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Autore: sheeranshobbit    03/04/2015    3 recensioni
"Quello era il giorno. Me l'ero ripetuto mentre salutavo mia madre che mi faceva le ultime raccomandazioni. Me l'ero ripetuto mentre mio padre mi ricordava di chiamare come minimo tre volte al giorno perché altrimenti si sarebbero preoccupati. Me l'ero ripetuto mentre aprivo la porta di casa per l'ultima volta, lasciando le mie chiavi sul comò dell'ingresso, perché tanto non mi sarebbero servite per un po'. Me l'ero ripetuto mentre afferravo il manico delle mie due valigie, zaino in spalla e Canon al collo, e mi dirigevo verso il taxi bianco che mi avrebbe accompagnata, perché i miei genitori dovevano lavorare."
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: Linguaggio esplicito in alcuni punti

Lost.
 

It's too cold outside
for angels
to fly.
 
 
 
 
-Walt!
-Sorpresa!- esordisce lui, buttando in terra la valigia e gettandomi le braccia al collo. Io sono immobile, senza maglia - il che è abbastanza imbarazzante- e ho perso le parole. Gli picchietto un paio di volte la mano sulla spalla, poi ci stacchiamo. Mi lascia un bacio leggero sulle labbra, recupera la valigia ed entra in casa senza tanti complimenti. Io continuo a fissarlo, scioccata.
-Spero di non averti svegliata- si gira, sorridendomi.
Scuoto la testa e sbatto gli occhi, come se fossi tornata nel mondo reale solo in questo momento.
-Oh, no no ero..sveglissima- balbetto, mentre mi lancio in sala a recuperare la maglia. Lui mi segue e noto che fa una smorfia quando vede una maglia maschile accartocciata di fianco alla mia.
-Sei sola?
-Come?- la mia voce esce stridula e lascia trasparire il panico. Non è successo niente, non è successo niente, ripeto dentro di me.
-Non è sola, è con me- Ed spunta in cima alle scale con un sorriso carico di entusiasmo e le braccia allargate, poi si butta addosso a Walt, che mi guarda di sfuggita. Uno sguardo che non riesco e non voglio interpretare. Il rosso indossa soltanto un asciugamano allacciato in vita e ha i capelli ancora gocciolanti.
-Cosa ci fai qui, Walt?
-Lynch mi ha detto che i Red Lion vanno a New York, non potevo mancare- dice, raggiungendomi e appoggiandomi una mano sulla schiena.
-E poi- continua -a New York non corro nessun pericolo per quanto riguarda la questione Vince- e mi guarda, sorridendo.
Ed da qualche colpo di tosse mentre io mi sento mancare un battito al cuore.
-Bene, se non vi dispiace io vado a fare la doccia- dico, senza prendere respiro tra una parola e l'altra, poi mi precipito su per le scale e chiudo la porta del bagno.
Rivoglio indietro la mia vita monotona.
 
Dopo una doccia lunga una vita giungo alla conclusione di essere molto brava a scappare dai problemi, ma che questo non è il momento per farlo. Così mi asciugo frettolosamente, mi vesto e mi dirigo verso il piano terra. Poco prima di entrare in soggiorno, scorgo un frammento della conversazione tra Ed e Walt, così mi acquatto dietro la porta e rimango in silenzio.
-Credo che a questo punto sia meglio smetterla con questa messa in scena..- dice Walt, con voce abbattuta. Messa in scena?
-Mi dispiace molto..- risponde il rosso.
-No!- ora la voce di Walt è molto più alta. –Non dire che ti dispiace se in realtà non è così. Sono stato stupido io a fidarmi.
-Walt..
Cala il silenzio, c’è un respiro un po’ forzato ma non riesco a capire chi sia stato, poi sento dei passi. Faccio per allontanarmi, ma Walt mi precede e si avvia verso la porta. Lo guardo piena di domande. Lui si ferma. Mi fissa, uno sguardo vuoto e sprezzante. Cosa sta succedendo?
-Cosa..- provo a dire.
-Lascia stare- Si gira, afferra la valigia e se ne va.
Mi giro verso Ed, appoggiato allo stipite della porta del soggiorno. Muovo la bocca come per dire qualcosa, ma lui alza una mano e la pianta davanti alla mia faccia.
-Lascia stare- poi si avvia su per le scale e si chiude in camera sbattendo la porta.
Ah.
 
Dalle risate che provengono dal corridoio capisco che Lynch e Morris sono tornati.
-Ehi gente di casa!- esordisce mio cugino. Scendo le scale due a due e li raggiungo.
-Ed è sparito.
-Sembri sconvolta honey- borbotta Morris.
-Oh, puoi stare certo che lo sono.
-Sparito in che senso?- Lynch è allarmato.
-Sparito nel senso che dopo che Walt se n’è andato, Ed ha preso uno zaino e la chitarra, poi è uscito da quella dannatissima porta senza darmi uno straccio di motivazione!- sbotto.
-Aspetta.. Walt?
Annuisco. -Walt.
-Ma Walt è..
-No, Walt non è al lago. Walt ha bussato a quella dannatissima porta con la sua valigia perché voleva partire per New York con noi. Fin qui tutto bene, se non se ne fosse andato dieci minuti dopo essere arrivato.
-Fin qui ho capito solo che quella è una dannatissima porta.
Guardo Morris talmente male che decide di andare in cortile a scaricare le ultime cose dalla macchina.
-Ok Cat, ora calmati e esaminiamo le cose con calma. Ed?
-Sparito.
-Walt?
-Sparito.
-E tra tre giorni dobbiamo partire..- si passa nervosamente una mano tra i capelli.
-Hai provato a chiamarlo?- mi chiede.
Annuisco, facendogli dondolare davanti agli occhi il cellulare spento del rosso.
-Questo potrebbe essere un problema- conclude Lynch.
-Lo è.
Mio cugino mi guarda preoccupato mentre si siede sul divano e si prende la testa tra le mani. Rimaniamo nel più completo silenzio finchè non sentiamo i passi di Morris, che scende le scale trotterellando. Entra nella stanza e guarda Lynch con aria interrogativa, poi gli si avvicina scuotendo la testa.
-E' in meditazione?- mi chiede, guadagnandosi una gomitata dal moro.
Ridacchio.
-Dai Lì, torneranno. Ed ha lasciato qui tutte le sue cose, ho appena guardato in camera sua. Non può stare fuori per molto, non ha nemmeno il portafoglio..- annuncia trionfante, lanciando una busta di plastica trasparente sul tavolino. Al suo interno un paio di banconote, la patente di Ed e un buono sconto per il Mc Donald's. E' proprio da lui.
Mio cugino sembra un po' più sollevato e guarda Morris mentre borbotta un affettuoso grazie.
-Poteva almeno avvertirmi..- mormoro. C'è una pausa di silenzio, poi Lynch sembra riprendersi.
-Ok, prendiamo in mano la situazione- sbotta, e riconosco nel suo sguardo quel guizzo da leader che si appropria dei suoi occhi ogni volta che la situazione lo richiede. Che sia una partita di nascondino tra bimbi di sette anni o la ricerca di un amico scomparso, Lynch sa come muoversi e io mi fido ciecamente di lui.
-Cat, trova il mio cavetto e carica il telefono di Ed, se c'è un codice ci penseremo dopo. Poi torna qui che devi chiarirmi un paio di cose.
-Agli ordini, capitano!- lo prendo in giro, portandomi una mano alla fronte mentre mimo un saluto militare. Salgo velocemente le scale, mentre ripenso agli ultimi avvenimenti e mi sento esplodere la testa. Cosa può aver fatto reagire così male entrambi i ragazzi? Mi torna in mentre lo squarcio di conversazione che ho sentito, e mi chiedo se dovrei parlarne con Lynch. Non credo sia una buona idea perchè a) non ho sentito tutta la conversazione, quindi potrei aver interpretato male e b) preferisco saperne di più prima di allarmare mio cugino per una cosa che potrebbe rivelarsi un semplice equivoco.  
Quando torno in soggiorno con il cavetto sento Morris parlare a raffica con quelli che immagino siano tutti gli amici di Walt. Mi siedo vicino a mio cugino e attacco il cellulare alla corrente. Rimango a fissare lo schermo nero sperando che Ed non sia stato così furbo da mettere il codice, finchè non appare la mela morsicata della Apple e poco dopo la schermata d'accesso. E' bloccato.
Sbuffo, mentre lascio il cellulare sul tavolino e mi accascio sullo schienale del divano.
-Ha il codice?- chiede Lynch. Annuisco e lui sbuffa.
-Nessuna idea?
Guardo il vuoto e scuoto la testa.
-Allora puoi cominciare con lo spiegarmi perchè stamattina vi ho trovati addormentati sul divano, in un groviglio di maglie e gomitate.
Arrossisco violentemente mentre distolgo lo sguardo. Vorrei saperlo anche io. Mi schiarisco la voce, imbarazzata.
-Ehm, credo di avere bevuto un po' ieri sera.
Mio cugino mi guarda divertito, mentre con la mano fa segno di continuare. So che si segnerà questa storia parola per parola e la tirerà fuori in occasioni pessime, come il suo potenziale discorso nel giorno del mio matrimonio. Decido di cambiare un po' i fatti.
-Ieri sera non riuscivo a dormire, così mi sono alzata e ci siamo incontrati in cucina.. Nessuno dei due dormiva, così..
-Così?
-Beh abbiamo pensato di andare al parco.
-Certo, ottima soluzione per l'insonnia.
Lo fulmino.
-Beh Ed aveva portato con se un paio di birre..
-..e questa- conclude lui, sollevando la bottiglia di Vodka.
Mi fingo innocente, alzando le mani aperte davanti a me.
Lynch ride, mentre scuote la testa.
-Almeno alla fine ti sei addormentata- ammette, ridendo.
-Esatto!- rido anche io.
-Quindi ieri sera ti sembrava tutto a posto?
-Si, anzi non era mai stato così..gentile- ammetto. -E poi..
Mio cugino mi guarda, incuriosito. -E poi?
-Gli ho raccontato della nonna
-Davvero?- è sinceramente stupito. -Wow.. E come stai?
Allargo le braccia e sbuffo. -Bene, immagino..
Ripenso a quella notte, a quanto mi sono sentita libera, finalmente.
Lynch mi sorride e si alza. -Vado a sentire se Morris ha novità.
Annuisco. Improvvisamente mi torna in mente la leggenda giapponese che mi ha raccontato Ed, quella che gli ricordava sua madre. 
La notte di Vega e Altair.
Sette Luglio.
Mi fiondo verso il tavolino e afferro il cellulare. Digito  velocemente quattro numeri: 0707.
Errato.
-Merda!- sbotto.
-Cat?- urla mio cugino dall'altra stanza.
-Tutto bene, tutto bene- farfuglio.
Torno a fissare lo schermo e i suoi dieci numeri. Pensa Cat, pensa.
-Lynch, quanti anni ha Ed?- urlo, per farmi sentire. La risposta arriva dopo una pausa di silenzio.
-Ventiquattro. 
Faccio due rapidi calcoli, poi digito.
7791.
Lo schermo si sblocca sulla schermata della home. Il mio dito corre veloce verso la cartella dei messaggi e subito la mia attenzione è attirata dall'ultimo ricevuto. Il numero è privato.
 
Ci vediamo al Red Lion.
Solito posto, solita ora.
Vieni solo.
Vince
 
Sento il sangue raggelarsi nelle vene mentre di istinto spengo il cellulare e mi precipito in camera mia. Afferro una felpa con cappuccio e un paio di jeans, poi mi lego i capelli in una coda e butto dentro uno zaino il cellulare, le chiavi di casa, occhiali da sole e dei soldi per l'autobus. Scendo le scale e vedo le chiavi della macchina di Lynch appoggiate sullo scaffale dell'ingresso. Ho bisogno che lui e Morris stiano il più lontano possibile da tutto ciò che riguarda Vince, così le faccio scivolare dentro la tasca dello zaino. Mi farà guadagnare tempo, spero. Affacciandomi in cucina, inforco il sorriso più innocente che io possa simulare in questo momento e farfuglio la prima scusa che mi viene in mente. Lynch annuisce distrattamente e io mi fiondo fuori dalla porta. Qualunque cosa volesse Vince, potrei già essere in ritardo.
 
Arrivo al Red Lion in dieci minuti di autobus. Sono tesa come le corde di una chitarra e il mio sesto senso per le disgrazie di sta attivando paurosamente. Inforco gli occhiali, voglio evitare di essere riconosciuta, almeno non a prima vista, poi attraverso la strada e mi trovo davanti al Red Lion.
E' chiuso.
Chiudo gli occhi e mi ripeto di stare calma, mentre comincio a pensare a quale potesse essere la "solita ora". Esploro tutte le possibilità, mentre passeggio freneticamente per il marciapiede, attraverso la strada, percorro tutto il marciapiede di fronte al locale e poi attraverso di nuovo. Di certo non sto facendo in modo di non dare nell'occhio.
Noto una panchina esattamente di fronte a me, così decido di stabilirmi lì ed aspettare che accada qualcosa. Ma cosa? Potrebbero essersi dati appuntamento per stasera. Ed potrebbe aver deciso di scappare, invece che presentarsi all'incontro.
I miei neuroni stanno per suicidarsi quando, venti minuti dopo, non è ancora successo niente. Forse è inutile rimanere qui. Ripenso alla prima volta in cui ho visto quel locale, il giorno del mio arrivo. Chi se lo aspettava che le cose si sarebbero messe così? Improvvisamente l'immagine del ragazzo steso per terra  nel vicolo si fa largo nella mia mente. Mentre cerco di scacciarla, però, mi illumino.
Il vicolo, il solito posto non è il Red Lion, ma il vicolo.
Scatto in piedi, afferro il cellulare e me lo metto nella tasca, in caso di bisogno. Poi alzo il cappuccio e ripercorro la strada al contrario, cercando di ricordarmi dove svoltare. Dopo un paio di curve sbagliate, mi ritrovo nella stessa strada, dietro allo stesso cassonetto, accucciata allo stesso modo. Loro sono lì, sento le loro voci, ma non ho ancora avuto il coraggio di sporgermi per vedere se sono proprio loro. Faccio un respiro profondo e mi sporgo lentamente. Senza tacchi è tutto molto più facile, anche se sto molto attenta a non scivolare, perchè questa volta non sarebbe così semplice uscirne sana e salva.
Sono in quattro, ma non riesco a vedere i loro volti, coperti dall'ombra del cappuccio tirato rigorosamente sulla testa. Mi manca il fiato quando appoggio gli occhi su una sagoma maschile accasciata a terra, immobile. Emette solo un lieve lamento e si contorce ad ogni nuovo colpo. Lo riconosco subito, la chitarra buttata ad un lato della strada e i quattro che ridono, sputando insulti contro di lui.
Oh Ed, cosa ti è saltato in testa?
Mi nascondo di nuovo, mentre cerco di pensare al da farsi, ma ogni colpo sordo che sento mi fa salire ancora di più il senso di nausea a panico. Sento di stare per scoppiare a piangere, ma devo essere forte. Questa volta non si tratta solo di me.
Di tornare indietro a chiamare aiuto non se ne parla, ci metterei troppo tempo. Non posso telefonare alla polizia perchè mi sentirebbero. Fisso il vuoto. Avrei dovuto chiamarla prima la polizia. Finalmente mi viene in mente l'idea più stupida e rischiosa che io abbia mai avuto in tutta la mia vita. Estraggo il telefono dalla tasca, poi invio un SMS al 118 insieme alla mia posizione, nel caso il piano non dovesse funzionare. Con la mano che trema clicco sull'icona dell'applicazione più stupida che potessi mai scaricare, una collezione di suoni che in teoria dovrebbero servire per fare scherzi.
Un respiro.
Sirene della polizia.
Non funzionerà mai, non funzionerà mai, mi ripeto, mentre la sirena parte.
Tendo l'orecchio.
-Cazzo!
-Vai vai vai!
Sono le uniche cose che sento, insieme al rumore di passi che man mano si allontanano lungo il vialetto.
Non ci posso credere, non può essere vero. Mi viene quasi da piangere, mentre aspetto qualche secondo prima di sbucare fuori dal mio nascondiglio.
Mi pento immediatamente.
Uno dei quattro è esattamente davanti a me e scoppia in una gran risata non appena mi vede. Corro velocemente con lo sguardo verso Ed, a terra, che cerca di girarsi verso di noi.
-Cat..- sussurra.
Non ce la faccio a vederlo così. Torno con gli occhi sul ragazzo davanti a me, che intanto ha cominciato a battere le mani.
-Wow, ti pensavo molto più intelligente dolcezza, davvero.
Riconosco immediatamente la voce e rimango immobile, come pietrificata. Non poteva essere altrimenti.
Vince.
-Cosa gli avete fatto?
-Oh che dolce, sei venuta a salvarlo?- ridacchia. -Il tuo amico era stato avvisato- la sua voce è molto più dura. -E' quello che si merita.
Sento una profonda rabbia ribollire dentro di me mentre Vince abbassa il cappuccio e rivela i suoi occhi spenti.
-Davvero pensavi di poter risolvere le cose con questo giochetto?- chiede sarcastico, mentre mi prende il cellulare dalle mani e lo lancia in un angolo del vicolo.
Ci penso su, poi scuoto la testa.
-No..
Intravedo Ed con la coda dell'occhio, sta cercando di alzarsi. Decido di prendere tempo, almeno per permettergli di mettersi seduto o in piedi, o scappare.. Non so veramente cosa fare, così improvviso.
-Mi avevate già visto?
-Certo, ma volevo divertirmi un po'. E' stato bello credere di aver salvato questo idiota?- e così dicendo tira un calcio a Ed, rispedendolo in terra. Resisto all'impulso di aggredirlo. E' troppo vicino e non riuscirei di certo a metterlo fuori combattimento. Non ci guadagnerei nulla, devo farlo allontanare da Ed.
-Si, molto bello- sorrido, più verso il rosso che verso il ragazzo di fronte a me. Gli occhi di Ed incrociano i miei, ma distolgo immediatamente lo sguardo. Rimani concentrata.
In quel momento Vince si passa una mano sul labbro spaccato, da cui esce una strisciolina di sangue. Probabilmente Ed ha cercato di difendersi. Il ragazzo nota che ho visto la sua ferita e sorride. Fa un passo in avanti, io ne faccio uno indietro automaticamente, ed è lì che mi viene l'idea.
-Forse un bacio guarisce- suggerisce lui, malizioso.
Ti farei baciare l'asfalto.
-Oh povera stella, ti chiamo un'ambulanza?- chiedo in tono ironico, mentre spero che i soccorsi arrivino davvero.
Lui sorride in un modo che mi fa venire i brividi e fa un altro passo verso di me. Io indietreggio. Forza, ancora un po'.
-Quattro contro uno, giochi sporco- Oddio, ora mi uccide.
-Tecnicamente, sono uno a cui piace vincere- sussurra, mentre si avvicina ancora. Un passo indietro.. Un altro.. Sono quasi arrivata al muro. Saremmo abbastanza lontani da Ed. Posso farlo.
-Certo, vincere.. Oppure la tua è solo paura?- sbotto. Non so dove sto trovando tutto questo coraggio.
-Cat attenta..- si lamenta Ed da terra, cercando di convincermi a smettere di stuzzicarlo.
Vince scoppia a ridere.
-Hai del coraggio, ragazza. Se solo l'avessi voluto tu saresti già in terra a implorare pietà, lo sai questo, vero?- dice, mentre si avvicina ulteriormente. Deglutisco a fatica e molto probabilmente ho anche smesso di respirare. Sono terrorizzata, ma cerco di non lasciarlo trasparire, mentre faccio un paio di passi in più, il che lo spinge a raggiungermi. Finalmente tocco il muro con la mano. Ora o mai più.
-E come mai non l'hai fatto?
-Perchè sarebbe uno spreco rovinare questo bel faccino- conclude, sfiorandomi la guancia con la mano insanguinata. Sto per vomitare. Ormai siamo vicinissimi, i nostri nasi a pochi centimetri. Alza una mano e mi abbassa la zip della felpa. Lo sapevo.
-Non la toccare- sbotta Ed, mentre cerca di alzarsi. Vince si gira a guardarlo e scoppia a ridere, e io capisco che questo è il momento giusto. Raccolgo tutta la mia rabbia e il disprezzo che provo per la sua persona e li scarico nella potente ginocchiata che ha come destinazione la zona x. Sorrido soddisfatta mentre una smorfia di dolore gli si forma sul volto, mentre con la mano raggiunge i suoi preziosi gioielli e cerca di limitare il dolore. Cerca di bloccarmi con la mano libera, ma faccio in tempo a scivolare velocemente via dalla sua presa e liberarmi. Non appena si gira, gli assesto una gomitata sotto le costole. Si piega in due per il male, mentre io ne approfitto e gli tiro un'altro colpo alla schiena. Riesco a guadagnare tempo, così gli vado dietro e con il calcio migliore della mia vita lo spedisco contro il muro. La sua testa colpisce il cemento con un sordo tonf e lui si accascia a terra. So di averlo solo stordito, così non perdo tempo e corro verso Ed, ma una mano mi afferra la caviglia e finisco stesa a terra, dando una facciata paurosa al cemento.
-Ma tu non muori mai?- sbotto, voltandomi verso Vince ancora a terra dietro di me. Cerco di scalciare per liberare la mia gamba dalla sua stretta, ma lui non ha intenzione di cedere. Provo anche ad assestargli una bella piedata su quella faccia di merda che si ritrova, ma lui è più veloce.
-E' stato tutto molto dolce- mi prende in giro.
-Sono felice- gli sorrido, sprezzante. Non so più che cosa inventarmi per uscirne salva, sto giocando la carta dell'ironia per andarmene in modo eroico: almeno sui giornali mi ricorderanno come una con le palle. In più la testa mi fa parecchio male grazie alla caduta e probabilmente ho qualcosa che sanguina, dato che la mia mano è piena di liquido appiccicaticcio. Inorridisco.
In quel momento una sirena in lontananza attira la mia attenzione e anche quella di Vince, che finalmente molla la presa. Leggo la sconfitta nei suoi occhi, mentre si alza velocemente in piedi e mi guarda con disprezzo.
-Puttana- ringhia, correndo via.
-E' stato un piacere- urlo, mentre mi godo la vista di Vince ciondolante che si affretta verso la parte opposta del vicolo. L'ho reso io così ciondolante.
Le sirene si avvicinano sempre di più mentre io lascio andare la testa all'indietro, accasciandomi sul cemento e ricominciando a respirare forse per la prima volta da quando ho lasciato casa.
L'ambulanza non ci troverà mai immersi nell'oscurità di questa strada. Devo per forza far alzare Ed, così vado lentamente verso di lui mentre cerco di controllare la mia testa, che minaccia di farmi crollare a terra da un momento all'altro.
Il rosso è ridotto veramente male. Ha uno spacco molto profondo sul labbro e un taglio sulla fronte. Rivoletti di sangue si sono seccati sotto il naso e al lato della bocca, mentre le braccia sono segnate da innumerevoli lividi e graffi. Immagino che però il dolore più forte sia provocato dai calci che ha ricevuto sulla schiena e sulle costole.
-Cosa ti è saltato in testa? Doveva essere a New York!- urlo, liberando tutta la mia frustrazione, ma subito mi pento e mi abbasso al livello di Ed.
-Oh, Ed..- mi avvicino, e gli passo delicatamente una mano sulla guancia. -Stai bene?- farfuglia.
-Meglio di te- dico, dolcemente. Il rosso ride, ma immediatamente è costretto a girarsi e tossire.
-Vuoi alzarti? Ho chiamato l'ambulanza..
Annuisce debolmente.
-Non dovevi venire..- mormora. Lo aiuto ad alzarsi, poi ci incamminiamo malamente verso l'ucita del vicolo, dove finalmente siamo accolti dai medici.
Siamo salvi.

Buona sera gente! Eccomi di nuovo qui con un capitolo tutto per voi. E' stato davvero mooooolto difficile da scrivere perchè ogni volta non mi piaceva e mettevo qualche modifica qua e là, quindi ci ho veramente messo un sacco di tempo. Alla fine sono abbastanza soddisfatta, però dovete dirmi voi. Cosa ne pensate? Povero Ed mi sento quasi in colpa.. No in realtà no. 
E' un capitolo abbastanza lungo, forse il più lungo. Avrei voluto spezzarlo da qualche parte ma poi mi sembrava di perdere l'atmosfera che forse forse forse ero riuscita a creare e trasmettere. Spero davvero di esserci riuscita. 
Come sempre ringrazio le anime buone che continuano a seguirmi, senza di voi non sarei nulla!
Ci sentiamo spero presto, un bacio, Annie :)
Ah, buona Pasqua, anche se non un po' in anticipo :)

 Ps. Ho avuto dei problemi con il pc quindi il banner potrebbe essere un po' sranato, scusate
  
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