Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: HeavenIsInYourEyes    04/04/2015    5 recensioni
Ci sono scene in cui si ributterebbe per riviverle in ogni minimo dettaglio, senza spostare neppure una virgola; altre vorrebbe cancellarle, modificarle, rispondere "Ma" anziché "Beh", dire "Sì" invece di "No".
Mitsui continua a chiedersi cosa sarebbe successo se non avesse abbandonato il basket, se, se… Ne è talmente schiacciato da sentire l’aria mancare e più ci pensa, meno riesce a trovare una via d’uscita.
Ed è così che si sente anche quando apre la porta della palestra; poco, è solo uno spiraglio ma gli basta per sentire la testa girare, il cuore pulsare e tutto il resto farsi effimero.
Il suo "se" più grande se ne sta lì, trasportata dalla musica e leggera come l’aria.
Shibahime è… Da dove può cominciare per descriverla?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Hisashi Mitsui, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
capitolo 3

Quando Nanaka addenta la fetta di pancarré lasciata sul tavolo, un tonfo proveniente dal salotto la fa sussultare.
Affacciandosi, scorge la coda pelosa di quello scemo di Spock sgattaiolare lungo le scale; riverso a terra, il cadavere della ciotola con tutte le chiavi, monetine e carte dei tarocchi che sua madre si ostina a non bruciare.
Si china per pulire, le capita fra le mani la carta del mondo. Rovesciata.
Nanaka Itou si accascia a terra in preda alla disperazione.
«No, ti prego

 

 

Mo Chùisle

Capitolo 3
Il “Come ho potuto?” degli altri
 


“Edie:
Non capisco cos’è cambiato.
Claire: Non è cambiato niente. Una parte di me pensa che questo è ciò che voglio, l’altra no.
Ma… E se la parte che non vuole la pensasse così solo perché è spaventata?”

                                                        - The dare [4.07], Six feet under-

 

«Ah, ci sei tu Itou?»
Quando Nana recupera la palla dorata, la figura di Kogure entra nel suo campo visivo. Le braccia tese ricadono lungo i fianchi e dopo essersi sistemata il body, si rialza con un’ultima capriola all'indietro.
Il ragazzo applaude e lei si perde in inchini.
«Perdonami, credevo fosse qualcuno dei nostri.» si giustifica con un leggero sorriso.
Nana sventola una mano affusolata «Non preoccuparti, tanto avevo finito.» porta l’asciugamano sulle spalle e inclinando il capo gli sorride un poco.
Kogure guarda gli attrezzi posti ordinatamente ai lati della palestra «Tenterete di vincere i campionati anche quest’anno?»
Gli occhi di Nana si infiammano «Come sempre.»
Indossa gli occhiali da saldatore del laboratorio quando le fiamme lo raggiungono «Non ne avevo dubbi» batte le mani per richiamare la sua attenzione «So che la Sendoh è tornata in forma. Parteciperà anche lei quest’anno?»
Nana lo guarda con la coda dell’occhio.
Se Shibahime è in forma, lei è lo Hobbit destinato a portare l’anello.
Nana però tace e annuisce, mentre l’unico rumore che riga l’aria è quello della cerniera del borsone «Con lei dovremmo essere al sicuro. L’anno scorso abbiamo vinto per il rotto della cuffia.» ammette non senza un certo fastidio, memore del casino che il suo improvviso allontanamento aveva lasciato.
Si era ritrovata sola, con un mucchio di matricole su cui non poteva contare e la vana speranza che quella scema si sarebbe ripresentata con il suo body azzurrognolo e i capelli rossi perennemente disordinati, magari con le sue scuse fargugliate ma che sono sincere e la scaldano sempre.
Ricorda ancora i pomeriggi trascorsi a guardare la porta verde quando la coach spiegava loro come non clavettarsi o alla fine di un perfetto moulinet sotto lo scrosciare degli applausi delle altre o dei maniaci appostati sulle tribune, in attesa che tornasse indietro. Poi la ex capoclasse, Ryoko Shimura, le ha detto di essersi ritrovata una Shibahime dai capelli neri imbrattata di farina al corso di cucina; la speranza, a quel punto, è migrata verso lidi più felici.
«Quando ha abbandonato la squadra, non ci volevo credere. Il giornalino scolastico non faceva che parlarne.»
Nana ridacchia appena «Ah già, ricordo... Qual'era il motivo?»
«Che entrambe vi contendavate Sendoh-san e quando lui ha scelto te, la Sendoh ha deciso di andarsene.»
Il ghigno della ragazza si amplia, sgretolando quel macigno che le è precipitato sullo stomaco «Quante fesserie. Chi lo vuole Sendoh-san?»
«C’era anche la versione: “Il club di ginnastica ritmica si dopa, Shibahime Sendoh lo scopre e decide di togliersi dalla squadra”» Nanaka scoppia a ridere; quella se l’era persa «Sono felice che il reale motivo non sia uscito.»
«Già… Non le avrebbe giovato.»
Sospira «Almeno lei ha deciso di tornare sui suoi passi» le rivolge un tenue sorriso, Nana si ritrova a ricambiarlo avvertendo un fremito al cuore. Ha paura che le cose possano cambiare ancora, è preoccupata per lei in maniera così viscerale da sentirsi quasi impotente «Ad ogni modo, vedrai che andrà bene. So che ci sono delle matricole dotate.»
Il sorriso si addolcisce, nonostante i lineamenti duri del suo volto ovale non lascino intendere granché. La Watanabe e la Murosaki sono due delle matricole più promettenti di quest’anno, le considera le sue adorate pupille. E poi, per farla contenta, vanno addirittura a piantonare gli altri istituti, tornando indietro con una marea di appunti sulle avversarie.

A-do-ra-bi-li!
La ragazza gli lancia uno sguardo divertito, poi lo fissa con un sorrisetto «A voi invece come vanno gli allenamenti?»
Gli occhi del ragazzo brillano «Oh, alla grande! Se continuiamo di questo passo, potremmo andare ai campionati nazionali!» guarda il canestro con aria sognante «So che può non sembrare, ma Akagi sta galleggiando su di una nuvola rosa.»
Nana rabbrividisce; è un’immagine orribile quella di Akagi con indosso le vesti di un putto alato che sorvola la città a bordo della nuvola Speedy «Nuvola rosa… Piuttosto, un autocarro fatto di nuvole» Kiminobu vede afflosciarsi tutti i propri istinti poetici «Ad ogni modo, sarebbe fantastico se ce la faceste.»
«Già, già!»
«Del resto, ve lo meritate. Tranne quella matricola, Sakuragi, quello si merita solo tanti schiaffi.» sbrodola con malumore, memore del casino infernale che combina e che riesce ad arrivare fino alla loro palestra, posta dall’altra parte del corridoio. Ha una voce da trombone che copre perfino la musica di sottofondo che utilizzano per gli allenamenti e molte volte è stata costretta a sedare la sua marea di cazzate chiedendo espressamente ad Akagi di intervenire.  Quello è l’unico momento in cui seppelliscono l’ascia di guerra, unanimi nel voler far passare a miglior vita quel decerebrato. E’ lì che ha scoperto che Takenori e Ade sono amici per la pelle: come scatena lui l’Inferno, non lo fa nessuno.
Kogure si aggiusta gli occhiali «Oh, ha molto potenziale» sancisce con un leggero tic al sopracciglio destro «Deve solo migliorare--»
«L’educazione?»
«Le basi--»
«Dell’educazione?»
«Della pallacanestro. Quelle basi.»
«… E anche quelle dell’educazione.» cinguetta.
«Eh…» il ragazzo ride nervosamente «Ammetto che ci fa un po’ disperare, ma tutto sommato è un elemento valido.»
«E’ un’attaccabrighe.» esala lapidaria, sciogliendo lo chignon.
«Anche la Murosaki lo è.»
«Sì, ma almeno lei si limita alle parole. Non spacca gambe e non spezza ginocchia… E non rompe mani» Kiminobu diventa cianotico «Ha quasi rotto la mano a Sendoh, il vostro "Elemento valido".»
«Vedo che la notizia ha già fatto il giro della prefettura.» gronda sudore dalla fronte, Nana è quasi tentata di passargli il proprio asciugamano.
«No, a dir la verità è stata Shibahime a raccontarmelo. Ridendo… Quindi probabilmente non è nulla di grave.» sventola una mano. Quella ragazza è una cretina di dimensioni bibliche -giusto per restare in tema di Apocalissi e Inferi-.
«Beh, speriamo sia così. Altrimenti dobbiamo aspettarci un attacco da parte del Ryonan!» la risata del ragazzo si fa ancora più nervosa.
«Quelli del Ryonan non sono dei teppisti.» cerca di chetarlo, ma quello sembra in procinto di sgonfiarsi come un palloncino.
«Beh, loro no. Ma le fan di Sendoh sono paragonabili a quelle di Rukawa.»
«Delle invasate, insomma» Nana infila tutto nel borsone e fa ciondolare la nuca. Si chiede ancora come quei due possano restare indifferenti di fronte ai loro cori da stadio a sfondo sessuale. Meriterebbero un premio solo per la loro pazienza «E poi, anche se dovessero tendervi un agguato sono sicura che i vostri darebbero loro filo da torcere.»
«Ah, beh… Eh.»
«Sakuragi andrebbe bene nel club di Kendo.»
«Quelli del Judo lo vorrebbero.»
«Che culo che ve lo teniate voi, mh?» trilla armoniosa, facendolo afflosciare per terra.
«Oltretutto, ora che anche Miyagi è tornato… Ah, sia fatta la nostra volontà!»
«Come in cielo così in—Miyagi?!» Nana volge il viso con scatto repentino, guardandolo allucinata. Ha sentito bene? No, non può aver sentito bene. Forse la caduta di prima le ha causato uno scompenso cerebrale, deve essere per forza così!
«Già, dicono che sia uscito dall’ospedale qualche giorno fa. Non è fantastico?» gracida felice come un bambino a Disneyworld.
Se Miyagi è uscito dall’ospedale + è tornato a scuola, moltiplicato per il fattore Rissa-con-Senpai-Cazzuti, il risultato è… Una tragedia! Una tragedia da fine del mondo!
«No che non lo è!» starnazza, Kiminobu per poco non viene scaraventato dall’altra parte della palestra «Ahm, cioè… Wow!»
Il ragazzo si asciuga la fronte, poi si cheta e le rivolge un sorriso talmente dolce e felice che Nana vorrebbe fare una visitina ad Ade e prendere il the con lui e Akagi. Chissà se ha anche i dorayaki.
«Ora che Miyagi è tornato, saremo di sicuro più forti.»
Nana vede stagliarsi di fronte a sé l’ombra del mondo rovesciato che ha pescato questa mattina. Se non fosse per Kogure che farnetica riguardo un compito di inglese, probabilmente andrebbe a sbattere contro l’entrata della torre.
«Itou, tutto bene?» le sventola una mano davanti al naso arricciato «Hai l’aria di una che ha visto un fantasma.» aggiunge divertito.

No, fantasma no. Teppisti, magari. Che cadono dal mondo rovesciato.
«Mh, cosa? Hai detto Miyagi?»
«In realtà parlavo del compito di geografia.»
«Non era quello di inglese?» Kogure fa per rispondere ma Nana sventola entrambe le mani «Sì, ma parliamo di Miyagi…» si guarda attorno, circospetta «Come sarebbe a dire che è tornato?!» fatica a mantenere una certa compostezza; se lo fa, è solo grazie agli insegnamenti pseudo-russi che la coach Kitamura impartisce loro da tempi immemori.
«E’ tornato, nel senso che è tornato a scuola» la guarda come se fosse una schizoide «Anche se nessuno l’ha visto, a dir la verità.»
«Ah… Ma allora magari è solo uno scherzo.»
«Beh, come si dice? Quando sono più campane a suonare…» le sorride ed eccolo lì che si perde in farfugliamenti su come quest’anno potranno finalmente sperare di vincere ai campionati nazionali e amenità varie.

Campane, certo… Di fine di mondo!
«Beh, ma… Qualcosa non va?» domanda preoccupato. Forse sono le sue guance bordeaux o magari il sudore grondante dalla fronte o ancora il colorito cadaverico ad impensierirlo. No perché Nanaka è ormai lontana dall’essere l’astro luminoso della squadra di ginnastica; no, sembra più uscita da Resident Evil. Nel ruolo dello zombie. E nemmeno quello grande, forte, cazzuto, che ti ostruisce il passaggio e ti costringe a combattere su di un treno in movimento. 
No. Lei somiglia di più a quello per strada che viene ucciso da un proiettile vagante.
«Ahm, no, niente. Devo solo farmi una doccia.» sbrodola a casaccio, vedendolo annuire.
«Oh, allora ti lascio. Ci vediamo oggi in palestra.»
«Sì, certo, aha…» i suoi passi rimbombano talmente tanto che coprono i battiti martellanti del suo cuore. Ode la porta aprirsi e prima che il ragazzo possa sparirvi dietro, si ritrova a guardarlo con timore «Kogure-kun. Ma… E Mitsui?» glielo domanda con curiosità, deglutendo quel mucchio di domande e paturnie che vorrebbe rifilargli a mo’ di sfogo.
Le spalle del ragazzo si incurvano, sembra quasi che il peso del passato sia troppo gravoso per le sue spalle larghe.
«A quanto pare è uscito anche lui.»
«Mh.»
«So che quest’anno è in classe con te.»
«Mh. Mhmh.»
«Stai tranquilla, la Sendoh non si farà influenzare.»
«Ngh.»
«Andiamo, cosa può succedere?» La fine del mondo? «Coraggio Itou, il peggio è passato. Ora ci aspettano i campionati nazionali!» e il ragazzo viene spazzato via dall’onda d’urto che il mondo rovesciato, ormai ridotto ad un cumulo di macerie, ha lasciato dietro sé.

La ragazza cade pesantemente sulla trave, le gambe molli e la testa pesante. 
Raccoglie il cellulare dalla borsa e compone il numero senza pensarci, trattenendo il fiato per tutta la durata dell’attesa, fino a che una voce impastata dal sonno non dà il via alla conversazione e lei si sente un po’ più in pace. 
«Sei ancora a letto?.»
«Shiba non mi ha svegliato.»
«Sarà in ritardo anche lei…» uno smadonnamento di sottofondo fa ridere il ragazzo «Ecco, appunto.»
«Avevi bisogno di lei?»

Non di lei. Di te.
Si massaggia la fronte «Volevo andare da Ade ma oggi è in riunione con le Parche…»
«E’ in riunione?»
«A quanto pare.»
«Ah… Mh. Le Parche?»
Si inumidisce le labbra sottili «Posso passare stasera?» la sua voce cala di qualche tono, stringe il borsone contro il petto mentre il pavimento sotto di lei si sgretola.
«Hai perso qualche gara?»
«Mh? No, no… Allora?»
C’è un silenzio che la inquieta e al tempo stesso la fa sentire tranquilla. I suoi silenzi le fanno sempre quest’effetto.
Sa che Akira è sempre stanco dopo gli allenamenti ma punta sulla sua bontà e sul fatto che, forse, anche lui ha bisogno di sfogarsi in qualche altra maniera, qualcosa che non implichi una palla da basket o i videogiochi o delle partite registrate.
Ode un sospiro, il fruscio delle coperte e il suo «Sì, tra poco sono pronto» in risposta agli schiamazzi di Shibahime che fanno da contorno ai battiti pulsanti del suo cuore.
E poi c’è il suo sorriso, vuole immaginarselo così.
«Finisco alle 18.30. Ti lascio la finestra aperta.»

 
Alle 18.30 il chiacchiericcio dei corridoi si affievolisce.
Le matricole sono già scappate a casa, ciarlavano di una soap-opera che stanno trasmettendo in questo periodo.
Shiba pensa che le piacerebbe da morire tornare a casa e guardarsela, giusto per vedere cosa si sta perdendo nel mondo. Si ricorda però che deve cucinare, stendere i panni e stirare il mucchio di camice e magliette che Akira continua a reclamarle da una settimana.
Ci saranno poi le bisticciate perché lui dovrà lavare i piatti e invece lo troverà lì, spaparanzato sul divano a guardarsi l’ennesima partita dell’NBA registrata; ci saranno i messaggi fugaci di mamma in segreteria e quel classico senso di vuoto che sono capaci di lasciarle quando la voce metallica annuncia «Fine dei messaggi».
La musica risuona alta, può avvertire i piedi nudi vibrare ad ogni contatto con il parquet lucido.
Shiba si sostiene con la gamba destra e solleva l’altra, eseguendo un lento promenade.
Il nastro rosso compie onde infuocate intorno al suo corpo e lo osserva centellinando i secondi, all’ottavo compie una ruota sul piede di sostegno e lo lancia in aria, per poi fare una doppia capriola a terra atterrando dove c’è la X rossa immaginaria, così da poterlo recuperare e concludere la prima sequenza.
E’ seduta a terra, il nastro infilato fra le gambe e la bacchetta rigida stretta alle dita dei piedi. Le braccia che si muovono in lente onde davanti al suo viso rigano l’aria a passo di violino, le dita sembrano strimpellare corde di arpa tanto si muovono delicate. Le porta dietro la testa e con uno slancio si rialza all’indietro, lanciando il nastro che però cadrà poco più indietro di lei.
«Ah, maledizione!» sbotta caustica, andandolo a recuperare a passo di marcia.
«Se ti comporti così anche in gara, ti cacceranno per scarsa eleganza.» la voce di Nana è divertita, ben si accosta all’oboe che ora sta suonando.
Shiba storce il naso e abbassa il volume «Quel pezzo non vuole uscire.»
«Lo lanci quando il piede è già sopra la testa. Dovresti anticipare di qualche secondo.» è la sua pratica spiegazione, pronunciata come se l’errore scorto sia sicuramente il vero problema.
Shiba è tentata di chiederle se vuole farle vedere dove sta sbagliando ma nota che indossa già la divisa scolastica, i capelli le ricadono sciolti e umidi fino alla vita. 
È strano che il capitano vada via prima di tutti gli altri…
«Vai di già?»
«Ho delle cose da fare.»
«Ah, ok…»
«Di là è rimasta Ayako con Miyagi. Gliele dai tu le chiavi?»
«Certo.»
Nana giocherella con le chiavi della palestra eppure non accenna ad andarsene. Tamburella un piede per terra, lo fa sempre quando deve affrontare un discorso scomodo. Quante volte glielo ha visto fare quando la implorava di ritornare al club? Ormai ne ha perso il conto, così come ha perso il conto degli adorabili «Sei una delusione.» che sua madre le rifilava una volta rincasata imbrattata di farina e cioccolata.
«Non vuoi parlarne?»
Ed ecco che la domanda piomba fra di loro. Se l’aspettava ma non pensava che Nana ci mettesse così tanto ad affrontare l’argomento.
«Di cosa?»
«Oh, sai benissimo a cosa mi riferisco.»
«Vuoi parlare di Miyagi?»
«Non di lui. Di quell’altro
«Di quell’altro chi, Sakuragi?» Nana arcua un sopracciglio «Ho sentito che si sono presi a pugni. Sono proprio due attaccabrighe--»
«Non di Sakuragi, dell’altro. Di quello coi capelli lunghi e l’ego grande quanto l’universo. Oh sì, e che è fermamente convinto che gli Unni abbiano invaso la Polonia nel 1939.» spiccia, Nana la guarda con irritazione, probabilmente infastidita dalla piega sciocca che ha preso il loro discorso.
Shiba giocherella con la bacchetta del nastro, se la fa rigirare fra le dita e mastica bene le parole da dire. Si chiede se Nana non pronunci il suo nome per paura di vederla esplodere o di vedersi esplodere.
Alla fine, è stato lui a mandare tutto a rotoli.
Solleva però lo sguardo e la preoccupazione che coglie nei suoi occhi blu fa quasi male, tanto da tarparle il respiro nei polmoni.
Ridacchia appena «Beh, non si è ancora fatto vivo.»
«Oggi c’era.»
«Non è venuto in classe.»
«Qualcuno l’ha visto. Quando Sakuragi ha fatto spettacolo, ecco, a quanto pare c’era anche lui.»
Shiba si morde l’interno delle guance «Sì, beh… Sapevamo che sarebbe tornato, no?» fa roteare il nastro in un susseguirsi di onde.
Nana le osserva «Mh, quindi?»
«Quindi che?»
«Quindi che hai intenzione di fare?»
Shiba lancia il filo in aria e lo recupera per la bacchetta «Nulla, perché?»
Nana la fissa con un sopracciglio arcuato, la testa inclinata, le mani sui fianchi e lo sguardo scettico «Nulla nel senso di nulla o nulla nel senso di nulla ma non mi presenterò mai più agli allenamenti?» le spara quella mitragliata di parole con palpabile nervosismo, le sillabe sono talmente acuminate che rischiano di tagliarla in minuscoli pezzettini.
Shiba prende il nastro fra due mani, lo tira con forza e lo attorciglia intorno alle nocche ora bianche. Non vuole addentrarsi in quel discorso, vuole solo finire di allenarsi e tornare a casa, sfiancarsi e dimenticarsi di ogni problema «Nana, non ho intenzione di mollare. Ci sono i campionati, no?» le sorride, cercando di tranquillizzarla.
Nana sospira «Non è solo per quello.»
«Non devi preoccuparti, dico sul serio. Ormai non mi fa più alcun effetto! Figurati se mi importa qualcosa!» le sorride rassicurante ma l’amica arcua un sopracciglio.
Vorrebbe dirle che invece ci sono ancora le fitte al cuore, allo stomaco, ma teme che tutto possa degenerare in una furiosa litigata. L’ultima volta che è successo, Shiba ha detto addio al club di ginnastica, trascinandosi in un vortice di apatia che ancora la spaventa.
Nana non insiste, si limita a sbuffare uno stanco «Se lo dici tu… Tio lascio qui le chiavi, eh.» prima di lasciarla sola proprio quando c’è la morte del cigno.
Shiba spegne la musica.
Le è passata la voglia di allenarsi.

Sono quasi le 20:00 quando rincasa, accolta da un buon odore di pollo, uova e cipolle che la trascina fino in cucina.
Trova Akira ai fornelli, la tele sintonizzata su una soap-opera. Ha un asciugamano sulle spalle, i capelli umidi gli ricadono scomposti.
«Se non ti asciughi rischi di ammalarti.» gracida gettando la cartella e la borsa in soggiorno.
«Oh, ciao… Ti ho preparato l’Oyakodon
«Non ho molta fame» Akira le lancia un’occhiataccia e lei sospira «Facciamo una ciotola piccola piccola?»
«Così va meglio.» le sorride allegro e Shiba si sente trasportare su di una stella, lontana da Kanagawa, dalle sue vie silenziose e dalla costante sensazione di non poter trovare pace. I rimproveri via telefono di sua madre, il suo costante ribadirle quanto debba impegnarsi nello studio e negli allenamenti senza però dirle mai quanto sia orgogliosa di lei e dei suoi, a volte scadenti lo ammette, risultati. Le urla di Koshino quando si piazza in casa loro a guardare la partita dell’NBA in salotto, con Akira che se la ride ai suoi «Donna, vacci a prendere un panino!». Gli ordini di Nanaka e il suo infondato timore di vederla sparire come l’ultima volta solo perché un demente dall’ego smisurato ha pensato bene di mandare tutto a rotoli, sparire, per poi ritornare, trascinando dietro sé un fiume di ricordi che non riesce ad arginare.
Possibile che nessuno si fidi di lei?
«Beh? Che fai lì impilata?» Shiba si ridesta e si accuccia al proprio posto. Akira le schiocca una bacio sulla fronte quando le lascia la ciotola davanti al naso, viene travolta da un buon profumo di loto. Vorrebbe chiedergli se ha cambiato bagnoschiuma ma non ne ha il tempo «Com’è andata a scuola?»
«Bene. Solite cose.»
«Solite cose…» le bacchette rimestano nella ciotola, raccolgono il pollo e lo fanno ricadere fra i chicchi bianchi. Sembra in procinto di dirle qualcosa ma poi le sue labbra si appianano nel suo bel sorriso e Shiba crede di essersi sognata tutto.
«A te tutto bene?»
«Oh, sì. Oggi la mia squadra ha vinto contro i senpai» lo dice con ovvietà e Shiba non può non sorridere di prevedibilità «E poi una ragazza mi ha lasciato una lettera d’amore nei pantaloni della divisa.»
Shiba sputa il riso «Cosa?!» si pulisce col tovagliolo «Ma… E chi è stato?! Su racconta, non startene lì zitto!»
«Non lo so. Non l’ho letta.»
«Beh, e che aspetti?! Andiamo a prenderla e--»
«Ahm… Ho messo i pantaloni in lavatrice. La lettera era nella tasca…»
La testa di Shiba cade con un secco tonf sul tavolo, facendo rovesciare i barattolini di sale e pepe. Non sa se essere stupita per l’idiozia abissale di suo fratello, per la risata svagata che segue le sue maledizioni o per il fatto che qualcuna possa lasciare delle lettere d’amore a quel babbeo.
Lo osserva mentre ride svagatamente, si scompiglia i capelli corvini o giocherella con i lacci della felpa dei Chicago Bulls, raccontandole dell’ultima disavventura di quel simpaticone di Koshino.
Akira è di una bellezza inaudita, di quelle che fanno girare la testa e riducono le gambe in gelatina.
È normale che le ragazze della sua scuola lo adorino quasi fosse un Dio, pur non conoscendolo di persona. Ha un carisma senza pari, sa trascinare la squadra anche quando la partita sembra farli sprofondare in un abisso senza via d’uscita ed è alla mano, peculiarità che non tutti i ragazzi possiedono. Quando era piccola, le mancava il fiato al pensiero che l’avrebbe abbandonata per qualcuna che non era lei. 
Ora è la paura di restare sola e indietro a tarparle il respiro.
«Sei tremendo. Che ne sarà di quella poveretta?»
Suo fratello alza il naso dalla ciotola e la guarda con un pizzico di tedio «Tanto sono tutte uguali. Mi cercano perché sono l’asso della squadra e non appena scoprono che mi piace dormire, non so fare la lavatrice e la vita di coppia non è la mia priorità, si chiederanno Come ho potuto?... Capisci che intendo?»
Shiba deglutisce, si concentra sul mangiare pur di non dargli risposta.
Vorrebbe confessargli che quel rammarico lo legge spesso negli occhi dei suoi genitori e talvolta neppure i loro sorrisi che danno calore servono a mascherarlo.
Gli mormora un blando «Può essere…» e rimesta nella ciotola, scartando le cipolle.
Akira borbotta uno sfiancato «Sono stanco di essere il Come ho potuto? degli altri.» e torna a mangiare.

 
La cena si consuma nel silenzio.
È Shiba a spezzarlo, mentre sposta la ciotola mezza vuota.
«Puoi alzare il volume?»
Akira guarda la tele, poi si volta a fissarla con un sopracciglio arcuato «Ti piace questa robaccia?» indica la telenovela appena cominciata.
Shiba alza le spalle.
«No. Ma dicono che sia bella.»

 

 
Akira capisce che qualcosa non va quando sua sorella entra in camera, nel cuore della notte, e si impala al centro della stanza torturandosi le dita.
Non ha bisogno di parole o spiegazioni per capire che un altro incubo l’ha tormentata. Ma quando il suo «Acchan?» si fa più incrinato e basso, capisce che non si tratta di sogni, bensì scomode realtà.
La guarda con un occhio chiuso, mentre quello aperto valuta la situazione: Shibahime è tremula come una foglia, perfino le dita dei piedi si arricciano dal nervoso. 
Non le succedeva da quando aveva dieci anni.
Il sospiro pesante è il segnale a procedere ma è solo allo scostarsi delle coperte che la ragazzina gli zampetta incontro, accucciandosi fra le fini lenzuola di lino. Akira le scompiglia i capelli, sono umidi come la sua fronte calda.
«Domani resti a casa.» obbliga perentorio.
La sua testolina è l’unica cosa che sbuca in quel groviglio di coperte «Non posso. Allenamenti.»
«Per una volta puoi saltarli.» rimbrotta serio, vedendola farsi piccola piccola.
«Nana-chan si arrabbia.» sembra sull’orlo del pianto o della disperazione e neppure il suo lento accarezzarle i capelli sembra mitigare la sua angoscia.
«Se hai la febbre, non se la prenderà.»
«Non ho la febbre.»
«E allora che hai?» soffoca uno sbadiglio, dai suoi capelli legati alla bene e meglio giunge una dolce fragranza di loto. Gli ricorda il profumo di Nanaka, quello che invade camera sua quando entra ed esce dalla finestra, lo stesso che gli lascia addosso per un casino di tempo, anche quando le loro pelli sono madide di sudore e dovrebbero sapere solo di sesso.
Shiba si rannicchia, dandogli le spalle «Sono solo stanca.» è quello che mormora con voce fievole, sprofondando in un sonno che neppure le sue dita che girovagano fra i fili scuri riusciranno a spezzare.
Gli torna alla mente la Shibahime della sua infanzia, quella che aveva paura del buio e si rintanava fra le sue coperte. Ricorda l’imbarazzo nel ritrovarsi stretto contro il suo esile corpicino, divenuto poi disagio quando gli ormoni lo hanno fatto entrare nell’adolescenza.
Lo faceva quando aveva paura, quando era tormentata, quando succedeva qualcosa che non sapeva spiegarsi o affrontare.
Poi ha smesso. Di colpo, senza preavviso.
Semplicemente era felice e priva di pensieri.
Si è innamorata di qualcuno, lo avrebbe capito solo poi.
«Domani resti a casa.» mormora prima di precipitare in un sonno tormentato.
Sa che Nanaka capirà.
E crede di capire perché lo ha cercato, quella mattina, senza che avesse perso una gara.


 
La bottiglia si infrange contro il muro, producendo un sinistro tintinnio.
Tetsuo si affaccia dal bagno «Che cazzo combini?»
«Rivernicio il muro.»
Il ragazzo lo guarda con un sopracciglio arcuato, lo sguardo scorre sui i cocci sparpagliati per terra e sul liquido ambrato che cola sulla carta da parati scrostata.
«Finiscila di demolirmi la casa.» sbotta caustico.
«L’hai detto tu che la tappezzeria fa cagare.»
Tetsuo smadonna talmente forte che il soffitto traballa, facendo dondolare il lampadario con due lampadine fulminate.
Mitsui si perde nel lento colare della birra, come ipnotizzato. Ha la stessa consistenza del sangue che scorre sui suoi avversari dopo ogni rissa, ha il potere di lasciarlo affascinato per motivi che neppure lui riesce a spiegarsi.
Si chiede se oltre al ginocchio non gli si sia spappolato pure il cervello.
A volte pensa che sia stato sempre così, che il ginocchio frantumato sia stato solo l’input affinché la sua pazzia emergesse.

Ce'è però che si sente sbagliato, sì è così che si sente dopo una lotta in un vicolo o un inseguimento scampato dalla polizia. Eppure non riesce a smettere di cacciarsi nei guai, ci si lascia trascinare incurante delle conseguenze.
È l’unica cosa che gli dà un qualsiasi tipo di brivido.
La cassetta del kit medico si infrange ai suoi piedi, Tetsuo si stravacca sul divano con noia «Che cazzo ti è successo, si può sapere?» Mitsui lo guarda con un sopracciglio arcuato «Beh? Vuoi che ti medichi? Non sono mica tua madre.»
La raccoglie non senza fatica, avvertendo lo stomaco contorcersi dal dolore «Me la cavo da solo…»
«Quindi, che è successo?» Mitsui ravana fra le garze e i cerotti, spazientendolo «Oi, devo picchiarti per avere una risposta?»
«Ho rivisto Miyagi» esala secco «E con lui c’era uno strano tipo.»
«Uno strano tipo?»
«Ma che ne so, uno coi capelli rossi. Mai visti capelli così assurdi.»
«Non dirmi palle…» Tetsuo si accende una sigaretta, il suo sorriso brilla nel bagliore della fiamma prodotta dall’accendino «Non avevi mica una ex coi capelli rossi?»
Mitsui si blocca.
«Ma sì, quella stronza che ti ha lasciato.»
Le mani gli prudono.
«Come si chiamava? Shise? Shyori?»
«Shibahime.»
Lo pronuncia lapidario, tornando a ravanare nel kit. Tetsuo è l’unico a conoscenza di quell’episodio che ha seppellito in un cassetto della mente. Ogni tanto risalta fuori, fa un male atroce.
«Ah… Già. Chissà che fine ha fatto.»
«Ma chi se ne fotte! Ma dove cazzo è il cotone?! Non c’è una sega qui dentro!» lo scaraventa a terra, ricevendo un medio alzato in risposta.
«Smettila di fare la prima donna e calmati. Cristo, sei peggio di mia madre!» sbuffa del fumo «Si può sapere che ti hanno fatto?»
«Non lo vedi?» si indica il volto cosparso di lividi.
«Sei stato tu a cominciare?»
«Non ho fatto un cazzo! Si sono messi a litigare tra loro, mi hanno ignorato completamente!»
Tetsuo per poco non si strozza con il fumo «Il motivo della rissa?»
«Donne.»
«Ah, le risse per una pollastra. Bei vecchi tempi.»
«Immagino che ai vostri tempi usavate clave e bastoni.» vorrebbe rifilargli quella battutina con la solita ironia che tanto fa incazzare l’amico, ma le parole gli escono in un vortice di cattiveria e collera che fa drizzare seduto Tetsuo.
«Oi, conosco quello sguardo.» borbotta serio, grattandosi la barba incolta.
«Quale?»
«Quello che hai adesso. Lo stesso che hai quando vuoi menare le mani» spiega pratico, la cenere finisce sul tappeto «Ehi, se vuoi posso darti una mano.» seguita indifferente, facendo scricchiolare le dita.
Mitsui non si lascia trascinare, è troppo concentrato a cercare il disinfettante «E cosa vorresti fare? Andare a scuola e aiutarmi a fargliela pagare?»
Il sorriso di Tetsuo si amplia.
Mitsui sente i brividi scorrere lungo la schiena.
«Esattamente.»

 

 
Shibahime non si presenta a lezione né mercoledì né giovedì. E non si presenta neppure agli allenamenti.
Ha la febbre, ufficialmente. C’è ricascata, ufficiosamente.
Nanaka attraversa il corridoio con lentezza, le matricole le zampettano intorno sommergendola di domande su come poter migliorare le verticali, le capriole, su come non mancare la presa del cerchio.
Ma lei non le ascolta e neppure le vede.
L’unica cosa che vede è la spensieratezza di Kogure quando passa vicino alla palestra del club di basket e il suo sorriso complice quando i loro sguardi si incrociano, prima che quello del ragazzo si posi su Ryota Miyagi che ha appena fatto passare la sua squadra in vantaggio.
Le pare le stia dicendo, con i suoi occhi scuri:
«Hai visto? Cosa può mai succedere?»
E lei non lo sa.
Sa solo che vorrebbe vedere Akira, quella sera. Ma lui ha il telefono staccato e quando squilla non risponde.
E’ chiaro che ha scelto Shibahime.

 



Dorayaki: dolce tipico giapponese composto da due pancake simili al pan di spagna. Al centro è riempito con l'anko, una salsa dolce rossatra ricavata da fagioli azuki. 
Moulinet:
uno dei gruppi tecnici fondamentale nella ginnastica ritmica, consiste nel compiere quattro piccoli circoli con le clavette.
Promenade: nel balletto indica un giro lento eseguito su un piede solo.

Note noiose finali (d’obbligo):

Perdonate il leggero ritardo ma tra feste, lavoro e stanchezza, il weekend scorso ho deciso di prendermi un po’ di tempo per me e l’aggiornamento è saltato.
Piano piano le cose cominciano a delinearsi anche se non sono proprio del tutto chiare; ammetto che tutto questo è dettato da un mio gusto personale e da un lato sono felice che alcuni punti non siano poi così scorgibili :3 Ma tranquille, le cose si aggiusteranno e spero vivamente di non lasciarmi dietro grossi buchi neri.

Ringrazio vivamente quelle anime pie che mi hanno lasciato un commentino: ReginaMills89, pinkjude e Ice_DP sappiate che il mio affetto per voi è smisurato

Ringrazio anche i lettori silenziosi e chi ha aggiunto le storie fra le seguite/ricordate/preferite :)

Io come al solito invito chiunque abbia tempo e voglia a lasciare un commentino, mi rendereste felice

Alla prossima!
HeavenIsInYourEyes.



   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: HeavenIsInYourEyes