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Autore: Respirandoparole    30/03/2015    1 recensioni
Un futuro lontano ma forse troppo attuale. Una guerra come tante diversa solo per il modo in cui viene combatutta. L'addio posto in una lettera all'amico di una vita.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo sai.
Sai come funzionano le cose qui, sai che non funzionano. Da quando è cominciata la guerra il nostro paese è in rovina. 
Ricordi quando eravamo bambini che giocavamo a fare i soldati? Ti saresti mai immaginato che lo saremmo stati davvero? E che avremmo combattuto con le malattie e non con il sangue? Mi mancano quei tempi: vorrei tornare a lottare per salvare principesse. Invece sono fermo in un letto che puzza con la mano che trema a scrivere l'ultima lettera al mio migliore amico. Sai, ho sempre pensato che le storie che si raccontano su come vengono trattati i malati fossero false: avevo bisogno di credere che non avessimo raggiunto un livello così disperato ma m'illudevo: di solito sono le favole tristi ad aver un fondo di verità. Quando quella bomba mi esplose davanti lacerando la tuta che avrebbe dovuto proteggermi pensai che sarei morto nel giro di qualche ora a causa di un virus incurabile. Quando arrivai al centro di analisi e mi diagnosticarono il Batterio98K mi sembrò di essere già guarito: è uno dei più facili da curare, bastano tre mesi al massimo. Mi accompagnasti tu, ricordo, e mi lasciasti davanti alla porta della clinica con il sorriso coperto dalla mascherina e il corpo
protetto dalla tua tuta di lattice  ancora intatta. Mi dicesti che ci saremmo rivisti, tre mesi e poi ci saremmo riabbracciati. Entrai quasi felice: dopo essere guarito mi avrebbero congedato e sarei potuto tornare a casa, sposare April, riabbracciare mia madre. E sorridendo mi stesi sul letto con le lenzuola ancora pulite. Passarono due giorni prima che mi accorgessi che tutto quello che si racconta
su questi posti è vero: non hanno i soldi per curarci tutti. Nemmeno tu ci credevi ma non c'è niente di falso nel fatto che i medici e gli infermieri badano solo a chi è nei primi letti: se devono curare solo una parte dei poveracci che  stanno in questo posto scelgono quelli più facili da raggiungere. Io sono nel 593 di 600. Ieri quello del 591 è morto, era arrivato una settimana prima di me. Gli hanno fatto due iniezioni in tre mesi, bisognerebbe farne una al giorno. Se può consolarti a me ne hanno fatte cinque, magari agonizzerò qualche giorno in più. Quando arriva
l'infermiera con il vassoio argentato e quelle sue poche siringhe che rotolano da una
parte all'altra mi viene quasi da ridere. Non posso essere arrabbiato con lei: non è colpa sua se non le danno gli strumenti per fare il suo lavoro ma sembra uno scherzo, fanno finta di curarci mentre sanno che siamo già morti, una puntura in un mese non serve a nulla. È come dare al cadavere di un uomo morto di bronchite una caramella per il mal di gola. A questo punto sarebbe saggio tenere le cure che restano per
quelli che hanno la speranza di salvarsi.  È una cosa che sanno tutti: lo stato non riesce a tenere in vita chi combatte per salvarlo. Nessuno ne parla, è comodo credere
che siano solo storie. Vorrei vedere qualcuno, magari salutarti ma intorno a me ci sono solo medici e infermieri. E malati, tanti. Ho sorriso solo una volta da quando sono qui: quando ho saputo che ti avevano congedato. Mi spiace per il tuo braccio ma almeno tu diventerai vecchio. Sai, cerco di passare il tempo parlando il più possibile e di inventare sogni impossibili con i miei vicini ma di notte la febbre m'impedisce di dormire e non hai idea dei brividi che mi scuotono la schiena al sentire i rantoli dei morenti. Ho paura. Nell'insonnia tra il dolore e le febbri un'ansia acida mi corrode il respiro: non voglio morire, non è giusto morire a vent'anni. Credo che non riuscirò a riabbracciarti, non riuscirò a sposare April. Le avevo promesso che sarei tornato dal fronte con un anello in tasca ma credo che dovrà comprarsi un vestito nero. Le ho scritto molte lettere ultimamente ma  questa sarà l'ultima: ormai non riesco neanche a tenere dritta la penna. Le ho raccontato tante bugie e, conoscendola, non mi perdonerà di averglielo nascosto ma proprio non ci riesco di causarle altre lacrime. Ti prego, io non ho la forza, diglielo da parte mia
che sono tra gli ultimi letti.

Angolo dell'autore
Sinceramente non so bene come mi sia venuta in mente questa one shot ma spero che vi piacerà. I commenti sono ben accetti ma, vi prego, siate clementi: è la mia prima storia.
   
 
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