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Autore: soniuccia2009    03/04/2015    3 recensioni
Non tutti sanno quanto può essere importante avere una persona che ti aiuta a vivere la tua vita al meglio... Quelli sono gli amici. Se ti piace l'introduzione puoi passare a leggere e magari lasciare un commento per permettermi di imparare a crescere anche nello scrivere altre storie.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una Storia da Dimenticare...Forse

Ciao a tutti, sono Sonia e ho 20 anni, sono una ragazza di Roma e vorrei scrivervi un piccolo pezzo della mia storia, una storia forse a volte troppo dolce e a volte troppo crudele da essere vissuta.
 
Benvenuti nella mia vita. Mi chiamo Sonia e sono una ragazza un po’ formosa sin dalla nascita, ora ho 20 anni, ma voglio parlarvi della mia infanzia/adolescenza. Come inizio non sarà una grande storia che tutti si aspettano. Nessuno si immagina un’infanzia triste e dolorosa come quella che ho avuto io. E’ iniziato tutto dalla mia nascita, una nascita che doveva essere perfetta e non prematura, doveva essere una nascita tranquilla senza problemi, si forse anche io ero troppo silenziosa nella pancia di mia madre (da come mi ha sempre raccontato lei) ma mai nessuno si sarebbe mai immaginato un’agonia così lunga, un’agonia fatta da almeno una volta a settimana al controllo dal ginecologo o dalla ginecologa (ehm…scusate ma non ricordo il sesso XD)semplicemente perché ero troppo silenziosa.  Un giorno all’ennesimo controllo vedono che c’è qualcosa che non va in me, un cuore che molto spesso cessa di battere e non continua il battito tranquillo che invece dovrebbe avere un cuore. Da lì comunicano alla mia famiglia già composta da Mamma Cristina, papà Antonio e un fratello di 8 anni, Simone, che devono intervenire il prima possibile prima che il mio cuore smettesse di battere. Quel giorno era l’8 ottobre del 1994, nacqui io, una bimba di 2800 grammi, una bimba che cominciò da subito a lottare con la sua vita. Nello stesso giorno venni operata e mi sistemarono quel problema al cuore, quel maledetto problema che se non veniva subito aggiustato mi avrebbe portato via da questa vita. Da quel giorno iniziai veramente a vivere la mia vita, al di fuori di un involucro che mi permetteva solo di cibarmi e di cominciare a vivere. Quel giorno vidi per la prima volta la luce, la luce che mi ha donato la vita, mi ha donato una famiglia, mi ha donato sorrisi, mi ha donato tanta voglia di vivere, tanta voglia di farmi crescere, tanta voglia di farmi crescere forte e con uno scudo forse a volte troppo debole da proteggermi come altre volte invece riesce a farlo. Un giorno prima nello stesso ospedale, nella stessa stanza dove era ricoverata mia madre, nello stesso reparto, c’era una signora, un’amica stretta di mia madre che dava alla luce un bellissimo e timidissimo bambino di nome Francesco . Un bimbo a dir poco stupendo, capelli castani e occhi colore della nutella. Qualsiasi persona che lo vedeva si innamorava di questo piccolo e paffuto bimbo che solo alla nascita pesava 3200 grammi. Iniziò subito dopo la mia uscita dall’ospedale la nostra amicizia, un’amicizia durata forse troppo poco per i miei gusti, ma un’amicizia che con il passare del tempo è diventata sempre più bella, sempre più duratura, sempre più emozionante. Con il passare degli anni io e lui siamo diventati migliori amici scambiandoci una piccola fedina che ancora oggi è ancorata nel mio dito anulare, ancora oggi ogni volta che l’accarezzo mi accorgo che lui è e sarà sempre una persona della mia vita che non scorderò mai. Dopo qualche anno dalla nascita, come solito nostro fare, il Natale si passa in famiglia. Siamo nel 2000, precisamente il 24 dicembre del 2000 quando mi si presenta davanti a me il mio peggiore incubo, il mio peggiore incubo durato per 6 anni. Gli anni più lunghi della mia vita, gli anni che ogni volta preferisco dimenticare al solo pensiero che mi rovinava tutte le feste natalizie. Sicuramente ora vi starete domando “cosa gli è successo di così brutto addirittura da voler dimenticare quegli anni?”. Quel bruttissimo giorno per me iniziò il vero calvario delle feste, nessuno sapeva quello che succedeva in una stanza, esattamente nella stanza di mio cugino, più grande di me di 8 anni. Iniziò tutto con uno strattone, tutto con delle minacce, tutto iniziò su quel maledetto letto, tutto l’incubo che non passerà mai e poi mai nella mia vita. Non riuscivo mai a guardarlo in faccia per lo schifo che mi faceva, mai una volta sono riuscita a liberarmi della sua stretta. Mi sentivo braccata come un giocatore di football, ma purtroppo  per me non ero in un gioco, ma ero tra le mani schifose di un cugino che se oggi ci incontriamo ha anche il coraggio di sorridermi e di salutarmi. Arrivata all’età dei 12 anni pensavo che i miei incubi erano finiti, pensavo di essermi levata un peso dal mio cuore. Ero riuscita a levarmi le violenze di mio cugino (dove l’unico a saperne qualcosa era Francesco, i miei familiari ancora oggi non sanno nulla di questa cosa)ma mai e poi mai mi sarei aspettata che da un giorno all’altro tutto il mio mondo mi sarebbe ricrollato addosso. Era il 24 giugno del 20008, ultimo giorno di medie per me, avevo appena finito gli esami estivi per il diploma di terza media dopo di che ci sarebbe stata solo e soltanto una stupenda vacanza estiva da passare nel bellissimo mare della Sardegna ma quel maledetto giorno iniziò di nuovo a ricrollarmi il mondo addosso. Questo è il giorno più brutto della mia vita, il giorno in cui il mio Francesco divenne un piccolo angelo. Doveva essere il giorno più bello della nostra vita, un piccolo traguardo raggiunto da parte di tutti e due, un traguardo che abbiamo festeggiato con tanta gioia e serenità ma nel momento in cui lo riaccompagnavo a casa, dato che mi abitava vicino,  purtroppo una macchina ci ha preso in pieno mentre attraversavamo sulle strisce pedonali. Non ricordo molto di quell’incidente, ricordo solo lui che mi abbracciava e io e lui che venivamo sbalzati per non so quanti metri più avanti da una macchina che ancora oggi non è stata identificata e che non si è fermata nemmeno a dare soccorso, forse per paura o forse proprio per codardia. In quell’istante mi sono sentita svuotata da tutto, l’unica cosa che vedevo era lui con un volto sofferente a terra, immobile e che non emanava nemmeno un piccolo respiro. Dopo non so quanto tempo arrivarono due ambulanze a sirene spiegate, il mio ultimo ricordo prima di chiudere gli occhi per poi  riaprirli non so quanto tempo dopo in una stanza asettica e fredda e soprattutto piena di tubi e flebo attaccate. Si dice che di solito le persone quando vanno in coma si ricordano l’attimo prima di finirci, per me almeno è stato così tanto che la prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di chiedere come stava Francesco. In quell’istante ho visto i miei genitori spegnersi, ho visto i loro sguardi spegnersi ma soprattutto senza forza per potermi dire che Francesco non c’era più ma che una parte di lui da qualche giorno era dentro di me e che mi avrebbe aiutato  a vivere. Purtroppo in quel bruttissimo incidente lui aveva perso la vita donandola a me, mi aveva donato il suo cuore. Dopo qualche giorno ci furono i funerali, dilaniati da urla, pianti e grandi frasi dette dalle persone che più gli stavano vicine. Non tutte le cose possono andare bene tanto che da quel giorno, da quel risveglio io ho cominciato a nascondermi, non avevo più voglia di vivere ma in qualche modo lo dovevo fare sia per me che per lui ma ogni volta che provavo a fare un passo da sola al di fuori di quel cancello di casa mi venivano in mente soltanto gli incubi, incubi che ogni tanto si rifanno vivi a fuoco vivo e ardente tanto che bruciano, bruciano tanto da far battere così forte il cuore che sembra che voglia uscire dalla cassa toracica. Così da quando sono stata dimessa dall’ospedale, il mio unico posto dove stavo era in camera sdraiata a letto con la musica, per potermi isolare in un mondo diverso da quello in cui sono adesso, oppure mi nascondevo dietro un pc giocando online su dei giochi che mi permettevano di sfogare tutto il dolore che avevo dentro. Dietro un pc ho fatto delle conoscenze, alcune sono diventate amicizie altre invece sono rimaste conoscenze. Di queste alcune amicizie le tengo così bene che mi diverto a parlare con loro, mi fanno dimenticare del passato anche perché essendo dietro un computer nessuno sa come posso sentirmi veramente, posso mentire, posso ridere e scherzare e allo stesso tempo mascherare il dolore che quasi tutte le sere riaffiora in me. Poi nel 2014 ho conosciuto lui, l’ho conosciuto nel momento più buio della mia vita, non facevo altro che litigare con i miei e da poco c’era stato anche un litigio con mia cognata che mi aveva dato della prostituta ferendomi nell’animo e nel profondo del mio cuore. Lui si chiama Giuseppe e quando ci siamo conosciuti aveva 21 anni ed è di Palermo. Tra di noi è nata subito una sintonia che ci ha portato a parlare per ore e ore al telefono senza mai stancarci anzi quando ero al telefono con lui le ore volavano così in fretta che addirittura un giorno siamo riusciti a stare più di 14 ore al telefono senza rendercene conto. Dopo qualche giorno lui mi ha fatto la proposta di fidanzarci con un messaggio lungo 9 pagine, un messaggio emozionante che mi ha lasciato senza parole. Avevo paura a dire quel si, paura poi di stare male di nuovo nel caso poi sarebbe finita tra di noi, ma quel si gliel’ho dato e ancora  oggi sono felice di averlo detto anche se tra di noi ora come ora c’è solo un’amicizia fantastica. Da quel giorno ho ritrovato un pezzo del mio cuore che si era spento, ho ricominciato a credere nelle vere amicizie ma soprattutto nelle amicizie sincere.   

Buona sera a tutti è la prima volta che pubblico una storia e nel caso vi capita di leggerla, lasciate una recensione e magari mi fate sapere se vi piace o cosa potrei scrivere ancora di più. Grazie in anticipo e buona lettura. Serpentella                  
  
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