Un libro?”
“Sì.” Fece Monica tranquilla, mentre beveva un goccio d’acqua.
“Già, una prima edizione di “Zanna Bianca”. Lo sai quanto mi piacciono i libri antichi.”
“Ok, ma di solito non è lei che ti fa quei regali assurdi, tipo una candela a forma di cuore che vi ricorda il vostro romantico week-end o cose simili?” Fece Stefy.
“Si può cambiare a volte.” Disse Monica sorridendo.
In effetti anche Jared era rimasto sorpreso. Monica, di solito, per Natale le faceva quelli che lei chiamava “regali simbolici”. Come lui, anche lei trovava che ormai il significato vero del Natale si era perso per strada e deprecava il consumismo sfrenato. Preferiva fargli un regalo più grande per il suo compleanno e per Natale qualcosa di piccolo, ma che sapeva gli avrebbe scaldato il cuore.
Invece sembrava che quell’anno avesse cambiato i piani. Se solo ci pensava diventava decisamente impaziente. Voleva che il 26 arrivasse il prima possibile…bhe doveva aspettare solo altre dieci ore.
 
“Allora, che cosa gli regali per il compleanno?” Chiese Stefania, mentre insieme a Monica sistemava la cucina. Avevano lasciato i bambini giocare in camera e i rispettivi mariti a confabulare in salotto
“Una cosa speciale.”
Stefy la guardò fissa negli occhi. Non era mai successo che Monica restasse abbottonata su qualsiasi cosa con lei.
Mai.
“Non me lo vuoi dire?”
“Stavolta no.”
“Ma…perché?” Monica la guardò: sembrava che stesse prendendo la cosa come un affronto personale.
“Perché voglio che lui sia il primo a godersi il suo regalo. Tranquilla che domani mattina tu e Shannon sarete i primi a saperlo, ci scommetto la casa. O forse meglio di no…magari lo diremo ad Alex…” terminò pensierosa, mentre portava in sala da pranzo la torta.
Stefania la fissò pensierosa.
 
Finalmente erano tornati a casa. Monica mise a letto Alex che già per strada aveva dato cenni di cedimento. Era sempre stato un bambino piuttosto calmo, ma quando stava in contatto con Simon per troppo tempo, finiva per essere scatenato quanto lui, anzi, a volte riusciva a superarlo. Stefania era convinto che fosse il gene della psicolabilità ereditato da Jared. Ma a Monica non interessava per nulla.
Amava quel bambino e non solo perché era suo figlio, ma, e soprattutto, perché era il figlio che aveva avuto con Jared. Amava vedere i suoi due uomini giocare insieme, o quando Alex cercare di imitare Jared mentre suonava. Sperava soltanto che, a differenza del padre, non mollasse troppe parolacce. Almeno durante i concerti  si era sempre trattenuto quando c’era lui dietro alle quinte.
Per fortuna di Alex, Monica era riuscita ad essere una madre almeno decente. Lei stessa non credeva di essere poi così brava, nonostante la rassicurassero spesso del contrario. Però non ci poteva far nulla: guardava le altre madri e le sembravano infinitamente migliori di lei. Beh, lei aveva Jared dalla sua, il padre modello per eccellenza. L’unica cosa in cui sapeva di essere la migliore, era il fattore scuola. Alex era bravo e lei adorava seguirlo. Per il resto era andata molto alla cieca.
Diede un ultimo bacio sulla fronte al figlio, gli rimboccò le coperte con Snoopy e spense la piccola lampada a forma di mongolfiera. Il lieve respirare cadenzato di Alex, si spanse nella stanza: era già nel mondo dei sogni.
Ora che aveva messo il bambino a letto, era il tempo di dedicarsi come doveva a suo marito. In fondo compiere gli anni era una cosa che capitava una volta all’anno e almeno quella notte sarebbe stata tutta per loro, o quasi.
Andò al bagno e si cambiò: decise di mettersi la leggera sottoveste blu notte che si era regalata e basta. Sciolse i capelli e li spazzolò con cura, si struccò e finalmente decise che era pronta per Jared. Si guardò allo specchio un’ultima volta e prese un profondo respiro.
Quando entrò nella loro camera, trovò Jared comodamente seduto sul letto con indosso solo i pantaloni del pigiama di seta nera, che a lei piacevano molto. Sorrise, specie quando vide lo sguardo ammaliato del marito.
“Fischia, gli faccio ancora questo effetto, non sono poi tanto male.” Pensò Monica tra se stessa medesima.
“Sei splendida amore.” Le disse, mentre le porgeva una mano per attirarla a sé. Monica si sedette a cavalcioni su di lui e lo baciò dolcemente. Quei momenti di intimità erano molto rari, perché entrambi arrivavano a fine giornata distrutti: tra il lavoro e un figlio che li faceva correre da tutte le parti, riuscire ad essere sempre belli e pimpanti era un’impresa mica da poco.
Quando Monica sentì la mano di Jared risalirle la coscia, si staccò e lo bloccò.
“Altolà, mezzanotte non è ancora arrivata.” Guardarono entrambi la radiosveglia: il led luminoso segnava le 23:55.
“ma…ma…uffa.” Brontolò Jared. Monica sorrise.
“Senti, che ne diresti se io e te facessimo una giornata di puro svago? Prendiamo la macchina e andiamo…diciamo che andiamo fuori Los Angeles. Ci sono delle terme che aspettano solo noi.” Il modo migliore per distrarre il suo uomo, era quello di pianificare giornate di ferie. Tra la musica e il cinema, Jared era spesso pieno di lavoro fino al collo e le uniche cose che chiedeva sempre erano le ferie.
“Sarebbe un’ottima idea, ma a chi lo lasciamo Alex?”
“Potremmo chiedere ai nostri nipoti, quelli grandi. Da una vita vogliono spupazzarselo un po’.”
“Credi che Alice accetterà di stare un’intera giornata con lui?”
“Certo e poi ci sarebbero anche Yvan e Davide, ricordi?”
Alice, Yvan e Davide, in realtà non erano i loro veri nipoti, bensì dei nipoti acquisiti grazie alla pazzia di Stefania. Quando nacque Simon, i coniugi Leto avevano deciso di prendere una baby-sitter che li aiutasse e scelsero Alice. Solo che la ragazza si affezionò talmente tanto a Stefy, che prese a chiamarla Mamy e Shannon, Papy. Tirarono dentro a questa follia anche i due fratelli gemelli di lei e quindi Monica e Jared diventarono gli zii. Tutti fieramente Echelon e quindi degni di cotanta famiglia.
“Lo so, ma non vorrei che si rompessero…” fece Jared ancora pensieroso.
Monica gli si distese sopra e gli sussurrò sulle labbra:
“Amore, pensa a me e te in una vasca di acqua calda, piena di bollicine e solo un misero costume a separarci…” e così dicendo si strusciò leggermente.
“Sei un diavolo tentatore.”
“Lo so.”
“Ok, una giornata io e te soli soletti.” E così dicendo la abbracciò e ribaltò le posizioni a letto: ora lui troneggiava su di lei che gli accarezzava il volto. Fissò la sveglia: 23:58.
“Te l’ho mai detto che ti amo, Monica.”
“Qualche volta, ma è una cosa che apprezzo sempre risentire.” La baciò ancora, stringendola a sé con amore.
00:00
“Auguri di buon compleanno, Jared.” Fece Monica. Jared fissò l’orologio: aveva 36 anni da meno di un minuto. “Permetterai che la torta la mangiamo domani con Alex, vero?”
“Certo, anche perché conoscendolo ci avrà messo le mani dentro, sbaglio?”
“No, ma lo sai che gli piace cucinare con la mamma. Magari tra una decina di anni ci ritroveremo con uno chef in casa.”
“Potrebbe essere utile…me lo porterei in tour.” Jared scese a baciare i seni della moglie, che, però, rotolò via, lasciandolo confuso. Vide che aprì un cassetto e capì che era il momento del suo regalo, quello che contava sul serio.
Monica teneva in mano una busta color avorio senza scritte. Lo stava guardando con qualcosa che poteva ricordargli del pudore e se ne stupì: da quando lei era pudica? Non lo era stata nemmeno agli inizi della loro storia.
“Auguri di nuovo.” Fece piano passandogli la busta. Lui la prese e la guardò: sulla linguetta d’apertura aveva scritto “per Jared”, per il resto era immacolata.
La aprì e trovo all’interno un piccolo cartoncino sempre avorio, in tinta con la busta. La scritta in penna stilografica rossa, diceva soltanto “Auguri, papà.” Jared si sentì piuttosto confuso e guardò Monica. Lei sembrava più nervosa di lui: si stava torcendo le dita e morsicando il labbro.
Tolto il biglietto trovò una strana foto: lo sfondo totalmente nero con delle macchie nebulose grigiastre e bianche.
“Che ci fanno l’ecografie di Alex qui?” chiese: ricordava bene quando aveva visto per la prima volta quelle immagini in una saletta d’ospedale, dopo che Monica era stata male.
“Guarda la data…” disse solo lei. Lui voltò la foto e lesse la data: gli occhi gli si allargarono per lo stupore, prese a balbettare qualcosa di incomprensibile tranne che per lui e fissava alternativamente la foto e la moglie.
“Jared…”
“Questa è di due settimane fa…” sussurrò impercettibilmente.
“Eh già…” Monica si era allarmata. Pensava che lui avesse una reazione migliore alla scoperta di aspettare un altro figlio, non che avesse più paura di lei. Anzi, stranamente, quella volta l’aveva presa molto meglio della precedente: quando il medico l’aveva ragguagliata sulle sue condizioni era riuscita anche a piangere di felicità. E non ne capiva del tutto il motivo.
“Cioè, diventerò padre?”
“Tecnicamente lo sei già, al massimo diventi padre per la seconda volta…sempre che tu lo voglia.” Finì piano.
Jared si voltò di scatto.
“Ovvio che lo voglio! Che domande fai?” Monica rilasciò tutta l’aria che aveva nei polmoni con un sospiro che non si era accorta di trattenere: per un minuscolo secondo aveva veramente temuto che Jared non volesse un secondo figlio.
Jared, dal suo canto, era letteralmente rapito da quella immagine sfocata ed assolutamente incomprensibile, che era il suo bambino. Qualcosa di potente gli era cresciuto nel cuore, un calore che associava immediatamente ad Alex. Un altro piccolo Leto. O magari, ancora meglio, una piccola Leto.
“Tu vuoi un maschio o una femmina?” Chiese a Monica, mentre riponeva la foto nella busta per poi richiuderla nel suo cassetto.
“A me basta che sia sano…anche se…sarei decisamente curiosa. Vorrei vedere se anche tu, come tuo fratello, ti rincoglionisci completamente con una figlia.”
Jared rise forte, ma prese ad immaginare la sua futura bambina.
“Pensa, una piccola Monica.”
“Dio ce ne scampi. Spero che prenda tutto da te, esattamente come Alex.” Jared la baciò dolcemente sulle labbra, facendola distendere sotto di se.
“Io, invece, vorrei che la mia bimba abbia gli stessi occhi magnetici e dolci della sua mamma.” Poi le baciò il collo. “E lo stesso nasino perfettamente dritto…” scese verso i seni baciandoli “… e con un sorriso che sappia di gioia pura come il tuo…” Monica sorrise quando lui si fermò sul suo ventre ancora piatto. Jared lo fissava con venerazione. “E poi potrebbe essere forte e determinata come te. Magari non così testarda, ma bella e fiera.”
“E se, invece, fosse un po’ come te? Con i capelli sottili e lunghi, gli occhi chiari che ammaliano e le labbra sottili perfette da baciare?” Jared fece una smorfia.
“No, non voglio che mia figlia baci qualcuno.”
“Ecco, non sappiamo neppure se sarà maschio o femmina e già ti ingelosisci. Povera figlia mia.”
“Figlia nostra.” E così dicendo, le tolse la vestaglia abbracciandola forte. “È il miglior regalo che abbia mai ricevuto e non solo per il compleanno.”
Fecero l’amore teneramente, dedicandosi completamente l’uno all’altra, cercando di non svegliare il bimbo che dormiva placidamente nell’altra stanza.
Si addormentarono abbracciati, con Jared che teneva una mano sulla pancia di Monica, come a voler sentire il più possibile quel minuscolo esserino, quella dolce fusione delle loro anime.
 
“Auguri papà!!!!”
Monica e Jared furono svegliati da Alex che era appena saltato felice sul letto, per andare ad abbracciare il padre.
Monica si sentiva completamente esausta e guardò l’orologio: in effetti non avevano dormito che poche ore. Notò che anche Jared sembrava piuttosto smarrito.
“Alex tesoro, non è un po’ presto?”
“Ma mamma, oggi papà fa gli anni lo sai!”
“Sì lo so, ma speravamo di dormire un pochino.” Fece lei rimettendosi la vestaglia persa durante la notte.
“Dai va bene lo stesso, campione. Ti va di dormire un po’ tra mamma e papà?” chiese Jared cercando di capire se era vivo o morto.
“Sì!!!!!” urlò il bimbo infilandosi sotto le coperte. “Oh, questo è per te.” E gli diede un foglio di carta, sul quale aveva disegnato loro tre al parco, con i palloncini colorati. Con la sua grafia ancora piuttosto sbilenca aveva scritto “buon compleanno papà Jared”.
“È splendido…” Jared guardò Monica che sbadigliava. “Ti piacerebbe se oltre a te ci fosse un altro bambino?”
“Perché?”
Già, perché?
“Sai, sta per arrivare un fratellino od una sorellina per te.” Alex si illuminò e si voltò verso la madre.
“Mamma, posso avere una sorellina?” lei rise.
“Bhe, non dipende proprio da me, ma vedremo che potremo fare, va bene?”
“Sì che bello, una sorella. Così le insegnerei a disegnare e a scrivere. Magari anche a leggere…se lo saprò fare bene io. E potrò giocare con lei con il fango in spiaggia…”
“Mi fa piacere tutto questo tuo entusiasmo, ma ora dormiamo che ne dici?” fece Jared, mentre Monica era già con gli occhi chiusi.
“Papà…” fece Alex dopo un po’. Il leggero respiro di Monica era lento e cadenzato.
“Uhm…dimmi.”
“Come si chiamerà?”
“Non lo sappiamo ancora. Tu hai qualche idea?”
“Possiamo chiamarla Isabell?”
Jared sorrise al buio ed abbracciò suo figlio: si rese conto che quel momento, lì nel lettone, con Monica che dormiva beata portando in grembo il loro nuovo piccolo miracolo, o parassita, come lo avrebbe definito lei, con Alex che parlottava, era IL vero momento della sua vita, qualcosa che non sarebbe mai tornato, qualcosa di unico ed irripetibile, il miglior compleanno della sua vita.
“Certo.”
 
FINE
   
 
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