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Autore: The Galway Girl    03/04/2015    1 recensioni
Gabrielle vive nella Parigi del fine 1800, è una ragazza semplice con un grande sogno: ballare al mitico Moulin Rouge. Un sogno impossibile, finché una scoperta (e un piccolo ricatto) la aiuterà a realizzarlo. Sarà così bello come se lo è sempre immaginato?
Genere: Commedia, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro



< < Miseriacca Gabi, dove diavolo ti eri cacciata? > > la lavata di capo di assale come una doccia fredda.

< < Te l'ho detto ero da Elyse. Ha sempre un sacco di cose da raccontarmi e poi era da tanto che non la vedevo > > cerco di difendermi come meglio posso.

< < Cosa? Ma se vi siete viste stamattina! > >

Accidenti, me lo sono scordata di nuovo! Devo assolutamente prendermi nota delle frottole che racconto a mia madre.

< < Si bé, per me è un sacco di tempo, è la mia migliore amica, il tempo trascorso insieme non è mai abbastanza > > tento.

Mia madre mi guarda con, eccolo lì, il solito sguardo “ma ti ha dato di volta il cervello” e capisco che è indecisa se piangere o strapparsi i capelli dalla disperazione.

< < Gabi ,si può sapere che cosa diavolo ti sta succedendo? Perché credimi, figlia mia, sei, seppur impossibile, più strana del solito! Prima te ne esci con la storia che vuoi fare la ballerina. Poi rubi il vestito della signora Boulin per andare a trovare Elyse e infine mi dici che vuoi fare la sarta, cosa che ti sei sempre calorosamente rifiutata di fare. Dimmi, è forse il caso che chiami il medico? > > sembra proprio allarmata.

< < Ma no mamma, va tutto bene credimi. La storia della ballerina era solo passeggera, non ho mai avuto la benché minima intenzione di fare quel mestiere. > > mento.

< < Ho preso il vestito della signora Boulin per andare da Elyse perché i miei abiti sono tutti rovinati e volevo essere carina come lei. > >

Questo e' vero, i miei vestiti sono tutti sgualciti, Elyse invece ha sempre delle mise super chic.

< < Voglio davvero fare la sarta, è un mestiere molto utile e appagante > > mento di nuovo.

< < Come vuoi tu > > si arrende < < Io vado a dormire, magari domattina mi sveglierò e mi accorgerò che è stato tutto un sogno, che va tutto bene e che ho una figlia normale! > >

< < Si buonanotte mamma > > la saluto e decido che anche per me è ora di dormire.

Dormire, certo.

Non appena ho chiuso la porta di camera mia tutto mi è tornato in mente. La scoperta fatta stasera mi impedisce anche solo di chiudere occhio.

Deve pur esserci qualcosa che posso ottenere da questa informazione.

Potrei vendergli il mio silenzio per un sacco di franchi, così da potermi comprare un mucchio di vestiti bellissimi, e poi vedrai se non ci sarà anche un solo uomo di Parigi che non si volterà al mio passaggio.

Potrei imbrattare tutti i suoi bei manifesti scrivendoci sopra “Padre Indegno” o “Abbandonatore di ragazze incinte”.

Potrei convincerlo a sposare finalmente la mamma così saremmo ricche da fare invidia a chiunque e lei ed io passeremmo le giornate a cucire i bellissimi vestiti delle ballerine. Cioè lei cucirebbe, io farei il filo a tutti i musicisti dell'orchestra.

Potrei, potrei, uno sbadiglio mi distoglie dalle mie fantasie. Forse è proprio il caso di dormirci su.



Le luci del palco si accendono e illuminano i volti degli spettatori.

In sala scorgo Elyse e non posso fare a meno di notare l'espressione d'invidia che alberga sul suo viso.

Jules, inutile dirlo, è rivoltante come sempre.

La mamma e zia Clementine sono sedute al tavolo con mio padre e sono vestite divinamente. Vicino a lui Coralie mi saluta emozionata e sorridente.

Eglantine De la Tour mi si avvicina e mi dice: < < Gabi conto su di te, sei la stella di questo spettacolo, falli sognare! > >

Un ragazzo, cioè il ragazzo più bello che abbia mai visto mi prende per mano e mi sussurra: < < Mi raccomando cherie, sii splendida come sempre e vedi di non far girare troppe teste! > > poi si china per darmi un bacio sulle labbra.

Al segnale di Eglantine le ballerine ed io saliamo sul palco accompagnate dallo scroscio degli applausi.

La mamma sprizza orgoglio da tutti i pori e il papà le tiene la mano con un gran sorriso.

La musica comincia e io inizio a volteggiare facendo ruotare la gonna, sollevando le mie magrissime gambe, e continuo a ballare accompagnata dagli strumenti e dall'ovazione del pubblico.

Termino la mia esibizione sotto una pioggia di rose e applausi.

Esco di scena e tutte le altre ragazze si congratulano con me con frasi tipo “Sei stata grande!”,”Menomale che ci sei!”,”Sei la ballerina più brava del mondo!”

Il papà e la mamma vengono dietro le quinte e lui mi abbraccia dicendomi “Gabi sei stata magnifica! La gente paga il biglietto solo per vedere te! Assumerti come prima ballerina è stata la migliore decisione della mia vita! Dopo aver sposato tua madre ovviamente!”

Non mi sono mai sentita meglio in tutta la mia vita.


Apro gli occhi colpita da un lieve raggio di sole.

Lo so.

So a cosa mi servirà aver scoperto l'identità di mio padre.




Mi alzo carica di entusiasmo consapevole di avere uno scopo, e uno solo.

Esco dalla camera ed evito accuratamente di incontrare lo sguardo della mamma, so perfettamente che non ha creduto ad una parola di quello che le ho detto ieri sera, non crede che io voglia diventare sarta, e non voglio darle l'occasione di ritornare sul discorso, così sistemo un po' in giro, sapendo di avere il suo sguardo puntato addosso.

< < Gabrielle, Coralie ed io andiamo a fare qualche commissione, vieni con noi? > > mi chiede.

< < Ehm... no, preferisco stare a casa, ho... preso freddo ieri, non mi sento molto bene > > rispondo usando la scusa vecchia come il mondo.

< < Oh, ok, allora ci vediamo dopo > > risponde lei un po' stupita, sistema lo scialle sulle spalle di Coralie ed escono.

Appena sento sbattere la porta corro in camera, mi guardo allo specchio pettinandomi come meglio riesco, con le dita, mi pizzico le guance per renderle un po' più rosse e mi mordo le labbra per renderle più carnose (trucchi che mi ha insegnato la zia).

Indosso il vestito buono, il mio, agguanto lo scialle ed esco.

Come ieri cammino svelta, attraverso le vie in modo furtivo con la testa bassa, qualcuno potrebbe anche scambiarmi per una ladra ma voglio solo arrivare al Mulino più in fretta possibile.

Per la cronaca, non ho un piano.

Non ho la più pallida idea di come fare.

Ieri mi hanno praticamente cacciata via a calci, dovrò inventarmi qualcosa.

Arrivo davanti all'edificio, spingo la porta ed entro.

La familiare musica di pianoforte giunge alle mie orecchie, ma decido di non seguirla.

Eviterò il palco oggi, non voglio incappare di nuovo nella coreografa, non dopo le minacce di ieri.

Seguo il corridoio fino ad arrivare nelle quinte.

Incontro un signore in pantaloni da lavoro con la camicia con le maniche arrotolate.

Un operaio credo, dalla faccia mi sembra simpatico, quindi decido di chiedere a lui.

< < Buongiorno, sa per caso se posso incontrare il proprietario? > > chiedo titubante.

< < Chi? > > mi chiede lui stupito.

< < Il proprietario, il signor Ziedler > > specifico.

< < Perché? > > mi chiede lui sospettoso.

Accidenti, sono tutti così diffidenti qua dentro? Non voglio mica accoltellarlo.

Devo inventarmi qualcosa, qualcosa di efficace e plausibile.

< < Ehm, io sono una sarta, una stilista, vorrei proporre dei costumi di scena per le ballerine > > dico in un lampo di genio.

< < Oh, ok, il suo ufficio è in fondo al corridoio, provi a vedere se c'è > > mi dice indicandomi la strada.

< < Grazie > > rispondo avviandomi.

Questo è fatto.

Adesso devo solo affrontare mio padre.

Arrivo all'ufficio, sulla porta trovo un signore distinto che non conosco che mi rivolge un sorriso.

< < Si? Posso aiutarla? > >

< < Buongiorno, vorrei incontrare il signor Ziedler > > rispondo.

< < Perché? > > mi chiede anche lui.

Comincio a temere che incontrare mio padre non sarà facile come credevo.

< < Sono una stilista, vorrei proporre dei miei modelli per le ballerine > > rispondo meno convinta.

L'operaio se l'è bevuta, ma questo signore temo di no.

Mi fissa a lungo.

< < Una stilista? Così giovane? > > m chiede.

Non esistono stiliste giovani? Oddio, non ne ho idea.

Saltello da un piede all'altro nervosa.

Potrei scappare e dimenticarmi di tutta questa storia, sono ancora in tempo per unirmi alla zia Clementine nell'abbordare signori e fare la “vita di tutto rispetto” come dice lei.

< < A dire il vero lavoro con mia madre, è sarta, io disegno i modelli e lei li cuce > > tento.

Continua a fissarmi.

< < Ok, veda cosa le risponde, ma fossi in lei non ci spererei, è sul piede di guerra in questi giorni > > mi risponde poco convinto.

Perfetto.

Ieri la coreografa mi caccia con la minaccia di chiamare i gendarmi e oggi potrei finire pure peggio.

Busso lo stesso.

Dall'altra parte della porta sento un debole “avanti” così entro.

E' un ufficio semplice, improvvisato, una scrivania in fondo alla stanza, un divanetto lungo la parete e dei quadretti sui muri.

Mi avvicino al tavolo e lui non mi degna di uno sguardo.

E' concentrato su dei documenti dall'aria ufficiale.

< < Cosa c'è? > > mi chiede in modo brusco sempre senza guardarmi.

Sono senza parole.

Per la prima volta nella mia vita, io Gabrielle Bouvier, non so cosa dire.

Quando l'ho scoperto ieri non mi sono sentita emozionata o eccitata, stamattina mentre venivo qui non ero in ansia o nervosa. Mi sono comportata come se dovessi incontrare un tipo qualunque, ma questo signore non è una persona qualsiasi, è mio padre. E' la prima volta che lo vedo, e che gli parlo.

Vorrei quasi tirargli una sedia chiedendogli come ha osato abbandonare la mamma e me, lasciandoci a vivere in un appartamento grande quanto questo ufficio, mentre lui se ne andava in giro ad aprire locali alla moda.

Non ricevendo risposta da parte mia lui alza lo sguardo verso di me.

Per un secondo noto che rimane stupito nel vedermi.

Mi squadra guardandomi attentamente.

< < Chi sei? > > mi chiede.

Faccio un respiro profondo e gli rispondo.

< < 19 anni fa lei ha frequentato una ragazza, Marie Bouvier > > comincio, e quando capisco di avere tutta la sua attenzione continuo < < Lei lavorava al porto con la famiglia, al banco del pesce, vi siete visti per un po', poi lei se n'è andato. > >

Lui continua a fissarmi senza dire una parola, credo che sappia già cosa sto per dirgli, credo che l'abbia sempre saputo.

< < Io sono la figlia di Marie, quindi > > prendo un altro respiro < < Anche sua. > >

Aspetto in silenzio una sua reazione, una risposta.

Dopo quelli che mi sembrano minuti interminabili lui mi dice < < Sei tale e quale a lei. > >

Non mi aspettavo una risposta del genere. Pensavo che mi avrebbe fatta portare via dai gendarmi, o peggio, che mi avrebbe spedita in casa di cura.

Lui sapeva. Sapeva che mia madre era incinta quando è andato via.

Probabilmente sapeva che prima o poi sarebbe giunto il momento in cui una ragazza avrebbe bussato alla sua porta rivendicando di essere sua figlia.

A questo pensiero mi si gela il sangue.

Se lui sapeva, probabilmente avrà preso da tempo le sue disposizioni. Farà di tutto per smentirmi e per dimostrare che sono pazza, che mia madre è pazza, dopotutto lui è un uomo importante, io sono solo la figlia di una sarta.

< < Come l'hai scoperto? > > mi chiede curioso.

< < Mia zia Clementine, me l'ha detto. La sera spesso è un po' alticcia > > dico con una risata nervosa.

< < Ah si, la sorella stravagante > > mi dice come se il ricordo della zia risalisse a ieri.

< < Mia madre non mi ha mai parlato di lei, non ha mai voluto rivelarmi la sua identità > > preciso, se devo finire al fresco non voglio trascinare la mamma con me.

< < Si, lo immaginavo, Marie è sempre stata una ragazza speciale > > mi dice con un tono dolce.

< < E' da tanto che lo sai? > > mi chiede.

< < No, l'ho scoperto solo ieri. > > spiego.

Lui sembra accorgersi solo ora che io sono ancora in piedi così mi fa un cenno di sedermi su una poltrona di fronte alla scrivania.

< < Lo dirai a tutti? > > mi chiede.

Ecco la domanda più importante di tutte.

Lo dirò? Rovinerò la sua reputazione? Potrei farlo, contattare qualche giornale, vendere la mia storia e rovinargli la vita.

Non sono qui per questo, però, il mio scopo è un altro.

< < No > > rispondo decisa.

Lui mi sembra stupito, probabilmente aveva già pronto il libretto degli assegni per comprare il mio silenzio.

< < Non lo dirò, ma stavo pensando che forse lei, potrebbe “darmi” qualcosa in cambio > > noto che non capisce così spiego < < Insomma, io non rivelo a nessuno la mia identità e lei in cambio potrebbe farmi un favore. > >

Lui mi fissa, incrocia le mani in grembo e ascolta la mia proposta.


  
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