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Autore: BlackSwallow    01/04/2015    6 recensioni
Dal primo capitolo:
Appena superò la leggera curva della spiaggia vide, a un centinaio di metri di distanza, due ragazzi: uno messo di spalle e l’altro di fronte. Quello di fronte lo riconobbe quasi subito. Come non riconoscerlo? Biondo, alto, occhi azzurri e una cicatrice nel labbro: Jason. L’altro non riusciva a ricordarlo. Era senza maglietta, aveva i capelli neri, spettinati, che sfioravano le spalle; la figura era abbastanza alta e slanciata e brandiva una spada nera in ferro dello Stige. Percy si fermò un attimo. Come poteva essere lui? Come poteva essere cresciuto così tanto? Era vero che era un po’ che non lo vedeva, ma l’ultima volta era ancora un bambino! Non poteva essere lui.
[Pernico]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Umh, okay... non sono molto brava con le presentazioni.. Allora ciao a tutti, questa è la mia prima ff, quindi spero mi perdonerete se è un pò una schifezzata. Mi auguro che sia anche abbastanza decente ma beh, questo lo lascio decidere a voi. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Quindi grazie e buona (si spera) lettura :) 


Capitolo 1

Quella mattina si era alzato presto. Ancora il sole non era sorto ma già nel cielo c’era il chiarore dell’alba. Era il primo giorno da mesi che passava al campo e non poteva non ammettere che tutto questo gli era mancato tremendamente.  Era seduto sulla sabbia ancora fresca per la notte, e guardava l’orizzonte al crepuscolo mentre le stelle incominciavano a scomparire, quasi intimidite da quella luce troppo forte per loro. L’aria salmastra gli accarezzava il viso e il senso di essere a casa si intensificò. Erano passati quasi tre anni dalla sconfitta di Gea, i due campi convivevano pacificamente e nessuno minacciava di distruggere l’equilibrio creato. Gli sembravano secoli prima che si trovava sull’Argo II insieme ai sei (sette con lui) per salvare il mondo. Pensava a questo mentre si faceva cullare dal suono delle onde e dall’orizzonte faceva capolino il sole timidamente come se non volesse disturbare la quiete notturna. Percy sorrise pensando al primo incontro con Apollo e quel viaggio da brividi. Quanti anni erano passati? Dovevano essere sette a dicembre, più o meno. Solo in quel momento si accorse che c’erano dei rumori che venivano da un po’ più in là. Siccome la spiaggia era un po’ curva non vedeva chi c’era ma a giudicare dei rumori c’era qualcuno che si stava allenando. Si alzò e andò a vedere.

Appena superò la leggera curva della spiaggia vide, a un centinaio di metri di distanza, due ragazzi: uno messo di spalle e l’altro di fronte. Quello di fronte lo riconobbe quasi subito. Come non riconoscerlo? Biondo, alto, occhi azzurri e una cicatrice nel labbro: Jason. L’altro non riusciva a ricordarlo. Era senza maglietta, aveva i capelli neri, spettinati, che sfioravano le spalle; la figura era abbastanza alta e slanciata e brandiva una spada nera in ferro dello Stige. Percy si fermò un attimo. Come poteva essere lui? Come poteva essere cresciuto così tanto? Era vero che era un po’ che non lo vedeva, ma l’ultima volta era ancora un bambino! Non poteva essere lui. Così si avvicinò e li chiamò “Ragazzi!” Jason lasciò perdere il combattimento e sollevò le braccia in aria “Ma guarda chi c’è! Percy!” Il ragazzo dai capelli neri si girò e Percy ebbe un tuffo al cuore. Era cresciuto, certo, ma era lui. Ora era decisamente più alto, sempre magro ma con un fisico asciutto e forte, i capelli corvini sempre lunghi a sfiorargli le spalle e a coprire quegli occhi scuri che Percy , in quel momento, li trovò belli, suggestivi e affascinanti. Si sentì perfino intimidito da quegli occhi che sembravano fatti come i vetri oscurati, da fuori non riuscivi a vedere cosa ci fosse all’interno ma dall’interno potevi vedere tutto quello che c’era all’esterno, come se il ragazzo potesse, con quegli occhi, leggere l’anima degli altri. Aveva gli stessi occhi di Ade, lo stesso fuoco ardente e folle che ti faceva pensare che il proprietario fosse un genio o un pazzo. Nico. Solo ora il figlio di Poseidone si chiese dove fosse stato in quegli anni per non vedere il piccolo Nico crescere e diventare il ragazzo che era in quel momento. “Percy” lo salutò con voce asciutta il figlio di Ade. Percy notò che la voce era cambiata, diventando più matura. Cosa gli doveva dire? Non poteva mica dirgli ‘Hey, ma quanto sei cresciuto!’ sarebbe stato troppo idiota (perfino per lui). “Che fate?” chiese cercando di sorridere. “Mangiamo pasticcini, non lo vedi?” lo prese in giro Jason facendo ridacchiare Nico. Si, in effetti era piuttosto evidente che si stavano allenando, insomma erano sudati con le spade in mano… “Ti vuoi unire a noi?” propose allora il biondo e Nico sbuffò “Lascia perdere, Jason. Molto probabilmente ha un appuntamento con Annabeth.” Percy si irrigidì sentendo un pizzico di risentimento nella sua voce. Non ricordava niente che avrebbe potuto ferire Nico quindi perché aveva quel tono accusatorio? Forse perché era da tanto che non si parlavano? Beh, se avesse voluto parlare, Nico avrebbe dovuto sapere che Percy c’era, quindi perché sembrava arrabbiato con lui? Cercò di non pensarci perché anche se non riusciva a trovare una risposta si sentiva un po’ in colpa, e rispose “A dir la verità sono libero quindi se volete…” Jason sorrise radioso “Fantastico!”  Nico sollevò un sopracciglio “Wow, questa si che è una novità!” Percy cercò di ignorare il senso di colpa, che era aumentato a ogni singola parola uscita dalla bocca del figlio di Ade, e ‘sguainò’ Vortice. “Allora come facciamo?” Jason ci pensò “Un combattimento a tre no.. sarebbe troppo incasinato..” “Possiamo fare a due a due” propose Nico con un alzata di spalle. “Per me va bene” accordò Jason e Percy annuì “Chi incomincia?” chiese ai due ragazzi “Tu e Nico” rispose Jason. “E perché?” ribattè allora il figlio di Ade. “Perché sono stanco e sei il più piccolo” Nico si mise a braccia incrociate "Divertente” rispose. Percy e Jason fecero una faccia confusa. “Avanti, figlio di Giove. A te il primo turno, sei tu il più piccolo.” Jason lo guardò ancora più confuso “Ma se ho diciannove anni e tu diciasette!” Nico scosse la testa facendogli un sorriso sornione. “Veramente ho il quadruplo dei tuoi anni, quindi giovanotto vedi di darti una mossa, io alla tua età già lavoravo!” mentre parlava il figlio di Ade brandiva la spada con un bastone di un vecchietto che deve incitare i nipoti a fare qualcosa di utile. Percy scoppiò a ridere mentre Jason gli usciva la lingua facendo l’arrabbiato ma rideva sotto i baffi. Nico si sedette a gambe incrociate sulla sabbia. “Allora cominciate? Questa volta non cercate di uccidervi, però” rise Nico. Percy  notò che rideva di più rispetto a tre anni prima. Ed era carino quando lo faceva. Fermi tutti. Come faceva a sapere che avevano provato a farsi la pelle? “E tu come lo sai?” chiese il figlio di Poseidone. Cavolo, sapeva sul serio che avevano provato a farsi fuori? “Jason” rispose Nico semplicemente facendo spallucce. “Tranquillo, questa volta, non ci ammutineremo. Non è vero Percy?” chiese conferma Jason. “Certo.” Poi si misero uno di fronte all’altro e iniziarono a combattere.

Cavoli, Jason era migliorato parecchio! Percy, invece,era ancora un po’ indolenzito dopo tutti quei mesi senza allenamento. Il figlio di Poseidone sentiva gli occhi d’ossidiana del più piccolo seguire i suoi movimenti. Passò molto tempo prima che a Percy venne un’idea per finire la partita. Purtroppo anche Jason ne ebbe una per finirla. Jason alle spalle aveva Nico mentre Percy il mare: giocava in casa. Finì di provare affondi che il figlio di Giove avrebbe intercettato e ordinò all’acqua di alzarsi e infrangersi sulla spiaggia. Ovviamente non voleva fargli del male ma aveva fatto sì che la forza dell’onda fosse abbastanza forte da far perdere la spada al ragazzo. L’unica cosa che non aveva previsto era che, un attimo prima che arrivasse l’onda, un fulmine si abbattesse per terra a una ventina di centimetri da lui (Jason aveva fatto pure i suoi calcoli per non fargli del male) e per lo spavento Percy indietreggiò cadendo all’indietro e perdendo Vortice. Poi arrivo l’onda e travolse Jason facendolo cadere a sua volta e facendogli perdere la spada. L’onda si ritrasse. Percy si alzò a sedere e Jason fece lo stesso e per qualche secondo si osservarono in silenzio. Poi Percy e Jason scoppiarono a ridere. “Vi stavate facendo la pelle, che c’è di così divertente?!” li ammonì Nico ma gli altri due continuarono a ridere. Percy si alzò e Jason fece lo stesso “Bravo, amico. Sei migliorato!” si complimentò Percy. Jason sorrise.“Neanche tu sei così male Jackson. Nonnetto tocca a te.” disse Jason verso Nico. Lui si alzò e si tolse la sabbia dai jeans neri. “Cos’è quella?” chiese Percy avvicinandosi a lui. Su una roccia vicino a dove si era seduto Nico c’era una sveglia. La prese in mano e notò che le lancette erano dei fulmini. Jason rise mentre Nico arrossì. “Me la regalato il nonnino per il compleanno, la portiamo così sappiamo che ore sono.” rispose mettendo un braccio sulle spalle del minore. “E’carina!- esclamò Percy ridendo- Invece se sono io a fare il compleanno cosa mi regali una con dei tridenti?” “Veramente te ne regalerei una ispirata ‘Alla ricerca di Nemo’” rispose il più piccolo facendo ridere Jason. “E comunque è stato solo un caso! Non sapevo nemmeno che era il tuo compleanno!” protestò. Jason si girò a guardarlo. “Bugiardo, lo sapevi benissimo e comunque se non lo sapevi è peggio per te perché significa che mi volevi fare un regalo senza motivo!” Nico diventò ancora più rosso. “Idiota” si limitò a dire. Percy guardò di nuovo la sveglietta e si rese conto dell’ora. “Cavolo, sono già le nove!” esclamò. “Le nove?!” urlò Nico prendendo la sveglia tra le mani e quando vide l’ora imprecò. Lanciò la sveglia a Jason e di fretta e furia raccolse la spada e la maglietta. “Che succede?” chiese Percy. “Ho lezione, maledizione!!!” gridò Nico a mo’ di risposta e poi si mise a correre verso il campo. Percy rimase un po’ di stucco a vedere Nico così agitato. Era abituato al Nico tenebroso, silenzioso e pacato che non si agitava per niente. Così si mise a ridere.

Il resto della mattinata Percy la passò in giro con Jason e più tardi  era andato da Piper e Annabeth. Una volta che fu ora di pranzo andò nella Casa Grande. Si guardò intorno. Si, gli era proprio mancato tutto questo. Vide i figli di Atena con fogli, penne e libri; quelli di Afrodite con rossetti, pettini e specchi; quelli di Efesto che stavano facendo una costruzione con forchette, coltelli e cucchiai… insomma tutto sembrava normale quando una risata attirò la sua attenzione. Si girò verso quel suono e vide, al tavolo numero 13, Jason e Nico che si stavano rotolando dalle risate. Percy sgranò gli occhi. Stava sognando? Si sedette al suo tavolo da solo in modo tale da avere di fronte il tavolo numero 13. Poco dopo iniziarono a mangiare e più il figlio di Poseidone osservava Nico più era convito che quello non poteva essere lo stesso ragazzino di tre anni prima. Il Nico quattordicenne non parlava, stava in disparte e soprattutto non rideva. Quello seduto con Jason invece era parecchio loquace e rideva spesso e volentieri. Poco dopo i fratelli Stoll andarono nel loro tavolo e presero Nico per un braccio ciascuno portandolo fuori, il figlio di Ade invece di protestare, lì seguì senza problemi e quando gli sussurrarono qualcosa all’orecchio si mise a ridere tenendosi una mano sullo stomaco. In quel momento Percy decise di chiedere a Jason delle spiegazioni e si sedette al posto di Nico, ignorando l'occhiata interrogativa di Annabeth. “Da quando è così?” sbottò. Jason sbattè le palpebre. “Chi è come?” “Nico, da quand’è che è così, insomma allegro, chiacchierone e accollativo?” Il figlio di Giove ridacchiò. “Da quasi tre anni.” Percy rimase lì, a fissarlo. “T-tre anni? Ma… ma sei sicuro che sia lo stesso Nico che conoscevo io?” Lo sguardo di Jason divenne duro. “Percy, è sempre lui. Si veste ancora di nero, non gli piacciono i pegasi e parla con i morti quindi sì è lui.” Fissò i suoi occhi azzurri in quelli verdi di Percy. “Però hai ragione, una cosa è cambiata: adesso è finalmente felice. E se solo, in questi anni, ti fossi degnato di salutarlo, te ne saresti accorto pure tu che nei suoi occhi è rinata la voglia di vivere. Lo sai cosa è peggio?- chiese il figlio di Giove con tono accusatorio- è che quando Nico ha voluto renderti partecipe della sua nuova vita, l’hai scaricato.” “Non è vero!- si arrabbiò Percy- se solo lo avessi saputo..” Gli occhi di Jason mandarono lampi. “Se solo avessi saputo cosa? Nico ti ha chiesto un triliardo di volte di allenarti con lui ma tu hai sempre detto che avevi un appuntamento con Annabeth. E comunque anche se non te l’avrebbe chiesto, o se fosse rimasto chiuso in se stesso, tu eri così impegnato da non potergli chiedere nemmeno un fottuto ‘come stai?’” Jason detto questo posò la forchetta nel tavolo e si alzò andando fuori. Percy trovò più difficile deglutire. In quel preciso istante una scossa lo attraverso da capo a piedi. “Percy,ti va di venire al Campo Giove con me e Nico?” gli aveva chiesto Jason. “No, devo uscire con Annabeth.”… “Percy, vuoi allenarti con me?” gli aveva chiesto Nico. “Scusa, ma oggi devo stare con Annabeth. Magari un’altra volta…” Tutte le volte che il minore aveva provato ad essergli amico lo aveva sempre liquidato per Annabeth, e Percy si rese conto in quel momento di non aver trascurato solo Nico ma praticamente tutti i suoi amici. Preso com’era dall’università, dalla sua ragazza e dal suo vivere normalmente gli aveva fatto dimenticare tutti i suoi amici. Gli venne il voltastomaco quando ricordò di aver incrociato parecchie volte Nico al Campo ma non gli aveva fatto molto caso e l’aveva semplicemente ignorato. In tre anni non aveva mai avuto la briga di andare a chiedergli come si trovasse e come stesse. Il senso di colpa lo invase. Doveva rimediare e chiedergli scusa. Ma prima doveva trovare Nico. Dove poteva essere andato? Pensò a quello che i fratelli Stoll facevano. Rubare? No, Nico non lo avrebbe mai fatto. Manomettere? No. Fare scherzi? Neppure. Poi gli arrivò l’idea giusta. Dovevano essere a giocare, erano gli Stoll che andavano in giro per i tavoli a chiedere persone per le squadre di pallacanestro. Così si incamminò verso il campo.

Come si immaginava, c’erano i ragazzi che giocavano. Erano due contro due. I fratelli Stoll contro Nico e Will Solace. Rimase là a guardare i ragazzi o meglio a guardare Nico con i suoi movimenti agili e precisi. Non voleva avvicinarsi troppo così rimase piuttosto lontano. A un certo punto Travis stava per fare canestro quando il figlio di Ade gli tolse la palla di mano e la buttò nel canestro avversario, ovvero dall’altra parte del campo, e fece centro. Lo sentì esultare mentre gli Stoll imprecavano dicendo "che non era giusto". Percy cercò di nascondere quella strana sensazione allo stomaco quando Will diede il cinque a Nico e gli mise un braccio attorno alle spalle. Il figlio di Poseidone si avvicinò e si mise dall’altra parte del campo. “Abbiamo vinto!” escalmò Will contento verso gli Stoll. “Ma la partita non è ancora finita!” protestarono. Il figlio del Sole ridacchiò. “Vero, ma io adesso ho lezione di tiro con l’arco, quindi la partita si è finita.” “E noi abbiamo vinto.” Aggiunse Nico sorridendo felice. Percy si fermò un attimo. Da quand’è che non lo vedeva sorridere così? “Va bene ragazzi ora devo proprio andare, ci vediamo più tardi.” Disse Will mentre toglieva il braccio dalle spalle di Nico, poi se ne andò. Sentì chiedere agli Stoll. “Siete fidanzati, vero?” Nico arrossì. “Vi ho già detto di no! Siamo solo amici!” I gemelli ridacchiarono. “Si certo.” “Abbiamo notato che passate molto tempo da soli.” Questa volta il minore avvampò, è carino quando arrossisce. Pensò Percy. Aspetta, cosa?! . “Mi sta insegnando a tirare con l’arco, perché non ci riesco.” Spiegò Nico mettendosi a braccia conserte. E gli Stoll scoppiarono a ridere. “Allora è così che si chiama adesso?” “A quanto pare. Hey Connor ti va di insegnarmi a tirare con l’arco?” “Ma certo, Travis! E magari possiamo fare anche una ripassata.” “Puoi insegnarmi per tutta la notte.” Ridevano quelli mentre Nico alzò gli occhi al cielo. “Che siete idioti. Sul serio, ragazzi, anche volendo per fare sesso di certo non sceglierei l’arena, vi pare? Chiunque potrebbe scoprirci.” Quei due risero ancora ma annuirono. “Ti crediamo solo perché non sei così trasgressivo da fare sesso nell’arena.” Nico ridacchiò, poi si girò verso Percy. “Hai intenzione di origliare ancora per molto?” Il figlio di Poseidone si irrigidì al suo tono di voce piuttosto duro ma si avvicinò. “Hey che idea!-esclamò Connor- Percy tu puoi fare squadra con Nico, così possiamo vendicarci!” “Ma io che c’entro?” chiese Percy. I gemelli alzarono le spalle. “Nulla ma vogliamo vendicarci di questo nanetto.” Nico li guardò male. “E meglio che non mi chiamate più nanetto perché altrimenti vi finirà male.” Gli intimò con finta voce minacciosa. “Ripassa tra una decina di centimetri.” Risero gli Stoll e Nico fece un sorriso inquietante. “Non ho bisogno di dieci centimetri. Quando ho fatto la crepa nella Casa Grande ero la metà di ora.” I gemelli aprirono la bocca per ribattere ma la richiusero. “Touchè” Gli concessero allora. Cavolo, pensò Percy, è riuscito a zittire gli  Stoll! “Allora Percy ti unisci a noi?” Percy annuì “Si, tanto non ho niente da…” “Perfetto!- lo interruppero gli Stoll- pronto nanetto?” Nico ridacchiò. “Mi dispiace deludervi ma devo andare da Jason. Tranquilli la prossima volta, vi prometto che vi farò vincere.” “Avaaa! Noi volevamo… Aspetta che hai detto?!” Il figlio di Ade ridacchiò e gli uscì la lingua prima di girarsi e uscire dal campo. Prima che potesse seguirlo, i fratelli Stoll gli misero un braccio sulla spalla ciascuno e iniziarono a parlare mentre gli occhi di Percy continuavano a guardare la direzione in cui Nico se n’era andato.

Dopo cena si era ritrovato al falò con Annabeth ma ancora non aveva parlato con Nico. Il figlio di Ade era seduto vicino a Will che gli teneva un braccio sopra le spalle. Se non sono fidanzati, dovrebbe smetterla di essere così possessivo. Pensò Percy infastidito mentre i ragazzi cantavano.
[...]
Dopo un pò notò Nico che si alzava e  lasciava il falò e il figlio di Poseidone pensò Questa volta non mi scappi. Si alzò e con la scusa di essere stanco mollò Annabeth al falò e se ne andò correndo. Lo vide da lontano e lo chiamò a gran voce. “Nicooo!!” il figlio di Ade si girò e rimase fermo mentre Percy lo raggiungeva. “N-ni.. Ni… co” ansimava il maggiore. Nico alzò un sopracciglio. “Perché te la sei fatta tutta di corsa?” Percy prese un bel respiro. “Perché ero sicuro che se non l’avessi fatto saresti sparito. E io ti devo parlare.” Nico mise le mani nelle tasche dei jeans neri. “Parla, allora.” Percy si irrigidì. Che gli doveva dire? “Umh… io… mi dispiace.” Il minore inclinò la testa da un lato. Che cosa adorabile… ??? pensò Percy. “Ti dispiace per cosa?” chiese allora il più piccolo. “Per.. non esserti stato vicino in questi anni. Io.. sul serio, non so che mi è preso! Non so perché non mi sono mai allenato con te o perché non sono mai venuto a chiederti come ti trovavi al campo, davvero perdonami!- prese un alto respirò e abbassò lo sguardo- Però se vuoi adesso possiamo essere amici.” L'ultima frase la disse mormorando le parole. Nico all’inizio non rispose, facendo agitare il cuore di Percy. Poi sospirò. “Come va all’università?” chiese rincominciando a camminare. Il figlio di Poseidone sentì il suo cuore sentirsi più leggero e battere più forte. Raggiunse Nico e si mise a camminare accanto a lui. “Bene, fra qualche settimana ho un esame. Un libro di 784 pagine. Tu invece? Come ti trovi al campo?” Nico gli sorrise. “Bene, ormai è la mia casa. Quando ci penso ancora non ci credo. L’unica cosa che non mi piace è studiare.” Percy sbattè le palpebre. “Non sei costretto a studiare, se non vuoi.” Nico fece una smorfia. “Io sì perché ho lasciato la scuola a dieci anni e secondo Chirone dobbiamo essere più acculturati, quindi sono costretto a studiare quello che farei a scuola. Fisica, Percy. Ti rendi conto? Studio fisica!” Percy rise, gli mancava il Nico chiacchierone di dieci anni. “Non può essere così male!” esclamò. “No, infatti non è male, è orribile! Che cavolo mi frega se Newton ha scoperto la gravità con una mela!” “Chi è Newton? Oh, sì il tizio che mentre faceva il bagno ha detto Eureka!” Nico aggrottò la fronte. “Veramente quello era Archimede.” Percy sbuffò. “E’ la stessa cosa. Insomma se l’acqua ti fa sentire più leggero è grazie alla forza di gravità.”    Il figlio di Ade rise. “Sappi che Newton e Archimede si stanno rivoltando nella tomba per quello che hai detto.” Percy ridacchiò. “Lo dovrebbero sapere che non sono una cima in queste cose."

Continuarono a chiacchierare ma dopo un po’ Percy non c’è la fece più a trattenere quella domanda che gli ronzava da quel pomeriggio. “Tu e Solace state insieme?” sbottò e Nico sgranò gli occhi. “Cosa?!” “Tu e Will state insieme? Siete fidanzati? Siete una coppia? Andate a letto insieme? Limonate tutto il pomeriggio?” Nico sospirò seccato. “No. Assolutamente no. Siamo solo amici.” “Sicuro? Perché vi mandate strane vibrazioni. ” Il minore alzò un sopracciglio. “Che cosa ci mandiamo?” “Vibrazioni!” disse Percy un po’ irritato che Nico non lo stesse prendendo sul serio. “Guarda ti faccio un esempio pratico.” gli disse allora e Nico spalancò gli occhi “Emh.. no grazie..” ma il figlio di Poseidone gli mise un braccio sulle spalle e lo attirò verso di sé. I loro visi quasi si sfioravano. “Allora ti va di giocare a pallacanestro? Solo io e te?” Nico arrossì e lo allontanò mettendogli una mano nel petto. “Will non fa così!” ribattè. Percy si mise a braccia conserte parecchio seccato, come poteva negare l’evidenza? Stava andando a fuoco! “Si, invece! E poi guarda sembri un pezzo di carbone ardente di quanto sei rosso!” “E chi ti dice che sono arrossito perché hai imitato Will?!” ribattè con veemenza Nico che non appena lo disse spalancò gli occhi. Percy sbattè le palpebre. “Che vuoi dire?” Se possibile il più piccolo diventò ancora più rosso mentre si torturava il labbro. “I-io…” mormorò. Percy lo guardò per qualche momento pensando se Nico si rendesse conto di quanto fosse tenero, tutto rosso in viso, mentre si mordeva il labbro, non posando lo sguardo su nulla in particolare e borbottando qualcosa di incomprensibile in maniera così impacciata da essere bellissima. “AH-AH!- esclamò Percy facendo sussultare Nico- ho capito!” Nico perse tutto il suo rossore per diventare bianco come un cencio. “C-che cosa hai capito?” chiese balbettando. “Ti sei preso un’insolazione vero?” Nico fece una faccia strana un misto tra pura felicità, stupore e ‘checavolostadicendoquestoqua’. “Pomeriggio eri sotto il sole no? Ti sarai preso un’insolazione!” ripetè Percy che se solo avesse usato il cervello si sarebbe accorto che Nico non era più rosso in viso. “SI, è proprio così!- accordò il figlio di Ade- Ma.. ma non lo dire a Will ti prego non voglio andare in infermeria.” Percy gli fece l’occhiolino. “Tranquillo, non lo dirò a nessuno.” E detto questo continuarono la loro passeggiata camminando senza una meta precisa.

Percy si sentiva davvero felice, era riuscito a far pace con Nico. Era strano e normale insieme che il figlio di Ade parlasse, ridesse e non avesse più quella luce malinconica negli occhi. Era strano perché Percy lo ricordava ancora come il quattordicenne scontroso e triste ma gli sembrava normale perché era così che doveva essere, era giusto così. Comunque sia Percy notò che, anche se sembrava avesse quasi ritrovato l’allegria dei suoi dieci anni, Nico era davvero cresciuto. Poteva sentire l’esperienza nella sua voce, poteva capire dalle sue parole la maturità che aveva raggiunto e poteva vedere nei suoi occhi la vita che aveva vissuto. Nico era cresciuto e Percy fu felice di far parte della sua nuova vita.

 
P.S. Perdonatemi anche per eventuali errori di grammatica...
   
 
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