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Autore: Arcanus    03/04/2015    0 recensioni
[...] Sono diventata grande, non ho più paura delle estraneità sotto i piedi spogli, né del fuoco che divampa al ritmo di un ballo tribale.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CI sono storie che non hanno tempo. La mia è una di quelle. La sua universalità non la rende più bella, solo più facile da digerire. La condivisione è l'unica cosa rimasta a quelle come me.

Da un po' di tempo faccio un sogno: sono ai bordi verdeggianti di una grande radura; è perfetta, un cerchio delicato, e in mezzo si alza una fiamma altrettanto delicata, flebile; io la guardo, e dentro di me cresce la certezza che non può bruciare, non può farmi male. Allora mi avvicino, dai margini della radura cammino a passi lenti verso quel centro di fuoco azzurro. E noto con stupore che i miei piedi sono nudi, e che i radi sassolini e i piccoli cespugli che allo sguardo paio così pungenti non mi feriscono, non mi turbano. In quel momento mi sento speciale, sento di essere cresciuta. Sono diventata grande, non ho più paura delle estraneità sotto i piedi spogli, né del fuoco che divampa al ritmo di un ballo tribale.

Questo è il mio rituale, la ripetizione di un istante in cui comprendo tutto, un istante che non è mai avvenuto fisicamente ma solo dentro di me: il giorno in cui ho metabolizzato di dover essere quello che ero, così com'ero, non bella e piacente, né brutta ed emarginata; il giorno in cui le regole a cui mi ero assuefatta sono saltate.

È strano come le giornate volino via a una velocità sorprendente, non mi era mai capitato prima di allora. Le mattine sono foglie colorate che tremano una volta, una soltanto, con un soffio di vento che mi saluta, e un raggio di sole che punge con quella sua capacità di ripetersi. Poi il pomeriggio: per me è il tramonto, un atto di profonda consapevolezza interiore; quel sole che cala, quasi lasciandosi andare, afflosciato dalla sua grandezza, dal suo peso, dalla stanchezza di aver illuminato un teatro per uno spettacolo dalla durata eccessiva, forse; una durata cosmica. E infine la sera, quando percepisco l'affanno degli esseri umani nel riportare a casa il raccolto, le loro delusioni, il dolore che ha preso la forma del giorno che sta finendo. È strano, sento ogni cosa in ogni momento.

Al centro della radura, il fuoco non si è acceso da solo. È stato Joshua, ha lavorato duramente per me, su quei ramoscelli spezzati, con l'ultimo raggio di sole superstite, un sole che non cede più; un sole che nel mio sogno non si addormenta. Io cedo per la stanchezza, ma il sole resta, ancora, per me, come un regalo. E Joshua è lì e mi aspetta. Non ha neppure bisogno di farmi un cenno, io lo vedo e lui lo sa, sa che lo sto guardando e che non aspetto altro che di avvicinarmi. Ma sa anche che ci metterò un po', che i miei piedi non sentono male ma sono affaticati, che i muscoli delle gambe impiegheranno del tempo per rispondere alle volontà della mente.

La notte è diversa, è il mio piccolo rifugio. La notte non dormo, o almeno non me ne rendo conto. È un lasciarsi andare leggero in un piccolo lago di sudore. E quasi ritrovo il calore delle mie guance attraverso le sue. Joshua è sdraiato accanto a me, mi tocca, mi sfiora il viso con le sue labbra. È strano anche questo, è quasi folle. Quando gli chiedo con lo sguardo perché è ancora qui, lui risponde con un altro sguardo: Dove cavolo potrei andare? Con te sono al sicuro. È strano, sì, ed è folle, come lui. È folle e poco credibile che sia lui a sentirsi al sicuro. Io percepisco il contrario, ma non è forse questo l'amore? Non è follia? Non è incredulità? E quando riesco a oltrepassare quella linea – quando dall'incredulità arrivo alla certezza, alla fede che davvero lui è al sicuro con me, – allora non è più soltanto amore, è qualcosa in più: è un miracolo.

Sono al centro della radura, ci sono in ogni momento, anche quando sono sveglia. Nella mia testa si spande un'aura di felicità; l'unica nota stonata è che non riesco a dirglielo, ed è un peccato. Ma lui non si arrende, non demorde per la sola assenza delle mie parole; continua a far vivere quel fuoco. Lo fa gettandoci sopra dei fogli di carta. Sono i referti della mia malattia.

Sclerosi laterale amiotrofica.

Non svanirà per questo, non tornerò a camminare per questo, non riuscirò a parlargli per questo e non riuscirò a fare l'amore per questo. Ma non ce n'è bisogno.

Perché i miei piedi nudi strusciano già fra questi radi sassolini, in questa verdeggiante erba; non ho bisogno di parlargli come lui non ha bisogno di muovere un dito per farmi avvicinare al fuoco; e l'amore… cavolo, non ce n'è mai stato così tanto!
   
 
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