Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Ashura_exarch    31/03/2015    1 recensioni
[crossover con Pokémon più orientato verso il mondo martiniano]
Westeros, 386esimo anno dopo la Conquista di Aegon. Al Tridente è stato Rhaegar a vincere e non Robert, e ancora oggi il suo discendente Jaehaerys III è al potere. Ma la morte improvvisa del Primo Cavaliere, il rinnovamento di antichi rancori derivati dalla precedente ribellione, un torneo degenerato e una minaccia sovrannaturale rischiano di annientare per sempre i Sette Regni. Come ulteriore elemento di destabilizzazione vi sono i pokemon, bestie ricercate a Westeros e comuni ad Essos. Ce la faranno i Sette Regni a sopravvivere?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Daeron

- Principe, la prego, venga qui! Giù alla Porta Insanguinata si stanno preoccupando!
"E' un posto sicuro" aveva detto Vilon "Qui non ci troverà nessuno, è talmente sperduto che a nessuno verrà in mente che potremmo essere qui". E invece a quanto pare non era così sperduto come sembrava.
Neo del Crinale - nome quanto mai appropriato - era effettivamente un fortilizio minuscolo, e casa Brune sicuramente non aveva una nomea tale da fargli acquisire fama. Sperduto sui monti di fronte alla Lancia del Gigante, era riparato da un costone roccioso. Nonostante ciò si poteva perfettamente scorgere il Nido dell'Aquila, e per un gioco di prospettiva non era possibile la vista inversa. Daeron ci aveva provato un paio di volte a scorgere Neo del Crinale dal Nido dell'Aquila, ma non gli era mai riuscito. Lo trovava quasi inconcepibile.
Ma che l'attendente di lord Arryn li trovasse subito, quasi si fossero nascosti dietro un tendaggio, questo sì che era inconcepibile.
- La prego, principe Daeron, venga giù!
Per la verità Daeron non aveva nessuna voglia di venire giù. I tornei lo annoiavano, aveva deciso sin da subito che avrebbe disertato l'evento sportivo. E se ciò avesse richiesto l'utilizzo dei privilegi e dei diritti derivanti dal suo rango, sarebbe ricorso anche a quelli pur di non essere costretto ad assistere al torneo.
- Non credo che lo farò - rispose dall'alto delle mura, mentre grattava la testa del suo Vhagar, il quale sembrava apprezzare non poco il gesto mentre se ne stava seduto per terra.
- Signore! - urlò l'attendente in risposta.
- Ecco, lo sapevo che non dovevamo farlo! - squittì Robert Arryn, al suo fianco.
Non faceva altro che squittire, quello. Daeron non riusciva a credere che fossero imparentati, seppur solo alla lontana. Una sua prozia aveva infatti sposato il nonno di Robert, rendendo quindi suo padre Baelor e lord Aeron Arryn cugini.
- Lo sapevo che non dovevamo andare!
Vilon Brune, lui taceva. Restava in disparte a capo chino, stando zitto e con lo sguardo per terra. Daeron Targaryen certe volte si chiedeva come faceva ad essere amico di due tipi così. Normalmente nemmeno li avrebbe considerati. Ma quando era arrivato al Nido dell'Aquila come protetto, cinque anni prima, c'erano solo loro come altri ragazzini della sua età, ed era finito inevitabilmente per stringere se non amicizia almeno una sorta di affinità. Ma certe volte desiderava avere come compagno qualcosa di meglio.
L'unico vero amico che sentiva di avere era il suo Vhagar. L'aveva trovato quando otto anni prima lui e suo fratello Viseghar avevano fatto un viaggio clandestino nella Fossa del Drago. Mentre vagavano per le stalle il piccolo Daeron, che allora aveva sì e no cinque anni, aveva visto un uovo sperduto nel bel mezzo del corridoio. Un uovo pokemon.
Si era chiesto cosa ci facesse lì, le stalle dei pokemon erano da tutt'altra parte. Aveva pensato di andare a chiamare il fratello per farglielo vedere e lasciarlo lì, ma qualcosa gli disse che se non l'avesse salvato sarebbe sicuramente finito rotto, magari da qualche sbadato che passava di lì senza guardare per terra. Già lui aveva rischiato di pestarlo in precedenza prima di accorgersene.
L'aveva preso e l'aveva portato a Viseghar, chiedendogli cosa doveva fare. Il fratello si era grattato la nuca, poi aveva detto "Visto che era nel bel mezzo della strada vuol dire che non l'hanno voluto. Perché non lo prendi tu?". Perché devo prenderlo io? Se non l'hanno voluto i suoi genitori perché lo devo prendere io? aveva risposto Daeron. "Perché" e la risposta di Viseghar non gli era ancora passata di mente "Se ci fossi stato tu al posto dell'uovo non avresti desiderato che ti prendesse qualcuno?". Tale frase era bastata per convincere Daeron a prendersene cura.
Da allora per vari mesi aveva nascosto l'uovo nella sua cameretta. Aveva fatto molta attenzione a non farlo trovare dai servi, sapeva che suo padre non lo avrebbe tollerato. Ogni quando sapeva di essere solo prendeva l'uovo e si sdraiava sul letto, tenendolo premuto contro la sua pancia calda e guardando le sue striature blu e nere con qualche macchia rossa qua e là. Chissà cosa sarà? si chiedeva, e poi pensava Mi importa? Avrò un pokemon!.
E fece così finché un giorno, mentre era impegnato ad ammirarlo, con un sonoro CRACK so fermò un'incrinatura sul guscio dell'uovo. Poi un'altra. E un'altra ancora. Daeron era rimasto fermo immobile ad osservare la scena, estasiato. Di lì a poco una testolina fece capolino dalla parte rotta dell'uovo. Una testolina blu ricoperta da pelo nero.
Inizialmente aveva tenuto nascosta la nascita del suo nuovo amico a tutti, perfino a Viseghar. Ma non ci era voluto molto perché una servetta lo scoprisse mentre riordinava la sua stanza, correndo urlante a comunicarlo al principe Baelor Targaryen, padre di Daeron e Viseghar. Quando era stato chiamato a rispondere delle sue "colpe", Daeron aveva affrontato suo padre a testa alta. Non aveva ceduto alla paura, e nonostante fosse solo un bambino seppe comportarsi come un vero Targaryen, non cedendo mai alle minacce paterne.
Quella volta non ebbe la minima idea di cosa rischiò, ma grazie all'intercessione della madre Maera aveva potuto tenere il suo nuovo amico. C'era voluto un po' per trovargli un nome, ma alla fine aveva optato per Vhagar, ovvero lo stesso nome del drago della regina Visenya. In fondo anche quel pokemon era un Drago per metà, gli aveva detto Viseghar. E nessun nome poteva essere più adatto come quello del più grande drago mai vissuto dopo Balerion il Terrore Nero. Non l'aveva chiamato così perché quel nome non gli piaceva.
E così dalla sua nascita fino a quel momento Daeron e Vhagar erano stati inseparabili, l'uno pronto a dare la vita per l'altro. Daeron voleva bene a quel Deino, e il pokemon ricambiava il sentimento se non alla pari anche di più. Era l'unico vero amico che poteva dire di avere, anche se in quell'occasione non gli stava tornando molto utile, limitandosi ad incassare le coccole del suo padrone mentre era questo a discutere con l'attendente.
- Mio principe, signore! Lord Aeron è molto turbato! Ha mandato tutti i suoi uomini in perlustrazione senza trovarvi, se vostro padre venisse a sapere che fate questo genere di capricci...
- Io non ho paura di mio padre - rispose freddamente Daeron.
Forse lo disse perché essendo suo figlio aveva un rapporto particolare, ma effettivamente Baelor Targaryen era una persona da temere. Abile con la spada, lesto di lingua e crudele come solo un Targaryen sapeva essere, incarnava lo stereotipo del perfetto nobile per non dire del perfetto erede al trono. Solo che non era lui il principe della Roccia del Drago, bensì suo nipote Aegon, cugino di Daeron e figlio di Jaehaerys, suo zio il re.
- Dovresti invece.
Finalmente il tetro Vilon interruppe il suo silenzio. Forse aveva ragione, ma il principe lo ignorò per quel momento.
- Ho già detto quel che farò - continuò parlando con l'attendente - E quel che farò sarà restare qui.
Il suo tono era fermo e senza emozione, il tono che si confaceva ad un comandante. Forse un giorno avrebbe rivestito una carica importante, e per questo voleva essere pronto. Si era esercitato per molto tempo da solo a pronunciare discorsi, ed esercitandosi con i suoi amici era riuscito a renderli totalmente a lui fedeli, tanto che l'avrebbero seguito in capo al mondo. Certo, per quanto potesse essere utile al settimo in linea di successione avere ben due seguaci.
- Mio signore... - fece per continuare l'altro, ma una mano guantata gli tappò la bocca. Daeron, fino ad allora disinteressato al discorso pur mettendoci un po' di carisma per sembrare più convincente, sobbalzò al rumore del metallo che cigolava. Dapprima osservò per un istante la mano, poi fece lentamente scorrere lo sguardo lungo il braccio del proprietario. Che si rivelò essere ser Hector Brune.
Tra tutte le persone che sperava di non vedere quel giorno Daeron aveva messo al primo posto ser Hector. Nominato sua guardia del corpo da lord Arryn quando Lorgon era morto quattro anni prima per un'infreddatura, a Daeron non era mai piaciuto. Inflessibile, altezzoso, rigido, ma anche schietto e pronto a prendere in giro il prossimo quando se ne presentava l'occasione. Se al tutto poi si aggiungeva che era lo zio di Vilon tal cosa lo faceva ronzare attorno al principe ancor più di quanto lo avrebbe fatto normalmente.
- Forse - cominciò - non avrai paura di tuo padre. Ma se il re venisse a sapere che suo nipote fa le bizze? Cosa direbbe?
Il fatto che gli desse del tu a Daeron dava ancora più fastidio. Gli si poteva parlare così solo quando era lui ad autorizzare che lo si facesse, non certo per un capriccio. Lord Arryn gli dava del tu, pur mostrandogli la dovuta deferenza, come anche lady Vanessa e ser Bors, ma solo perché glielo permetteva LUI. Anche Robert e Vilon gli davano del tu, solo perché lo voleva LUI. Ma ser Hector, nonostante le proteste, gli parlava sempre così, come se fossero amici intimi. E questo lui non lo voleva.
- Non direbbe niente. Il re e ad Approdo del Re, molto lontano da qui. E poi cosa potrebbe interessargli di me, sono il figlio del suo secondo fratello.
- Nulla, ma da un membro di casa Targaryen in quanto parte della famiglia reale si esige educazione, e non mi sembra che tu in questo momento sia educato. Lord Arryn ha già chiesto a maestro Pyman di mandare un corvo ad Approdo del Re per avvisare sua maestà della tua scomparsa, ma sei ancora in tempo per impedirlo.
Daeron stava per ribattere, ma venne subito zittito.
- Vuoi forse che il re venga disturbato per una sciocchezza del genere? Sai cosa dico io? Mai disturbare il drago che dorme. Oramai non sei più un ragazzino, fra pochi anni sarai un uomo, devi imparare a comportarti da tale. E non mi risulta che gli uomini facciano i capricci.
Il principe cercò di sfruttare quella breve pausa per dire qualcosa, ma venne di nuovo battuto sul tempo.
- Al massimo le lady grasse e grosse fanno così. E sinceramente non mi sembra che a te, mio principe, manchino gli attributi e che tu abbia un bel paio di tette in via di sviluppo. Per cui o sei un uomo oppure un eunuco, ma non mi risulta che i Targaryen fabbrichino eunuchi. Per cui se sei un uomo comportati da tale. Mi sono spiegato? Oppure quel corvo deve per forza spiccare il volo?
Daeron fumava letteralmente dalla rabbia. Nessuno si era mai permesso di parlargli così, se fosse stato ad Approdo del Re a qualcuno che avesse detto delle cose del genere avrebbe fatto mozzare la lingua. Ma adesso non era ad Approdo del Re, bensì in uno sperduto fortilizio nella Valle.
- Allora, mio principe, vieni?
Vhagar emise dei brevi e concitati versi che a ben pensare sembravano risatine. I pokemon erano animali quanto mai intelligenti, in grado di capire la maggior parte dei discorsi degli umani. Daeron non gradì quel gesto, e gli tirò un calcio non troppo forte. Il Deino si alzò da terra, risentito, soffiandosi via seccato un ciuffo di pelo nero dal muso.
Il principe dopo quel discorso, nonostante si sentisse umiliato, ridicolizzato, oltraggiato, sottovalutato e preso in giro, acconsentì molto riottosamente a seguire l'invito della guardia del corpo a tornare a valle, del resto non poteva fare altro se non obbedire. Questa volta era stato scavalcato in carisma, nonostante la voce di Daeron non avesse mai vacillato. Ser Hector l'aveva battuto. Ma non avrebbe permesso che succedesse di nuovo.

Il principe prese il posto che gli spettava nella tribuna d'onore di malavoglia. Scortato da ser Hector, venne fatto sedere nella fila di sedili più alta, quella che spettava ai nobili dal sangue più regale quali lord Arryn, lord Royce e appunto lui, il principe Daeron Targaryen. Nessuno gli disse nulla per la sua fuga forse perché era il nipote del re, ma la disapprovazione nello sguardo di lord Arryn era evidente. L'uomo però si mise a parlare con lord Royce e la sua attenzione venne distolta dal giovane.
Si sedette a non molta distanza dai grandi lord, pur restando un po' in disparte verso l'angolo del padiglione. Ser Hector non protestò per questa sua scelta, nonostante fosse abbastanza irritato di suo. Forse pensava che il principe si volesse solo riparare dall'ombra, era in effetti una giornata più calda del normale quella che stava vivendo la Valle. Forse l'estate stava davvero arrivando come si diceva in giro.
Accanto a lui si sedette Robert Arryn, figlio di lord Aeron ed erede del Nido dell'Aquila. Vilon Brune invece fu costretto ad andare a sedersi più in basso in mezzo ai nobili di bassa lega e signorotti di medio rango non essendo nobile quanto i due amici. A Daeron un po' fece pena quel ragazzo, non era per nulla giusta quella discriminazione. Ma le cose andavano così nei Sette Regni, e non poteva farci nulla. Per il momento.
I tornei lo annoiavano a morte, Daeron non capiva cosa ci fosse di divertente nel guardare uomini fare a gara per chi si ammazzava prima. Non si capacitava di come i ragazzi della sua età avessero la testa intasata dai tornei e fremessero all'idea di assistere ad uno, forse perché non si tenevano più con frequenza come un tempo. Ad Aemond e in particolare a Viseghar i tornei piacevano, ma a Daeron non era mai andato giù vederli.
Stette lì a non fare nulla per almeno una buona ventina di minuti. Il marasma di gente attorno a lui, sia nobili che popolani, era un continuo e fastidioso mormorio ripetitivo. Anche Robert Arryn a fianco a lui parlottava eccitato con un altro ragazzo, voltandosi ogni tanto per dire qualcosa che Daeron nemmeno sentiva - o ascoltava. Un altro buon motivo per vivere al Nord era perché quella terra era talmente desolata che non vi si tenevano tornei.
Vhagar si era accoccolato ai suoi piedi e si era messo a sonnecchiare. "Beato lui che ce la fa in mezzo a tutto questo casino" pensò il principe, frustrato "Non so cosa darei per scambiarmi di posto con lui. Chissà, forse se dico ad Arceus che sono disposto a rinunciare al mio rango reale per diventare un pokemon mi scambierà con Vhagar".
Per la noia del non fare niente il suo sguardo prese a vagare per il campo sportivo. Tutta la struttura era stata eretta al di sotto dell'incombente fortezza della Porta Insanguinata. Daeron alcuni giorni prima era salito in cima alla fortezza e aveva osservato il campo del torneo sotto di lui, e gli era apparso sin troppo strizzato in quella pietrosa spianata angusta compresa tra la Lancia del Gigante e il Bersaglio Immobile.
Ad adornare i bordi del campo oltre che a delimitarli in modo marcato stavano appesi i blasoni recanti i simboli delle casate a cui i partecipanti al torneo appartenevano. Daeron riconobbe, oltre al noto falcone e alla luna degli Arryn, le frecce degli Hunter, la torre rossa dei Redfort, la torre gialla dei Grafton e le torri blu dei Frey, i cuori e i corvi dei Corbray, le rune e il cancello di entrambe le casate dei Royce, i quadrati degli Hardyng, il salmone dei Mooton ed altri emblemi che non si ricordava.
Senza che se ne rendesse conto il tempo passò veramente in fretta, e alla fine si chiese come mai tutto d'un tratto la folla si fosse zittita di colpo. La risposta era situata qualche metro più in basso, ovvero dove il corpulento maestro Pyman si accingeva a dare il via al torneo.
- Quest'oggi - tuonò col suo vocione, zittendo coloro che ancora parlavano - Si svolge qui sotto le mura del castello della Porta Insanguinata il grande torneo della Valle, bandito da lord Devron Royce, lord della Porta Insanguinata e delle Porte della Luna, per stabilire chi sarà il futuro marito di Bernyce Royce, la splendida lady sua figlia!
A queste parole fece seguito un risolino ben troppo udibile. Lady Bernyce Royce, trent'anni e più d'età, grassoccia, dal seno cadente, la faccia piena di lentiggini, con le labbra sporgenti e d'un idiozia che Daeron raramente aveva visto, era paonazza in volto e molto divertita e lusingata dalle parole del maestro. Il principe si chiese chi mai avesse avuto il coraggio di iscriversi al torneo sapendo che il premio sarebbe stato lei. Forse i contendenti erano attratti più dalla dote che dalla donna: la signoria della Porta Insanguinata. Lady Bernyce era infatti l'unica figlia ed erede di lord Devron, e difficilmente qualcuno si sarebbe fatto sfuggire quest'occasione.
- Tre campioni la difenderanno, e altrettanti cavalieri in tredici lizze consecutive si contenderanno la sua mano! I campioni in persona sceglieranno casualmente i loro sfidanti estraendone i nomi da delle urne! Chi disarciona un campione diventa campione a sua volta! Chi mantiene il titolo di campione per più tempo sarà dichiarato vincitore e avrà la benedizione di lord Royce per prendere la mano di lady Bernyce! Al vincitore inoltre verrà consegnata la bellezza di cinquemila dragoni, al secondo classificato tremilacinquecento e al terzo duemila!
"Altro buon motivo per partecipare. E non vincere".
Il maestro si fece da parte apparendo visibilmente affaticato dalle urla appena emesse. In quanto maestro del torneo era però tenuto ad adempiere al dovere iniziale di spiegare le regole al pubblico. Il suo posto venne presto preso da un araldo, il quale cominciò a declamare i nomi dei campioni.
- I campioni iniziali chiamati a difendere lady Bernyce sono ser Moras Waynwood, ser Gyles Grafton e ser Bors Arryn! Si facciano avanti per rendere omaggio a lord Royce e reclamare il posto che gli spetta!
Immediatamente si udì un rumore di zoccoli. Quasi come dal nulla (in realtà da un'entrata laterale seminascosta) comparvero sulla pista tre cavalieri, ognuno in sella al proprio cavallo. Il primo era bardato di verde col simbolo del timone nero spezzato dei Waynwood, il secondo di rosso e nero con la torre infuocata dei Grafton, mentre il terzo di bianco e azzurro con il falcone e la luna degli Arryn. Avanzarono né troppo lentamente né troppo velocemente, portando al trotto i loro cavalli con abili movimenti di briglie.
I tre si posizionarono di fronte al palco rialzato dei grandi lord, mettendosi l'uno a fianco all'altro e alzandosi la visiera dell'elmo. Daeron li guardò con una leggera curiosità. Non aveva mai visto Moras Waynwood e Gyles Grafton, ma conosceva Bors Arryn. Il forzuto castellano trentacinquenne del Nido dell'Aquila appariva così stretto in quell'armatura, quasi ci fosse stato ficcato dentro a forza. A Daeron quasi venne da ridere al pensiero che da un momento all'altro il cavaliere sarebbe esploso.
- Noi giuriamo - risposero i tre in coro - Di difendere lady Bernyce da coloro che tenteranno di arrivare a lei! La difenderemo anche a costo della vita! Per i Sette, che il torneo abbia inizio!
Le voci apparivano molto diverse le une dalle altre. Mentre quella di Moras Waynwood era stridula e traballante, quella di Gyles Grafton era bassa e atona, mentre quella di Bors Arryn era roca e cupa. Si intuiva che non erano entusiasti di essere stati scelti come campioni. Moras Waynwood, diciannove anni e terzo figlio di lord Waynwood, era stato scelto per aver fedelmente prestato servizio come scudiero di lord Royce sino a prima che Daeron arrivasse nella Valle; Gyles Grafton, quarantasette anni e zio di lord Grafton, era stato selezionato in merito alle sue imprese durante la Follia di Luffeo, mentre invece Bors Arryn per due motivi: il fatto di essere fratello di lord Aeron e la malaugurata coincidenza di essere rimasto vedovo da meno di un anno.
- Si procede adesso con la prima estrazione! Chi di voi intende dare il via al torneo? - chiese l'araldo ad alta voce rivolto ai tre cavalieri.
Inizialmente nessuno si mosse, ma forse spinto dall'inevitabilità della situazione alla fine fu il giovane Waynwood ad avanzare. Senza che scendesse da cavallo un inserviente gli porse l'urna stracolma dei nomi dei partecipanti alle lizze, e dopo aver frugato un po' estrasse un pezzo di pergamena accartocciato. Tenendolo non saldamente col guanto di ferro esso gli scivolò di mano, ma venne preso al volo dall'inserviente il quale lo porse all'araldo, che procedette a leggerlo.
- Il primo sfidante della prima lizza, il quale affronterà ser Moras di casa Waynwood, sarà... ser Parsifer di Città del Gabbiano!
Ser Moras si andò a posizionare ad un lato della lizza, mentre dall'altra parte del campo fece il suo ingresso un altro cavaliere. Non era colorato come i precedenti, e il suo scudo recava un emblema che Daeron non aveva mai visto: quattro monete d'oro su un campo blu, il quale stava al di sotto di una sezione gialla più piccola. Il ragazzo si voltò verso Robert, il quale molto probabilmente sapeva chi era. Era un patito di tornei, tanto per cambiare.
- Conosci quel cavaliere? - gli chiese.
- Certamente! - rispose lui entusiasta, felice di vedere l'amico interessato - Ser Parsifer di Città del Gabbiano era il capitano della guardia cittadina di lord Grafton, almeno fino a tre lune fa, quando è stato congedato per l'anzianità. E' arrivato assieme a ser Gyles, pare siano amici.
"Mi chiedo cosa sarebbe successo se fosse stato ser Gyles a pescarlo allora".
Quando i due cavalieri si furono posizionati alle estremità del campo un tamburo prese a rullare.
- Quando il rullo terminerà - annunciò l'araldo - caricate! Abbassate le lance!
I due eseguirono il comando. La lancia di ser Moras era riccamente decorata di verde e nero, mentre quella di ser Parsifer era di semplice legno marroncino. Il suono dello strumento sembrò durare per un tempo infinito, ma quando si interruppe i due spronarono immediatamente i cavalli i quali partirono in un forsennato galoppo.
Ser Parsifer mirò allo scudo, mentre ser Moras al fianco dell'avversario. I cavalli si sorpassarono dopo pochi secondi, e la lancia di ser Parsifer esplose in mille pezzi contro lo scudo di ser Moras. L'avversario invece mancò il bersaglio facendo finire la lancia nel vuoto. Non sembrò però frutto di un errore, quanto più di una prova.
Quando i cavalli arrivarono alle estremità del campo si fermarono. Ser Parsifer sollevò la visiera dell'elmetto, e a Daeron sembrò di vedere una massa di capelli bianchi tentare di uscire. Si fece dare un'altra lancia e si voltò. Ser Moras invece si tenne quella che già aveva, abbassandola di nuovo. Quando ambedue furono di nuovo allineati cominciarono un nuovo scontro.
Ser Parsifer mirò nuovamente allo scudo, e la sua mossa risultò fin troppo prevedibile all'avversario. Ser Moras tenne la protezione solo con un paio di dita della mano sinistra, mentre con la destra faceva finta di regolare la lancia in modo fallimentare. All'ultimo istante spostò la lancia quel tanto che bastava per colpire ser Parsifer, mentre l'arma dell'avversario impattava contro lo scudo mal tenuto e lo faceva volare via. Ser Parsifer, colto di sorpresa, venne disarcionato, atterrando malamente poco più in là.
Waynwood si fermò e smontò da cavallo estraendo la spada, ma l'anziano cavaliere si rialzò a fatica su un ginocchio e si tolse l'elmo, rivelando una lunga chioma bianca. Respirava a grandi boccate e aveva un mezzo sorriso ebete sul volto. Disse qualcosa, probabilmente che si arrendeva, Daeron non riuscì a sentirlo per la distanza. La prima vittoria del torneo andò quindi a ser Moras Waynwood.
Procedette poi sul campo Bors Arryn, il quale estrasse il nome di ser Maron Plumm, un cavaliere delle Terre dell'Ovest di una casata nobile ma non particolarmente ricca. Plumm riuscì a spezzare due lance contro l'avversario, venendo però disarcionato alla terza. Il cavaliere si arrese subito senza che l'Arryn dovesse scendere di sella.
Daeron rimase impressionato. Non si aspettava che ser Bors fosse così bravo in sella al suo cavallo. Certo, era muscoloso e robusto, ma nonostante gli fossero state spezzate addosso ben due lance riusciva ancora a tenersi perfettamente in groppa all'animale senza nemmeno essersi un po' scomposto. Possibile che... potesse vincere lui il torneo? Nonostante il principe non se ne intendesse un granché l'incontro tra lui e Plumm gli fece venire questo presentimento.
A Grafton invece capitò ser Boras Templeton, cavaliere di Novestelle detto Stellabianca per la sua chioma argentea simile a quella dei Targaryen. Non era però imparentato con loro, suo padre aveva semplicemente sposato una donna di Volantis dalla quale ser Boras aveva ereditato i capelli, oltre che un'ingente fortuna. Nonostante potesse sembrare che ser Boras fosse più anziano dell'avversario in realtà era tutto il contrario. Erano i capelli argentei e le rughe ad ingannare, in quanto il più vecchio tra i due era ser Gyles.
Nonostante non ne fosse pratico, persino Daeron fu costretto ad ammettere che il duello tra i due fu sublime. Sei lance per parte furono spezzate in poco più di una decina di minuti, e Stellabianca cadde solo alla settima senza però arrendersi. Estraendo la spada ne diede la conferma, e Grafton smontò anch'esso di sella per accettare la sfida. Il duello terrestre fu altrettanto spettacolare, con i due cavalieri che si equiparavano in forza e abilità. Alla fine però fu ser Gyles a spuntarla, facendo perdere l'equilibrio a ser Boras con una spallata e facendolo così cadere a terra. Gli era poi montato addosso e gli aveva puntato la spada sul collo scoperto, decretando così la sua sconfitta.
Il vecchio cavaliere, nonostante l'età, appariva forte come se di anni ne avesse venti e non quasi cinquanta. Non per niente quattordici anni prima aveva guidato l'assalto a Piccolasorella quando il re aveva riconquistato l'arcipelago strappandolo ai pirati di Luffeo. Doveva essere stato al massimo della forma allora, ma nemmeno adesso sembrava debole. "Forse anche lui ha qualche possibilità di vincere" azzardò Daeron. Ancora non lo sapeva, ma il torneo lo stava pian piano prendendo.
Iniziò così la seconda lizza, che venne in seguito ricordata come l'Assalto dei Redfort. A tutti e tre i campioni infatti capitarono degli esponenti di quella casata, iscrittisi in massa al torneo.
- La moglie del precedente lord Redfort era una Frey - spiegò Robert - E lo sai quanto sono prolifici quelli.
Il primo a farsi avanti fu Joseth Redfort detto Torrerossa, uno dei più forti cavalieri viventi della Valle aveva detto Robert, il quale gareggiò contro Moras Waynwood.
In effetti così si dimostrò, essendo il primo ad abbattere uno dei campioni. Dopo quattro lance spezzate Torrerossa, evidentemente scocciato dallo stallo dello scontro, scese di sella ed estrasse la spada. Waynwood scelse codardamente di rimanere in sella e di caricarlo con la lancia, ma Redfort lo schivò agilmente e spezzò l'arma con un secco fendente dall'alto in basso, costringendo così a scendere di sella ser Moras. Poi ebbe gioco facile, sottomettendo il campione in appena pochi istanti e divenendo così il nuovo campione.
Jon, fratello minore di Joseth, venne estratto per gareggiare contro Bors Arryn, e si rivelò un'accoppiata sfortunata per il Redfort. Alla quarta lancia infatti il cavaliere venne sbilanciato dal colpo di ser Bors cadendo malamente di sella. L'urlo straziante che emise toccata terra evidenziò che doveva essersi come minimo rotto qualcosa. Venne subito trasportato via da alcuni inservienti, e poco dopo tra le tribune cominciò a circolare la voce che si fosse rotto una gamba.
Jason Redfort invece gareggiò contro ser Gyles in uno scontro se possibile ancora più spettacolare del precedente. Le lance spezzate furono ben tredici, con entrambi i partecipanti sul punto di cadere più di una volta. Alla quattordicesima fu ser Jason a cadere di sella per una distrazione dettata dal nervosismo, e capita l'antifona decise di arrendersi subito senza passare allo scontro diretto con l'avversario.
Per la terza lizza il nuovo campione Joseth Redfort estrasse come primo sfidante ser Roland Frey, detto la Torre-in-Fiamme. Effettivamente il suo emblema recava le due caratteristiche torri blu dei Frey, solo pervase dal fuoco e avvolte in un cupo rossore. "Sarebbe stato ironico se le due torri infuocate si fossero affrontate" pensò Daeron riferendosi a ser Gyles, immaginandosi la scena. Robert gli disse che il suo soprannome derivava dal fatto di aver incendiato una torre del castello di Lord Blackwood durante la Seconda Ribellione di Maelor, quindici anni prima, mentre lo conquistava.
Entrambi prestanti fisicamente e determinati a rimanere in sella, Daeron si chiese quale fra le due torri sarebbe crollata prima. La risposta fu: la torre blu. A dispetto delle apparenze la Torre-in-Fiamme cadde alla terza lancia, appoggiando pure male il piede a terra e slogandosi una caviglia.
Un altro Redfort venne estratto per gareggiare contro Bors Arryn. Il pio Jammos Redfort, noto per la sua fervente fede per il Credo, alla settima lancia spezzata decise di ritirarsi dalla competizione credendo che i Sette avessero decretato la superiorità di ser Bors rispetto a lui. - I sette hanno dato il verdetto! - decretò uscendo dal campo. Queste parole vennero approvate da septon Clodoth, il religioso del Nido dell'Aquila seduto poco lontano.
L'ultimo scontro della terza lizza vide cadere un secondo campione. Ad affrontare ser Gyles scese ser Layn Corbray, figlio secondogenito di lady Corbray di Casa del Cuore. All'ottava lancia spezzata anche ser Layn similmente a Torrerossa scese di sella, puntando sulla stessa strategia, venendo subito imitato da ser Gyles.
Ma la spada che estrasse dal fodero non era una lama qualsasi: Lady Forlon, la lama ancestrale di Acciaio di Valyria appartenente a Casa Corbray, istoriata dalle rune dei Royce ai quali prima apparteneva. Evidentemente lady Diana aveva concesso al figlio l'utilizzo della spada per quell'occasione speciale affinché si assicurasse la vittoria. Daeron restò affascinato dal luccichio che la luce solare produceva riflettendo sulla lama, e Vhagar accanto a lui alzò la testa chiedendosi cosa stesse ammirando il suo padrone.
Probabilmente ser Layn si aspettava che l'avversario sarebbe stato scoraggiato dalla vista della possente lama e si sarebbe arreso spontaneamente, impotente di fronte a quell'arma vecchia di migliaia di anni eppure ancora così affilata e assetata di sangue. Ser Gyles scelse però di combattere. Mai errore più grosso poteva essere commesso.
Forse per la fatica derivata dai due precedenti duelli, ser Gyles apparve subito in difficoltà, più contro Lady Forlon che contro colui che la brandiva. Fatale fu l'attimo in cui fu troppo lento a parare un attacco. Ser Layn sfruttò quell'occasione per riassestarsi ed effettuare un possente colpo trasversale dall'alto verso il basso. La lama valyriana penetrò come burro il ferro dell'arma di ser Gyles, arrivando sino all'elsa e recidendo anche buona parte di quella. E due dita di ser Gyles. Un gridolino spaventato di lady Bernyce fece da sfondo al tutto.
In seguito il cavaliere cadde a terra per lo shock, non rispondendo nemmeno quando ser Layn lo invitò ad arrendersi. Lord Royce concesse la vittoria a ser Layn e dispose che ser Gyles fosse portato da maestro Pyman affinché fosse curato. L'uomo semisvenuto e le due dita - a Daeron sembrarono l'anulare e il mignolo, anche se da lontano non si vedeva bene - furono portati fuori in fretta dagli inservienti, forse c'era ancora qualche possibilità di riattaccargliele.
Ecco un altro motivo per il quale a Daeron non piacevano i tornei, ci scorreva sin troppo sangue. Certo, la colpa era stata anche di ser Gyles, era da sciocchi affrontare una lama valyriana senza prima aver valutato i rischi. Ma il principe aveva udito di cavalieri morti ai tornei perché una lancia li aveva trapassati, oppure perché un frammento gli era finito in un occhio, oppure ancora perché erano rimasti schiacciati dal proprio cavallo. "Muore meno gente in una battaglia" si disse tra sé e sé ridendo sommessamente.
Nonostante lo sgomento di alcune lady il torneo riprese quasi subito. Torrerossa estrasse un altro cavaliere della Valle: ser Mors Lynderly, un anziano nobile di piccolo calibro che però seppe dare del filo da torcere all'avversario. Alla quinta lancia spezzata entrambi scesero da cavallo e si affrontarono in duello, con alla fine ser Mors sconfitto a causa della differenza d'età e di forza.
Ser Bors per il suo quarto avversario scelse ser Aron Sunderland, figlio minore del lord delle Tre Sorelle. Pareva che l'isolano si fosse allenato molto in previsione del torneo, in quanto ser Bors prima di farlo cadere di sella dovette spezzare ben quindici lance. Egli però non rinunciò, rialzandosi da terra ed estraendo la spada. Il castellano del Nido dell'Aquila accettò la sfida, riuscendo a trionfare non senza difficoltà dopo un duello di tre minuti buoni.
Il primo sfidante di ser Layn Corbray invece fu ser Arlan Royce, figlio di lord Jaremy Royce di Runestone e suo erede. Lord Devron storse il naso alla sua entrata, Daeron non poté fare a meno di notarlo. Da quello che gli aveva detto Robert (e dai pettegolezzi delle servette del posto) sapeva che i Royce delle Porte della Luna e i Royce di Runestone si odiavano a morte nonostante condividessero lo stesso sangue.
Una volta il principe aveva sentito dire che Jaremy Royce aveva deflorato la promessa sposa di lord Devron, svergognandolo e mettendolo in ridicolo di fronte a tutta la Valle, creando così attriti tra le due casate destinati a durare varie generazioni. Ovviamente lord Devron parteggiò fin da subito per Layn Corbray, e Daeron non poté fare a meno di pensare che se al posto di ser Gyles ci fosse stato Arlan Royce oppure suo padre Jaremy lord Devron avrebbe senz'altro sorriso.
Il duello fra ser Layn e ser Arlan non fu lungo ma molto intenso. Dopo due tesissime manche in cui due lance vennero spezzate per parte, già ser Layn si apprestava a scendere di sella e ad estrarre Lady Forlon.
- Che c'è? - lo schernì Royce - Senza la lamuccia della tua mammina non riesci a battere un piccolo cavaliere? Codardo!
Tanto fu sufficiente per richiamare ser Layn in sella. Furente, immediatamente spronò il suo destriero al galoppo, avanzando a gran velocità contro l'avversario. Ed era proprio a quello che ser Arlan puntava. Era risaputo che Layn Corbray perdeva velocemente le staffe, e forse anche gli avversari successivi avrebbero giocato su questo punto casomai fosse riuscito a sconfiggere il Royce.
Corbray sembrò manovrare con difficoltà la lancia, mentre apparve chiaro sin da subito che Royce sapeva perfettamente cosa stava facendo. La lancia arancione di ser Arlan impattò contro lo scudo di Layn facendolo volare via e sbalzando il cavaliere a terra. L'impatto fu talmente violento che anche Lady Forlon venne strappata dal fodero e scaraventata chissà dove.
Ser Layn si rialzò, confuso. Ser Arlan gli piombò addosso quasi subito, stendendolo a terra e facendolo rotolare di qualche metro. Il Royce lo derise, puntandogli la lama al collo e deridendolo per la sconfitta. Ma si distrasse, e questo decretò la vittoria di ser Layn. Corbray era infatti vicino al suo scudo che era voltato via quando la lancia lo aveva colpito. Lo afferrò velocemente e con un rapido colpo di mano, sfruttando l'effetto sorpresa, colpì la spada di Royce facendogli perdere la presa. Dopo che la lama fu caduta a terra ser Layn sfruttò l'attimo di stupore dell'avversario per sbattergli lo scudo in testa.
Appena il tempo perché lo stordito ser Arlan fosse portato via dal campo dagli inservienti che ser Joseth Redfort procedette ad estrarre un nuovo nome. Quando l'araldo lo lesse molti non poterono fare a meno di trattenere un grido di eccitazione.
- Ser Ronas Martell!
Daeron sobbalzò.
Ronas Martell? Quel Ronas Martell? Lancialucente, il nipote di Duncan Martell detto la Lancia del Deserto? Possibile che uno dei cavalieri ritenuti i migliori dei Sette Regni si trovasse lì quel giorno? Persino Daeron che non seguiva molto la mondanità conosceva ser Ronas Martell, detto Lancialucente. Le imprese del dorniano erano note il tutti i Sette Regni, da Arbor alla Barriera, e chiunque lo conosceva per la sua nomea.
Divenne famoso alla tenera età di dieci anni quando, scudiero del nonno, aveva preso il suo posto alla Battaglia del Bosco delle Piogge quando ser Duncan era stato ferito, guidando i dorniani in una seconda carica contro l'esercito di Maelor Darksister. A venticinque anni era considerato uno dei più grandi cavalieri viventi, degno della fama di suo nonno Duncan Martell Lancia del Deserto, eroe della Ribellione di Matarys e della Seconda Ribellione di Maelor. Poteva vantare già vari tornei vinti all'attivo, e molte lady stravedevano per lui.
Joseth Redfort, detto Torrerossa, possente armatura di metallo, elmo con una piccola cresta rossa, l'enorme stallone nero bardato di rosso e bianco come i colori di casa Redfort e scudo recante la fortezza rossa simbolo della sua famiglia, si posizionò velocemente sul campo da gioco. Il cavaliere dondolava piano la lancia, scrutando l'altra estremità del campo in attesa che il suo avversario facesse la sua trionfante entrata come se dovesse vincere già prima di cominciare.
Daeron, quando si ritrovava a fantasticare sui cavalieri, non poteva non pensare a come fossero fisicamente. Alti, forti, muscolosi, i capelli lunghi ricadenti sulle spalle, biondi possibilmente. Era un'immagine fissa, e il principe si era figurato che tutti i veri cavalieri dovessero essere così, e Ronas Martell, se le storie sul suo conto erano vere, non doveva essere da meno. Se lo immaginò, anche se avrebbe dovuto aspettare solamente pochi secondi per vederlo.
Invece Ronas Martell risultò essere l'esatto contrario di quel che tutti si aspettavano. Molti pensarono ad uno scherzo quando in campo fece il suo ingresso un ometto basso in sella ad un cavallo smagrito che aveva visto sicuramente tempi migliori. Non indossava nessun'armatura, e soprattutto non portava alcuno scudo recante il sole trafitto dalla lancia di casa Martell. Delle strette protezioni di cuoio gli avvolgevano gli arti e il petto, mentre un'anonima maglia di lino scolorito dal sole e di una non proprio gradevole tonalità giallo-verdognola gli copriva il resto del torace e delle braccia. Ai piedi indossava calzari di pelle, mentre teneva sulle gambe degli stretti pantaloni verdi.
In testa indossava un mezzo elmo di metallo leggero che gli lasciava completamente scoperta la faccia. Che non risultava essere particolarmente attraente: lentiggini, corti capelli riccioluti biondo sporco e un accenno di labbro leporino che gli faceva risultare il labbro superiore leggermente sproporzionato rispetto al resto della bocca. Daeron era avvantaggiato poiché stava in un punto da cui si vedevano abbastanza bene i partecipanti al torneo (e anche perché Lancialucente gli passò proprio davanti).
- Chi sei tu? - chiese l'araldo, spazientito - Non abbiamo chiamato il buffone di corte. Smamma, è ser Ronas Martell che vogliamo.
L'altro lo squadrò dall'alto in basso con aria di sufficienza, chiedendo solamente: - Datemi la lancia.
- Ma per piacere!
L'araldo era infuriato.
- Qui si sta celebrando un torneo, e non vogliamo che dei popolani lo disturbino con stupide messinscene! Per cui al massimo tu potresti essere il messo che chiama Ronas Martell, non Ronas Martell! Certo lui non si vestirebbe con questi stracci, per cui adesso o te ne vai oppure...
"Quello ha proprio una bella parlantina" pensò Daeron, divertito. Ma "quello con la bella parlantina" venne infine zittito dallo "straccione".
- Molto bene, posso andarmene a cercare Ronas Martell per poi tornare nuovamente, perché Ronas Martell sono io. Se non ci credete chiedete conferma a ser Doran Wyl oppure a Jon Uller, miei amici anch'essi iscritti al torneo. Oppure volete disturbare mio padre Lawren giù a Dorne, oppure la Lancia del Deserto, mio nonno? Oppure anche lord Derrick? Volete che sia il re in persona a riconoscermi, che mi fece i suoi encomi quando guidai la carica contro Maelor al Bosco delle Piogge? Oppure lord Wylde, che cadde quel giorno e che mi lodò prima di morire per le ferite? Potreste chiamare anche il Primo Cavaliere già che ci siete, no? E se invece che scomodare tutta questa gente dai loro castelli mi deste quella lancia?
La folla cominciò a rumoreggiare. Pur apparendo poco più che uno straccione nessuno poteva sapere tutti quei dettagli senza essere Ronas Martell. O lo scherzo era stato architettato magistralmente oppure l'araldo aveva appena commesso un magistrale errore. Apparve evidente che era la seconda ipotesi ad essere quella giusta visto che l'araldo, paonazzo, si fece da parte, ordinando sommessamente che una lancia venisse data al cavaliere.
Quando Lancialucente ottenne la sua arma gli sfidanti si prepararono ad affrontarsi. Da una parte ser Joseth Redfort Torrerossa, uno dei cavalieri più forti della Valle, e dall'altra ser Ronas Martell Lancialucente, uno dei cavalieri più forti dei Sette Regni a dar retta alle chiacchiere. Se Daeron non avesse saputo l'identità dello sfidante di Torrerossa non avrebbe scommesso mezzo soldo bucato su di lui.
Martell non sembrava trovarsi a suo agio con quella pesante lancia di legno, saggiandola con la mano non apparendo molto sicuro su come agire. D'altro canto Torrerossa appariva sicuro della sua vittoria, non poteva certo perdere contro uno straccione del genere, fosse quello Ronas Martell oppure no. I dorniani, gente difficile da capire.
Appena i tamburi finirono di rullare Torrerossa si lanciò al galoppo. Partì come un fulmine diretto contro l'avversario, deciso a farlo crollare alla prima lancia. Ser Ronas invece partì in ritardo, come se nel frattempo si fosse addormentato nell'attesa del torneo. Manovrava la lancia con difficoltà facendola oscillare paurosamente, ad un certo punto sembrò anche che stesse per farla cadere.
- Ritirati! - gridò qualcuno dalla folla - Ritirati finché sei in tempo! Non sei Lancialucente! Ritirati, buffone!
Martell sembrò più concentrato a tenere la lancia che stare a sentire le rimostranze del pubblico. Alla fine, stancatosi di non saperla manovrare, abbassò il braccio tirandolo leggermente indietro, dando l'impressione di voler far cadere a terra l'arma e arrendersi, dando fine a tutta quella farsa che stava diventando quello scontro.
E invece, per lo stupore di tutti, si rivelò essere una strategia ben precisa. Quando Torrerossa gli fu a non più di dieci piedi di distanza Lancialucente non alzò la lancia per contrastarlo come chiunque dotato di buonsenso avrebbe fatto. Semplicemente... la lanciò. Con un movimento repentino fece schizzare la lunga lancia di legno in avanti, abbassandosi e schiacciandosi contro la sella del cavallo per evitare l'arma dell'avversario.
Torrerossa fu colto completamente di sorpresa. Aveva tenuto lo scudo tutto a destra, sicuro che l'avversario avrebbe lasciato cadere la lancia, commettendo il fatale errore di lasciare scoperto il petto. La lancia del dorniano impattò contro l'armatura di lui con un rumore sordo ed esplose in mille pezzi. Ser Joseth cadde rovinosamente a terra, mentre invece nel frattempo ser Ronas era arrivato incolume dall'altra parte del campo.
Alcuni emisero delle grida di stupore per quella dimostrazione di abilità, altri si lasciarono sfuggire delle imprecazioni.
- Cazzo, è veramente Lancialucente! - esclamò qualcuno.
- Nessuno avrebbe potuto fare una cosa del genere se non lui! - urlò un signorotto da una panca più in basso.
Torrerossa si rialzò presto, furente. A parte lo scombussolamento dovuto alla sorpresa non aveva subito molti danni, e provvide immediatamente ad estrarre la spada per continuare il duello. Dal canto suo Lancialucente girò il suo "destriero", e vedendo che ser Joseth si preparava dalla battaglia smontò anch'esso da cavallo.
- La mia lancia! - urlò a qualcuno nelle tribune.
Immediatamente un'arma gli venne lanciata addosso, e Daeron per un istante pensò che il cavaliere stesse per venire trafitto. Invece Lancialucente, in un'altra dimostrazione d'abilità, afferrò al volo la lancia facendo un'agile piroetta. Adesso che ser Ronas era sceso da cavallo Daeron lo poteva osservare bene: oltre che non particolarmente bello di faccia era anche basso, ma in compenso appariva agile. Lancialucente si tolse il mezzo elmo, lasciandolo cadere a terra e rivelando dei capelli biondicci, coi riccioli appiccicati alla testa dal sudore.
Torrerossa avanzò incombente contro di lui, lo spadone sguainato e la maglia di ferro che tintinnava al contatto con l'armatura. Lancialucente invece rimase dov'era, sulla difensiva, affidandosi ad una lancia corta di legno d'arancio e dalla punta non particolarmente affilata e alle sue misere protezioni in cuoio.
Senza nemmeno aspettare che l'avversario si stabilizzasse ser Joseth partì all'attacco con un possente affondo. "Abbastanza forte da tranciare anche una corda robusta" valutò Daeron. Lancialucente però non faticò a schivarlo, facendo un'agile piroetta verso destra. Di rimando Torrerossa fece seguire allo spadone la stessa traiettoria, tentando inutilmente di raggiungerlo.
Ronas Martell, sembra senza nemmeno fare troppa fatica, riuscì ad evitare la pesante spada di Torrerossa e a portarsi dietro di lui. Ed effettuò con la lancia un fulmineo affondo, penetrando tra le giunture dell'armatura presenti nelle gambe. Il gemito di ser Joseth indicò chiaramente che la lancia aveva colpito l'obbiettivo.
La lama doveva essere penetrata dietro il ginocchio, poco al di sopra del polpaccio, ma non molto a fondo dato che ser Joseth si mosse quasi subito. Si voltò, e mentre lo faceva caricò un possente colpo con il braccio, torcendo la spada. Quando si fu quasi girato del tutto fece scattare avanti la lama, lasciando appena un istante a Lancialucente per schivare. Senza dargli tregua fece rientrare lo spadone verso di lui, provando a colpirlo di rimando e mancandolo di poco. Lancialucente sarà anche stato forte, ma nemmeno Torrerossa scherzava.
Ronas Martell fece un balzo indietro, e una volta atterrato si pulì con una mano la fronte grondante di sudore. Joseth Redfort si puntellò con la spada a terra, cadendo su un ginocchio e ansimando pesantemente. Appena appoggiò la gamba a terra un piccolo rivolo di sangue prese a sgorgare dall'armatura, andando a formare una chiazza rossa sotto il ginocchio.
Ma Torrerossa non parve demordere. Dopo appena una decina di secondi, durante i quali Ronas Martell lo guardava pensieroso attendendo che ripartisse all'attacco, ser Joseth si rialzò di scatto e con un urlo spaventoso si avventò contro Lancialucente, deciso a concludere quella battaglia in quel momento. Lasciò andare lo scudo e prese con entrambe le mani la sua arma, pronto ad assestare un fendente mortale.
La lama calò come una falce al di sopra di ser Ronas. Quello però doveva aver previsto tale mossa, dato che balzò di lato scambiandosi nel frattempo la lancia dalla mano destra alla sinistra. Mentre ser Joseth veniva trascinato a terra dal colpo andato a vuoto, ser Ronas colpì di nuovo alle gambe dell'avversario, questa volta penetrando di una buona decina di centimetri nella giuntura con l'arma, trapassando la gamba di ser Joseth. Questi emise un urlo, più furibondo che dolorante.
- Basta così! - decretò lord Royce, alzandosi dal proprio seggio - Ser Ronas è chiaramente il vincitore di quest'incontro. Egli adesso è il nuovo campione. Direi che per questa mattina può bastare, concedo a tutti due ore per rifocillarsi. Il torneo riprenderà presto.
Mentre un gruppo di scudieri si precipitava ad aiutare il furibondo Torrerossa ad uscire fuori dal campo, Daeron guardò ser Ronas che pacatamente, come se nulla fosse successo, tornava indietro per raccogliere l'elmo. "Mi sbagliavo. Ecco chi vincerà il torneo." pensò con un piccolo moto di curiosità "Forse quest'evento sarà più interessante di quel che mi aspettavo.". E non sapeva ancora quanto avesse ragione.

Note dell'autore
Eccoci qua, terzo capitolo. Avrei voluto metterci più cose, ma la telecronaca del torneo mi ha preso più del previsto, e mi ha costretto a dividere i capitoli. Non disperate, arriverà anche la seconda parte. Prima o poi.
Purtroppo anche qui i pokemon non sono molto presenti... almeno non ancora, aspettate di leggere l'altra parte, era anche per questo che mi è dispiaciuto maggiormente dividerle.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Ashura_exarch