-
Principe, la prego, venga qui!
Giù alla Porta Insanguinata si stanno preoccupando!
"E' un posto sicuro"
aveva detto Vilon "Qui non ci troverà nessuno, è
talmente sperduto che a
nessuno verrà in mente che potremmo essere qui". E invece a
quanto pare
non era così sperduto come sembrava.
Neo del Crinale - nome quanto mai
appropriato - era effettivamente un fortilizio minuscolo, e casa Brune
sicuramente non aveva una nomea tale da fargli acquisire fama. Sperduto
sui
monti di fronte alla Lancia del Gigante, era riparato da un costone
roccioso.
Nonostante ciò si poteva perfettamente scorgere il Nido
dell'Aquila, e per un
gioco di prospettiva non era possibile la vista inversa. Daeron ci
aveva
provato un paio di volte a scorgere Neo del Crinale dal Nido
dell'Aquila, ma
non gli era mai riuscito. Lo trovava quasi inconcepibile.
Ma che l'attendente di lord Arryn
li trovasse subito, quasi si fossero nascosti dietro un tendaggio,
questo sì
che era inconcepibile.
- La prego, principe Daeron,
venga giù!
Per la verità Daeron non aveva
nessuna voglia di venire giù. I tornei lo annoiavano, aveva
deciso sin da
subito che avrebbe disertato l'evento sportivo. E se ciò
avesse richiesto
l'utilizzo dei privilegi e dei diritti derivanti dal suo rango, sarebbe
ricorso
anche a quelli pur di non essere costretto ad assistere al torneo.
- Non credo che lo farò - rispose
dall'alto delle mura, mentre grattava la testa del suo Vhagar, il quale
sembrava apprezzare non poco il gesto mentre se ne stava seduto per
terra.
- Signore! - urlò l'attendente in
risposta.
- Ecco, lo sapevo che non
dovevamo farlo! - squittì Robert Arryn, al suo fianco.
Non faceva altro che squittire,
quello. Daeron non riusciva a credere che fossero imparentati, seppur
solo alla
lontana. Una sua prozia aveva infatti sposato il nonno di Robert,
rendendo
quindi suo padre Baelor e lord Aeron Arryn cugini.
- Lo sapevo che non dovevamo
andare!
Vilon Brune, lui taceva. Restava
in disparte a capo chino, stando zitto e con lo sguardo per terra.
Daeron
Targaryen certe volte si chiedeva come faceva ad essere amico di due
tipi così.
Normalmente nemmeno li avrebbe considerati. Ma quando era arrivato al
Nido
dell'Aquila come protetto, cinque anni prima, c'erano solo loro come
altri
ragazzini della sua età, ed era finito inevitabilmente per
stringere se non
amicizia almeno una sorta di affinità. Ma certe volte
desiderava avere come
compagno qualcosa di meglio.
L'unico vero amico che sentiva di
avere era il suo Vhagar. L'aveva trovato quando otto anni prima lui e
suo
fratello Viseghar avevano fatto un viaggio clandestino nella Fossa del
Drago.
Mentre vagavano per le stalle il piccolo Daeron, che allora aveva
sì e no
cinque anni, aveva visto un uovo sperduto nel bel mezzo del corridoio.
Un uovo
pokemon.
Si era chiesto cosa ci facesse lì,
le stalle dei pokemon erano da tutt'altra parte. Aveva pensato di
andare a
chiamare il fratello per farglielo vedere e lasciarlo lì, ma
qualcosa gli disse
che se non l'avesse salvato sarebbe sicuramente finito rotto, magari da
qualche
sbadato che passava di lì senza guardare per terra.
Già lui aveva rischiato di
pestarlo in precedenza prima di accorgersene.
L'aveva preso e l'aveva portato a
Viseghar, chiedendogli cosa doveva fare. Il fratello si era grattato la
nuca,
poi aveva detto "Visto che era nel bel mezzo della strada vuol dire che
non l'hanno voluto. Perché non lo prendi tu?". Perché devo prenderlo io? Se non l'hanno
voluto i suoi genitori perché lo
devo prendere io? aveva risposto Daeron. "Perché"
e la risposta
di Viseghar non gli era ancora passata di mente "Se ci fossi stato tu
al
posto dell'uovo non avresti desiderato che ti prendesse qualcuno?".
Tale
frase era bastata per convincere Daeron a prendersene cura.
Da allora per vari mesi aveva
nascosto l'uovo nella sua cameretta. Aveva fatto molta attenzione a non
farlo
trovare dai servi, sapeva che suo padre non lo avrebbe tollerato. Ogni
quando
sapeva di essere solo prendeva l'uovo e si sdraiava sul letto,
tenendolo
premuto contro la sua pancia calda e guardando le sue striature blu e
nere con
qualche macchia rossa qua e là. Chissà
cosa sarà? si chiedeva, e poi pensava Mi
importa? Avrò un pokemon!.
E fece così finché un giorno,
mentre era impegnato ad ammirarlo, con un sonoro CRACK so
fermò un'incrinatura
sul guscio dell'uovo. Poi un'altra. E un'altra ancora. Daeron era
rimasto fermo
immobile ad osservare la scena, estasiato. Di lì a poco una
testolina fece
capolino dalla parte rotta dell'uovo. Una testolina blu ricoperta da
pelo nero.
Inizialmente aveva tenuto
nascosta la nascita del suo nuovo amico a tutti, perfino a Viseghar. Ma
non ci
era voluto molto perché una servetta lo scoprisse mentre
riordinava la sua
stanza, correndo urlante a comunicarlo al principe Baelor Targaryen,
padre di
Daeron e Viseghar. Quando era stato chiamato a rispondere delle sue
"colpe", Daeron aveva affrontato suo padre a testa alta. Non aveva
ceduto alla paura, e nonostante fosse solo un bambino seppe comportarsi
come un
vero Targaryen, non cedendo mai alle minacce paterne.
Quella volta non ebbe la minima
idea di cosa rischiò, ma grazie all'intercessione della
madre Maera aveva
potuto tenere il suo nuovo amico. C'era voluto un po' per trovargli un
nome, ma
alla fine aveva optato per Vhagar, ovvero lo stesso nome del drago
della regina
Visenya. In fondo anche quel pokemon era un Drago per metà,
gli aveva detto
Viseghar. E nessun nome poteva essere più adatto come quello
del più grande
drago mai vissuto dopo Balerion il Terrore Nero. Non l'aveva chiamato
così
perché quel nome non gli piaceva.
E così dalla sua nascita fino a
quel momento Daeron e Vhagar erano stati inseparabili, l'uno pronto a
dare la
vita per l'altro. Daeron voleva bene a quel Deino, e il pokemon
ricambiava il
sentimento se non alla pari anche di più. Era l'unico vero
amico che poteva
dire di avere, anche se in quell'occasione non gli stava tornando molto
utile,
limitandosi ad incassare le coccole del suo padrone mentre era questo a
discutere con l'attendente.
- Mio principe, signore! Lord
Aeron è molto turbato! Ha mandato tutti i suoi uomini in
perlustrazione senza
trovarvi, se vostro padre venisse a sapere che fate questo genere di
capricci...
- Io non ho paura di mio padre -
rispose freddamente Daeron.
Forse lo disse perché essendo suo
figlio aveva un rapporto particolare, ma effettivamente Baelor
Targaryen era
una persona da temere. Abile con la spada, lesto di lingua e crudele
come solo
un Targaryen sapeva essere, incarnava lo stereotipo del perfetto nobile
per non
dire del perfetto erede al trono. Solo che non era lui il principe
della Roccia
del Drago, bensì suo nipote Aegon, cugino di Daeron e figlio
di Jaehaerys, suo
zio il re.
- Dovresti invece.
Finalmente il tetro Vilon
interruppe il suo silenzio. Forse aveva ragione, ma il principe lo
ignorò per
quel momento.
- Ho già detto quel che farò -
continuò parlando con l'attendente - E quel che
farò sarà restare qui.
Il suo tono era fermo e senza
emozione, il tono che si confaceva ad un comandante. Forse un giorno
avrebbe
rivestito una carica importante, e per questo voleva essere pronto. Si
era
esercitato per molto tempo da solo a pronunciare discorsi, ed
esercitandosi con
i suoi amici era riuscito a renderli totalmente a lui fedeli, tanto che
l'avrebbero seguito in capo al mondo. Certo, per quanto potesse essere
utile al
settimo in linea di successione avere ben due seguaci.
- Mio signore... - fece per
continuare l'altro, ma una mano guantata gli tappò la bocca.
Daeron, fino ad
allora disinteressato al discorso pur mettendoci un po' di carisma per
sembrare
più convincente, sobbalzò al rumore del metallo
che cigolava. Dapprima osservò
per un istante la mano, poi fece lentamente scorrere lo sguardo lungo
il
braccio del proprietario. Che si rivelò essere ser Hector
Brune.
Tra tutte le persone che sperava
di non vedere quel giorno Daeron aveva messo al primo posto ser Hector.
Nominato sua guardia del corpo da lord Arryn quando Lorgon era morto
quattro
anni prima per un'infreddatura, a Daeron non era mai piaciuto.
Inflessibile,
altezzoso, rigido, ma anche schietto e pronto a prendere in giro il
prossimo
quando se ne presentava l'occasione. Se al tutto poi si aggiungeva che
era lo
zio di Vilon tal cosa lo faceva ronzare attorno al principe ancor
più di quanto
lo avrebbe fatto normalmente.
- Forse - cominciò - non avrai
paura di tuo padre. Ma se il re venisse a sapere che suo nipote fa le
bizze?
Cosa direbbe?
Il fatto che gli desse del tu a
Daeron dava ancora più fastidio. Gli si poteva parlare
così solo quando era lui
ad autorizzare che lo si facesse, non certo per un capriccio. Lord
Arryn gli
dava del tu, pur mostrandogli la dovuta deferenza, come anche lady
Vanessa e
ser Bors, ma solo perché glielo permetteva LUI. Anche Robert
e Vilon gli davano
del tu, solo perché lo voleva LUI. Ma ser Hector, nonostante
le proteste, gli
parlava sempre così, come se fossero amici intimi. E questo
lui non lo voleva.
- Non direbbe niente. Il re e ad
Approdo del Re, molto lontano da qui. E poi cosa potrebbe interessargli
di me,
sono il figlio del suo secondo fratello.
- Nulla, ma da un membro di casa
Targaryen in quanto parte della famiglia reale si esige educazione, e
non mi
sembra che tu in questo momento sia educato. Lord Arryn ha
già chiesto a
maestro Pyman di mandare un corvo ad Approdo del Re per avvisare sua
maestà
della tua scomparsa, ma sei ancora in tempo per impedirlo.
Daeron stava per ribattere, ma
venne subito zittito.
- Vuoi forse che il re venga
disturbato per una sciocchezza del genere? Sai cosa dico io? Mai
disturbare il
drago che dorme. Oramai non sei più un ragazzino, fra pochi
anni sarai un uomo,
devi imparare a comportarti da tale. E non mi risulta che gli uomini
facciano i
capricci.
Il principe cercò di sfruttare
quella breve pausa per dire qualcosa, ma venne di nuovo battuto sul
tempo.
- Al massimo le lady grasse e
grosse fanno così. E sinceramente non mi sembra che a te,
mio principe,
manchino gli attributi e che tu abbia un bel paio di tette in via di
sviluppo.
Per cui o sei un uomo oppure un eunuco, ma non mi risulta che i
Targaryen
fabbrichino eunuchi. Per cui se sei un uomo comportati da tale. Mi sono
spiegato? Oppure quel corvo deve per forza spiccare il volo?
Daeron fumava letteralmente dalla
rabbia. Nessuno si era mai permesso di parlargli così, se
fosse stato ad
Approdo del Re a qualcuno che avesse detto delle cose del genere
avrebbe fatto
mozzare la lingua. Ma adesso non era ad Approdo del Re,
bensì in uno sperduto
fortilizio nella Valle.
- Allora, mio principe, vieni?
Vhagar emise dei brevi e
concitati versi che a ben pensare sembravano risatine. I pokemon erano
animali
quanto mai intelligenti, in grado di capire la maggior parte dei
discorsi degli
umani. Daeron non gradì quel gesto, e gli tirò un
calcio non troppo forte. Il
Deino si alzò da terra, risentito, soffiandosi via seccato
un ciuffo di pelo
nero dal muso.
Il principe dopo quel discorso,
nonostante si sentisse umiliato, ridicolizzato, oltraggiato,
sottovalutato e
preso in giro, acconsentì molto riottosamente a seguire
l'invito della guardia
del corpo a tornare a valle, del resto non poteva fare altro se non
obbedire.
Questa volta era stato scavalcato in carisma, nonostante la voce di
Daeron non
avesse mai vacillato. Ser Hector l'aveva battuto. Ma non avrebbe
permesso che
succedesse di nuovo.
Si sedette a non molta distanza
dai grandi lord, pur restando un po' in disparte verso l'angolo del
padiglione.
Ser Hector non protestò per questa sua scelta, nonostante
fosse abbastanza
irritato di suo. Forse pensava che il principe si volesse solo riparare
dall'ombra, era in effetti una giornata più calda del
normale quella che stava
vivendo la Valle. Forse l'estate stava davvero arrivando come si diceva
in
giro.
Accanto a lui si sedette Robert
Arryn, figlio di lord Aeron ed erede del Nido dell'Aquila. Vilon Brune
invece
fu costretto ad andare a sedersi più in basso in mezzo ai
nobili di bassa lega
e signorotti di medio rango non essendo nobile quanto i due amici. A
Daeron un
po' fece pena quel ragazzo, non era per nulla giusta quella
discriminazione. Ma
le cose andavano così nei Sette Regni, e non poteva farci
nulla. Per il
momento.
I tornei lo annoiavano a morte,
Daeron non capiva cosa ci fosse di divertente nel guardare uomini fare
a gara
per chi si ammazzava prima. Non si capacitava di come i ragazzi della
sua età
avessero la testa intasata dai tornei e fremessero all'idea di
assistere ad
uno, forse perché non si tenevano più con
frequenza come un tempo. Ad Aemond e
in particolare a Viseghar i tornei piacevano, ma a Daeron non era mai
andato
giù vederli.
Stette lì a non fare nulla per
almeno una buona ventina di minuti. Il marasma di gente attorno a lui,
sia
nobili che popolani, era un continuo e fastidioso mormorio ripetitivo.
Anche
Robert Arryn a fianco a lui parlottava eccitato con un altro ragazzo,
voltandosi ogni tanto per dire qualcosa che Daeron nemmeno sentiva - o
ascoltava. Un altro buon motivo per vivere al Nord era
perché quella terra era
talmente desolata che non vi si tenevano tornei.
Vhagar si era accoccolato ai suoi
piedi e si era messo a sonnecchiare. "Beato lui che ce la fa in mezzo a
tutto questo casino" pensò il principe, frustrato "Non so
cosa darei
per scambiarmi di posto con lui. Chissà, forse se dico ad
Arceus che sono
disposto a rinunciare al mio rango reale per diventare un pokemon mi
scambierà
con Vhagar".
Per la noia del non fare niente
il suo sguardo prese a vagare per il campo sportivo. Tutta la struttura
era
stata eretta al di sotto dell'incombente fortezza della Porta
Insanguinata.
Daeron alcuni giorni prima era salito in cima alla fortezza e aveva
osservato
il campo del torneo sotto di lui, e gli era apparso sin troppo
strizzato in
quella pietrosa spianata angusta compresa tra la Lancia del Gigante e
il
Bersaglio Immobile.
Ad adornare i bordi del campo
oltre che a delimitarli in modo marcato stavano appesi i blasoni
recanti i
simboli delle casate a cui i partecipanti al torneo appartenevano.
Daeron
riconobbe, oltre al noto falcone e alla luna degli Arryn, le frecce
degli
Hunter, la torre rossa dei Redfort, la torre gialla dei Grafton e le
torri blu
dei Frey, i cuori e i corvi dei Corbray, le rune e il cancello di
entrambe le
casate dei Royce, i quadrati degli Hardyng, il salmone dei Mooton ed
altri
emblemi che non si ricordava.
Senza che se ne rendesse conto il
tempo passò veramente in fretta, e alla fine si chiese come
mai tutto d'un
tratto la folla si fosse zittita di colpo. La risposta era situata
qualche
metro più in basso, ovvero dove il corpulento maestro Pyman
si accingeva a dare
il via al torneo.
- Quest'oggi - tuonò col suo
vocione, zittendo coloro che ancora parlavano - Si svolge qui sotto le
mura del
castello della Porta Insanguinata il grande torneo della Valle, bandito
da lord
Devron Royce, lord della Porta Insanguinata e delle Porte della Luna,
per
stabilire chi sarà il futuro marito di Bernyce Royce, la
splendida lady sua
figlia!
A queste parole fece seguito un
risolino ben troppo udibile. Lady Bernyce Royce, trent'anni e
più d'età,
grassoccia, dal seno cadente, la faccia piena di lentiggini, con le
labbra
sporgenti e d'un idiozia che Daeron raramente aveva visto, era paonazza
in
volto e molto divertita e lusingata dalle parole del maestro. Il
principe si
chiese chi mai avesse avuto il coraggio di iscriversi al torneo sapendo
che il
premio sarebbe stato lei. Forse i contendenti erano attratti
più dalla dote che
dalla donna: la signoria della Porta Insanguinata. Lady Bernyce era
infatti
l'unica figlia ed erede di lord Devron, e difficilmente qualcuno si
sarebbe
fatto sfuggire quest'occasione.
- Tre campioni la difenderanno, e
altrettanti cavalieri in tredici lizze consecutive si contenderanno la
sua
mano! I campioni in persona sceglieranno casualmente i loro sfidanti
estraendone i nomi da delle urne! Chi disarciona un campione diventa
campione a
sua volta! Chi mantiene il titolo di campione per più tempo
sarà dichiarato
vincitore e avrà la benedizione di lord Royce per prendere
la mano di lady
Bernyce! Al vincitore inoltre verrà consegnata la bellezza
di cinquemila
dragoni, al secondo classificato tremilacinquecento e al terzo duemila!
"Altro buon motivo per
partecipare. E non vincere".
Il maestro si fece da parte
apparendo visibilmente affaticato dalle urla appena emesse. In quanto
maestro
del torneo era però tenuto ad adempiere al dovere iniziale
di spiegare le
regole al pubblico. Il suo posto venne presto preso da un araldo, il
quale
cominciò a declamare i nomi dei campioni.
- I campioni iniziali chiamati a
difendere lady Bernyce sono ser Moras Waynwood, ser Gyles Grafton e ser
Bors
Arryn! Si facciano avanti per rendere omaggio a lord Royce e reclamare
il posto
che gli spetta!
Immediatamente si udì un rumore
di zoccoli. Quasi come dal nulla (in realtà da un'entrata
laterale
seminascosta) comparvero sulla pista tre cavalieri, ognuno in sella al
proprio
cavallo. Il primo era bardato di verde col simbolo del timone nero
spezzato dei
Waynwood, il secondo di rosso e nero con la torre infuocata dei
Grafton, mentre
il terzo di bianco e azzurro con il falcone e la luna degli Arryn.
Avanzarono
né troppo lentamente né troppo velocemente,
portando al trotto i loro cavalli
con abili movimenti di briglie.
I tre si posizionarono di fronte
al palco rialzato dei grandi lord, mettendosi l'uno a fianco all'altro
e
alzandosi la visiera dell'elmo. Daeron li guardò con una
leggera curiosità. Non
aveva mai visto Moras Waynwood e Gyles Grafton, ma conosceva Bors
Arryn. Il
forzuto castellano trentacinquenne del Nido dell'Aquila appariva
così stretto
in quell'armatura, quasi ci fosse stato ficcato dentro a forza. A
Daeron quasi
venne da ridere al pensiero che da un momento all'altro il cavaliere
sarebbe
esploso.
- Noi giuriamo - risposero i tre
in coro - Di difendere lady Bernyce da coloro che tenteranno di
arrivare a lei!
La difenderemo anche a costo della vita! Per i Sette, che il torneo
abbia
inizio!
Le voci apparivano molto diverse
le une dalle altre. Mentre quella di Moras Waynwood era stridula e
traballante,
quella di Gyles Grafton era bassa e atona, mentre quella di Bors Arryn
era roca
e cupa. Si intuiva che non erano entusiasti di essere stati scelti come
campioni. Moras Waynwood, diciannove anni e terzo figlio di lord
Waynwood, era
stato scelto per aver fedelmente prestato servizio come scudiero di
lord Royce
sino a prima che Daeron arrivasse nella Valle; Gyles Grafton,
quarantasette
anni e zio di lord Grafton, era stato selezionato in merito alle sue
imprese
durante la Follia di Luffeo, mentre invece Bors Arryn per due motivi:
il fatto
di essere fratello di lord Aeron e la malaugurata coincidenza di essere
rimasto
vedovo da meno di un anno.
- Si procede adesso con la prima
estrazione! Chi di voi intende dare il via al torneo? - chiese l'araldo
ad alta
voce rivolto ai tre cavalieri.
Inizialmente nessuno si mosse, ma
forse spinto dall'inevitabilità della situazione alla fine
fu il giovane
Waynwood ad avanzare. Senza che scendesse da cavallo un inserviente gli
porse
l'urna stracolma dei nomi dei partecipanti alle lizze, e dopo aver
frugato un
po' estrasse un pezzo di pergamena accartocciato. Tenendolo non
saldamente col
guanto di ferro esso gli scivolò di mano, ma venne preso al
volo
dall'inserviente il quale lo porse all'araldo, che procedette a
leggerlo.
- Il primo sfidante della prima
lizza, il quale affronterà ser Moras di casa Waynwood,
sarà... ser Parsifer di
Città del Gabbiano!
Ser Moras si andò a posizionare
ad un lato della lizza, mentre dall'altra parte del campo fece il suo
ingresso
un altro cavaliere. Non era colorato come i precedenti, e il suo scudo
recava
un emblema che Daeron non aveva mai visto: quattro monete d'oro su un
campo
blu, il quale stava al di sotto di una sezione gialla più
piccola. Il ragazzo
si voltò verso Robert, il quale molto probabilmente sapeva
chi era. Era un
patito di tornei, tanto per cambiare.
- Conosci quel cavaliere? - gli
chiese.
- Certamente! - rispose lui
entusiasta, felice di vedere l'amico interessato - Ser Parsifer di
Città del
Gabbiano era il capitano della guardia cittadina di lord Grafton,
almeno fino a
tre lune fa, quando è stato congedato per
l'anzianità. E' arrivato assieme a
ser Gyles, pare siano amici.
"Mi chiedo cosa sarebbe
successo se fosse stato ser Gyles a pescarlo allora".
Quando i due cavalieri si furono
posizionati alle estremità del campo un tamburo prese a
rullare.
- Quando il rullo terminerà -
annunciò l'araldo - caricate!
Abbassate
le lance!
I due eseguirono il comando. La
lancia di ser Moras era riccamente decorata di verde e nero, mentre
quella di
ser Parsifer era di semplice legno marroncino. Il suono dello strumento
sembrò
durare per un tempo infinito, ma quando si interruppe i due spronarono
immediatamente i cavalli i quali partirono in un forsennato galoppo.
Ser Parsifer mirò allo scudo, mentre
ser Moras al fianco dell'avversario. I cavalli si sorpassarono dopo
pochi
secondi, e la lancia di ser Parsifer esplose in mille pezzi contro lo
scudo di
ser Moras. L'avversario invece mancò il bersaglio facendo
finire la lancia nel
vuoto. Non sembrò però frutto di un errore,
quanto più di una prova.
Quando i cavalli arrivarono alle
estremità del campo si fermarono. Ser Parsifer
sollevò la visiera dell'elmetto,
e a Daeron sembrò di vedere una massa di capelli bianchi
tentare di uscire. Si
fece dare un'altra lancia e si voltò. Ser Moras invece si
tenne quella che già
aveva, abbassandola di nuovo. Quando ambedue furono di nuovo allineati
cominciarono un nuovo scontro.
Ser Parsifer mirò nuovamente allo
scudo, e la sua mossa risultò fin troppo prevedibile
all'avversario. Ser Moras
tenne la protezione solo con un paio di dita della mano sinistra,
mentre con la
destra faceva finta di regolare la lancia in modo fallimentare.
All'ultimo
istante spostò la lancia quel tanto che bastava per colpire
ser Parsifer, mentre
l'arma dell'avversario impattava contro lo scudo mal tenuto e lo faceva
volare
via. Ser Parsifer, colto di sorpresa, venne disarcionato, atterrando
malamente
poco più in là.
Waynwood si fermò e smontò da
cavallo estraendo la spada, ma l'anziano cavaliere si rialzò
a fatica su un
ginocchio e si tolse l'elmo, rivelando una lunga chioma bianca.
Respirava a
grandi boccate e aveva un mezzo sorriso ebete sul volto. Disse
qualcosa,
probabilmente che si arrendeva, Daeron non riuscì a sentirlo
per la distanza. La
prima vittoria del torneo andò quindi a ser Moras Waynwood.
Procedette poi sul campo Bors
Arryn, il quale estrasse il nome di ser Maron Plumm, un cavaliere delle
Terre
dell'Ovest di una casata nobile ma non particolarmente ricca. Plumm
riuscì a
spezzare due lance contro l'avversario, venendo però
disarcionato alla terza.
Il cavaliere si arrese subito senza che l'Arryn dovesse scendere di
sella.
Daeron rimase impressionato. Non
si aspettava che ser Bors fosse così bravo in sella al suo
cavallo. Certo, era
muscoloso e robusto, ma nonostante gli fossero state spezzate addosso
ben due
lance riusciva ancora a tenersi perfettamente in groppa all'animale
senza
nemmeno essersi un po' scomposto. Possibile che... potesse vincere lui
il
torneo? Nonostante il principe non se ne intendesse un
granché l'incontro tra
lui e Plumm gli fece venire questo presentimento.
A Grafton invece capitò ser Boras
Templeton, cavaliere di Novestelle detto Stellabianca per la sua chioma
argentea simile a quella dei Targaryen. Non era però
imparentato con loro, suo
padre aveva semplicemente sposato una donna di Volantis dalla quale ser
Boras
aveva ereditato i capelli, oltre che un'ingente fortuna. Nonostante
potesse
sembrare che ser Boras fosse più anziano dell'avversario in
realtà era tutto il
contrario. Erano i capelli argentei e le rughe ad ingannare, in quanto
il più
vecchio tra i due era ser Gyles.
Nonostante non ne fosse pratico,
persino Daeron fu costretto ad ammettere che il duello tra i due fu
sublime.
Sei lance per parte furono spezzate in poco più di una
decina di minuti, e
Stellabianca cadde solo alla settima senza però arrendersi.
Estraendo la spada
ne diede la conferma, e Grafton smontò anch'esso di sella
per accettare la
sfida. Il duello terrestre fu altrettanto spettacolare, con i due
cavalieri che
si equiparavano in forza e abilità. Alla fine
però fu ser Gyles a spuntarla,
facendo perdere l'equilibrio a ser Boras con una spallata e facendolo
così
cadere a terra. Gli era poi montato addosso e gli aveva puntato la
spada sul collo
scoperto, decretando così la sua sconfitta.
Il vecchio cavaliere, nonostante
l'età, appariva forte come se di anni ne avesse venti e non
quasi cinquanta.
Non per niente quattordici anni prima aveva guidato l'assalto a
Piccolasorella
quando il re aveva riconquistato l'arcipelago strappandolo ai pirati di
Luffeo.
Doveva essere stato al massimo della forma allora, ma nemmeno adesso
sembrava
debole. "Forse anche lui ha qualche possibilità di vincere"
azzardò
Daeron. Ancora non lo sapeva, ma il torneo lo stava pian piano
prendendo.
Iniziò così la seconda lizza, che
venne in seguito ricordata come l'Assalto dei Redfort. A tutti e tre i
campioni
infatti capitarono degli esponenti di quella casata, iscrittisi in
massa al
torneo.
- La moglie del precedente lord
Redfort era una Frey - spiegò Robert - E lo sai quanto sono
prolifici quelli.
Il primo a farsi avanti fu Joseth
Redfort detto Torrerossa, uno dei più forti cavalieri
viventi della Valle aveva
detto Robert, il quale gareggiò contro Moras Waynwood.
In effetti così si dimostrò,
essendo il primo ad abbattere uno dei campioni. Dopo quattro lance
spezzate
Torrerossa, evidentemente scocciato dallo stallo dello scontro, scese
di sella
ed estrasse la spada. Waynwood scelse codardamente di rimanere in sella
e di
caricarlo con la lancia, ma Redfort lo schivò agilmente e
spezzò l'arma con un
secco fendente dall'alto in basso, costringendo così a
scendere di sella ser
Moras. Poi ebbe gioco facile, sottomettendo il campione in appena pochi
istanti
e divenendo così il nuovo campione.
Jon, fratello minore di Joseth,
venne estratto per gareggiare contro Bors Arryn, e si rivelò
un'accoppiata
sfortunata per il Redfort. Alla quarta lancia infatti il cavaliere
venne
sbilanciato dal colpo di ser Bors cadendo malamente di sella. L'urlo
straziante
che emise toccata terra evidenziò che doveva essersi come
minimo rotto
qualcosa. Venne subito trasportato via da alcuni inservienti, e poco
dopo tra
le tribune cominciò a circolare la voce che si fosse rotto
una gamba.
Jason Redfort invece gareggiò
contro ser Gyles in uno scontro se possibile ancora più
spettacolare del
precedente. Le lance spezzate furono ben tredici, con entrambi i
partecipanti
sul punto di cadere più di una volta. Alla quattordicesima
fu ser Jason a
cadere di sella per una distrazione dettata dal nervosismo, e capita
l'antifona
decise di arrendersi subito senza passare allo scontro diretto con
l'avversario.
Per la terza lizza il nuovo
campione Joseth Redfort estrasse come primo sfidante ser Roland Frey,
detto la
Torre-in-Fiamme. Effettivamente il suo emblema recava le due
caratteristiche
torri blu dei Frey, solo pervase dal fuoco e avvolte in un cupo
rossore.
"Sarebbe stato ironico se le due torri infuocate si fossero
affrontate" pensò Daeron riferendosi a ser Gyles,
immaginandosi la scena.
Robert gli disse che il suo soprannome derivava dal fatto di aver
incendiato
una torre del castello di Lord Blackwood durante la Seconda Ribellione
di
Maelor, quindici anni prima, mentre lo conquistava.
Entrambi prestanti fisicamente e
determinati a rimanere in sella, Daeron si chiese quale fra le due
torri
sarebbe crollata prima. La risposta fu: la torre blu. A dispetto delle
apparenze la Torre-in-Fiamme cadde alla terza lancia, appoggiando pure
male il
piede a terra e slogandosi una caviglia.
Un altro Redfort venne estratto
per gareggiare contro Bors Arryn. Il pio Jammos Redfort, noto per la
sua fervente
fede per il Credo, alla settima lancia spezzata decise di ritirarsi
dalla
competizione credendo che i Sette avessero decretato la
superiorità di ser Bors
rispetto a lui. - I sette hanno dato il verdetto! - decretò
uscendo dal campo.
Queste parole vennero approvate da septon Clodoth, il religioso del
Nido
dell'Aquila seduto poco lontano.
L'ultimo scontro della terza
lizza vide cadere un secondo campione. Ad affrontare ser Gyles scese
ser Layn
Corbray, figlio secondogenito di lady Corbray di Casa del Cuore.
All'ottava
lancia
spezzata anche ser Layn similmente a Torrerossa scese di sella,
puntando sulla
stessa strategia, venendo subito imitato da ser Gyles.
Ma la spada che estrasse dal
fodero non era una lama qualsasi: Lady Forlon, la lama ancestrale di
Acciaio di
Valyria appartenente a Casa Corbray, istoriata dalle rune dei Royce ai
quali
prima apparteneva. Evidentemente lady Diana aveva concesso al figlio
l'utilizzo
della spada per quell'occasione speciale affinché si
assicurasse la vittoria.
Daeron restò affascinato dal luccichio che la luce solare
produceva riflettendo
sulla lama, e Vhagar accanto a lui alzò la testa chiedendosi
cosa stesse
ammirando il suo padrone.
Probabilmente ser Layn si
aspettava che l'avversario sarebbe stato scoraggiato dalla vista della
possente
lama e si sarebbe arreso spontaneamente, impotente di fronte a
quell'arma
vecchia di migliaia di anni eppure ancora così affilata e
assetata di sangue.
Ser Gyles scelse però di combattere. Mai errore
più grosso poteva essere
commesso.
Forse per la fatica derivata dai
due precedenti duelli, ser Gyles apparve subito in
difficoltà, più contro Lady
Forlon che contro colui che la brandiva. Fatale fu l'attimo in cui fu
troppo
lento a parare un attacco. Ser Layn sfruttò quell'occasione
per riassestarsi ed
effettuare un possente colpo trasversale dall'alto verso il basso. La
lama
valyriana penetrò come burro il ferro dell'arma di ser
Gyles, arrivando sino
all'elsa e recidendo anche buona parte di quella. E due dita di ser
Gyles. Un
gridolino spaventato di lady Bernyce fece da sfondo al tutto.
In seguito il cavaliere cadde a
terra per lo shock, non rispondendo nemmeno quando ser Layn lo
invitò ad
arrendersi. Lord Royce concesse la vittoria a ser Layn e dispose che
ser Gyles
fosse portato da maestro Pyman affinché fosse curato. L'uomo
semisvenuto e le
due dita - a Daeron sembrarono l'anulare e il mignolo, anche se da
lontano non
si vedeva bene - furono portati fuori in fretta dagli inservienti,
forse c'era
ancora qualche possibilità di riattaccargliele.
Ecco un altro motivo per il quale
a Daeron non piacevano i tornei, ci scorreva sin troppo sangue. Certo,
la colpa
era stata anche di ser Gyles, era da sciocchi affrontare una lama
valyriana senza
prima aver valutato i rischi. Ma il principe aveva udito di cavalieri
morti ai
tornei perché una lancia li aveva trapassati, oppure
perché un frammento gli
era finito in un occhio, oppure ancora perché erano rimasti
schiacciati dal
proprio cavallo. "Muore meno gente in una battaglia" si disse tra
sé e
sé ridendo sommessamente.
Nonostante lo sgomento di alcune
lady il torneo riprese quasi subito. Torrerossa estrasse un altro
cavaliere
della Valle: ser Mors Lynderly, un anziano nobile di piccolo calibro
che però
seppe dare del filo da torcere all'avversario. Alla quinta lancia
spezzata
entrambi scesero da cavallo e si affrontarono in duello, con alla fine
ser Mors
sconfitto a causa della differenza d'età e di forza.
Ser Bors per il suo quarto
avversario scelse ser Aron Sunderland, figlio minore del lord delle Tre
Sorelle.
Pareva che l'isolano si fosse allenato molto in previsione del torneo,
in
quanto ser Bors prima di farlo cadere di sella dovette spezzare ben
quindici
lance. Egli però non rinunciò, rialzandosi da
terra ed estraendo la spada. Il
castellano del Nido dell'Aquila accettò la sfida, riuscendo
a trionfare non
senza difficoltà dopo un duello di tre minuti buoni.
Il primo sfidante di ser Layn
Corbray invece fu ser Arlan Royce, figlio di lord Jaremy Royce di
Runestone e
suo erede. Lord Devron storse il naso alla sua entrata, Daeron non
poté fare a
meno di notarlo. Da quello che gli aveva detto Robert (e dai
pettegolezzi delle
servette del posto) sapeva che i Royce delle Porte della Luna e i Royce
di
Runestone si odiavano a morte nonostante condividessero lo stesso
sangue.
Una volta il principe aveva
sentito dire che Jaremy Royce aveva deflorato la promessa sposa di lord
Devron,
svergognandolo e mettendolo in ridicolo di fronte a tutta la Valle,
creando
così attriti tra le due casate destinati a durare varie
generazioni. Ovviamente
lord Devron parteggiò fin da subito per Layn Corbray, e
Daeron non poté fare a
meno di pensare che se al posto di ser Gyles ci fosse stato Arlan Royce
oppure
suo padre Jaremy lord Devron avrebbe senz'altro sorriso.
Il duello fra ser Layn e ser
Arlan non fu lungo ma molto intenso. Dopo due tesissime manche in cui
due lance
vennero spezzate per parte, già ser Layn si apprestava a
scendere di sella e ad
estrarre Lady Forlon.
- Che c'è? - lo schernì Royce -
Senza la lamuccia della tua mammina non riesci a battere un piccolo
cavaliere?
Codardo!
Tanto fu sufficiente per
richiamare ser Layn in sella. Furente, immediatamente spronò
il suo destriero
al galoppo, avanzando a gran velocità contro l'avversario.
Ed era proprio a
quello che ser Arlan puntava. Era risaputo che Layn Corbray perdeva
velocemente
le staffe, e forse anche gli avversari successivi avrebbero giocato su
questo
punto casomai fosse riuscito a sconfiggere il Royce.
Corbray sembrò manovrare con
difficoltà la lancia, mentre apparve chiaro sin da subito
che Royce sapeva
perfettamente cosa stava facendo. La lancia arancione di ser Arlan
impattò
contro lo scudo di Layn facendolo volare via e sbalzando il cavaliere a
terra.
L'impatto fu talmente violento che anche Lady Forlon venne strappata
dal fodero
e scaraventata chissà dove.
Ser Layn si rialzò, confuso. Ser
Arlan gli piombò addosso quasi subito, stendendolo a terra e
facendolo rotolare
di qualche metro. Il Royce lo derise, puntandogli la lama al collo e
deridendolo per la sconfitta. Ma si distrasse, e questo
decretò la vittoria di
ser Layn. Corbray era infatti vicino al suo scudo che era voltato via
quando la
lancia lo aveva colpito. Lo afferrò velocemente e con un
rapido colpo di mano, sfruttando
l'effetto sorpresa, colpì la spada di Royce facendogli
perdere la presa. Dopo
che la lama fu caduta a terra ser Layn sfruttò l'attimo di
stupore
dell'avversario per sbattergli lo scudo in testa.
Appena il tempo perché lo
stordito ser Arlan fosse portato via dal campo dagli inservienti che
ser Joseth
Redfort procedette ad estrarre un nuovo nome. Quando l'araldo lo lesse
molti
non poterono fare a meno di trattenere un grido di eccitazione.
- Ser Ronas Martell!
Daeron sobbalzò. Ronas Martell? Quel Ronas
Martell? Lancialucente,
il nipote di Duncan Martell detto la Lancia del Deserto? Possibile che
uno dei
cavalieri ritenuti i migliori dei Sette Regni si trovasse lì
quel giorno?
Persino Daeron che non seguiva molto la mondanità conosceva
ser Ronas Martell,
detto Lancialucente. Le imprese del dorniano erano note il tutti i
Sette Regni,
da Arbor alla Barriera, e chiunque lo conosceva per la sua nomea.
Divenne famoso alla tenera età di
dieci anni quando, scudiero del nonno, aveva preso il suo posto alla
Battaglia
del Bosco delle Piogge quando ser Duncan era stato ferito, guidando i
dorniani
in una seconda carica contro l'esercito di Maelor Darksister. A
venticinque
anni era considerato uno dei più grandi cavalieri viventi,
degno della fama di
suo nonno Duncan Martell Lancia del Deserto, eroe della Ribellione di
Matarys e
della Seconda Ribellione di Maelor. Poteva vantare già vari
tornei vinti
all'attivo, e molte lady stravedevano per lui.
Joseth Redfort, detto Torrerossa,
possente armatura di metallo, elmo con una piccola cresta rossa,
l'enorme
stallone nero bardato di rosso e bianco come i colori di casa Redfort e
scudo
recante la fortezza rossa simbolo della sua famiglia, si
posizionò velocemente
sul campo da gioco. Il cavaliere dondolava piano la lancia, scrutando
l'altra
estremità del campo in attesa che il suo avversario facesse
la sua trionfante
entrata come se dovesse vincere già prima di cominciare.
Daeron, quando si ritrovava a
fantasticare sui cavalieri, non poteva non pensare a come fossero
fisicamente.
Alti, forti, muscolosi, i capelli lunghi ricadenti sulle spalle, biondi
possibilmente. Era un'immagine fissa, e il principe si era figurato che
tutti i
veri cavalieri dovessero essere così, e Ronas Martell, se le
storie sul suo
conto erano vere, non doveva essere da meno. Se lo immaginò,
anche se avrebbe
dovuto aspettare solamente pochi secondi per vederlo.
Invece Ronas Martell risultò
essere l'esatto contrario di quel che tutti si aspettavano. Molti
pensarono ad
uno scherzo quando in campo fece il suo ingresso un ometto basso in
sella ad un
cavallo smagrito che aveva visto sicuramente tempi migliori. Non
indossava
nessun'armatura, e soprattutto non portava alcuno scudo recante il sole
trafitto dalla lancia di casa Martell. Delle strette protezioni di
cuoio gli
avvolgevano gli arti e il petto, mentre un'anonima maglia di lino
scolorito dal
sole e di una non proprio gradevole tonalità
giallo-verdognola gli copriva il
resto del torace e delle braccia. Ai piedi indossava calzari di pelle,
mentre
teneva sulle gambe degli stretti pantaloni verdi.
In testa indossava un mezzo elmo
di metallo leggero che gli lasciava completamente scoperta la faccia.
Che non
risultava essere particolarmente attraente: lentiggini, corti capelli
riccioluti biondo sporco e un accenno di labbro leporino che gli faceva
risultare il labbro superiore leggermente sproporzionato rispetto al
resto
della bocca. Daeron era avvantaggiato poiché stava in un
punto da cui si
vedevano abbastanza bene i partecipanti al torneo (e anche
perché Lancialucente
gli passò proprio davanti).
- Chi sei tu? - chiese l'araldo,
spazientito - Non abbiamo chiamato il buffone di corte. Smamma,
è ser Ronas
Martell che vogliamo.
L'altro lo squadrò dall'alto in
basso con aria di sufficienza, chiedendo solamente: - Datemi la lancia.
- Ma per piacere!
L'araldo era infuriato.
- Qui si sta celebrando un
torneo, e non vogliamo che dei popolani lo disturbino con stupide
messinscene! Per
cui al massimo tu potresti essere il messo che chiama Ronas Martell,
non Ronas
Martell! Certo lui non si vestirebbe con questi stracci, per cui adesso
o te ne
vai oppure...
"Quello ha proprio una bella
parlantina" pensò Daeron, divertito. Ma "quello con la bella
parlantina" venne infine zittito dallo "straccione".
- Molto bene, posso andarmene a
cercare Ronas Martell per poi tornare nuovamente, perché
Ronas Martell sono io.
Se non ci credete chiedete conferma a ser Doran Wyl oppure a Jon Uller,
miei
amici anch'essi iscritti al torneo. Oppure volete disturbare mio padre
Lawren
giù a Dorne, oppure la Lancia del Deserto, mio nonno? Oppure
anche lord
Derrick? Volete che sia il re in persona a riconoscermi, che mi fece i
suoi
encomi quando guidai la carica contro Maelor al Bosco delle Piogge?
Oppure lord
Wylde, che cadde quel giorno e che mi lodò prima di morire
per le ferite?
Potreste chiamare anche il Primo Cavaliere già che ci siete,
no? E se invece
che scomodare tutta questa gente dai loro castelli mi deste quella
lancia?
La folla cominciò a rumoreggiare.
Pur apparendo poco più che uno straccione nessuno poteva
sapere tutti quei
dettagli senza essere Ronas Martell. O lo scherzo era stato
architettato
magistralmente oppure l'araldo aveva appena commesso un magistrale
errore.
Apparve evidente che era la seconda ipotesi ad essere quella giusta
visto che
l'araldo, paonazzo, si fece da parte, ordinando sommessamente che una
lancia
venisse data al cavaliere.
Quando Lancialucente ottenne la
sua arma gli sfidanti si prepararono ad affrontarsi. Da una parte ser
Joseth
Redfort Torrerossa, uno dei cavalieri più forti della Valle,
e dall'altra ser
Ronas Martell Lancialucente, uno dei cavalieri più forti dei
Sette Regni a dar
retta alle chiacchiere. Se Daeron non avesse saputo
l'identità dello sfidante
di Torrerossa non avrebbe scommesso mezzo soldo bucato su di lui.
Martell non sembrava trovarsi a
suo agio con quella pesante lancia di legno, saggiandola con la mano
non
apparendo molto sicuro su come agire. D'altro canto Torrerossa appariva
sicuro
della sua vittoria, non poteva certo perdere contro uno straccione del
genere,
fosse quello Ronas Martell oppure no. I dorniani, gente difficile da
capire.
Appena i tamburi finirono di
rullare Torrerossa si lanciò al galoppo. Partì
come un fulmine diretto contro
l'avversario, deciso a farlo crollare alla prima lancia. Ser Ronas
invece partì
in ritardo, come se nel frattempo si fosse addormentato nell'attesa del
torneo.
Manovrava la lancia con difficoltà facendola oscillare
paurosamente, ad un
certo punto sembrò anche che stesse per farla cadere.
- Ritirati! - gridò qualcuno
dalla folla - Ritirati finché sei in tempo! Non sei
Lancialucente! Ritirati,
buffone!
Martell sembrò più concentrato a
tenere la lancia che stare a sentire le rimostranze del pubblico. Alla
fine,
stancatosi di non saperla manovrare, abbassò il braccio
tirandolo leggermente
indietro, dando l'impressione di voler far cadere a terra l'arma e
arrendersi,
dando fine a tutta quella farsa che stava diventando quello scontro.
E invece, per lo stupore di
tutti, si rivelò essere una strategia ben precisa. Quando
Torrerossa gli fu a
non più di dieci piedi di distanza Lancialucente non
alzò la lancia per
contrastarlo come chiunque dotato di buonsenso avrebbe fatto.
Semplicemente...
la lanciò. Con un movimento repentino fece schizzare la
lunga lancia di legno
in avanti, abbassandosi e schiacciandosi contro la sella del cavallo
per
evitare l'arma dell'avversario.
Torrerossa fu colto completamente
di sorpresa. Aveva tenuto lo scudo tutto a destra, sicuro che
l'avversario
avrebbe lasciato cadere la lancia, commettendo il fatale errore di
lasciare
scoperto il petto. La lancia del dorniano impattò contro
l'armatura di lui con
un rumore sordo ed esplose in mille pezzi. Ser Joseth cadde
rovinosamente a
terra, mentre invece nel frattempo ser Ronas era arrivato incolume
dall'altra
parte del campo.
Alcuni emisero delle grida di
stupore per quella dimostrazione di abilità, altri si
lasciarono sfuggire delle
imprecazioni.
- Cazzo, è veramente
Lancialucente! - esclamò qualcuno.
- Nessuno avrebbe potuto fare una
cosa del genere se non lui! - urlò un signorotto da una
panca più in basso.
Torrerossa si rialzò presto,
furente. A parte lo scombussolamento dovuto alla sorpresa non aveva
subito
molti danni, e provvide immediatamente ad estrarre la spada per
continuare il
duello. Dal canto suo Lancialucente girò il suo "destriero",
e vedendo
che ser Joseth si preparava dalla battaglia smontò anch'esso
da cavallo.
- La mia lancia! - urlò a
qualcuno nelle tribune.
Immediatamente un'arma gli venne
lanciata addosso, e Daeron per un istante pensò che il
cavaliere stesse per
venire trafitto. Invece Lancialucente, in un'altra dimostrazione
d'abilità,
afferrò al volo la lancia facendo un'agile piroetta. Adesso
che ser Ronas era
sceso da cavallo Daeron lo poteva osservare bene: oltre che non
particolarmente
bello di faccia era anche basso, ma in compenso appariva agile.
Lancialucente
si tolse il mezzo elmo, lasciandolo cadere a terra e rivelando dei
capelli
biondicci, coi riccioli appiccicati alla testa dal sudore.
Torrerossa avanzò incombente
contro di lui, lo spadone sguainato e la maglia di ferro che tintinnava
al
contatto con l'armatura. Lancialucente invece rimase dov'era, sulla
difensiva,
affidandosi ad una lancia corta di legno d'arancio e dalla punta non
particolarmente affilata e alle sue misere protezioni in cuoio.
Senza nemmeno aspettare che l'avversario
si stabilizzasse ser Joseth partì all'attacco con un
possente affondo.
"Abbastanza forte da tranciare anche una corda robusta"
valutò
Daeron. Lancialucente però non faticò a
schivarlo, facendo un'agile piroetta
verso destra. Di rimando Torrerossa fece seguire allo spadone la stessa
traiettoria, tentando inutilmente di raggiungerlo.
Ronas Martell, sembra senza
nemmeno fare troppa fatica, riuscì ad evitare la pesante
spada di Torrerossa e
a portarsi dietro di lui. Ed effettuò con la lancia un
fulmineo affondo,
penetrando tra le giunture dell'armatura presenti nelle gambe. Il
gemito di ser
Joseth indicò chiaramente che la lancia aveva colpito
l'obbiettivo.
La lama doveva essere penetrata
dietro il ginocchio, poco al di sopra del polpaccio, ma non molto a
fondo dato
che ser Joseth si mosse quasi subito. Si voltò, e mentre lo
faceva caricò un
possente colpo con il braccio, torcendo la spada. Quando si fu quasi
girato del
tutto fece scattare avanti la lama, lasciando appena un istante a
Lancialucente
per schivare. Senza dargli tregua fece rientrare lo spadone verso di
lui,
provando a colpirlo di rimando e mancandolo di poco. Lancialucente
sarà anche
stato forte, ma nemmeno Torrerossa scherzava.
Ronas Martell fece un balzo
indietro, e una volta atterrato si pulì con una mano la
fronte grondante di
sudore. Joseth Redfort si puntellò con la spada a terra,
cadendo su un
ginocchio e ansimando pesantemente. Appena appoggiò la gamba
a terra un piccolo
rivolo di sangue prese a sgorgare dall'armatura, andando a formare una
chiazza
rossa sotto il ginocchio.
Ma Torrerossa non parve
demordere. Dopo appena una decina di secondi, durante i quali Ronas
Martell lo
guardava pensieroso attendendo che ripartisse all'attacco, ser Joseth
si rialzò
di scatto e con un urlo spaventoso si avventò contro
Lancialucente, deciso a
concludere quella battaglia in quel momento. Lasciò andare
lo scudo e prese con
entrambe le mani la sua arma, pronto ad assestare un fendente mortale.
La lama calò come una falce al di
sopra di ser Ronas. Quello però doveva aver previsto tale
mossa, dato che balzò
di lato scambiandosi nel frattempo la lancia dalla mano destra alla
sinistra.
Mentre ser Joseth veniva trascinato a terra dal colpo andato a vuoto,
ser Ronas
colpì di nuovo alle gambe dell'avversario, questa volta
penetrando di una buona
decina di centimetri nella giuntura con l'arma, trapassando la gamba di
ser
Joseth. Questi emise un urlo, più furibondo che dolorante.
- Basta così! - decretò lord
Royce, alzandosi dal proprio seggio - Ser Ronas è
chiaramente il vincitore di
quest'incontro. Egli adesso è il nuovo campione. Direi che
per questa mattina
può bastare, concedo a tutti due ore per rifocillarsi. Il
torneo riprenderà
presto.
Mentre un gruppo di scudieri si
precipitava ad aiutare il furibondo Torrerossa ad uscire fuori dal
campo,
Daeron guardò ser Ronas che pacatamente, come se nulla fosse
successo, tornava
indietro per raccogliere l'elmo. "Mi sbagliavo. Ecco chi
vincerà il
torneo." pensò con un piccolo moto di curiosità
"Forse quest'evento
sarà più interessante di quel che mi aspettavo.".
E non sapeva ancora
quanto avesse ragione.
Note dell'autore
Eccoci qua, terzo capitolo. Avrei voluto metterci più cose,
ma la telecronaca del torneo mi ha preso più del previsto, e
mi ha costretto a dividere i capitoli. Non disperate,
arriverà anche la seconda parte. Prima o poi.
Purtroppo anche qui i pokemon non sono molto presenti... almeno non
ancora, aspettate di leggere l'altra parte, era anche per questo che mi
è dispiaciuto maggiormente dividerle.