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Autore: VioletGreenEyes    02/04/2015    2 recensioni
Dal testo:
"Sherlock uscì dal suo palazzo mentale. Il micio miagolava. Lentamente si alzò dalla poltrona e si diresse in cucina, il gatto seguì i suoi movimenti col capo. Appena il detective versò il latte nella ciotola, Toby si fiondò in cucina per bere, l’uomo gli accarezzò il dorso e poi andò alla finestra. Gli piaceva vedere Londra addormentarsi. Forse aveva qualche altro motivo.
La verità, era che aspettava. "
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando le prime luci di un mattino invernale, di un comune e grigio giorno londinese, s’infiltrarono fra le tende socchiuse della camera, si rigirò nel letto più volte. Non voleva alzarsi. Era così stanca che avrebbe preferito rimanere a letto a crogiolarsi fra le lenzuola fino a pomeriggio inoltrato. Se a farle compagnia ci fosse stato un certo consulente investigativo, sarebbe stata ancor più felice di non lasciare il suo letto. Purtroppo però, Sherlock era un uomo di parola e come le aveva detto la sera precedente sarebbe venuto a svegliarla per quel caso. Stropicciò gli occhi e trovò proprio quest’ultimo già alzato, vestito di tutto punto, a fianco del suo letto. Molly sperò vivamente che non l’avesse vista dormire e che lei non avesse detto nulla nel sonno. Era strano anche per lei, perché di solito Sherlock Holmes era un pigrone che amava poltrire tra le lenzuola a causa dei suoi orari da definire ‘al contrario’ , la ragazza puntò lo sguardo alla sveglia sul comodino che segnava appena le sette e un quarto. Aveva dormito poche ore. Si tirò su a sedere, coprendosi con il lenzuolo, lievemente imbarazzata dalla situazione
“Buongiorno Molly Hooper” disse con una voce calma il detective, “mi dispiace svegliarti così presto, l’appuntamento con la cliente era fissato in un orario più consono, purtroppo però questa signorina insiste per vedermi. Attualmente sta aspettando in salotto. Dunque, quando le signorine vanno in giro a queste ore del giorno e buttano giù persone che dormono, mi fa pensare a qualcosa di molto grosso.”
“A meno che queste non lavorino come patologhe al Bart’s” disse Molly, sul volto di Sherlock comparve un ghigno divertito, poi questi fece schioccare la lingua e guardò la colazione posata ai piedi del letto,
“Mrs. Hudson ci ha preparato la colazione, avrai modo di ringraziarla quando sarà sveglia, adesso suppongo sia ritornata a dormire”, si alzò dal letto e si appuntò la giacca che delineava il profilo perfetto e ben allenato, si avviò alla porta e fece per aprila quando poi si rivolse nuovamente alla patologa che beveva la sua premuta d’arancia ai piedi del letto a gambe conserte “ti aspetto di sotto per il nostro caso, Molly Hooper.”
Niente le dava più soddisfazioni che seguire i casi del detective, le piaceva vederlo impegnato nelle ricerche, le piaceva ammirare non solo il suo bel viso ma anche le sue rapide deduzioni, sempre veritiere e fondate su base logica, le piaceva vederlo districare la rete di misteri fittizi che gli venivano sottoposti. Fece velocemente colazione, e si vestì, prese la borsa e scese veloce nello studio. Si bloccò quando vide uno Sherlock che aspettava fuori la sua porta, si trattenne dall’urlare, si portò una mano al petto e sussurrò a mala pena il suo nome, il detective alzò le sopracciglia
“Credevo fosse buona educazione aspettare, se ti fa questo effetto non lo faccio più”
Molly lo guardò con aria di rimprovero, lui alzò gli occhi al cielo e con un gesto teatrale le indicò le scale
“Prego.” , la patologa si avviò, quando entrò nello studio vide una giovane ragazza, che si alzò al loro apparire, aveva i capelli rossicci e gli occhi chiari, delle lentiggini che le puntellavano il volto, labbra sottili e rosee come le sue guance, il colorito era stranamente pallido, ma non solo per la carnagione, anche un idiota avrebbe capito che questa ragazza era sotto shock.
“Buongiorno signorina” disse cordialmente Holmes, “io mi chiamo Sherlock Holmes, e questa è la mia amica, nonché assistente la dottoressa Hooper, dinanzi la quale può parlare liberamente come se si rivolgesse a me soltanto. La prego si metta vicino al camino, perché sta tremando.”
“Posso prepararle del caffè caldo” intervenne gentile Molly, la ragazza scosse energicamente la testa,
“Oh, siete gentili, ma non è il freddo che mi fa rabbrividire” disse la cliente mentre andava accanto al fuoco
“E che cos’è, dunque?” incalzò il detective
“E’ la paura, signor Holmes, anzi, il terrore…”, così dicendo abbassò la sciarpa che le copriva gran parte del piccolo viso, e si resero conto che la ragazza era in preda al nervosismo: aveva i lineamenti tesi fino allo spasimo, lo sguardo smarrito come quello di un animale braccato. Si capiva, dall’aspetto, che doveva avere una ventina d’anni, aveva l’espressione stanca, impaurita. Sherlock la osservò con uno dei suoi sguardi che scrutavano fino a fondo “Non deve temere. Metteremo le cose a posto, non dubiti. Vedo che è arrivata in treno. Deve essersi alzata presto e deve aver corso, prima di prendere un taxi e arrivare alla stazione.”
“Come! Ma come ha fatto?” chiese stupita la ragazza, Sherlock si accomodava soddisfatto sulla sua poltrona
“Come lui abbia fatto ad indovinare tutto questo, me lo chiedo anche io da molti anni. La prego, si accomodi miss..?” era stata Molly a parlare, con la sua voce sempre gentile e calda
“Stoner. Helen Stoner” rispose la ragazza
“Miss Stoner, la prego ci racconti tutto dall’inizio”, la patologa prese una sedia e si sistemò accanto a Sherlock, che ebbe uno strano senso di déjà vu, ma questa volta la sua amica non prendeva appunti, era concentrata e pronta per l’ascolto
“Mi chiamo Helen Stoner..” cominciò la ragazza
“E questo lo ha già detto, spero che lei non ci abbia svegliato per ripeterci due volte il suo nome” la interruppe duramente Holmes, la cliente scosse la testa e riprese a parlare
“Abito col mio patrigno, che è l’ultimo di una delle più antiche famiglie della parte occidentale del Surrey, i Roylott. La famiglia del mio patrigno fu tra le più ricche del paese, possedeva terre ovunque, nel Berkshire a nord, e nell’Hampshire a ovest. Purtroppo quattro eredi sprecarono il patrimonio in sciocchezze. Non si è salvato nulla. Il mio patrigno, che era ancora nel pieno dei suoi studi al momento del rovina, ottenne un anticipo da un parente, che gli permise di continuare gli studi in medicina, e se ne andò in oriente dove, grazie al suo valore professionale e alla forza del suo carattere, riuscì a formarsi una clientela.
Durante il suo soggiorno in India, il dottor Roylott conobbe e sposò mia madre, che era rimasta alla mia età se non più giovane, vedova del suo primo marito. Mia sorella Giulia e io eravamo gemelle, al suo secondo matrimonio avevamo all’incirca due anni.
“Mia madre possedeva una notevole dote, circa mille sterline di reddito ogni due mesi, che lasciò in piena eredità al mio patrigno. Dopo il nostro ritorno in Inghiterra, mia madre morì, il dottor Roylott ci portò a vivere nella sua casa, e il denaro di mia madre ci permetteva di vivere bene. Purtroppo però, il mio patrigno subì un cambiamento, rinunciò a farsi una clientela, era sempre maleducato con i vicini, chiunque gli capitasse sotto tiro nelle sue giornate no, era un povero sfortunato. Si è chiuso in casa, e ne esce raramente.
Mia sorella ed io non eravamo contente di vivere in queste condizioni, quando morì aveva appena ventiquattro anni, eppure aveva già un volto stanco. Proprio come il mio.”
“Interssante” sibilò Sherlock che si era portato le mani al mento, con un gesto della mano invitò la ragazza a proseguire il racconto
“Giulia morì due anni fa. Signor Holmes, lei capisce che con un patrigno in quelle condizioni, capace di provocare risse in un batter d’occhio, avevamo poche occasioni per vedere persone della nostra età. Per fortuna avevamo una zia nubile, e avevamo il permesso di farle visita, ogni tanto. Giulia si recò lì per Natale, e conobbe un maggiore di marina, con il quale si fidanzò. Il mio patrigno quando seppe della notizia, non sollevò alcuna obbiezione, ma quindici giorni prima delle nozze, mia sorella morì”
Sherlock Holmes, che era sprofondato nella sua poltrona, con gli occhi chiusi e mani giunte, aprì di colpo gli occhi e si raddrizzò e nei suoi occhi passò un guizzo di adrenalina per il caso che sicuramente riteneva interessante
“La prego di essere precisa e fornire tutti i particolari.”
Helen annuì “Non è una richiesta difficile, perché ricordo tutto come fosse ieri. La nostra è una casa molto antica, e noi occupiamo soltanto un’ala dell’edificio. Le camere da letto sono a pianterreno, mentre le stanze di soggiorno si trovano nella parte centrale. Di queste camere da letto, la prima è quella del dottor Roylott, nella seconda ci dormiva mia sorella, e poi infine c’è la mia stanza. Non c’è comunicazione fra le stanze, ma tutte affacciano sullo stesso corridoio. E’ abbastanza chiaro?”, la ragazza aveva le mani che le tremavano
“Traspaente.”
“Le finestre delle stanze danno sul prato, sul retro della casa. Quella notte, il dottor Roylott era rientrato a casa presto, anche se non si ritirò a dormire perché mia sorella venne disturbata dall’odore dei sigari indiani che lui fuma continuamente. Giulia, lasciò la sua stanza e venne nella mia, chiacchierammo e parlammo delle nozze. Alle undici circa si alzò per rientrare nella propria camera, fece per aprire la porta e poi mi chiese: ‘Dimmi un po’ Helen, hai mai sentito qualcuno fischiare nel cuore della notte?’
‘Mai’, risposi ‘perché me lo chiedi?’
‘Nelle ultime notti ho sentito, vero le tre, un fischio debole ma distinto. Il mio sonno leggero mi fa svegliare ogni volta che sento questo fischio e volevo appunto chiederti se tu lo avessi mai sentito’
‘No, io no. Saranno quei maledetti zingari’ –“
“Zingari?” chiese Molly, Helen si mortificò per aver saltato quel dettaglio
“Il dottor Roylott, da quando ha perso la testa ospita negli zingari nel giardino, non so perché. Pensate che possiede un babbuino, alcuni dicono che possegga anche un ghepardo.”
“E lei ci crede?” continuò la patologa
“Vede, la struttura è così grande e noi ne occupiamo solo una piccola parte, può essere possibile tutto”, sospirò, poi decise di continuare con il racconto “ mia sorella, si congedò da me con un sorriso e liquidando la faccenda del fischio con delle battutine, quando rientrò in camera sentii la chiave girare nella serratura. Insomma, come penso di averle già detto con un babbuino e un ghepardo in casa non volevamo pericoli. Stranamente, quella notte non riuscii a prendere sonno. Il vento ululava forte e la pioggia batteva con altrettanta forza, quando sentii un grido straziante, era mia sorella. Mi precipitai giù dal letto per aprire la porta e proprio in quel momento sentii quel fischio di cui mi parlò Giulia, poi ci fu un suono metallico come il cadere di masse di rame o di ferro. La porta di mia sorella si schiuse, ed io rimasi a fissarla. Alla luce della lampada in corridoio, vidi mia sorella pallida, con le mani in avanti in segno di chi chiede aiuto, ondeggiava come un ubriaco. Le corsi incontro per aiutarla, ma lei cadde a terra in preda a spasmi tremendi, in preda alle convulsioni. Mentre mi chinavo su di lei, mi disse ‘ Dio mio, Helen! La banda maculata’ e perse i sensi. Il mio patrigno si affrettò ad uscire dalla camera e a chiamare un taxi per portare mia sorella in ospedale. Ma non ci fu nulla da fare. Giulia morì lentamente..” Helen scoppiò a piangere, Molly le andò vicino per consolarla e Sherlock si alzò dalla poltrona, appuntandosi la camicia e andò verso la finestra.
La cliente alzò il capo, rivolgendosi al detective “Signor Holmes?”
“Accetto il caso. Saremo nel Surrey per le prime ore del pomeriggio. Ovviamente però lei non mi ha detto tutto”, il consulente investigativo si girò, andò verso la cliente e le prese i polsi scoprendo dei lividi “perché tenta di proteggere il suo patrigno?”
“E’ un uomo molto violento. Lui stesso ignora la sua forza” rispose con un sussurro Helen, Holmes aveva i lineamenti tesi, poi incontrò lo sguardo dolce della sua amica, e si rilassò, sospirò ad occhi chiusi e lasciò i polsi della cliente
“Verremo a dare un’occhiata io e la mia assistente, vedremo le camere, ho bisogno di dettagli. Molly prendi il recapito telefonico così che potremo tenerci in contatto”, si sedette nuovamente sulla sua poltrona, in quella postura perfetta che sembrava un misto di legnosità e flessuosità. La cliente congedò i due e andò via, quando la patologa chiuse la porta alle sue spalle tirò un profondo sospiro.
“Non sei obbligata a seguirmi se non vuoi”, disse il detective
“E’ solo una strana situazione”, la porta dello studio si aprì bruscamente, e per poco la patologa non cadde, Holmes si alzò subito per aiutarla, imprecando e borbottando qualcosa sulla moralità vittoriana
“Chi di voi due è Holmes?”, chiese l’uomo appena entrato come una furia nella stanza
“Sono io, ma ho il piacere di non conoscerla”, disse Sherlock con sguardo severo
“Io sono il dottor James Raylott, del Surrey.”
“Si sieda per favore” intervenne con voce tremolante Molly
“Neanche per sogno! La mia figliastra è stata qui. E non vi azzardate a negarlo perché l’ho seguita” disse agitando energicamente il pugno davanti ai suoi occhi, la patologa spaventata arretrò, trovando la mano di Sherlock sulla schiena
“Fa un po’ freddo per queste passeggiate” osservò Holmes.
“Cosa vi ha detto Helen?” urlò l’uomo davanti ai due
“Però il giornale dice che nei prossimi giorni, la temperatura migliorerà” continuò calmo il consulente investigativo
“Ah! Lei vuole proprio farmi arrabbiare!” disse il dottore, che si agitò per tutta la stanza “io so chi è lei. Lei è Holmes, il ficcanaso!”
Sherlock sorrise
“Holmes, il cocco di Scotland Yard”
Sherlock rise, una risata bassa e roca “La prego quando esce, chiuda la porta che fa piuttosto freddo.”
“Mi ascolti bene, so che la signorina Stoner è stata qui. Non osi immischiarsi in faccende che non la riguardano!”, così dicendo uscì dalla porta a grandi passi
“Che tesoro.” Sherlock rivolse uno sguardo a Molly, la sua mano era ancora sulla schiena della donna “mi ha confuso con quelli di Scotland Yard!”, la patologa rise debolmente
“Prepariamo le valige, Molly Hooper. Partiamo per il Surrey.”
   
 
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