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Autore: SSJD    31/03/2015    5 recensioni
Doveva essere una OS, la prima volta di Pan... Ma dopo ben nove NON prime volte, ne è uscito un racconto a più capitoli che spero possa piacervi...
Buona lettura!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Goten, Pan, Trunks, Vegeta | Coppie: Bra/Goten, Bulma/Vegeta, Gohan/Videl , Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Trunks x Pan'
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Pan si svegliò dopo solo una mezz'oretta di sonno profondo. Si stiracchiò e aprì gli occhi strizzandoli un paio di volte, come per cercare di combattere contro la luce del sole di mezzogiorno.
“Dormito bene?” le chiesi con un sorriso.
“Trunks...”
“Cosa, principessa?”
“Ho fame” disse semplicemente non smentendo le normali tradizioni sayan dell'orario di pranzo.
“A chi lo dici” le risposi “Entriamo? Andiamo a vedere cosa possiamo preparare di buono. Vieni” le dissi alzandomi e porgendole la mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Si alzò distrattamente senza ricordarsi di non aver rimesso il pezzo sopra del costume. Mi misi a ridere notando come, più della metà del corpo, si fosse ricoperta inspiegabilmente di sabbia. Mi guardò con una faccia leggermente contrariata e mi disse:
“Trunks Brief, che hai da ridere?”
“Sembri un pesciolino impanato” risi.
Lei si guardò e, vedendosi il seno completamente ricoperto di sabbia mi accusò:
“Guarda quiiii...Sei stato tu, vero?”
“NOOO! Ma scusa, stavi dormendo, perché avrei dovuto darti noia?” mi giustificai.
“Perché sei cattivo e...fastidioso, come una zanzara che ti ronza nell'orecchio la notte...e non ti fa dormire...Mi hai detto di dormire per farmi questo scherzo perché sei una car...
Basta, non la sopportavo più. La presi e la sollevai di peso appoggiando la sua pancia alla mia spalla e la portai fino al mare. La feci volare letteralmente in acqua, fregandomene completamente delle sue lamentele e dei suoi strilli assordanti. Dopodiché, le voltai le spalle e mi diressi verso casa dicendole:
“E prima di entrare, fatti la doccia...fredda...Vado a preparare il pranzo”
La vidi comparire poco dopo in cucina, completamente asciutta. Si era cambiata il costume e aveva indossato un graziosissimo quanto troppo arrapante prendisole, che non lasciava proprio nulla all'immaginazione. L'aveva fatto apposta, sperando di provocarmi. Tutto inutile, comunque. Se c'era una cosa che avevo imparato a fare bene nei tre anni che ero stato con lei, era controllarmi e, con un po' di fortuna, anche questa volta sarei riuscito a farla arrabbiare, mostrandole indifferenza (dovevo averlo preso da qualcuno questo caratterino poco poco bastardo...o no?).
“La pizza la vuoi al prosciutto o come?” le chiesi con una naturalezza davvero disarmante.
Lei sbuffò. Avevo raggiunto il mio scopo e la cosa mi fece sorridere. Non rassegnata all'idea di non provocare in me nessuna reazione, si avvicinò e, con fare da gattina che vuole ricevere le coccoline, mi disse:
“Mi tireresti su la cerniera, per favore?”
Si voltò, mostrandomi la schiena che era riuscita ad assumere una colorazione leggermente rosata. Le scostai i capelli sulla spalla e, per prendere il gancetto della cerniera, le sfiorai la pelle con le dita, provocandole un leggero brivido. Tirai verso l'alto il gancetto con una lentezza estenuante e, alla fine, le diedi un bacio sulla spalla nuda. Salii a baciarle il collo e, quando fui vicino all'orecchio, le sussurrai:
“Allora, principessa, cosa ci vuoi sulla pizza?”
Lei si voltò, mi fulminò con gli occhi e, con fare minaccioso, mi disse:
“Hai intenzione di continuare così tutto il giorno?”
“A fare cosa?” le chiesi rimettendomi a preparare gli ingredienti che mi servivano.
“A PROVOCARMI! Hai intenzione di provocarmi tutto il giorno? Guarda che ne ho solo due di costumi. L'altro non si è ancora asciugato e questo è già tutto...
“EHEH...ma non mi dire...sei uno spasso, Pan Son...ma vuoi sapere la perla di saggezza che tuo zio mi ha gentilmente offerto stamattina?” la interruppi io scoppiando in una fragorosa risata per la sua confessione.
“E sentiamola, 'sta perla di saggezza!” esclamò lei contrariata.
Mi girai e, annullando la distanza fra noi, le sussurrai all'orecchio:
“Ogni cosa...a suo tempo...Pan. ORA, io...ho fame...quindi ORA, tu mi aiuterai a fare la pizza, altrimenti, fra mezz'ora, quando sarà pronta, TU starai a guardarmi mentre IO me la mangerò. Da solo”
Pan si ritrasse un pochino. Alzò un sopracciglio perplessa e mi disse:
“Mio zio ti ha detto così”
“Già” le dissi tornando a pesare la farina, con un'indifferenza totale.
“Vi odio”
Feci spallucce, senza aggiungere altro. La sentii borbottare qualcosa di poco carino nei miei confronti, di Goten e anche nei confronti di qualcuno che stava scrivendo una storia...ma non ho ben capito chi fosse.
Si avvicinò e, con l'aria da falsa come Giuda che era, quando non le andava di fare qualcosa, mi disse:
“E, di grazia, cosa dovrei fare per aiutarti a preparare la pizza?”
“Di grazia...potresti iniziare ad accendere il forno e, sempre di grazia, potresti prendere la mozzarella dal frigo e tagliarla a cubetti di dimensioni uniformi...per favore” le dissi voltandomi e stampandomi in faccia il suo stesso sorrisetto ironico.
Si allontanò borbottando altro, che non riuscii a decifrare ed eseguì tutti i miei ordini. Ciò che alla fine ne uscì, fu una pizza veramente deliziosa che ci gustammo sul porticato che dava sul mare.
Mentre mangiavamo, giocammo a pari o dispari, per vedere chi di noi due dovesse assolvere il piacevole incarico di risistemare la cucina. Lo rifacemmo forse venti volte, perché Pan continuava a perdere, ma non ne voleva proprio sapere di lavare i piatti.
“Ma perché? Perché non vinco mai, Trunks? Statisticamente, non ha senso!! Dovrei vincere, almeno una volta...cos'è che sbaglio?” mi disse ad un tratto rassegnata.
“Statisticamente, Panny? Che paroloni!” la presi in giro io.
“Sì, statisticamente...voglio dire...ogni tanto non dovrei vincere anche io? Stamattina all'open day hanno detto che, 'statisticamente', chi finisce l'università, ha grosse possibilità di trovare un lavoro entro pochi mesi dalla laurea. Scusa, il calcolo delle probabilità dovrebbe funzionare anche su un giochino stupido come questo, no?” mi chiese parlando noiosamente come il mio professore di statistica dell'università.
“No...cioè, in teoria...sì, ma la statistica non tiene mai conto di un fattore fondamentale...che non ti insegnano mai...all'università...” le dissi.
“Un fattore? E sarebbe?”
“Il fattore “C”...C'è chi ce l'ha e chi no...Io ce l'ho, tu no...Quindi tu lavi i piatti...e io mi riposo...” le dissi prendendola in giro.
“Truuunks!!” esclamò sconsolata.
“Sì, principessa?”
“Mi aiuti? Io ci metto una vita da sola...” disse mettendo un broncino tenerissimo.
“A patto che poi tu ti venga ad allenare sul serio con me. Ho voglia di sgranchirmi un po'. Ho lavorato per tutta la settimana e ho tutti i muscoli in tensione. Ti va?” le chiesi alzandomi e togliendole il piatto vuoto dalle mani.
“Sì, sì, ma certo! Ho portato la tuta apposta per quello!” disse entusiasta alzandosi a sua volta e raccogliendo i due bicchieri posati ancora sul tavolino.
Mentre finivamo di sistemare la cucina, la vidi pensierosa e, incuriosito dal suo silenzio, le chiesi:
“Panny, hai deciso a quale facoltà iscriverti?”
“Cosa?” mi domandò scuotendo leggermente la testa, come per tornare alla realtà.
“La facoltà...chiedevo se l'avessi scelta...” ripetei.
“Oh! Stavo pensando proprio a questo, sai?” mi disse facendomi un sorriso un po' nervoso “No, non l'ho ancora scelta...sono...indecisa...”
“Indecisa tra cosa?” le chiesi sperando di esserle utile a risolvere gli eventuali dilemmi.
“Mio padre vorrebbe che facessi fisica, come te...sai, ci insegna lui...Insiste nel dire che potrei trovare facilmente lavoro alla Capsule C.” mi disse pensierosa.
“Mhm...sai, conosco quell'azienda...è molto difficile superare i colloqui d'ingresso...Mi hanno detto che il presidente è una vera carogna” le dissi per cercare di farla sorridere. Capii che dovevo tornare serio quando la vidi abbozzare solo un piccolissimo sorriso. Cambiando completamente tono, le dissi:
“Pan, cosa vorresti fare tu? Voglio dire...io sarei sicuramente felicissimo se tu un giorno lavorassi alla Capsule, ma mi sembra di capire che non è ciò che vuoi. Cosa ti piacerebbe fare?”
“Beh...io...io vorrei insegnare...” mi disse sottovoce.
“Insegnare? Come tuo papà? All'università?” le chiesi stupito.
“No, non all'università...mi piacerebbe insegnare...ai...ai bambini...piccoli...” mi spiegò timidamente, senza nemmeno alzare lo sguardo.
“Davvero? Ti piacerebbe fare la maestra? Ma è stupendo, Panny!”
“Sì...sì, mi piacerebbe...ma...
“Ma?”
Fece un sospiro e rimase per qualche istante silenziosa. Depose sul lavello l'ultimo bicchiere sciacquato e chiuse l'acqua. Si asciugò le mani con lo strofinaccio appeso a fianco a lei, poi si voltò e, finalmente alzando lo sguardo, mi disse:
“Ma sono tanti anni, Trunks. Ancora tanti anni di studio. Ancora tanti anni senza poter vivere...con te...Capisci che non sono per niente contenta di dover affrontare altri quattro o cinque anni di studi se questo mi obbliga a starti lontana? Per me è stupendo svegliarmi al mattino con te che mi stringi fra le tue braccia, ma se dovrò fare l'università, come i miei genitori si aspettano, dovrò stare ancora separata da te...e io...non ne ho alcuna voglia, lo capisci?”
Sì, lo capivo. L'avevo ascoltata attentamente e avevo capito cosa la facesse stare male. D'altra parte, nemmeno io ero molto contento di dover aspettare ancora, per vivere con lei. Addormentarsi la sera senza averla a fianco era come sentirsi soffocare. La regola del tre doveva valere anche per me e Pan. Tre minuti senza aria o tre giorni senz'acqua o altri tre anni o più senza Pan, mi avrebbero provocato tutti lo stesso devastante effetto: mi sarei spento, come un lumicino che non ha più voglia né desiderio di continuare ad illuminare la notte della mia esistenza.
La guardai. La guardai per alcuni secondi prima di trovare le parole giuste per dirle ciò che avevo in mente. Le accarezzai il braccio, scendendo fino la mano. La presi e portai il dorso vicino alle mie labbra e lo sfiorai appena. Poi l'appoggiai con la mia sul mio petto, all'altezza del cuore e le dissi:
“Pan, ascolta. Avrei voluto parlartene stasera, o domani, ma mi sembri triste per la questione dell'università, per cui è meglio discuterne adesso, ok?”
“Di cosa?” mi chiese dipingendosi in volto uno sguardo serissimo.
Scossi la testa e feci un sospiro. Accidenti quant'era difficile trovare il giusto compromesso che andasse bene per tutti. Mi inumidii le labbra e continuai:
“Pan, io ho un'idea, ma tu devi dirmi se per te va bene o no. Nessuno...o meglio...io...io non ti voglio forzare a fare nulla che non ti permetta di vivere tranquilla, ok?”
Al suo cenno affermativo, proseguii:
“Cosa ne pensi di venire a vivere qui, con me? A te piace il mare e questa casa non è distante dall'università. Potresti frequentare i corsi, fare visita ai tuoi genitori, quando lo desideri, andare a studiare con Bra, anche se fate facoltà diverse...La sera però, staremmo insieme...e la cosa mi farebbe...immensamente felice...cosa ne p...
Non mi diede il tempo di finire la domanda. Mi mise le braccia intorno al collo e mi baciò.
Schiusi le mie labbra permettendo alle nostre lingue di riconoscersi e ad iniziare la magica danza che erano ormai abituate a fare, per donarci un piacere infinito. Le accarezzai la schiena, stringendola forte a me, mentre lei infilò le dita nei miei capelli che, ancora leggermente umidi, mi cadevano sulle spalle. Quando le nostre labbra si staccarono alla ricerca di aria, la guardai negli occhi, che sembravano così felici e le chiesi:
“Era un sì?”
Fece un sorriso che passò in breve tempo da dolcissimo a malizioso e mi disse:
“Solo se mi batti”
“Oh sììì, vai a prepararti, Son. Oggi ne prendi tante, ma proprio tante, sai?”
“Non te lo ha detto, tuo papà, che gli ho dato del filo da torcere?” mi chiese staccandosi da me e voltandosi per mostrarmi la schiena.
“Mi ha avvisato...certo...starò in guardia...Tu piuttosto, vedi di impegnarti” le dissi abbassandole la cerniera del prendisole.
“Contaci, Brief”
“Fra cinque minuti, Son. Camera gravitazionale. Non farti aspettare”
“Non farti aspettare tu...Brief”








 
   
 
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