XVII
ARMONIA E
DISCORDIA
Volando, non
voleva pensarci. Si
spinse più in alto, piroettando e per qualche istante
perdendo il controllo.
Non reagì subito, lasciandosi cadere per alcuni metri.
“Arles!”
gridò qualcuno.
“Che..?”
si riprese, volando di
nuovo.
“Arles..”
ripeté la stessa voce.
“Cosa
c’è?” ribatté il sacerdote,
guardando giù.
Suo padre Ares
pareva allarmato, e
piuttosto incazzato. Il sacerdote sospirò, ruotando gli
occhi al cielo. Com’era
paranoico quel Dio!
“Smettila
di fare il bambino!” gridò
ancora Ares “Comportati da uomo e scendi!”.
Arles non aveva
alcuna intenzione di
scendere, ma sapeva di doverlo fare. Però più
tardi, un pochino più tardi..
Il bambino di
Eleonore ed Hades
cresceva in fretta. Atena lo guardò con un sorriso. I
genitori del piccolo,
assieme a Persefone, era giunti in visita al tempio di Atene, per
discutere di
qualcosa che pareva molto importante. Il bambino però non
era interessato e si
agitava, fra le braccia della madre, lanciando versetti continui.
“Hypnos..”
mugugnò il Dio, rivolto al
Dio che stava alle sue spalle “..ti dispiace?”.
Il Dio del
sonno, quasi divertito, sfiorò
il bimbo che si addormentò all’istante.
“Ora
che è tranquillo..” sorrise
Eleonore “..posso chiedere il permesso di visitare questo bel
tempio, mentre
voi discutete di questioni divine?”.
“Ma
certo!” annuì Atena “Ti faccio
accompagnare da un’ancella. Il piccolo puoi lasciarlo pure
nella culla che un
tempo mi ha accolta”.
Sulla soglia
della dimora divina,
apparve Sarah, stupita nel vedere la sorella, che non la riconosceva.
Eleonore
le sorrise, lasciandosi accompagnare per il tempio. Dietro le due, il
Dio del
regno dei morti ordinò che ci fosse Thanatos, che
sbadigliava dal tedio.
“Atena..”
parlò Hades, ora che
Eleonore si era allontanata “..siamo qui per comunicare che
ci uniamo alla
guerra. Fin ora abbiamo mantenuto una certa neutralità ma,
di recente, abbiamo
scovato delle spie romane fin sui nostri confini”.
“Fin
nell’oltretomba?!” si stupì
Atena.
“Sì,
ed io mi preoccupo per le mie
mogli e per il mio preziosissimo figlio”.
“Capisco
perfettamente. Gli intrusi
li hai eliminati?”.
“Ovvio.
I miei tre giudici li hanno
disintegrati”.
“E li
hai lasciati di guardia al tuo
regno, ora?”.
“Mi
sembra più che logico. Ma non ti
preoccupare: in caso di emergenza, compariranno in un lampo. Vista la
tua
attuale posizione, ritenevo corretto informarti”.
“Mi fa
davvero piacere sapere che
pure voi parteciperete a questa pesante guerra. Anche se per scopi
strettamente
personali, e non per il bene comune”.
“Del
bene comune, non mi è mai
importato!”.
“Oh,
Thanatos! Che posto
meraviglioso!” esclamò Eleonore, ammirando la
statua di Atena “Non ti viene
voglia di suonare qualcosa con la cetra?”.
“Sinceramente?
No. Ma se lo
desiderate..”.
“Sì,
ti prego! Suona qualcosa di
bello”.
Era incredibile
come il Dio della
Morte riuscisse a creare una melodia così bella!
“Ho
voglia di ballare! Non potrei
essere più felice!” ammise lei, improvvisando
qualche passo.
La sorella la
osservò, divertita. Era
bello vederla sorridere.
“Balla
con me!” propose Eleonore,
prendendo per mano Sarah.
La giovane
provò a protestare ma con
scarso successo.
“Sono
un po’ imbranata” ammise la
sposa di Hades.
“Segui
me” suggerì Sarah “Fa come
faccio io”.
Le due sorelle
iniziarono a danzare.
Eleonore rise. Poi si fermò.
“Questa
danza la conosco” ammise “Ma
non ricordo..dove l’ho già ballata”.
“Non
ha importanza, dai!” le sorrise
Sarah “Continuiamo il giro?”.
“No,
aspetta. Vorrei ricordare..”.
Eleonore chiuse
gli occhi,
continuando a ballare da sola. Di scatto, li riaprì e
fissò Sarah.
“Sorella?”
domandò.
Eleonore
sembrava confusa. Si guardò
attorno.
“Tranquilla,
Eleonore!” cercò di
parlarle Sarah.
“Ma
tu..tu sei mia sorella!”.
“Sì.
Sono io. Ti ricordi di me?”.
“Ma
certo! Come ho fatto a
dimenticare?”.
“Storia
lunga. E piuttosto
complicata”.
Le due donne si
abbracciarono.
“Ballavamo
sempre così da piccole”
continuò Eleonore, senza sciogliersi da
quell’abbraccio.
“Sì,
è vero” confermò Sarah.
“Ma..questo
è il tempio di Atena?”.
“Sì”.
La sposa di
Hades guardò sua sorella
qualche istante in silenzio. Poi ebbe un sussulto ed iniziò
a correre. Sarah
non capì. La vide correre via e la inseguì, dopo
qualche istante. Eleonore
scostò le tende ed entrò alla tredicesima. Si
guardò attorno e poi intravide
una figura, girata di spalle, che stava camminando lentamente verso
l’uscita
che conduceva alle altre case dello zodiaco. La fanciulla corse e la
raggiunse,
abbracciandola alle spalle.
“Saga..”
mormorò Eleonore.
Il sacerdote si
irrigidì, non
aspettandosi una cosa del genere. Sarah raggiunse la sala e si nascose.
Thanatos, con tutta la calma, seguì la sua signora e si
fermò accanto al trono,
senza farsi notare dalle due figure di spalle.
“Saga!
Ti prego, voltati” continuò la
sposa di Hades “Girati ed abbracciami forte”.
“Non
posso” rispose lui.
“Perché?”.
“Perché
se io mi girassi..so che non
ti lascerei più andare, e tu non sei più mia. Tu
sei la donna di Hades. Io..”.
“Sono
tua moglie!”.
“Non
più. Ti prego, lasciami..”.
Eleonore non
voleva. Continuava a
stringere il suo cavaliere, affondando il viso fra i capelli di lui.
Piangeva,
d’un tratto ricordando.
“Non
piangere, Eleonore! Sei felice.
Hai avuto anche un bambino”.
“Ma
come ho potuto? Come ho potuto
dimenticare? Mi dispiace tanto!”.
“Non
è stata colpa tua..”.
“Ma
io..”.
“Thanatos!
So che sei lì. Riporta al
giusto posto la tua signora”.
Il Dio della
morte si avvicinò ed
Eleonore si strinse più forte a Saga.
“Lasciami”
mormorò lui “Non capisci?
Sei tornata in vita perché Hades ti ama e ti desidera.
Più volte mi ha detto
che se ci vedesse assieme..la tua vita avrebbe fine. Non potrei mai
permetterlo, perciò va via. Torna dal tuo bambino, che ha
bisogno di te”.
“Come
faccio? Dimmi, amor mio, come
faccio?”.
“Lo
devi fare. Quel bambino ha
bisogno di te. E tu sarai felice, vedrai. Te lo prometto”.
“Non
fare promesse a caso!”.
Il sacerdote
prese delicatamente le
mani di Eleonore, che ancora teneva intrecciate sul petto, e si
liberò dalla
stretta di lei. La donna protestò vivacemente.
“Smettetela!”
la ammonì Thanatos “O
Hades vi ucciderà entrambi!”.
A quelle parole,
Eleonore parve
calmarsi. Il Dio l’afferrò saldamente e la fece
allontanare di qualche passo.
“Hai
un notevole autocontrollo”
commentò, rivolto al sacerdote “Non ti sei nemmeno
girato a guardarla.
Complimenti..”.
“Vattene
da qui”.
“Con
sommo piacere”.
Il tono di voce
del sacerdote era
rimasto calmo e non si voltò, fino a quando Thanatos ed
Eleonore non ebbero
lasciato la stanza.
“Perdonatemi”
si scusò Sarah “Ha
ricordato per via di un mio gesto”.
“Non
è colpa tua. Prima o poi avrebbe
ricordato comunque, immagino”.
Senza aggiungere
altro, lui uscì,
diretto all’anfiteatro.
“Voi
che avete la linea diretta..”
parlò a Phobos e Deimos “Potreste contattare un
Dio per me?”.
Deathmask e
Shaina camminavano lungo
i corridoi dell’immenso palazzo olimpico. La giornata era
finita ed era ora di
coricarsi.
“Scusatemi..?”
una voce li fermò,
alle loro spalle.
I due si
voltarono e videro una
donna, riccamente vestita e con una corona sul capo.
“Giunone..”
la riconobbe Deathmask.
“Sì,
sono io. E voi, chi sareste?”.
“Abitavamo
in Sicilia un tempo.
Adesso lavoriamo qua”.
“C’è
un piccolo dettaglio che non mi
convince..”.
“E
sarebbe?”.
“Voi
possedete il cosmo di Atena!”.
“Sei
proprio sicuro?” domandò Eros,
accanto al fratello minore.
“Sì”
annuì Arles.
“Non
si può più tornare indietro poi,
lo sai?”.
“Lo
so. Fa quel che devi”.
Dal tetto della
tredicesima, osservano
Hades e le sue consorti allontanarsi dal tempio di Atena. Eleonore
teneva il
capo chino e Hades era preoccupato. Thanatos, poco più
indietro, cercava di far
capire alla donna che era il caso di comportarsi in modo diverso. Eros
lanciò
un’ultima occhiata al fratello, che distolse lo sguardo. Il
Dio scoccò una
freccia, di colore nero, che colpì il cuore di Eleonore.
Nessuno se ne accorse,
solamente Eros poteva vedere i suoi dadi. La reazione della donna fu
immediata.
Strinse il figlio a sé e si avvicinò ad Hades,
sorridendogli. Arles la sentì
sussurrare la parola “amore”.
“Fatto.
Ora lei sarà di nuovo felice”
annuì Eros “Innamorata del suo Hades e con solo
odio nel cuore nei tuoi
confronti”.
“Ti
ringrazio” rispose Arles.
“Se
vuoi..” ammise il Dio “..potrei
fare la stessa cosa con te. Se tu la odiassi, non sarebbe meglio?
Però non so
se mi riesce, perché se il Fato ha in mente qualcosa di
diverso..”.
“Sopravvivrò.
Come ho fatto fin ora.
Puoi tornare alle tue faccende, mi spiace averti scomodato per simili
cose”.
“Hades
l’avrebbe uccisa nel momento
stesso in cui in lei si fosse manifestato l’amore per te.
L’hai salvata. Non è
una cosa da poco”.
“Oh,
datemi una medaglia!” sbottò
Arles sarcastico, scendendo e tornando al lavoro.
I corridoi del
palazzo Olimpico
parevano non finire mai. Deathmask e Shaina correvano, cercando di
fuggire da
Giunone.
“Non
voltarti indietro, Shaina!”
gridò Deathmask, tenendola per mano.
“Non
potremmo mai fuggire dalla
regina dei romani! È una Dea potente!”
ribatté la guerriera.
“Vuoi
farti uccidere subito,
allora?”.
Il cavaliere
saltò, passando fra due
colonne. I due seguaci di Atena erano usciti dal palazzo di Giove.
Continuarono
a correre ma mille occhi apparvero dinnanzi a loro.
“Cosa
succede?” domandò Shaina,
spaventata.
“Non
ne ho idea. Questi occhi..”.
Uno strano verso
riecheggiò
nell’aria. Il cavaliere, dopo aver richiamato la sua
armatura, si preparò ad
attaccare.
“PEACOCK
EYES!” scandì la voce
suadente ed ipnotica di Giunone.
La bambina
giocava attorno alla
statua di Atena. Aveva raccolto qualche fiore ma ora si annoiava.
Sentendo un
lieve fruscio, rizzò le orecchie e si incamminò
verso quella direzione.
“Ciao”
salutò, cercando di mostrare
il suo miglior sorriso.
Arles era
seduto, con le gambe a
penzoloni sullo strapiombo. Dava le spalle alla piccola, che gli si
avvicinò
ancora.
“Cosa
guardi?” domandò lei.
“Nulla”.
“Ma..cosa
c’è che non va?”.
“Nulla”
ripeté Arles.
“Sei
un bugiardo. Io, quando sono
triste, mangio un dolcetto. Vuoi che vada a prendertene uno?”.
“No,
grazie”.
La romana, non
sapendo che altro
fare, ebbe un’idea. Prese i fiori che aveva colto ed
iniziò ad intrecciarne i
gambi fra i capelli neri del sacerdote.
“Va
via” borbottò Arles “Non sono
dell’umore adatto!”.
“Ma
su..così sei più bello!”.
“Lasciami
stare..”.
“Io
voglio aiutarti! Sei triste.
Perché sei triste?”.
“Non
sono affari tuoi..”.
“Ma
io..”.
“VATTENE!”.
Arles
gridò l’ultima parola e si
voltò di botto. La bambina si spaventò e corse
via, scoppiando a piangere.
Il verso del
pavone era
raccapricciante e proveniva da molte direzioni. I suoi occhi ipnotici
stordivano i sensi di Shaina e Deathmask.
“Che..che
succede?” gemette la
guerriera, cercando di reagire.
“Andate
all’inferno, tutti quanti!”
ringhiò Deathmask, ritrovato per qualche istante
l’autocontrollo e lanciando il
suo colpo.
Gli occhi
parvero svanire per qualche
istante.
“Non
male, per un mortale” ammise
Giunone “Ma morirete lo stesso, greci! È la
punizione che spetta a chi ha osato
tentare di ingannare noi romani”.
“Non
abbiamo tentato! Ci siamo
riusciti, per mesi!” ribatté Deathmask.
“Motivo
in più per ucciderti!”.
“Fatti
sotto. Milf!”.
Arles si scosse,
alzandosi di scatto.
Perché aveva reagito così male? Quella bambina
cercava solo di essere gentile,
anche se era tremendamente fastidiosa! Affrettò il passo,
per raggiungerla. Non
ebbe difficoltà ad afferrarla, anche se la piccola correva.
“Lasciami!”
protestò lei e lui si
inginocchiò, abbracciandola.
“Perdonami.
Non avere paura di me” le
disse.
La piccola
rimase in silenzio,
qualche istante.
“Non
ho paura” rispose, ancora
avvolta da quell’abbraccio.
“È
che noi grandi..” riprese il
sacerdote “..siamo cattivi. E finiamo per fare e dire cose
cattive. Scusami. È
stata una brutta giornata”.
“Ti
perdono..”.
“Ti
ringrazio. Ora però..”.
“Signore”
interruppe Sarah, scostando
la tenda in fondo alla tredicesima
“Non sono
giunte le solite notizie dalle spie inviate dai romani”.
“Come?
Non saranno mica..” si allarmò
Arles “Continuiamo dopo il discorso, piccina. Ok? Fai la
brava e scusami
ancora. È che quando sono triste, o mi arrabbio, faccio
sempre cose brutte”.
La bambina
sorrise, asciugandosi le
lacrime, ed il sacerdote la salutò con un bacio sulla
fronte. Poi l’uomo si
alzò in fretta, cercando di capire dove fossero i suoi
colleghi del tempio.
Persefone era
pensierosa e Hades lo
aveva notato. Anche se distratto dall’incredibile affetto che
gli dimostrava
Eleonore, il Dio cercava sempre di trovare del tempo per la prima
moglie.
“Qualcosa
non va?” domandò, andandole
vicino.
“Stavo
pensando..” iniziò lei “..ad
un patto che avevamo fatto io e te”.
“Di
che patto parli?”.
“Quando
Eleonore è rimasta incinta,
mi hai detto che avrei potuto chiederti qualsiasi cosa, per non
sentirmi da
meno di lei”.
“Confermo.
Cosa vuoi chiedere?”.
“E se
io..ecco..mi trovassi un
amichetto?”.
“Intendi
dire..un amante?”.
“Un
passatempo momentaneo. Adesso sei
così distratto da Eleonore ed il bambino..”.
“Hai
ragione. Comunque il nostro
contratto vale sei mesi all’anno. Per gli altri sei mesi, sei
libera di fare
quel che ti pare”.
“Sul
serio?”.
“Ovvio.
Quel che fai in primavera ed
estate a me non interessa. Ho altro a cui pensare”.
“E
giuri di non infierire sull’uomo
che sceglierò?”.
“È
un mortale?”.
“Sì..”.
“Allora
va benissimo. Creperà di
corsa e non è mio parente”.
Giunone era
forte, ricacciava indietro
ogni colpo che i due greci tentavano di lanciarle contro.
“Cosa
facciamo?” ansimò Shaina.
“Io la
distraggo. Tu va via”.
“Come?!”.
“Torna
al grande tempio, salvati e
non pensare a me”.
“Non
è il momento di fare il
cavaliere nobile! Lotteremo insieme”.
“Smettila!
Fai come ti dico!”.
“No!”.
“Ma
moriremo entrambi!”.
“Che
sia. Moriremo insieme”.
Deathmask
guardò stupito la sua donna
ed arrossì leggermente. Era bello sapere di avere qualcuno
vicino.
“Come
siete teneri” sorrise Giunone,
sarcastica.
“Pensa
per te, cornuta!”.
“Nessuna
notizia?” si spaventò Atena
“Dici siano stati scoperti?”.
“Non
lo so. Sono preoccupato” rispose
Arles, camminando per il pronao del tempio di lei.
“Hai
mandato qualcuno a
controllare?”.
“Certo
ma, se è successo loro
qualcosa, non so se arriverà in tempo”.
“Manda
i tuoi fratelli. Loro ci
metterebbero pochi secondi”.
“Non
posso dare ordini ai miei
fratelli!”.
“Allora
potrei..”.
“Scusate
se interrompo ancora” parlò
Sarah, imbarazzata “Ma c’è una persona
alla tredicesima”.
“Non
adesso, Sarah” la rimproverò,
velatamente, Arles.
“Ma..è
una donna. E credo stia molto
male. Forse..forse è morta!”.
L’attacco
combinato di Shaina e
Deathmask parve sortire qualche effetto su Giunone, che non mostrava la
stessa
spavalderia iniziale. Era però la regina dei romani, e di
conseguenza
estremamente potente.
“La
vedo brutta..” ringhiò Deathmask.
“Sì.
La sua forza è incredibile”
annuì Shaina.
“Non
distraetevi!” gridò la Dea,
lanciando le sue piume di pavone e spedendo lontano i due greci.
Il Sacerdote ed
Atena raggiunsero la
tredicesima. Al centro di essa stava una donna, rannicchiata in terra,
completamente nuda.
“È
fredda” commentò Arles “Ma ancora
viva. Il suo cuore batte debolmente”.
“Come
è arrivata qui? E perché è
nuda?” domandò Atena.
“Non
ne ho idea! Ma dobbiamo
scaldarla, o morirà!”.
Il cavaliere
l’avvolse nel suo
mantello e la donna emise un lieve gemito.
“Forse
so come aiutarla!” esclamò il
sacerdote, prendendola in braccio.
“Che
hai in mente?”.
“La
vasca dove faccio i bagni rituali
è sempre calda, per via delle acque termali. Lì
si scalderà”.
Camminò
in fretta, sentendo la pelle
di lei sempre più fredda al tatto. Atena lo seguì
e lo stesso fece Sarah,
entrambe preoccupate. Arles scese gli scalini a bordo vasca e si
immerse,
tenendo a galla la donna. Questa gemette di nuovo ma riprese un
po’ di
colorito. L’acqua calda ed il vapore la cullavano,
così come faceva il
sacerdote.
“Sarah”
ordinò lui “Vai nelle mie
stanze e prendi una bottiglia senza etichetta. Portala qui, di
corsa”.
“Ma..”
balbettò la ragazza “..a
nessuno è concesso entrare nelle vostre stanze!”.
“Te lo
do io il permesso! Corri!”.
“Sì..sissignore!”.
Uno accanto
all’altro, Deathmask e Shaina
erano ormai sfiniti. Giunone era una pazza dalla forza notevole e non
si
fermava davanti a niente.
“Vi
ucciderò entrambi!” minacciò la
romana, puntando il dito contro i greci.
Avanzò
di qualche passo, pronta a
lanciare l’ennesimo attacco, quando percepì un
certo fastidio al petto. Si fermò
e vi vide una rosa conficcata. Ringhiando, la estirpò e si
guardò in giro.
“Serve
un aiutino, dolcezze?” sorrise
Aphrodite, entrando in scena con un sorriso sensuale.
“E tu
chi saresti?” sibilò Giunone.
“Vengo
chiamato Aphrodite e, come
credo tu possa percepire, non sono solo”.
A fianco del
cavaliere dei Pesci, era
apparso Shura, con un’aria leggermente infastidita.
“Ragazzi!”
salutò Deathmask “Che
bello vedervi!”.
“Il
sacerdote ci ha mandato a cercarvi,
non avendo vostre notizie” spiegò il Capricorno.
“Che
gentile. Lo ringrazierò con un
mazzo di fiori”.
“Gli
manderò io dei fiori!”
interruppe Giunone “Da mettere sulle vostre tombe!”.
Richiudendo in
fretta il libro che
stava leggendo, Kiki si nascose. Maledetta regola che vietava il
teletrasporto!
Dei passi? Non doveva entrare nessuno in quella stanza ancora per ore!
Da dietro
una delle pesanti tende del baldacchino, il giovane vide Sarah in cerca
di
qualcosa nella stanza del sacerdote. Una serva? Ma cosa stava
accadendo? L’ancella,
dal canto suo, si stupì di trovare una candela accesa.
“C’è
qualcuno?” domandò.
A nessuno era
concesso entrare in
quelle stanze, pena la morte. Kiki continuò ad osservarla
con attenzione. Chi era
quella femmina? C’era qualcosa in lui che non lo convinceva.
Del resto, doveva
solo stare zitto, vista la posizione in cui si trovava. Se lo avessero
scoperto, specie con certi libri in mano, come minimo sarebbe finito a
Capo
Suion. Sarah si guardò attorno ancora un po’ e poi
afferrò una bottiglia senza
etichetta. Spense la candela con due dita ed uscì in fretta.
Kiki tirò un
sospiro di sollievo e tornò ad uscire allo scoperto. Forse
era meglio andare a
leggere altrove..
Giunone,
circondata, continuò a
mostrarsi spavalda. Richiamò a sé la sua
armatura, che la avvolse in una coda
di pavone variopinta. Shura, per nulla impressionato, lanciò
la sua Excalibur
contro l’armatura, che si scalfì.
“Che
hai nelle braccia, demonio?” si
irrigidì la Dea.
“Non
c’è nulla che la mia spada sacra
non possa tagliare” ribatté il Capricorno.
“Dovrai
stare attento quando ti fai
le seghe..” ridacchiò Giunone e Shura
ringhiò.
“Hai
fatto arrabbiare la capretta!”
annuì, soddisfatto, Deathmask “Ora le
prendi!”.
Shura
alzò il braccio e gli altri due
cavalieri d’oro si apprestarono a seguire il suo esempio,
lanciando i loro
attacchi. Una rosa nera seguì la traiettoria
dell’Excalibur e le porte dell’altro
mondo si aprirono alle spalle delle Dea. Giunone resistette e,
nonostante le
ferite, lanciò un altro colpo con la sua coda da pavone. I
saint, colpiti, non
capivano come potesse quella donna essere così potente. Era
la degna regina
degli Dèi!
“BLOODY
ROSE!” attaccò Aphrodite, il
primo in grado di reagire.
La sua rosa
scintillò e colpì. Pesci
sorrise, modificando il suo cosmo in modo da creare un’altra
rosa. Non si era
accorto che qualcuno lo osservava..
“Sarah!”
esclamò Kanon, vedendo la
donna correre giù dal piano superiore della tredicesima
“Cosa succede?”.
“Un’emergenza”
si limitò a dire lei,
passandogli accanto.
Il cavaliere
l’afferrò per un
braccio.
“Cos’è
quella bottiglia? Che
combinate?” domandò lui.
“È
per il gran sacerdote. Lasciami,
vado di fretta”.
“Il
gran sacerdote? Mio fratello? Sta
male?”.
“No.
Ma è un’emergenza e devo andare.
Ti spiegherò tutto dopo”.
“Lo
farai?”.
“Certo..”.
Lui la
tirò a sé e la bacio, cosa che
ultimamente faceva spesso. Poi la lasciò andare.
Giunone, colpita
per l’ennesima volta
dai colpi di tutti i cavalieri greci, era furiosa e con
l’armatura in pezzi. Però
non voleva arrendersi.
“Avrò
le vostre teste!” gridò “PEACOCK
SCREAM!”.
L’urlo
del’animale sacro alla Dea era
assordante e terribile. I saint si portarono le mani alle orecchie,
sentendosi
scoppiare la testa. Poi un’aria lieve e profumata li avvolse,
portando loro
sollievo. Da dove proveniva?
“Oblio
del frutto dell’inferno”
pronunciò qualcuno e Giunone si ritrovò avvolta
da rami spinosi sempre più
fitti.
“Che
mi succede? Chi osa fare questo?”
si lamentò.
“Chiudi
la bocca. E soccombi alla tua
inevitabile fine”.
Una voce di
donna scandì quelle
parole e la regina romana gridò dal dolore.
“Non
sembra ferita” commentò Arles,
osservando la sconosciuta “Ma come fa ad essere
così fredda?”.
“Non
guardarla troppo! È pur sempre
una donna nuda!” lo rimproverò Atena.
“Suvvia!
Di donne nude ne ho viste
altre in vita mia e spero di vederne ancora! Il mio è un
parere medico. Non vedo
ferite evidenti. Quindi cosa può provocarle un tale gelo in
corpo?”.
“Una
maledizione?”.
“Una
maledizione, dite? Di che tipo?”.
“Non
lo so. Spero possa dircelo lei
appena starà meglio”.
“Ma
dov’è finita quell’ancella? Non
è
un’impresa così difficile recuperare una bottiglia
dalla mia camera!”.
“Presto,
Sarah!” incitò Atena, non appena
vide l’ancella varcare la soglia.
La donna corse,
scusandosi per il
tempo perduto, e porse la bottiglia al sacerdote. Questi, ancora in
acqua con
fra le braccia la donna, si chinò.
“Che
cos’è?” domandò Atena
“Una
medicina?”.
“SI
può dire di sì” rispose Arles
“Io
la chiamo Resuscitamorti”.
“Nome
poetico..”.
“Diciamo
che poche gocce scaldano il
cuore, un sorso ti porta all’oblio, un sorso in
più ed i tuoi sensi si
annientano, concedendoti una serena notte di sonno”.
“Ed un
sorso di troppo?”.
“Immagino
ti uccida”.
“Ma
è pericoloso! Perché hai cose del
genere in camera?”.
Il sacerdote non
rispose. Si limitò a
guardare la Dea, che non disse altro. La sconosciuta, dopo poche gocce,
iniziò
a divenire rossa in viso. Poi si alzò di colpo, tossendo.
“Ha
ripreso i sensi!” sorrise Sarah ed
anche Atena ne fu sollevata.
Non
più gelata al tatto, l’intrusa
respirò a fondo. Si voltò, incrociando lo sguardo
del sacerdote. Piangeva ora,
sentendosi libera da un peso.
“Oh,
signor Arles” mormorò,
appoggiandosi all’uomo.
“Ci
conosciamo?” rispose lui,
leggermente imbarazzato dalla situazione.
“Grazie”
continuò lei “Mi avete salvata”.
“Cosa
vi è capitato?” domandò Atena,
invitando la sconosciuta ad uscire dall’acqua e coprirsi.
Il sacerdote la
portò fuori, mentre l’ancella
in fretta l’avvolgeva in asciugamani. Il mantello di lui,
abbandonato in terra,
era zuppo esattamente come il suo proprietario, che iniziò a
strizzarsi i
capelli e la tunica.
“Puoi
anche andare adesso, sacerdote”
lo invitò Atena “Lascia che questa donna si vesta
in santa pace, senza occhi
indiscreti”.
“I
miei non sono occhi indiscreti”
protestò lui, ma uscì comunque.
Risalì
le scale, raggiungendo la sua
stanza, in cerca di vesti asciutte. Guardò con aria
interrogativa la candela. Chi
mai era stato lì? Lui era certo di non averla accesa, quel
giorno. Eppure era
consumata.. Forse se l’era dimenticata accesa ieri sera, non
ne era sicuro. Finalmente
libero da quelle stoffe bagnate, le gettò nel baule
antistante la camera, da
dove le ancelle più volte avevano dovuto recuperare tuniche
sporche di sangue
per lavarle. Quasi annoiato, il sacerdote incrociò il suo
riflesso allo
specchio. Che strano gli sembrava guardarsi e vedersi ringiovanito.
Scostò la
tenda del baldacchino. Qualcuno era stato lì, lo percepiva.
Chi osava entrare addirittura
nel suo letto? Non era il momento di pensarci, però. Doveva
rivestirsi e
tornare al lavoro, sperando di ricevere presto notizie dei suoi
cavalieri in
missione.
“Vediamo..in
che pianta posso
tramutarti?” parlò ancora una voce di donna, che
finalmente si mostrò,
dissolvendo le tenebre che la celavano.
“Persefone!”
la riconobbe Aphrodite.
“L’unica
e la sola” sorrise lei “Ed
ora poniamo fine a tutto questo!”.
La prima moglie
di Hades era
bellissima, ora che si mostrava in tutto il suo splendore, senza
cappucci o
vesti imposte dal marito per celarne le forme. Allungò un
braccio verso
Giunone, che si dibatteva in cerca di libertà.
“Frutto
di Kore” pronunciò Persefone
e Giunone iniziò a mutare, divenendo un albero di melograno,
avvolta dalle
spine.
“Bello.
Ma perché ci hai aiutati?”
domandò Shaina, sorretta da Deathmask.
“Cercavo
Aphrodite e vi ho trovati in
difficoltà” ammise la Dea.
“Cercavi
me? E perché?”si stupì
Pesci, avvicinandosi.
Lei si
voltò di scatto, baciandolo. Shura
e Deathmask si fissarono.
“Welà!
Il nostro conquistatore!”
ridacchiò il Capricorno.
Aphrodite rimase
un attimo stordito,
mentre lei sorrideva e si allontanava di qualche passo.
“Andiamo!”
incitò Persefone “Voi
siete feriti, dovete tornare a casa, questo posto è noioso
ed io ho una gran
voglia di godermi la primavera!”.
Seduto di nuovo
sul trono, il
sacerdote attendeva notizie. La sconosciuta fece il suo ingresso e si
inchinò. Ora
con indosso una delle vesti di Atena, era una donna incantevole. Arles
la
guardò negli occhi. Erano aranciati ed avevano qualcosa di
familiare..
“Vi
ringrazio per avermi salvata”
parlò lei.
“Dovere..”.
“Quel
vostro bacio mi ha liberata”.
“Quale
bacio?”.
“Quello
che mi avete dato sulla
fronte”.
“Ma di
che parli? Che..tu..?”.
“Sono
la bambina romana”.
Arles rimase in
silenzio,
osservandola, senza sapere che cosa dire.
“Sono
una Dea romana. Purtroppo ho
dato troppo fastidio a più di qualcuno e sono stata
maledetta da Minerva, Diana
e Venere. Mi hanno tramutato in una bambina, gelose del fatto che uno
dei loro mortalucci
preferiti se la spassasse con me. Un pomeriggio, ho fatto delle trecce
a questo
tizio e sono impazziti tutti. Mi hanno maledetta, dicendo che solo
facendomi
voler bene anche da bambina sarei tornata com’ero. Un gesto
mosso d’affetto, e
non da pietà, mi avrebbe salvata. Ed avrei dovuto continuare
ad intrecciare
capelli per scaldare il mio animo. Ormai il mio tempo stava per
scadere, per
questo era così fredda”.
“Una
Dea romana qui? Posso fidarmi?”.
“Odio
quelle galline che mi hanno
maledetto! Loro e tutta la loro famiglia! E poi..voi mi avete salvata,
quindi
vi sono debitrice. Vi servirò fedelmente fino a quando non
considererò il
debito annullato. Concedetemi di fare questo”.
La donna si
inginocchiò, lasciando
che i lunghi capelli ne coprissero in parte il viso. Erano verdi, ma di
una
tonalità così scura da sembrare neri.
“Una
Dea che serve un mortale?”.
“Un
semidio, da quel che mi risulta..”.
“Fa lo
stesso!”.
“Permettetemi
di appartenervi, anima
e corpo, fino a quando lo riterrò necessario”.
“Ma..io..posso
almeno sapere il tuo
nome?”.
“Certo.
Il mio nome è Discordia”.