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Autore: lapoetastra    02/04/2015    1 recensioni
Doveva cambiare lavoro, Donald Swann.
Altrimenti, prima o poi, anche lui sarebbe impazzito.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alicia stava andando a trovare suo marito, come faceva ogni giorno.
Quando entrò nella familiare stanza non poté fare a meno di sospirare.
Era un ambiente che la dava i brividi, quello, con le pareti bianche ed imbottite quasi fosse la camera di una bambino piccolo.
L’aria calda e viziata la invase non appena varcò la soglia, invadendole le narici con un odore dolce e strano allo stesso tempo.
Quell’aria sapeva di follia.
E profumava di lui.
Lo vide seduto a terra, accanto al morbido letto, rannicchiato in posizione fetale come se davvero fosse un neonato.
Vederlo in quello stato le provocava ogni volta sentimenti confusi, dentro: rabbia per non poter fare nulla per aiutarlo anche solo un po’, dolore per aver perso quasi completamente il suo amato marito ed anche una certa dose di pena.
< John! >, lo chiamò delicatamente, stupendosi di quanto la propria voce suonasse stridula ed acuta come se avesse urlato a squarciagola per troppo tempo.
L’uomo si voltò di scatto, come una belva che ha appena fiutato la preda, e la guardò con occhi vacui e spenti, quegli occhi la cui mancanza totale di luce spaventata terribilmente Alicia.
< Licia >, mormorò John, incredulo.
Le corse incontro e l’abbracciò, stringendola forte tra le proprie braccia, inspirando forte il suo odore dolce e femminile.
La donna si annullò in quella stretta, e per un attimo quasi si convinse che era tutto solo un orrendo incubo, da cui si sarebbero svegliati fra poco entrambi per ritornare alla vita felice che avevano condiviso in un passato che sembrava ormai solo un lontano miraggio.
Respirò forte il profumo inebriante dei capelli del marito, che ogni volta la faceva sentire a casa, al sicuro.
< Non devi restare molto >, sussurrò dopo un po’ John, preoccupato. < Loro arriveranno presto. >
< Loro… chi? >, domandò Alicia, confusa.
< Gli Altri. I nemici. >
< I nemici sono i dottori, John. Non vogliono farti del male. Vogliono solo aiutarti a guarire. >
Ma l’uomo non voleva sentire ragioni.
Iniziò ad urlare, forte, gettandosi sul pavimento freddo e dimenandosi in preda alle convulsioni, con la bava alla bocca.
Alicia non poté fare altro che andarsene, chiudendo la porta sulle sue grida e sul proprio pianto.
 
 
 
< Emergenza nella camera 815. Il dottor Swann è pregato di recarsi nella camera 815 al più presto, grazie. >
Appena udito il messaggio dell’infermiera, Donald Swann corse a perdifiato verso la piccola stanza dall’altra parte del corridoio, consapevole già di cosa avrebbe trovato all’interno.
Quando spalancò la porta, capì di non essersi sbagliato.
Il paziente numero 3 era disteso per terra, urlante e con la bava alla bocca.
Il dottore gli tenne la testa alta in modo da far sì che non la sbattesse sul pavimento a causa dei tremori insistenti che lo facevano sobbalzare come un burattino impazzito.
< No! No! Sono nemici! Alicia! >, gridava intanto quello a squarciagola.
Swann, con estrema fatica, riuscì a somministrargli una potente dose di tranquillante e l’uomo improvvisamente si rilassò, addormentandosi come un bambino.
Una volta terminato il suo compito, il medico riornò nel proprio studio e, seduto alla scrivania, si prese la testa tra le mani.
Mano a mano che i giorni passavano, infatti, si sentiva sempre più in colpa per ciò che stava facendo a quell’uomo, John Talbert.
Quest’ultimo era niente più che una cavia, nelle sue mani, una cavia su cui lui sperimentava la propria convinzione.
Egli era infatti certo del fatto che se una persona fosse stata drogata con sostanze allucinogene per tempi continuativi, essa non si sarebbe più limitata ad avere veloci e fugaci visioni in concomitanza con l’assunzione della droga, ma si sarebbe creata una realtà parallela, fatta di persone da lei ritenute realmente esistenti.
E ciò era esattamente quello che stava capitando a John Talbert.
Non esisteva nessuna moglie, nessuna Alicia che lo andasse a trovare tutti i giorni.
Non era mai stato sposato.
Eppure lui la vedeva, sempre, non solo ogni tanto come capitava con gli uomini e gli animali immaginari che gli apparivano di fronte ogni tanto.
No, Alicia era reale, per lui.
Era la sua bellissima amata.
John ne era assolutamente certo.
Il dottor Swann pensò che non era giusto sottoporre un individuo innocente a tale continua sofferenza, ma sapeva anche che ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Doveva andare avanti, fino a che John non si fosse creato del tutto una realtà immaginaria parallela.
Fino magari a quando avesse creduto di avere anche dei figli.
Con un sospiro stanco, Swann si alzò e si diresse verso la camera 815 per somministrare al paziente numero 3 la sua dose giornaliera di follia.
 
 
< Devo dirti una cosa, John >, mormorò Alicia, seduta sul pavimento accanto a lui.
L’uomo la guardò con i suoi soliti occhi stralunati, ed aspettò in silenzio che continuasse.
< Io… sono incinta. >
La gioia proruppe nel cuore di John come un fiume in piena, ed egli non poté fare a meno di correre ad abbracciare la moglie, felice come mai era stato prima d’allora.
< Avremo un bambino, avremo un bambino! >, gridava, piangendo di gioia.
Non era il solo con il viso rigato dalle lacrime.
Fuori dalla porta, Donald Swann osservava quell’uomo grande e grosso che abbracciava il nulla, gioioso come un fanciullo.
Lo guardava, il dottore, e si ripeteva mentalmente che doveva assolutamente cambiare lavoro.
   
 
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