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Autore: lapoetastra    30/03/2015    1 recensioni
Acqua, acqua.
Solo acqua ed ancora acqua.
Era tutto ciò che Dwayne riusciva a vedere.
Dappertutto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Acqua, acqua.
Solo acqua ed ancora acqua.
Era tutto ciò che Dwayne riusciva a vedere.
Dappertutto.
Ovunque voltasse gli occhi arrossati dal sale.
Le sue orecchie riuscivano a percepire unicamente le grida degli uomini, che tutto intorno a lui si dibattevano ed urlavano a squarciagola come se così facendo le loro richieste di aiuto potessero giungere al di là dell’Oceano.
Dwayne, invece, rimaneva zitto.
Non aveva senso, secondo la sua opinione, sprecare fiato ed energie preziose in quel tentativo vano.
Tanto valeva restare in silenzio, allora, ed aspettare.
Il rumore secco ed assordante dell’impatto tra la nave e l’iceberg gli rimbombava ancora nel cervello, ma almeno adesso il panico che lo aveva assalito con la sua morsa assolutizzante quando l’imbarcazione era affondata a picco era sparito.
Perché in quell’immane sciagura lui poteva ritenersi fortunato.
Era infatti riuscito a trovare una lastra di metallo, che fino a pochi minuti primi costituiva una parte del fianco destro della nave, e ci si era accovacciato sopra, rimanendo fermo ad ascoltare le grida agonizzanti di coloro che affogavano.
Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa per aiutarli, per provare a salvarli, ma il suo cervello gli impediva di compiere qualsiasi seppur minimo movimento.
In fondo, la lastra era troppo piccola persino per lui, figurarsi per un’altra o più persone.
Per tale motivo Dwayne restava semplicemente lì, attendendo ansioso i soccorsi che sapeva non avrebbero tardato ad arrivare.
< Aiutami, ti prego >, boccheggiò improvvisamente una voce accanto a lui.
Si girò di scatto, riscosso di colpo dal suo stato di trance, e lo vide.
A pochi centimetri da lui c’era il suo vicino di cabina, un signore di mezz’età dai modi gioviali e simpatici che gli aveva ispirato simpatia al primo sguardo.
Ma ora di quell’uomo sempre sorridente non restava neanche l’ombra.
Il suo viso era completamente deformato dal terrore, che distorceva i suoi delicati lineamenti dandogli l’aspetto di una maschera grottesca, come se le lunghe dita fredde della Morte stessero già palpando incuriosite la carne delle gote resa flaccida dall’acqua salmastra.
Dwayne sentì l’impulso forte e devastante di allungare la propria mano e salvarlo, ma all’ultimo momento si immobilizzò e tornò ad essere un’impassibile statua di cera.
Doveva pensare a se stesso, ora.
Non c’era altra alternativa se non essere egoista, per una volta, lui che era sempre pronto ad aiutare chiunque ne avesse bisogno.
Quello però accadeva quando tutto andava bene, quando era al sicuro sulla terraferma e non disperso in mezzo all’Oceano.
Adesso doveva anteporre la propria vita a quella degli altri.
Erano tutti sconosciuti, in fondo.
Gente che prima d’allora non aveva mai visto e con i quali non aveva scambiato altro che due misere parole dettate più dall’educazione che da un sentimento d’affetto vero e proprio.
< Non mi lasciare. Ti imploro. Aiutami >, continuava intanto ad implorare il suo ex vicino di cabina, con voce sempre più fioca e flebile.
Dwayne si rese conto che non conosceva neanche il suo nome.
Non riusciva a sopportare ancora quel lento ed infinito gorgoglio che proveniva dalle labbra del signore, voleva che tutto terminasse il più in fretta possibile.
Di colpo capì cosa doveva fare.
Allungò la mano, più che poté, quel tanto che gli permetteva il suo corpo stanco e provato e quel poco che gli consentiva di non cadere a sua volta in acqua.
Toccò la testa dell’uomo.
Lo spinse con tutta la forza che aveva sott’acqua, ed egli non riemerse più.
Con il respiro affannoso ed i muscoli doloranti, Dwayne si issò nuovamente sulla lastra di metallo, beandosi del silenzio che gli accarezzava finalmente le orecchie come le dita delicate di un’amante.
La quiete assoluta durò poco, però.
Un rumore lo fece destare nuovamente di soprassalto.
Si guardò intorno, confuso, alla ricerca della misteriosa causa sonora.
La trovò.
In lontananza c’era una nave, immensa ed imponente, che solcava le placide acque con maestosa regalità.
Calde lacrime rigarono il volto sofferente di Dwayne, felice come poche volte era stato nella sua vita.
Sarebbe stato salvato, sarebbe tornato a casa ed avrebbe dimenticato tutta quella brutta vicenda che per chissà quale strano scherzo del destino era capitata proprio a lui.
Tenendo gli occhi fissi sull’imbarcazione ancora lontana, non si accorse che era scoppiato un temporale.
Una tempesta, di quelle forti e devastanti che distruggono tutto ciò che osi mettersi sul loro cammino.
Non si accorse che il mare era in tempesta, e che un’onda enorme stava giungendo con una rapidità incredibile verso di lui.
E non se ne accorse nemmeno quando la furia marina lo travolse con la sua forza incontenibile, facendo ribaltare la piccola latra di metallo e gettandolo nell’Oceano in poco più di mezzo secondo, come fosse un burattino a cui vengono improvvisamente tagliati i fili.
Tutto ciò accadde talmente velocemente che Dwayne non si rese conto di cosa gli stesse capitando.
Solo quando sentì l’acqua bruciargli nei polmoni ed appannargli la vista, capì di stare per morire.
E solo quando vide d’improvviso di fronte a sé il volto sorridente e gentile del suo ex vicino di cabina, comprese che forse quella punizione era meritata.
   
 
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