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Autore: Tix    30/03/2015    3 recensioni
Stiles ha un segreto, un segreto troppo grande da poter portare da solo, e l'unico a cui confidarlo è Derek. Solo lui lo manterrà e non lo giudicherà, Stiles ne è certo.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Forever And A Day.


4.




 
I'll be there forever and a day – Always.
I'll be there till the stars don't shine
Till the heavens burst.
 
 
 
“Se vuoi rimanere solo ti capisco..” sussurrò Derek respirando vicino l’orecchio di Stiles. “Se hai bisogno di me sai come chiamarmi, sarò da te in un baleno.” Disse infine raddrizzandosi.
 
“Non andare via” mormorò Stiles alzando lo sguardo spaventato e puntando i suoi occhi in quelli verde prato di Derek. “Ho bisogno di te, hai promesso che non mi avresti più lasciato solo. Entra furtivamente dalla finestra, ormai abbiamo imparato che ne sei più che capace” sorrise leggermente il ragazzo, ancora visibilmente provato.

“Certo, aspettami lì allora” borbottò il moro. Salutò tutti con un cenno mentre con la coda dell’occhio guardava Stiles che lentamente saliva le scale. Derek chiuse la porta alle sue spalle e furtivamente si arrampicò sull’albero che c’era vicino la finestra del castano. Con un balzo riuscì ad entrare; con lo sguardo cercò Stiles e lo trovò seduto sul letto, ricurvo e con le mani giunte. Derek si avvicinò velocemente e si inginocchiò davanti al ragazzo, temendo che avesse avuto un crollo e che si fosse male.

“Sto bene” sussurrò Stiles subito dopo, posando la sua mano sulla testa del moro e intrecciando le dita ai suoi capelli in una carezza. Derek chiuse gli occhi, beandosi del contatto; sapeva che non c’era niente che andasse bene ma non aveva voglia di costringere Stiles a parlargli; certo, nell’ultimo periodo aveva perso quella scintilla di vitalità e il ragazzino logorroico era diventato taciturno e riflessivo quindi si era abituato a tenere tutto dentro, nascondendo ciò che lo affliggeva.

“Lo so che non stai bene, ti conosco troppo bene per non notarlo ormai, ma non ho voglia di forzarti.” Sussurrò il moro prendendo delicatamente la mano che aveva tra i capelli e baciandone il palmo in un gesto pieno di devozione.
“E’ stata una giornata faticosa, riposati un po’, noi ci vediamo più tardi” concluse cercando gli occhi dell’altro. Stiles sentì lo stomaco contrarsi emozionato e incredulo di avere Derek così vicino; liberò la mano dalla presa ferrea ma gentile del suo ragazzo e la portò sulla guancia dove il contatto con la barba gli solleticò appena le dita. Sospirò pesantemente e alzò lo sguardo da terra.

“Dio, non so cosa farei senza di te.” Borbottò il castano, mettendo su il broncio.

“Probabilmente saresti un ragazzino irritabile e rinchiuso in camera tua per la maggior parte del tempo.” Ridacchiò Derek cercando di alleggerire l’atmosfera. Era così impegnato e concentrato che non notò il cambio di espressione di Stiles, gli occhi che si facevano più scuri e il respiro era veloce e secco mentre usciva dalle labbra appena dischiuse.

“Derek?” lo chiamò con voce rauca e profonda, schiarendosi la gola e attirando l’attenzione del più grande.
“Io..io vorrei tanto fare una cosa, non so se mi è permesso..” sussurrò agitandosi sul posto e sedendosi meglio sul letto. Derek percepiva uno strano cambiamento in Stiles, il petto di alzava e abbassava vistosamente, seguendo il suo respiro, le labbra schiuse si seccavano in continuazione e il battito cardiaco era fortemente accelerato. Il moro aggrottò le sopracciglia, curioso di sapere cosa passasse per  la testa del castano; era insolito che avanzasse richieste così direttamente.
 
“Ti ascolto” rispose improvvisamente interessato, inginocchiandosi davanti al ragazzo sul letto e raddrizzando la schiena.
 
“Beh..queste settimane sono state…interessanti.” Borbottò Stiles diventando improvvisamente rosso. Derek alzò un sopracciglio, aspettandosi tutto tranne che quella definizione.
 
“Interessanti? Sono sorpreso Stilinski, non pensavo che una relazione potesse definirsi interessante, ma avevi una richiesta, questa non è una domanda.” Sorrise furbescamente godendosi la vista di uno Stiles imbarazzatissimo e che si contorceva le mani; non lo aveva mai visto in quelle condizioni e prenderlo in giro gli piacque tantissimo.
 
“Beh, immagino che ormai tu ti sia rassegnato a stare con me e penso che possiamo dire di stare insieme no? Perciò se stiamo insieme dobbiamo, si insomma fare una cosa che fanno gli altri ma noi no. Ecco..” sbuffò frustrato passandosi una mano tra i capelli, scompigliandoli. Derek non ci aveva capito niente, dalla bocca di Stiles erano uscite della parole che a suo parere non avevano nessun filo logico. Sospirò e guardò Derek dritto negli occhi.
“Voglio darti un bacio. Sulle labbra. Come quello che si danno i fidanzati. Le persone normali insomma.” Disse deciso, contraendo la mascella. Derek rimase sorpreso, con gli occhi spalancati, guardandolo.

“Tutto qui?” Chiese sorridendo apertamente ora. Stiles lo guardò strabuzzando gli occhi.

“Che vuol dire ‘tutto qui?’ ” con la voce che gli uscì stridula.
“Dio mi farai impazzire prima o poi” borbottò infastidito e incrociando le braccia.

“Pensavo fosse qualcosa di più sconvolgente; paradossalmente mi sono abituato alla tua presenza e al costante contatto fisico quindi sì, puoi baciarmi, sì sulle labbra, sì come se lo danno i fidanzati.” Rise Derek allargando le braccia. Il castano lo guardò attentamente mentre sentiva le pulsazioni del cuore direttamente nelle orecchie; si inumidì le labbra in un gesto involontario mentre facendo leva sulle braccia si sedeva sul bordo del letto, divaricando le gambe così che Derek stesse più vicino a lui. Si chinò lentamente, sentendo gli occhi verdi su di se che seguivano ogni movimento; inclinò leggermente la testa verso destra, umettandosi nuovamente le labbra e con il tocco più leggero depositò un bacio lì dove il collo incontrava la clavicola, un tocco fugace. Si allontanò di poco strofinando il naso per tutto il collo, respirando lentamente, assaporando ogni minimo dettaglio dell’odore di Derek.
Il moro aveva smesso di sorridere da un po’; nessuno gli si avvicinava così tanto da anni ed era preoccupato di come potesse reagire. Il bacio di Stiles e il suo respiro leggero che percepiva sul collo gli fecero chiudere gli occhi, scatenando brividi in tutto il corpo. Iniziò a sentirsi rilassato mentre la tensione (che non aveva percepito) rilasciò le spalle. Improvvisamente il calore del respiro sul collo svanì e venne rimpiazzato da un sospiro che gli arrivò direttamente sulle labbra che dischiuse naturalmente. Stiles era rimasto incantato a guardare il volto di Derek da così vicino: le labbra rosee e invitanti, il naso stretto e affilato, le lunghe ciglia nere. Sollevò le mani, leggermente tremanti e le portò ai lati del viso del più grande, allargando e richiudendo le dita in una lenta carezza. Si avvicinò fino a posare le sue labbra su quelle di Derek che erano di una morbidezza straordinaria. Il contatto durò solo pochi secondi, poi Stiles prese a mordicchiargli il labbro inferiore passandoci poi la lingua sopra come a voler cancellare il morso; Derek era travolto dalle sensazioni che un solo bacio gli stava dando e, lasciandosi trasportare, avviluppò le sue braccia intorno alla vita di Stiles trascinandolo giù dal letto finché non finì a cavalcioni su di lui. Entrambi non si erano mai resi conto di quanto questo contatto fosse agognato e il bacio diventò subito più urgente; entrambi diedero libero accesso alle proprie bocce mentre Derek stringeva Stiles un po’ più vicino sentendolo tremare, ed iniziò una danza di lingua e labbra. L’ossigeno ad un certo punto venne a mancare per entrambi e furono costretti a staccarsi. Entrambi aprirono gli occhi, respirando pesantemente con i nasi che si sfioravano. Stiles si fece più vicino mantenendo gli occhi ambra in quelli verde muschio del più grande e diede nuovamente un bacio beandosi della morbidezza e della leggera frizione che c’era a causa della barba.

“Avrei dovuto fartelo presente molto prima, sei il mio ragazzo, è stata una grave mancanza da parte tua escludermi da tutto questo.” Mormorò Stiles inclinando leggermente la testa, carezzando per un’ultima volta Derek. Il moro, ancora sopraffatto da tutte le emozioni contrastanti che lo governavano improvvisamente appoggiò la sua fronte sulla spalla del castano; Stiles rimase basito, considerando il fatto che Derek non avesse replicato e ora un leggero tremore gli scuoteva la schiena possente. Il castano abbracciò subito Derek accarezzando a palmi aperti la grande schiena muscolosa, preoccupato da quello strano comportamento; improvvisamente sentì Derek ridere di tutto cuore, a crepapelle: una di quelle risate liberatorie, che ti lasciano con quella strana sensazione di leggerezza. 

“Ti spiacerebbe rendermi partecipe di questa follia?!” domandò Stiles con gli occhi spalancati dalla sorpresa ma con un leggero sorriso che gli aleggiava tra le labbra. L’alpha prese un profondo respiro e rialzò la testa dalla spalla del suo compagno fissando i proprio occhi in quelli ambra; Stiles si domandò come potesse essere così sfacciatamente fortunato. Derek aveva i capelli scompigliati a regola d’arte, un furbo sorriso sulle labbra e gli occhi resi ancora più lucidi dal precedente attacco di risa.

“Stavo immaginando cosa potrebbe pensare tuo padre se, entrando, ci trovasse in questa posizione..” mormorò dopo che gli scappò l’ennesimo sorriso.

“Perché mai dovresti pensarci?!” mormorò Stiles inorridito.

“Beh, penso che sia indeciso se salire o meno nella tua stanza, credo che tra un po’ verrà a farti visita” gli disse all’orecchio, poi improvvisamente aggrottò le sopracciglia.
“Non puoi pretendere nient’altro…gli hai appena detto che morirai tra un po’, hai la stessa malattia che ha avuto tua madre, la cosa lo ha ucciso Stiles.” Annuì serio adombrandosi improvvisamente. Stiles per un momento aveva dimenticato cosa fosse successo solo qualche minuto prima e le parole di Derek lo riportarono brutalmente alla realtà, così violentemente che gli si mozzò il respiro.
 
“Hai ragione. Dio che persona orribile, come diavolo mi è venuto in mente di dirglielo davanti a tutti?!” disse più che altro a se stesso rimproverandosi. Si alzò dalle gambe di Derek e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, frustrato, portandosi le mani nei capelli; non aveva idea di come avrebbe affrontato suo padre ed era terrorizzato dall’idea di farlo da solo, senza che Derek fosse lì vicino a dargli coraggio come era successo quello stesso pomeriggio.

“Mi sa che è meglio che vada” disse Derek alzandosi dal pavimento e raggiungendo la finestra.
“Ho sentito dei passi, sta salendo le scale, non ci vorrà molto. Se hai bisogno di me sai cosa fare.” Sussurrò. Stiles si precipitò di tutta corsa verso la finestra e gli prese la mano tra le sue, la strinse leggermente.

“Ci vedremo non appena hai voglia” sussurrò Derek intenerito; aveva percepito il panico di Stiles quando aveva detto che sarebbe andato via, ma non avevano più tempo.
“Ce la farai, sei più forte di quanto tu creda e non sarai mai più solo.” Sussurrò accarezzandogli il viso con le nocche.

“Mai più” ribadì Stiles annuendo bruscamente e lasciandogli la mano andandosi a sedere sul suo letto con la schiena poggiata alla testiera. Prese un profondo respiro e immediatamente sentì dei leggeri tocchi alla porta.

“Avanti” borbottò, schiarendosi piano la gola e sistemandosi meglio sul letto. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare suo padre; era stato il suo primo pensiero quando aveva scoperto della malattia, la stessa che gli aveva portato via la moglie ora avrebbe portato via anche suo figlio. John Stilinski entrò con la testa bassa, un passo alla volta, senza avere il coraggio di guardare il figlio negli occhi. Con passo incerto raggiunse la scrivania e afferrò la sedia, che trascinò vicino al letto del ragazzo. Si lasciò cadere pesantemente, le braccia mollemente abbandonate sui pantaloni della divisa che portava indosso. Prese un profondo respiro e guardò suo figlio negli occhi: Stiles sentì lo stomaco stringersi alla vista di quello che non era altro che lo spettro del genitore che lo aveva cresciuto sin da quando aveva perso la sua mamma.

“Stiles…” soffiò il padre, la voce spezzata che a stento riuscì a pronunciare il nome del figlio.  Immediatamente Stiles sentì una leggera stretta allo stomaco e guardò suo padre negli occhi, così simili ai suoi, rossi e pieni di lacrime trattenute; nel giro di qualche minuto suo padre aveva assunto un’aria così stanca che Stiles si sentì irrimediabilmente colpevole. Non era questo il momento per abbandonarsi ai sensi di colpa, doveva essere forte questa volta, per la prima volta forte abbastanza da sorreggere entrambi.
 
“Io…” balbettò il ragazzo in cerca di qualcosa da dire.
“Scusa papà, non avrei mai voluto comunicartelo così, non avrei mai voluto che succedesse una cosa del genere.” Disse raddrizzando la schiena. Suo padre da parte sua lo guardava come se avesse davanti un fantasma.

“Ma perché? Perché rifiuti le cure figliolo? È terminale, lo so bene, ma hai considerato il fatto che la cura potrebbe lungare notevolmente la tua vita?” iniziò a supplicarlo il padre, prendendogli la mano e stringendola con cura.
 
“Si ma a quale prezzo?!” rispose nervoso e scivolando via dalla stretta del padre. Sapeva di stare agendo troppo impulsivamente ma si era stancato della pietà che iniziavano a provare tutti.
“La mamma non era più in lei già da molto tempo, lo sai. Non voglio spendere il poco tempo che mi rimane in una camera d’ospedale, né tantomeno ho intenzione di farmi piegare da quel cocktail di farmaci che sono sicuro mi rifileranno. Voglio essere totalmente padrone di me stesso, del mio corpo, della mia mente; voglio avere potere decisionale sulle scelte e sulla mia vita, non voglio diventare una specie di vegetale, costretto sempre a letto. Le persone che rimangono in vita chissà per quale strano motivo si concentrano sempre sugli ultimi giorni di vita di chi hanno perso, come se dietro non ci fosse stata tutta un’altra via, completamente diversa da quelle che sono state le ultime settimane. Non ho intenzione di essere ricordato per il mio cancro, non lascerò che la mia persona, la mia essenza venga ridotta ad una semplice malattia.”
 
*

Le cose andavano avanti tra alti e bassi, Derek e Stiles gestivano la malattia che con prepotenza si era fatta strada nelle loro vite. Il castano perdeva sempre più peso, i sintomi erano sempre più evidenti; erano arrivati ad un punto nel quale ormai cercare di nascondere gli effetti del mostro che si nutriva di Stiles, ma faceva parte di Stiles stesso, era diventato impossibile. Il dolore diventava sempre più forte, lui sempre più stanco, e il giorno in cui capì che gli antidolorifici non sarebbero bastati sentì un nodo che gli si formò in gola, il petto iniziò a bruciare e spalancò la bocca per cercare di incamerare più aria possibile mentre la vista si offuscava e iniziavano a cadere delle lacrime. Per la prima volta, da solo e seduto sul suo letto si concesse un momento di autocommiserazione e pianse. Davanti i suo occhi aveva davanti il ricordo sfocato del viso della madre che aveva lottato strenuamente contro il Mostro, aggrappandosi alla vita con le unghie e con i denti per non lasciare suo marito e il piccolo Stiles; ma la malattia aveva vinto, e quando gli antidolorifici non bastarono più e la terapia non riusciva a produrre nessuno degli effetti largamente sperati Stiles ricordò il volto stravolto e intontito della madre sotto l’effetto della morfina. Non c’era cosa peggiore e il castano lo sapeva che arrivati ala morfina ormai era solo questione di tempo. Si stava deteriorando e non poteva fare altro che rimanere impotente e fare da spettatore mentre il suo stesso corpo lo soffocava. Non si buttò mai giù, cercando di dare la propria forza a tutti quanti e non mostrandosi mai debole. Fece quello che tutti i malati terminali supponeva dovessero fare: prestare attenzione a tutti, farli sorridere il più possibile e cercare di non fare pesare a loro più di tanto la situazione. Suo padre ormai si era rassegnato da tempo, nonostante avesse provato strenuamente più e più volte a fargli cambiare idea, spesso cercando l’appoggio di Derek che, sapeva, avere una certa influenza su suo figlio.
La relazione tra i due giovani uomini andava sempre meglio e spesso Stiles si era fermato a dormire nella casa del moro. Ricorda ancora con un sorriso quando disse a suo padre della sua relazione con il giovane Hale; lo sheriffo lo aveva sguardato con gli occhi spalancati e il castano aveva risposto nel modo più spontaneo e sincero che potè, alzando le spalle, improvvisamente timido.
 
“Siamo una strana coppia, nessuno avrebbe mai scommesso su di noi, ma funziona.”
Il ricordo della prima volta che dormirono insieme ha un retrogusto amaro. Erano entrambi sdraiati sul letto assolutamente gigante di Derek, in silenzio, beandosi della presenza reciproca e giocherellando con le mani. Successe in una frazione di secondo: il corpo ormai debilitato di uno Stiles esausto si irrigidì improvvisamente, strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca in cerca di aria mentre un dolore rapido e intenso come una scossa lo attraversò da capo a piedi. Derek si immobilizzò di conseguenza mentre poggiava entrambe le mani sugli avambracci del più giovane e, per la prima volta, provò ad alleviare il suo dolore, sentendo defluire il dolore dalla punta delle dita di Sitiles, risalendo per la sua mano. Per la prima volta riuscì a provare il dolore insopportabilmente straziante con cui Stiles doveva convivere da un anno a questa parte e lo ritenne il più coraggioso di tutti. Stiles si trascinò lentamente verso di lui, che lo accolse a braccia aperte tirandolo completamente su di se, sentendo il corpo di Stiles aderire completamente al suo; ormai era dimagrito esponenzialmente, sentiva le ossa appuntite spingere contro le sue e si chiese come un ragazzo così delicato non potesse rompersi solo respirando.
Stiles posò la testa nell’incavo del collo di Derek strofinando la fredda punta del naso contro la pelle bollente, sentendo Derek rabbrividire impercettibilmente. Sorrise soddisfatto. Rimasero così, stesi uno sopra l’altro, respirando insieme e sentendo i rispettivi battiti del cuore.
 
*
 
 
Stiles morì in una fresca mattina d’autunno. Lui e Derek si erano svegliati presto, Stiles che come tutte le mattine quando si sentiva un po' più vigile si stringeva un po’ di più al fianco di Derek, strizzava gli occhi e posava lo sguardo su quello provato e teso di Derek, che irrimediabilmente diventava più sereno non appena ritrovava gli occhi brillanti di vita del suo Stiles. Quest’ultimo però sentì che ormai non erano rimasti che pochi granelli nella clessidra che era stata la sua vita, iniziava a sentire la mortalità scivolare via dalla sua ferrea presa, il suo corpo iniziava piano piano a cedere sotto il peso schiacciante della malattia. L’intorpidimento saliva serpeggiando dapprima dalle gambe e di irradiandosi in tutto il corpo. Nascose come sempre la testa nell’incavo del collo di Derek e strofinò contro la pelle calda la spunta del suo naso, diede un bacio con le labbra umide lì, dove poco prima aveva premuto il naso ed espirò pesantemente, semplicemente scivolando via dalla costrizione che era stata quella di un corpo malato.

Derek rimase in silenzio mentre fissava distante la lapide subito dopo il funerale, la terra ancora visibilmente smossa da poco. 
C’erano un sacco di cose non dette; Derek non gli disse mai che lo amava, non lo disse a nessuno. Non disse che avrebbe ricordato quei pochi mesi che avevano condiviso per il resto della sua vita e che alcuni giorni aveva voglia di sentir la vita scivolargli via dalle dita, così da poterlo raggiungere il più in fretta possibile.
Non gli disse che quella stanchezza che tanto gli rimproverava non era immaginaria e che spesso la notte rimaneva sveglio controllando che respirasse ancora. Non gli disse che da quando non c’era più non riposava bene, in balia degli incubi e che aveva il terrore che l’odore del castano che impregnava una parte del letto prima o poi svanisse. Non gli disse che una volta aveva immaginato di invecchiare con lui: i capelli del suo Stiles erano del colore dell’argento e lui persisteva a tenere il broncio nonostante avessero passato tutti quegli anni insieme.
Per la prima volta nella vita si trovò a sperare in qualcosa di più. Qualcosa oltre la futile vita che c’era su questo mondo, qualcosa che gli avrebbe permesso presto o tardi di raggiungere quella che era stata probabilmente la persona più importante di tutte. Alzò lo guardo e sbatté le palpebre, sentendo gli occhi bruciare. Solo allora si accorse che era calata la sera, la timida luna che rischiarava tutto con la sua luce pallida e il cielo pieno di piccole stelle; un discorso che sembrava essere di anni fa gli riempì totalmente la mente. Focalizzò la sua attenzione sulle stelle e rivide il suo Stiles sorridente, roseo in viso ed ebbro di felicità ballare il tip tap tra una stella e l’altra. Sorrise, sentendo le lacrime accumularsi agli angoli degli occhi.
 
“Mi manchi.” Sussurrò al vento, ed è come se gli avesse detto che lo ama.
 
 

 


 
                                                                                                                                                           Fine.





Ecco l'ultimo capitolo! Siamo giunti alla fine di un percorso impegnativo per me, ringrazio tutti quelli che mi hanno accompagnato e supportato durante queste poche settimane di aggiornamenti. Vi lascio con la speranza di aver suscitato qualcosa nel vostro cuoricino, vi mando un grande bacio e vi ringrazio ancora di tutto cuore. A presto.

Tix.
 
  
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