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Autore: Nimel17    03/04/2015    3 recensioni
Prima classificata al contest "L'anno, il posto, l'ora" di ame tsuki EFP
"Baciami forte prima di partire, allora"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Salazar Serpeverde, Serpeverde, Tassorosso, Tosca Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Nickname EFP/Forum: Nimel17
Titolo: Kiss me hard before you go
Pacchetto scelto: Homenum Revelio
Avvertimenti: Nessuno
Note: Nessuna
Coppie: Tosca Tassorosso/Salazar Serpeverde (mantenendo i loro nomi originali inglesi)
Rating: Verde
Introduzione: “Baciami forte prima di partire, allora.”
Nda: Nessuna
 
 
 
I sense there's something in the wind
That feels like tragedy's at hand
And though I'd like to stand by him
Can't shake this feeling that I have
The worst is just around the bend

And does he notice my feelings for him?
And will he see how much he means to me?

I think it's not to be
 
 
 
 
Helga si affrettò su per la scala a chiocciola, alzandosi le lunghe gonne per non inciampare. Il freddo della notte le penetrava nella pelle come aghi, tuttavia si riteneva fortunata che fosse almeno cessato il vento; di tanto in tanto doveva fermarsi e appoggiarsi al muro, non tanto per la fatica, ma perché l’esitazione e la paura di chi avrebbe trovato in cima alla torre le facevano tremare le gambe.
Era ridicolo. Lei era una strega brillante, forse non colta quanto Rowena, ma era potente.
Era assurdo anche che cercasse di convincersi di aver paura per inferiorità magica.
Il cielo non poteva essere così buio, per la barba di Merlino, non doveva mancare nemmeno un’ora all’alba! Eppure, non c’erano stelle e la luna era coperta dalle nubi.
Avrebbe potuto farsi luce con la magia, ma aveva troppa paura di essere scoperta.
La Torre di Astronomia era stata costruita per volere di Rowena ed era la più alta di tutto il castello, cosa che aveva ferito l’orgoglio mascolino di Godric.
Helga, che aveva il dono di saper dire le cose giuste al momento giusto, lo aveva consolato facendogli presente che accettare che la torre più alta fosse quella di Rowena sarebbe stato un vero atto di cavalleria.
Arrivata finalmente in cima, si fermò un istante sull’ultimo gradino, il piede sospeso a mezz’aria. I lunghi capelli castani le si erano sciolti sulla schiena, si sentiva le guance arrossate dal freddo pungente ed era cosciente di avere gli occhi gonfi di pianto.
Respirò profondamente e salì a testa alta, bacchetta alla mano.
Non c’era nessuno.
Come poteva essere?
Si costrinse a restare immobile e all’erta: aveva a che fare con uno dei più potenti maghi oscuri della sua epoca, uno che avrebbe forse ignorato i legami che lo univano ai suoi amici e l’avrebbe uccisa senza pietà. Non era possibile che fossero arrivati a quel punto…
Solo quattro anni prima erano stati tutti entusiasti per l’apertura di Hogwarts, un rifugio dove i giovani maghi avrebbero potuto sviluppare le loro capacità e nascondersi dalle persecuzioni Babbane.
Ora… ora uno di loro voleva andarsene, dopo mesi di litigi e un ultimo, straziante duello.
L’unico modo in cui poteva coglierlo di sorpresa era con un incantesimo non verbale, ma l’angoscia era troppa e le paralizzava la mente.
Doveva farcela.
Chiuse gli occhi e si concentrò.
“Homenum Revelio.”
Percepì subito la direzione che aveva preso la magia, ma non ebbe ancora il coraggio di guardare. Si odiò per quella debolezza, avrebbe voluto essere forte e fredda come Rowena, ardita come Godric e astuta come lui.
Lei era solo Helga, un surrogato di madre per i giovani studenti, una cuoca provetta e un’erborista competente, timida e dolce, incapace di dire male di chiunque. Questo era quello che dicevano su lady Tassorosso e avevano ragione.
Era giunto il momento in cui il topolino avrebbe dovuto affrontare il serpente.
Un serpente che se ne stava nascosto nell’angolo più lontano della Torre, vicino alle pesanti tende delle finestre attraverso cui, solo la notte precedente, gli studenti avevano osservato il cielo con i loro telescopi per studiare i pianeti.
“Salazar.”
Ora l’uomo era perfettamente visibile, il suo Mantello dell’Invisibilità lasciato cadere negligentemente a terra. Sembrava ancora più alto e magro di quanto non fosse, con gli abiti neri che si confondevano nell’oscurità; i capelli corvini avevano iniziato a ingrigirsi sulle tempie, il viso affilato e gli occhi argentei erano fissi su di lei senza pietà.
“Helga. Cosa ci fai qui?”
Lei avrebbe voluto rinfacciargli le sue azioni, i suoi sbagli, la sua crudeltà, ma riuscì solo ad avanzare e a leccarsi le labbra secche.
“Ho sentito che te ne vai.”
“E sei venuta armata per sincerartene?”
“Puoi biasimarmi?”
“Non ti ho mai fatto del male.”
La giovane donna emise un verso di derisione, tuttavia abbassò la bacchetta e avanzò verso di lui, che sorprendentemente arretrò verso il muro.
“Non procedere oltre, Helga.”
“Altrimenti? Mi scaglierai una delle tue maledizioni senza perdono?”
Lo vide fare una smorfia a quella domanda a bruciapelo, quindi si fermò. Salazar non parlava… nessuna protesta d’innocenza, nessun tentativo di attirarla dalla sua parte, nessun insulto.
Dov’era finita la famosa eloquenza del suo collega?
“È necessario tutto questo? Tu e Godric avete già litigato, in passato.”
“Non cambierò idea.”
“Non puoi seriamente pensare che quelli che tu chiami con tanto disprezzo Mezzosangue debbano pagare per le colpe commesse da altri!”
Lui le afferrò un braccio e tirò su la manica della veste, mostrando vecchie cicatrici di bruciature.
“Come puoi dire questo, proprio tu! Non erano maghi quelli che volevano mandarti al rogo!”
Helga si liberò con uno strattone dalla sua presa e si allontanò di qualche passo.
“Se non me ne preoccupo io, non vedo perché dovresti farlo tu.”
Fu stupita di vedergli un sorriso sincero alterargli i lineamenti. Si era alzato un vento leggero e i capelli neri gli coprivano lo sguardo.
“Tu ti occupi di tutti, Helga. Ma chi si occupa di te?”
Bastardo. Avrebbe fatto meno male se l’avesse schiaffeggiata. Non voleva ricordare la sera in cui le aveva rivolto per la prima volta quelle parole, quando lei stava cucinando una torta speciale per il banchetto di Natale. Era passato meno di un anno da allora, ricordava ancora l’abbraccio che l’aveva avvolta e sconvolta: Salazar Serpeverde non era tipo da incoraggiare il contatto umano.
“So badare a me stessa, non ho bisogno di nessuno.”
Quella era stata la sua risposta di allora, ma in quel momento sapeva che, se avesse detto la verità, non si sarebbe trovata in quella torre a pregare il suo amico di non partire. Incrociò le braccia sul petto e andò verso il lato opposto della Torre, sapendo istintivamente che lui l’avrebbe seguita: doveva apparirgli debole, una facile preda per la sua coercizione.
Si chiese, per un brevissimo attimo, se non si stesse sopravvalutando. Perché avrebbe dovuto fare la differenza per Salazar? Doveva trattare la faccenda lucidamente.
“Te ne stai andando, quindi immagino che non sarai tu.”
Guardando con la coda dell’occhio, ebbe la soddisfazione di vedere la sua smorfia d’amarezza.
“Cosa ti è successo, amico mio? Il merito maggiore della fondazione di Hogwarts spetta a te. Sei stato tu a trovare il posto perfetto, anche tu discutevi con noi con entusiasmo neanche sette anni fa di un rifugio…”
“Basta!”
Gli occhi grigi di lui erano accesi da riflessi verde smeraldo proprio come durante le liti con Godric, ma Helga era troppo persa nel rimpianto del passato per aver paura. Nonostante si fosse ripromessa di mantenere la sua dignità, si sentiva un groppo in gola che minacciava di soffocarla.
“Abbiamo fondato la scuola solo quattro anni fa, Sal.”
“Sta’ zitta!”
“Ci sarà pur un compromesso, un accordo da trovare…”
“Ti ho detto di tacere, sciocca! Non hai ancora capito che il mondo è bianco o nero! Ti ostini a cercare sfumature anche dove non ce ne sono!”
“Devo credere, dunque, che tu sia malvagio come ti stai mostrando ora?”
Le lacrime le annebbiavano la vista, ma per una volta Helga non si sentì sminuita dal piangere davanti a qualcun altro. Sapeva con certezza che Salazar, con tutte le sue fredde maschere, non avrebbe sopportato di vederla in quello stato e, se quelle insignificanti gocce che le solcavano le guance potevano diventare un’arma, le avrebbe usate senza esitare.
“Ho sempre creduto il meglio di te, Sal, nonostante tutto.”
La voce le uscì estranea e soffocata, con un’inevitabile nota di preghiera. Helga non implorava mai, lo sapevano tutti: non lo aveva fatto né quando erano morte le sue sorelle, né quando i Babbani l’avevano legata a un palo per bruciarla viva.
Lo fissò con tutta la sua tristezza, consapevole del fatto d’esser pronta a gettarsi in ginocchio se fosse stato necessario, pur di farlo rimanere. Lo sguardo di lui cedette per un istante e si abbassò, incapace di reggere quella vista.
La verità era che, per un motivo o per l’altro, sin dall’inizio si era formata tra di loro un’immediata sintonia, come quella che legava Rowena a Godric, anche se molti ne rimanevano increduli. Il direttore dei Serpeverde era notoriamente ritenuto un pezzo di ghiaccio, severo con gli studenti e sarcastico con i colleghi, ma lady Tassorosso sapeva come farlo tacere con un solo sorriso.
“Noi abbiamo dato inizio a una nuova era, Helga, ma possiamo migliorarla…”
“Ed è per questo che ti sei affidato alla magia nera?”
“Il potenziale è enorme, se controllato con cura.”
“Da te?”
“Da noi.”
Le prese le mani e lei sussultò al contatto con la sua pelle gelida. Le bruciava come il fuoco del rogo, ma non riuscì a muoversi, solo a pensare come fosse simile l’effetto del ghiaccio a quello delle fiamme. Aveva iniziato a piovere violentemente, ma l’acqua non filtrava nella torre, nemmeno il vento li raggiungeva e Helga rimpiangeva di non trovarsi in mezzo alla tempesta, dove i suoi ricordi avrebbero potuto essere assordati dal frastuono degli elementi.
“Cosa ci fa qui, madama Tassorosso? Persa nel dispiacere di non avere una torre tutta per sé?”
La giovane si voltò, imbarazzata dall’essere stata sorpresa nella sua solitudine.
“Certo che no! Volevo solo…”
S’interruppe, arrossendo quando si rese conto che il suo collega Serpeverde la stava solo canzonando. Il ghigno di lui si fece più ampio alla vista delle guance scarlatte.
“Perdono, milady. Lei è al di sopra delle emozioni dei comuni mortali, dopotutto. Invidia, rabbia… non le sono mai entrate nel cuore per più di qualche secondo, vero?”
“Perché dovrei essere gelosa della torre di Rowena? Mi trovo molto meglio nelle cucine.”
“Non ha risposto alla domanda.”
“Pensavo fosse retorica. Naturale che provo sentimenti negativi, semplicemente non permetto che mi governino.”
Sorrise dolcemente, confondendolo.
“Se si diverte tanto a beffeggiarmi, caro Salazar, almeno lo faccia dandomi del tu e mi chiami Helga.”
Le spalle di lui scesero di qualche centimetro e il mago s’inchinò con un’espressione a metà tra il divertito e l’ammirato.
“Colpito e affondato, Helga, colpito e affondato.”
“No. Io… probabilmente sai già quello che provo per te, ma non posso abbracciare i tuoi progetti. Io credo nell’uguaglianza tra i miei studenti e li proteggerò anche a costo della mia vita.”
“Da me?”
Il tono e il viso erano così inespressivi che la giovane donna rabbrividì.
“Se necessario.”
Salazar scoppiò a ridere, ma non c’era malizia in quella risata.
“Tutti ti sottovalutano, mia signora. I nemici di questa scuola temerebbero l’astuzia di Rowena, l’abilità guerriera di Godric, ma è della tua tenacia che dovrebbero aver paura.”
“Sei deciso a diventare mio avversario, dunque?”
Helga appoggiò la fronte sulla mano di lui che stava salendo per accarezzarla, temendo di udire la risposta che, alla fine, sapeva già.
“Non capisci. È proprio per questo che devo andarmene.”
Lei annuì freneticamente, le spalle che tremavano per lo sforzo di trattenere un pianto troppo doloroso, ora che era stata disarmata dalla verità e dalla realtà dei fatti.
“Baciami forte prima di partire, allora.”
 
 
 
What will become of my dear friend?
Where will his actions lead us then?
 
And will we ever end up together?
no, I think not, it's never to become
For I am not the one 
  
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