Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: riki_ch    20/12/2008    0 recensioni
Questo vuoto di memoria, quest’incapacità di percepire le spiegazioni mi confondono, sarà colpa dell’ansia. Mi chiedono se sia pronto, annuisco.
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questo è un testo che ho scritto per un concorso letterario del mio liceo, su un tema che richiamava le migrazioni. Spero che piaccio

Nota: personaggi e vicende della storia sono puramente casuali e frutto della mente dell'autore (cioè me), ogni riferimentoa storie e persone esistenti è puramente casuale.
Racconto sotto copyright
© 2008 ~ Passarella Riccardo

 

Fra poche ore parte l’aereo che ti porterà via per sempre. Come trascorro queste ultime ore? Chi vedo? Che messaggio lascio ai miei compagni di scuola? Che cosa porto con me (libri, quaderni, fotografie, ricordi, bagagli culturale)

  Fin da piccolo, i miei genitori hanno sempre cercato di sensibilizzarmi al Mondo e alla sua tecnologia. Anche in modi abbastanza ambigui: hanno preso come esempio molte credenze di culti antichi - perché pur volendo aprirmi gli occhi allo sviluppo che ci circonda, non si staccavano da quello che è l’antichità, da cui si può imparare molto -, come ad esempio la barca che porta i faraoni nell’aldilà, e li hanno trasformati. Infatti, mi raccontavano spesso che quando qualcuno muore un aereo viene a prenderlo per portarlo dove loro spero si trovino ora. Anche per me è sempre stato difficile da immaginare, ma l’idea mi faceva, e mi fa tuttora, sorridere. Non avrei mai pensato di passare quell’invisibile dogana così presto, tuttavia sono pronto, dalla vita ho ottenuto quello che volevo, sono davvero pronto, anche se la malinconia è ormai una parte di me.

  Attorno a questo letto privo di armonia, privo di calore, si trovano i pochi parenti che mi restano. L’incidente di tre anni fa ha privato noi tutti di persone indispensabili; a quanto pare Nemesi è intervenuta stabilizzare il tutto, benché a quei tempi fossi solo un bimbo di sette anni, nessuno le sfugge. A ogni danno di Hybris, Nemesi pone riparo. Non sapevo che in quel modo avessi aperto la bocchetta del gas, e chi poteva immaginare che, mentre mi trovavo tra i poderi dei nonni con loro e la sorella della mamma, il resto della famiglia si sarebbe ritrovato proprio lì e che papà, che pensavo avesse smesso di fumare, avrebbe acceso una sigaretta scatenando l’esplosione? Il Fato ogni tanto sceglie di farci subire torture orrende, ma non dobbiamo demordere perché forse ci attenderà qualcosa di bello, un giorno, ovviamente io non sono tra le persone che ne beneficeranno. La nonna si era avvicinata a me qualche secondo fa, mi accarezza la fronte e recita una preghiera, credendo che Dio le risparmi la perdita dell’unico nipote. Con le poche forze che mi restano, sposto la mia mano verso la sua, spostandola. In questo modo le faccio comprendere che non voglio che qualcuno sia in pena per me. Lei è sempre stata molto caritatevole. Ha sempre donato agli altri per sentirsi in pace con se stessa. Ogni volta che qualcuno da lei conosciuto fosse malato, ha passato il tempo ad accudirlo, quasi intromettendosi. Vedo sulla sua espressione il più profondo dolore che abbia scorto in questi dieci anni, piange lacrime che si perdono in quel baratro, senza poter arrivare a noi. Le sussurro di non preoccuparsi, che non lascerò che tutto sfugga così, ma in realtà sono consapevole di quanto sia falso questo, quanto farà aumentare la sofferenza. L’oncologo è entrato mentre ero sovrappensiero, me ne accorgo solo quando esce con la zia: una donna austera, con un’armatura impenetrabile dai sentimenti. Questo è quello che vuole far credere di essere, in realtà cova dentro una grande emotività, di cui si vergogna. Ricordo il giorno del funerale. Lei restò muta, immobile, fredda per l’intera durata della cerimonia; quando tornammo a casa per passare insieme ancora qualche momento, lei disse do non stare troppo bene e salì nella sua vecchia camera. Un’ora dopo i nonni, preoccupati, mi mandarono a vedere come stesse: la trovai in lacrime, singhiozzante, come mai l’avevo vista. Mi avvicinai a lei, con una mano leggermente tesa innanzi. Lei si risollevò di scatto e si avvicinò, mi strinse il polso, mi diede una sonora sberla, che incassai senza rabbia o tristezza, e mi abbracciò. Mi strinse molto forte, poi mi fece di intendere che dovessi lasciarla sola. Adesso parla col medico, che le starà sicuramente dicendo che il tumore è troppo aggressivo, impossibile prolungare il mio tempo; è per lei una routine sentire queste parole, da qualche tempo. Il nonno, un uomo attempato ma arzillo, mi osserva con tristezza, ma non osa avvicinarsi, crede che così facendo potrebbe ammalarsi anche lui. Non possiede molta scienza, ha una mentalità “medievale”, infatti, sta guardando la nonnina con stupore: come può stare così vicina a qualcuno che sta per morire per mano di un morbo incurabile? Non se lo sa spiegare. Per un certo verso è l’opposto della moglie, ma possiede un cuore d’oro, è molto dedito al lavoro, infatti possiede molte terre proprio per questo motivo, ne va molto fiero, e nell’ambiente in cui vive questo tipo di ricchezza è quello vero. Io sono fiero di aver potuto ereditare da lui molte tradizioni di famiglia, tramandate dai suoi antenati. Ad esempio, tra queste troviamo l’usanza di sgozzare un maialino per ogni equinozio e condividerlo con i vicini che più ci hanno aiutati, al fine di augurare loro un buon profitto. Sovente mi raccontava che quest’uso derivava dal suo trisavolo che una volta, nel periodo di inizio primavera, uccise un maialino e lo offrì alle persone che lo avevano sostenuto in quel periodo. Successe poi che costoro ebbero fortuna e gli fecero dei piccoli doni. È molto importante per noi, e se non disponiamo proprio di quell’animale, ci arrangiamo con qualcos’altro. Non ha sempre avuto successo, tuttavia è un momento di unione tra noi e chi ci augura buona sorte.  Che cosa sta facendo ora? Sta prendendo coraggio, abbattendo i muri che delimitano ciò in cui crede, si sta avvicinando a me estraendo qualcosa dalla tasca: è un libricino, rilegato minuziosamente a mano, con raffinate finiture. È un cimelio che si tramanda di padre in figlio, quando il più vecchio tra i due sta per morire. Lo starà donando a me perché con me si termina la nostra genealogia, poiché non restano loro altri figli oltre la zia, che è per giunta sterile. Questo è un atto molto importante, la fine di una famiglia. Mi sento ora responsabile più che mai per ciò che ho fatto e le sue conseguenze. Non ho solo posto conclusione alla vita di molte persone, ma anche a una dinastia. Il mio avo dà il via a una sorta di cerimonia che recita: - A te, figlio del mio sangue, che sei stato incaricato di vegliare sulla discendenza, dalla mia morte alla tua, affido il libro dei miei padri, che ci accompagna da due secoli, che pur contenendo la sola intensità di un bianco che mai sarà colmato, significa vita e continuità. Abbine cura - . Dopo avermelo ceduto, si siede su di una sedia sita di fianco al letto. Osservo il libro con attenzione, le pagine ingiallite lasciano intendere la sua età, la copertina color cremisi esprime la sua importanza. Quell’opera che non ha mai parlato fu commissionata da un capostipite della casata, il quale si era arricchito e decise di farlo creare apposta per una ragione, che tuttavia si è persa nei tempi. Peccato. La nonna è andata in direzione del mio progenitore, quasi lo facesse per mostrargli la sua fierezza per quel che ha fatto.

   La zia rientra nella stanza accesa da un fuoco che dona tranquillità: il fuoco della speranza. Il dottore dietro di lei fa un passo avanti e comincia a spiegare che forse c’è un modo per permettermi di vivere ancora di più, tuttavia è una procedura sperimentale e nulla è sicuro. Nella mia testa sento una sirena, e poi una voce che avvisa un ritardo del volo. Il mio morale è risollevato, ho scampato momentaneamente il volere del Destino, anche se probabilmente il Fato lo aveva già predetto… Mi chiedono se voglia tentare, non posso che rispondere di sì, senza pensarci nemmeno. Il medico dice che se i miei tutori, i nonni, sono d’accordo, possiamo iniziare immediatamente. Aspettare diminuirebbe le poche chance che già abbiamo. Il consenso è dato. L’oncologo esce dalla stanza comunicandoci il suo ritorno previsto entro qualche minuto. Aspettiamo tutti ansiosi nella stanza. I miei parenti sembrano esultare più di me; non posso deluderli, non devo, non ne ho il permesso. Sono sicuro di riuscire a resistere un po’ più di quanto non fosse previsto, voglio farlo e lo farò. Nemmeno le tremende fatalità potrebbero mettersi contro di me. I minuti scorrono carichi di tensione e attesa, finché lo strutturato rientra nella camera con un’infermiera e chiede a tutti di uscire. La ragazza che lo segue ha portato un carrello, sul quale sono depositate una siringa ed una bottiglia di vetro marrone. Sono inoltre posate delle sacche contenenti dei liquidi, le hanno preparate per non perdere tempo. L’uomo mi dice che questa terapia inizia con un ciclo di antibiotici somministrati in piccole quantità per endovena, in più due volte al giorno mi verrà fatta un’iniezione, che mi manderà in corpo dei nuovi farmaci per la chemioterapia a base di… a base di che cosa? Quella parola mi dice qualcosa, ma non mi resta fissa in mente. È molto complessa e le mie orecchie non vogliono percepirla. Mi sento un po’ confuso perché mi ricorda qualcosa, qualcosa di importante, ma che cosa? Questo vuoto di memoria, quest’incapacità di percepire le spiegazioni mi confondono, sarà colpa dell’ansia. Mi chiedono se sono pronto, annuisco.

Il medico ha finito di preparare la siringa e adesso l’ago sta entrando in una vena del braccio. La mia sicurezza vacilla, tutti mi osservano da un finestrone, l’infermiera sorride, il medico si concentra e spinge il contenuto dello strumento che ha in mano dentro di me; sento entrare in me il liquido, nello stesso momento collego tutto o quasi. La parola che non percepivo e che tuttora non riesco a percepire riporta il ricordo dentro di me, Affiora velocissimo, intanto sento lentamente il farmaco uscire dall’ago. Sento un silenzio assordante, poi tutto riprende a scorrere, nel momento in cui la mia vena viene liberata dal corpo estraneo. Lancio un grido, i miei occhi perdono vivacità, il medico mi scuote le spalle, i nonni e la zia si piombano in camera. Il mio aereo è arrivato. Spero che la lettera che ho scritto per salutare tutti venga trovata. E con questo pensiero mi allaccio la cintura, pronto a partire.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: riki_ch