Quando
Nanaka addenta la fetta di pancarré lasciata sul tavolo, un
tonfo proveniente
dal salotto la fa sussultare.
Affacciandosi,
scorge la coda pelosa di quello scemo di Spock sgattaiolare lungo le
scale;
riverso a terra, il cadavere della ciotola con tutte le chiavi,
monetine e
carte dei tarocchi che sua madre si ostina a non bruciare.
Si
china per pulire, le capita fra le mani la carta del mondo. Rovesciata.
Nanaka
Itou si accascia a terra in preda alla disperazione.
«No,
ti prego!»
Mo
Chùisle
Capitolo
3
Il “Come ho potuto?” degli
altri
“Edie: Non
capisco cos’è cambiato.
Claire:
Non
è cambiato niente. Una
parte di me pensa che questo è ciò che voglio,
l’altra no.
Ma… E se la parte che non vuole la pensasse così
solo perché è spaventata?”
- The dare [4.07], Six
feet under-
«Ah,
ci sei tu Itou?»
Quando
Nana recupera la palla dorata, la figura di Kogure entra nel suo campo
visivo. Le
braccia tese ricadono lungo i fianchi e dopo essersi sistemata il body,
si
rialza con un’ultima capriola all'indietro.
Il
ragazzo applaude e lei si perde in inchini.
«Perdonami,
credevo fosse qualcuno dei nostri.» si giustifica con un
leggero sorriso.
Nana
sventola una mano affusolata «Non preoccuparti, tanto avevo
finito.» porta
l’asciugamano sulle spalle e inclinando il capo gli sorride
un poco.
Kogure
guarda gli attrezzi posti ordinatamente ai lati della palestra
«Tenterete di vincere
i campionati anche quest’anno?»
Gli
occhi di Nana si infiammano «Come sempre.»
Indossa
gli occhiali da saldatore del laboratorio quando le fiamme lo
raggiungono «Non
ne avevo dubbi» batte le mani per richiamare la sua
attenzione «So che la
Sendoh è tornata in forma. Parteciperà anche lei
quest’anno?»
Nana
lo guarda con la coda dell’occhio.
Se
Shibahime è in forma, lei è lo Hobbit destinato a
portare l’anello.
Nana
però tace e annuisce, mentre l’unico rumore che
riga l’aria è quello della cerniera
del borsone «Con lei dovremmo essere al sicuro.
L’anno scorso abbiamo vinto
per il rotto della cuffia.» ammette non senza un certo
fastidio, memore del
casino che il suo improvviso allontanamento aveva lasciato.
Si
era ritrovata sola, con un mucchio di matricole su cui non poteva
contare e la
vana speranza che quella scema si sarebbe ripresentata con il suo body
azzurrognolo e i capelli rossi perennemente disordinati, magari con le
sue scuse fargugliate ma che sono sincere e la scaldano sempre.
Ricorda
ancora i pomeriggi trascorsi a guardare la porta verde quando la coach
spiegava
loro come non clavettarsi o alla
fine
di un perfetto moulinet
sotto lo scrosciare degli applausi delle altre o dei
maniaci appostati sulle tribune, in attesa che tornasse indietro.
«Quando
ha abbandonato la squadra, non ci volevo credere. Il giornalino
scolastico non
faceva che parlarne.»
Nana
ridacchia appena «Ah già, ricordo... Qual'era il
motivo?»
«Che
entrambe vi contendavate Sendoh-san e quando lui ha scelto te, la
Sendoh ha
deciso di andarsene.»
Il
ghigno della ragazza si amplia, sgretolando quel macigno che le
è precipitato
sullo stomaco «Quante fesserie. Chi lo vuole
Sendoh-san?»
«C’era
anche la versione: “Il club di ginnastica ritmica si dopa,
Shibahime Sendoh lo
scopre e decide di togliersi dalla squadra”» Nanaka
scoppia a ridere; quella se
l’era persa «Sono felice che il reale motivo non
sia uscito.»
«Già…
Non le avrebbe giovato.»
Sospira
«Almeno lei ha deciso di tornare sui suoi passi» le
rivolge un tenue sorriso,
Nana si ritrova a ricambiarlo avvertendo un fremito al cuore. Ha paura
che le
cose possano cambiare ancora, è preoccupata per lei in
maniera così viscerale
da sentirsi quasi impotente «Ad ogni modo, vedrai che
andrà bene. So che ci
sono delle matricole dotate.»
Il
sorriso si addolcisce, nonostante i lineamenti duri del suo volto ovale
non
lascino intendere granché. La Watanabe e la Murosaki sono
due
delle matricole
più promettenti di quest’anno, le considera le sue
adorate
pupille. E poi, per farla contenta, vanno addirittura a piantonare gli
altri istituti, tornando indietro con
una marea di appunti sulle avversarie.
A-do-ra-bi-li!
La
ragazza gli lancia uno sguardo divertito, poi lo fissa con un
sorrisetto «A voi invece come vanno gli
allenamenti?»
Gli
occhi del ragazzo brillano «Oh, alla grande! Se continuiamo
di questo passo,
potremmo andare ai campionati nazionali!» guarda il canestro
con aria sognante
«So che può non sembrare, ma Akagi sta
galleggiando su di una nuvola rosa.»
Nana
rabbrividisce; è un’immagine orribile quella di
Akagi con indosso le vesti di
un putto alato che sorvola la città a bordo della nuvola Speedy «Nuvola
rosa… Piuttosto, un autocarro fatto di
nuvole» Kiminobu vede afflosciarsi tutti i propri istinti
poetici «Ad ogni
modo, sarebbe fantastico se ce la faceste.»
«Già,
già!»
«Del
resto, ve lo meritate. Tranne quella matricola, Sakuragi, quello si
merita solo
tanti schiaffi.» sbrodola con malumore, memore del casino
infernale che combina
e che riesce ad arrivare fino alla loro palestra, posta
dall’altra parte del
corridoio.
Kogure
si aggiusta gli occhiali «Oh, ha molto potenziale»
sancisce con un leggero tic
al sopracciglio destro «Deve solo migliorare--»
«L’educazione?»
«Le
basi--»
«Dell’educazione?»
«Della
pallacanestro. Quelle basi.»
«…
E anche quelle dell’educazione.» cinguetta.
«Eh…»
il ragazzo ride nervosamente «Ammetto che ci fa un
po’ disperare, ma tutto
sommato è un elemento valido.»
«E’
un’attaccabrighe.» esala lapidaria, sciogliendo lo
chignon.
«Anche
la Murosaki lo è.»
«Sì,
ma almeno lei si limita alle parole. Non spacca gambe e non spezza
ginocchia… E
non rompe mani» Kiminobu diventa cianotico «Ha
quasi rotto la mano a Sendoh, il
vostro "Elemento valido".»
«Vedo
che la notizia ha già fatto il giro della
prefettura.» gronda sudore dalla
fronte, Nana è quasi tentata di passargli il proprio
asciugamano.
«No,
a dir la verità è stata Shibahime a
raccontarmelo. Ridendo… Quindi
probabilmente non è nulla di grave.» sventola una
mano.
«Beh,
speriamo sia così. Altrimenti dobbiamo aspettarci un attacco
da parte del
Ryonan!» la risata del ragazzo si fa ancora più
nervosa.
«Quelli
del Ryonan non sono dei teppisti.» cerca di chetarlo, ma
quello sembra in
procinto di sgonfiarsi come un palloncino.
«Beh,
loro no. Ma le fan di Sendoh sono paragonabili a quelle di
Rukawa.»
«Delle
invasate, insomma» Nana infila tutto nel borsone e fa
ciondolare la nuca. Si
chiede ancora come quei due possano restare indifferenti di fronte ai
loro cori
da stadio a sfondo sessuale.
«Ah,
beh… Eh.»
«Sakuragi
andrebbe bene nel club di Kendo.»
«Quelli
del Judo lo vorrebbero.»
«Che
culo che ve lo teniate voi, mh?» trilla armoniosa, facendolo
afflosciare per
terra.
«Oltretutto,
ora che anche Miyagi è tornato… Ah, sia fatta la
nostra volontà!»
«Come
in cielo così in—Miyagi?!» Nana volge il
viso con scatto repentino, guardandolo
allucinata.
«Già,
dicono che sia uscito dall’ospedale qualche giorno fa. Non
è fantastico?»
gracida felice come un bambino a Disneyworld.
Se
Miyagi è uscito dall’ospedale + è
tornato a scuola, moltiplicato per il fattore
Rissa-con-Senpai-Cazzuti, il risultato è… Una
tragedia! Una tragedia da fine
del mondo!
«No
che non lo è!» starnazza, Kiminobu per poco non
viene scaraventato dall’altra parte della palestra
«Ahm, cioè… Wow!»
Il
ragazzo si asciuga la fronte, poi si cheta e le rivolge un sorriso
talmente
dolce e felice che Nana vorrebbe fare una visitina ad Ade e prendere il
the con
lui e Akagi. Chissà se ha anche i dorayaki.
«Ora
che Miyagi è tornato, saremo di sicuro più
forti.»
Nana
vede stagliarsi di fronte a sé l’ombra del mondo
rovesciato che ha pescato
questa mattina. Se non fosse per Kogure che farnetica riguardo un
compito di
inglese, probabilmente andrebbe a sbattere contro l’entrata
della torre.
«Itou,
tutto bene?» le sventola una mano davanti al naso arricciato
«Hai l’aria di una
che ha visto un fantasma.» aggiunge divertito.
No,
fantasma
no. Teppisti, magari. Che cadono dal mondo rovesciato.
«Mh,
cosa? Hai detto Miyagi?»
«In
realtà parlavo del compito di geografia.»
«Non
era quello di inglese?» Kogure fa per rispondere ma Nana
sventola entrambe le
mani «Sì, ma parliamo di
Miyagi…» si guarda attorno, circospetta
«Come sarebbe
a dire che è tornato?!» fatica a mantenere una
certa compostezza; se lo fa, è
solo grazie agli insegnamenti pseudo-russi che la coach Kitamura
impartisce
loro da tempi immemori.
«E’
tornato, nel senso che è tornato a scuola» la
guarda come
se fosse una schizoide «Anche se nessuno l’ha
visto, a dir
la verità.»
«Ah…
Ma allora magari è solo uno scherzo.»
«Beh,
come si dice? Quando sono più campane a
suonare…» le sorride ed eccolo lì che
si perde in farfugliamenti su come quest’anno potranno
finalmente sperare di
vincere ai campionati nazionali e amenità varie.
Campane,
certo… Di fine di mondo!
«Beh,
ma… Qualcosa non va?» domanda preoccupato. Forse
sono le sue guance bordeaux o
magari il sudore grondante dalla fronte o ancora il colorito cadaverico
ad
impensierirlo. No perché Nanaka è ormai lontana
dall’essere l’astro luminoso
della squadra di ginnastica; no, sembra più uscita da Resident Evil. Nel ruolo dello zombie. E
nemmeno quello grande,
forte, cazzuto, che ti ostruisce il passaggio e ti costringe a
combattere su di
un treno in movimento.
No.
Lei somiglia di più a quello per strada che viene ucciso da
un proiettile
vagante.
«Ahm,
no, niente. Devo solo farmi una doccia.» sbrodola a casaccio,
vedendolo
annuire.
«Oh,
allora ti lascio. Ci vediamo oggi in palestra.»
«Sì,
certo, aha…» i suoi passi rimbombano talmente
tanto che coprono i battiti
martellanti del suo cuore. Ode la porta aprirsi e prima che il ragazzo
possa
sparirvi dietro, si ritrova a guardarlo con timore
«Kogure-kun. Ma… E Mitsui?»
glielo domanda con curiosità, deglutendo quel mucchio di
domande e paturnie che
vorrebbe rifilargli a mo’ di sfogo.
Le
spalle del ragazzo si incurvano, sembra quasi che il peso del passato
sia
troppo gravoso per le sue spalle larghe.
«A
quanto pare è uscito anche lui.»
«Mh.»
«So
che quest’anno è in classe con te.»
«Mh.
Mhmh.»
«Stai
tranquilla, la Sendoh non si farà influenzare.»
«Ngh.»
«Andiamo,
cosa può succedere?» La
fine del mondo?
«Coraggio Itou, il peggio è passato. Ora ci
aspettano i campionati nazionali!»
e il ragazzo viene spazzato via dall’onda d’urto
che il mondo rovesciato, ormai
ridotto ad un cumulo di macerie, ha lasciato dietro sé.
La
ragazza cade pesantemente sulla trave, le gambe molli e la testa
pesante.
Raccoglie il cellulare dalla borsa e compone il numero senza pensarci,
trattenendo il fiato per tutta la durata dell’attesa, fino a
che una voce
impastata dal sonno non dà il via alla conversazione e lei
si sente un po’ più
in pace.
«Sei ancora a letto?.»
«Shiba
non mi ha svegliato.»
«Sarà
in ritardo anche lei…» uno smadonnamento di
sottofondo fa ridere il ragazzo
«Ecco, appunto.»
«Avevi
bisogno di lei?»
Non
di lei. Di
te.
Si
massaggia la fronte «Volevo andare da Ade ma oggi
è in riunione con le Parche…»
«E’
in riunione?»
«A quanto pare.»
«Ah…
Mh. Le Parche?»
Si
inumidisce le labbra sottili «Posso passare
stasera?» la sua voce cala di
qualche tono, stringe il borsone contro il petto mentre il pavimento
sotto di
lei si sgretola.
«Hai
perso qualche gara?»
«Mh?
No, no… Allora?»
C’è
un silenzio che la inquieta e al tempo stesso la fa sentire tranquilla.
I suoi
silenzi le fanno sempre quest’effetto.
Sa
che Akira è sempre stanco dopo gli allenamenti ma punta
sulla sua bontà e sul
fatto che, forse, anche lui ha bisogno di sfogarsi in qualche altra
maniera,
qualcosa che non implichi una palla da basket o i videogiochi o delle
partite registrate.
Ode
un sospiro, il fruscio delle coperte e il suo «Sì,
tra poco sono pronto» in
risposta agli schiamazzi di Shibahime che fanno da contorno ai battiti
pulsanti
del suo cuore.
E
poi c’è il suo sorriso, vuole immaginarselo
così.
«Finisco
alle 18.30. Ti lascio la finestra aperta.»
♠
Le
matricole sono già scappate a casa, ciarlavano di una
soap-opera che stanno
trasmettendo in questo periodo.
Shiba
pensa che le piacerebbe da morire tornare a casa e guardarsela, giusto
per
vedere cosa si sta perdendo nel mondo. Si ricorda però che
deve cucinare,
stendere i panni e stirare il mucchio di camice e magliette che Akira
continua
a reclamarle da una settimana.
Ci
saranno poi le bisticciate perché lui dovrà
lavare i piatti e invece lo troverà
lì, spaparanzato sul divano a guardarsi l’ennesima
partita dell’NBA registrata;
ci saranno i messaggi fugaci di mamma in segreteria e quel classico
senso di
vuoto che sono capaci di lasciarle quando la voce metallica annuncia «Fine dei
messaggi».
La
musica risuona alta, può avvertire i piedi nudi vibrare ad
ogni contatto con il
parquet lucido.
Shiba
si sostiene con la gamba destra e solleva l’altra, eseguendo
un lento promenade.
Il
nastro rosso compie onde infuocate intorno al suo corpo e lo osserva
centellinando i secondi, all’ottavo compie una ruota sul
piede di sostegno e lo
lancia in aria, per poi fare una doppia capriola a terra atterrando
dove c’è la
X rossa immaginaria, così da poterlo recuperare e concludere
la prima sequenza.
E’
seduta a terra, il nastro infilato fra le gambe e la bacchetta rigida
stretta
alle dita dei piedi. Le braccia che si muovono in lente onde davanti al
suo
viso rigano l’aria a passo di violino, le dita sembrano
strimpellare corde di
arpa tanto si muovono delicate. Le porta dietro la testa e con uno
slancio si
rialza all’indietro, lanciando il nastro che però
cadrà poco più indietro di
lei.
«Ah,
maledizione!» sbotta caustica, andandolo a recuperare a passo
di marcia.
«Se
ti comporti così anche in gara, ti cacceranno per scarsa
eleganza.» la voce di
Nana è divertita, ben si accosta all’oboe che ora
sta suonando.
Shiba
storce il naso e abbassa il volume «Quel pezzo non vuole
uscire.»
«Lo
lanci quando il piede è già sopra la testa.
Dovresti anticipare di qualche
secondo.» è la sua pratica spiegazione,
pronunciata come se l’errore scorto sia
sicuramente il vero problema.
Shiba
è tentata di chiederle se vuole farle vedere dove sta
sbagliando ma nota che
indossa già la divisa scolastica, i capelli le ricadono
sciolti e umidi fino
alla vita.
È
strano che il capitano vada via prima di tutti gli altri…
«Vai
di già?»
«Ho
delle cose da fare.»
«Ah,
ok…»
«Di
là è rimasta Ayako con Miyagi. Gliele dai tu le
chiavi?»
«Certo.»
Nana
giocherella con le chiavi della palestra eppure non accenna ad
andarsene.
Tamburella un piede per terra, lo fa sempre quando deve affrontare un
discorso
scomodo. Quante volte glielo ha visto fare quando la implorava di
ritornare al
club? Ormai ne ha perso il conto, così come ha perso il
conto degli adorabili «Sei una
delusione.» che sua madre le
rifilava una volta rincasata imbrattata di farina e cioccolata.
«Non
vuoi parlarne?»
Ed
ecco che la domanda piomba fra di loro. Se l’aspettava ma non
pensava che Nana
ci mettesse così tanto ad affrontare l’argomento.
«Di
cosa?»
«Oh,
sai benissimo a cosa mi riferisco.»
«Vuoi
parlare di Miyagi?»
«Non
di lui. Di quell’altro.»
«Di
quell’altro chi, Sakuragi?» Nana arcua un
sopracciglio «Ho sentito che si sono
presi a pugni. Sono proprio due attaccabrighe--»
«Non
di Sakuragi, dell’altro.
Di quello
coi capelli lunghi e l’ego grande quanto
l’universo. Oh sì, e che è fermamente
convinto che gli Unni abbiano invaso la Polonia nel 1939.»
spiccia, Nana la
guarda con irritazione, probabilmente infastidita dalla piega sciocca
che ha
preso il loro discorso.
Shiba
giocherella con la bacchetta del nastro, se la fa rigirare fra le dita
e
mastica bene le parole da dire. Si chiede se Nana non pronunci il suo nome per paura di vederla esplodere
o di vedersi esplodere.
Alla
fine, è stato lui a mandare tutto a rotoli.
Solleva
però lo sguardo e la preoccupazione che coglie nei suoi
occhi blu fa quasi
male, tanto da tarparle il respiro nei polmoni.
Ridacchia
appena «Beh, non si è ancora fatto vivo.»
«Oggi
c’era.»
«Non
è venuto in classe.»
«Qualcuno
l’ha visto. Quando Sakuragi ha fatto spettacolo, ecco, a
quanto pare c’era
anche lui.»
Shiba
si morde l’interno delle guance «Sì,
beh… Sapevamo che sarebbe tornato, no?» fa
roteare il nastro in un susseguirsi di onde.
Nana
le osserva «Mh, quindi?»
«Quindi
che?»
«Quindi
che hai intenzione di fare?»
Shiba
lancia il filo in aria e lo recupera per la bacchetta «Nulla,
perché?»
Nana
la fissa con un sopracciglio arcuato, la testa inclinata, le mani sui
fianchi e
lo sguardo scettico «Nulla nel senso di nulla
o nulla nel senso di nulla ma non mi
presenterò mai più agli allenamenti?»
le spara quella mitragliata di parole
con palpabile nervosismo, le sillabe sono talmente acuminate che
rischiano di
tagliarla in minuscoli pezzettini.
Shiba
prende il nastro fra due mani, lo tira con forza e lo attorciglia
intorno alle
nocche ora bianche. Non vuole addentrarsi in quel discorso, vuole solo
finire
di allenarsi e tornare a casa, sfiancarsi e dimenticarsi di ogni
problema
«Nana, non ho intenzione di mollare. Ci sono i campionati,
no?» le sorride,
cercando di tranquillizzarla.
Nana
sospira «Non è solo
per quello.»
«Non
devi preoccuparti, dico sul serio. Ormai non mi fa più alcun
effetto! Figurati
se mi importa qualcosa!» le sorride rassicurante ma
l’amica arcua un
sopracciglio.
Vorrebbe
dirle che invece ci sono ancora le fitte al cuore, allo stomaco, ma
teme che tutto
possa degenerare in una furiosa litigata. L’ultima volta che
è successo, Shiba
ha detto addio al club di ginnastica, trascinandosi in un vortice di
apatia che
ancora la spaventa.
Nana
non insiste, si limita a sbuffare uno stanco «Se lo dici
tu… Tio lascio qui le chiavi, eh.» prima di
lasciarla sola proprio quando c’è la morte del
cigno.
Shiba
spegne la musica.
Le
è passata la voglia di allenarsi.
Trova
Akira ai fornelli, la tele sintonizzata su una soap-opera. Ha un
asciugamano
sulle spalle, i capelli umidi gli ricadono scomposti.
«Se
non ti asciughi rischi di ammalarti.» gracida gettando la
cartella e la borsa
in soggiorno.
«Oh,
ciao… Ti ho preparato l’Oyakodon.»
«Non
ho molta fame» Akira le lancia un’occhiataccia e
lei sospira «Facciamo una
ciotola piccola piccola?»
«Così
va meglio.» le sorride allegro e Shiba si sente trasportare
su di una stella,
lontana da Kanagawa, dalle sue vie silenziose e dalla costante
sensazione di
non poter trovare pace.
Possibile
che nessuno si fidi di lei?
«Beh?
Che fai lì impilata?» Shiba si ridesta e si
accuccia al proprio posto. Akira le
schiocca una bacio sulla fronte quando le lascia la ciotola davanti al
naso, viene
travolta da un buon profumo di loto. Vorrebbe chiedergli se ha cambiato
bagnoschiuma ma non ne ha il tempo
«Com’è andata a scuola?»
«Bene.
Solite cose.»
«Solite
cose…» le bacchette rimestano nella ciotola,
raccolgono il pollo e lo fanno
ricadere fra i chicchi bianchi. Sembra in procinto di dirle qualcosa ma
poi le
sue labbra si appianano nel suo bel sorriso e Shiba crede di essersi
sognata
tutto.
«A
te tutto bene?»
«Oh,
sì. Oggi la mia squadra ha vinto contro i senpai»
lo dice con ovvietà e Shiba
non può non sorridere di prevedibilità
«E poi una ragazza mi ha lasciato una
lettera d’amore nei pantaloni della divisa.»
Shiba
sputa il riso «Cosa?!» si pulisce col tovagliolo
«Ma… E chi è stato?! Su
racconta, non startene lì zitto!»
«Non
lo so. Non l’ho letta.»
«Beh,
e che aspetti?! Andiamo a prenderla e--»
«Ahm…
Ho messo i pantaloni in lavatrice. La lettera era nella
tasca…»
La
testa di Shiba cade con un secco tonf
sul tavolo, facendo rovesciare i barattolini di sale e pepe. Non sa se
essere
stupita per l’idiozia abissale di suo fratello, per la risata
svagata che segue
le sue maledizioni o per il fatto che qualcuna possa lasciare delle
lettere
d’amore a quel babbeo.
Lo
osserva mentre ride svagatamente, si scompiglia i capelli corvini o
giocherella
con i lacci della felpa dei Chicago Bulls,
raccontandole dell’ultima disavventura di quel simpaticone
di Koshino.
Akira
è di una bellezza inaudita, di quelle che fanno girare la
testa e riducono le
gambe in gelatina.
È
normale che le ragazze della sua scuola lo adorino quasi fosse un Dio,
pur non
conoscendolo di persona. Ha un carisma senza pari, sa trascinare la
squadra
anche quando la partita sembra farli sprofondare in un abisso senza via
d’uscita ed è alla mano, peculiarità
che non tutti i ragazzi possiedono.
Ora è la paura di restare sola e indietro a tarparle
il respiro.
«Sei
tremendo. Che ne sarà di quella poveretta?»
Suo
fratello alza il naso dalla ciotola e la guarda con un pizzico di tedio
«Tanto
sono tutte uguali. Mi cercano perché sono l’asso
della squadra e non appena
scoprono che mi piace dormire, non so fare la lavatrice e la vita di
coppia non
è la mia priorità, si chiederanno Come
ho
potuto?... Capisci che intendo?»
Shiba
deglutisce, si concentra sul mangiare pur di non dargli risposta.
Vorrebbe
confessargli che quel rammarico lo legge spesso negli occhi dei suoi
genitori e
talvolta neppure i loro sorrisi che danno calore servono a mascherarlo.
Gli
mormora un blando «Può
essere…» e rimesta nella ciotola, scartando le
cipolle.
Akira
borbotta uno sfiancato «Sono stanco di essere il Come ho potuto? degli altri.»
e torna a mangiare.
È
Shiba a spezzarlo, mentre sposta la ciotola mezza vuota.
«Puoi
alzare il volume?»
Akira
guarda la tele, poi si volta a fissarla con un sopracciglio arcuato
«Ti piace
questa robaccia?» indica la telenovela appena cominciata.
Shiba
alza le spalle.
«No.
Ma dicono che sia bella.»
♠
Non
ha bisogno di parole o spiegazioni per capire che un altro incubo
l’ha
tormentata. Ma quando il suo «Acchan?» si fa
più incrinato e basso, capisce che
non si tratta di sogni, bensì scomode realtà.
La
guarda con un occhio chiuso, mentre quello aperto valuta la situazione:
Shibahime è tremula come una foglia, perfino le dita dei
piedi si arricciano
dal nervoso.
Non le succedeva da quando aveva dieci anni.
Il
sospiro pesante è il segnale a procedere ma è
solo allo scostarsi delle coperte
che la ragazzina gli zampetta incontro, accucciandosi fra le fini
lenzuola di
lino. Akira le scompiglia i capelli, sono umidi come la sua fronte
calda.
«Domani
resti a casa.» obbliga perentorio.
La
sua testolina è l’unica cosa che sbuca in quel
groviglio di coperte
«Non posso. Allenamenti.»
«Per
una volta puoi saltarli.» rimbrotta serio, vedendola farsi
piccola piccola.
«Nana-chan
si arrabbia.» sembra sull’orlo del pianto o della
disperazione e neppure il suo
lento accarezzarle i capelli sembra mitigare la sua angoscia.
«Se
hai la febbre, non se la prenderà.»
«Non
ho la febbre.»
«E
allora che hai?» soffoca uno sbadiglio, dai suoi capelli
legati alla bene e meglio giunge una dolce fragranza di loto.
Gli ricorda il profumo di Nanaka, quello che invade camera sua quando
entra
ed esce dalla finestra, lo stesso che gli lascia addosso per un casino
di
tempo, anche quando le loro pelli sono madide di sudore e dovrebbero
sapere
solo di sesso.
Shiba
si rannicchia, dandogli le spalle «Sono solo
stanca.» è quello che mormora con voce fievole,
sprofondando in un sonno che neppure le sue dita che girovagano fra i
fili
scuri riusciranno a spezzare.
Gli
torna alla mente la Shibahime della sua infanzia, quella che aveva
paura del
buio e si rintanava fra le sue coperte. Ricorda l’imbarazzo
nel ritrovarsi
stretto contro il suo esile corpicino, divenuto poi disagio quando gli
ormoni
lo hanno fatto entrare nell’adolescenza.
Lo
faceva quando aveva paura, quando era tormentata, quando succedeva
qualcosa che
non sapeva spiegarsi o affrontare.
Poi
ha smesso. Di colpo, senza preavviso.
Semplicemente
era felice e priva di pensieri.
Si è innamorata di qualcuno, lo avrebbe capito solo poi.
«Domani
resti a casa.» mormora prima di precipitare in un sonno
tormentato.
Sa
che Nanaka capirà.
E crede di capire perché lo ha cercato, quella mattina,
senza che avesse perso una gara.
♠
Tetsuo
si affaccia dal bagno «Che cazzo combini?»
«Rivernicio
il muro.»
Il
ragazzo lo guarda con un sopracciglio arcuato, lo sguardo scorre sui i
cocci
sparpagliati per terra e sul liquido ambrato che cola sulla carta da
parati
scrostata.
«Finiscila
di demolirmi la casa.» sbotta caustico.
«L’hai
detto tu che la tappezzeria fa cagare.»
Tetsuo
smadonna talmente forte che il soffitto traballa, facendo dondolare il
lampadario con due lampadine fulminate.
Mitsui
si perde nel lento colare della birra, come ipnotizzato. Ha la stessa
consistenza del sangue che scorre sui suoi avversari dopo ogni rissa,
ha il
potere di lasciarlo affascinato per motivi che neppure lui riesce a
spiegarsi.
Si
chiede se oltre al ginocchio non gli si sia spappolato pure il cervello.
A
volte pensa che sia stato sempre così, che il ginocchio
frantumato sia stato
solo l’input affinché la sua pazzia emergesse.
Ce'è
però che si sente
sbagliato,
sì è così che si
sente dopo una lotta in un vicolo o un inseguimento scampato dalla
polizia.
Eppure non riesce a smettere di cacciarsi nei guai, ci si lascia
trascinare
incurante delle conseguenze.
È
l’unica cosa che gli dà un qualsiasi tipo di
brivido.
La
cassetta del kit medico si infrange ai suoi piedi, Tetsuo si stravacca
sul
divano con noia «Che cazzo ti è successo, si
può sapere?» Mitsui lo guarda con
un sopracciglio arcuato «Beh? Vuoi che ti medichi? Non sono
mica tua madre.»
La
raccoglie non senza fatica, avvertendo lo stomaco contorcersi dal
dolore «Me la
cavo da solo…»
«Quindi,
che è successo?» Mitsui ravana fra le garze e i
cerotti, spazientendolo «Oi,
devo picchiarti per avere una risposta?»
«Ho
rivisto Miyagi» esala secco «E con lui
c’era uno strano tipo.»
«Uno
strano tipo?»
«Ma
che ne so, uno coi capelli rossi. Mai visti capelli così
assurdi.»
«Non
dirmi palle…» Tetsuo si accende una sigaretta, il
suo sorriso brilla nel
bagliore della fiamma prodotta dall’accendino «Non
avevi mica una ex coi
capelli rossi?»
Mitsui
si blocca.
«Ma
sì, quella stronza che ti ha lasciato.»
Le
mani gli prudono.
«Come
si chiamava? Shise? Shyori?»
«Shibahime.»
Lo
pronuncia lapidario, tornando a ravanare nel kit. Tetsuo è
l’unico a conoscenza
di quell’episodio che ha seppellito in un cassetto della
mente. Ogni tanto
risalta fuori, fa un male atroce.
«Ah…
Già. Chissà che fine ha fatto.»
«Ma
chi se ne fotte! Ma dove cazzo è il cotone?! Non
c’è una sega qui dentro!» lo
scaraventa a terra, ricevendo un medio alzato in risposta.
«Smettila
di fare la prima donna e calmati. Cristo, sei peggio di mia
madre!» sbuffa del
fumo «Si può sapere che ti hanno fatto?»
«Non
lo vedi?» si indica il volto cosparso di lividi.
«Sei
stato tu a cominciare?»
«Non
ho fatto un cazzo! Si sono messi a litigare tra loro, mi hanno ignorato
completamente!»
Tetsuo
per poco non si strozza con il fumo «Il motivo della
rissa?»
«Donne.»
«Ah,
le risse per una pollastra. Bei vecchi tempi.»
«Immagino
che ai vostri tempi usavate clave e bastoni.» vorrebbe
rifilargli quella
battutina con la solita ironia che tanto fa incazzare
l’amico, ma le parole gli
escono in un vortice di cattiveria e collera che fa drizzare seduto
Tetsuo.
«Oi,
conosco quello sguardo.» borbotta serio, grattandosi la barba
incolta.
«Quale?»
«Quello
che hai adesso. Lo stesso che hai quando vuoi menare le mani»
spiega pratico,
la cenere finisce sul tappeto «Ehi, se vuoi posso darti una
mano.» seguita indifferente,
facendo scricchiolare le dita.
Mitsui
non si lascia trascinare, è troppo concentrato a cercare il
disinfettante «E
cosa vorresti fare? Andare a scuola e aiutarmi a fargliela
pagare?»
Il
sorriso di Tetsuo si amplia.
Mitsui
sente i brividi scorrere lungo la schiena.
«Esattamente.»
♠
Ha
la febbre, ufficialmente. C’è
ricascata,
ufficiosamente.
Nanaka
attraversa il corridoio con lentezza, le matricole le zampettano
intorno
sommergendola di domande su come poter migliorare le verticali, le
capriole, su
come non mancare la presa del cerchio.
Ma
lei non le ascolta e neppure le vede.
L’unica
cosa che vede è la spensieratezza di Kogure quando passa
vicino alla palestra
del club di basket e il suo sorriso complice quando i loro sguardi si
incrociano, prima che quello del ragazzo si posi su Ryota Miyagi che ha
appena
fatto passare la sua squadra in vantaggio.
Le
pare le stia dicendo, con i suoi occhi scuri: «Hai
visto? Cosa può mai succedere?»
E
lei non lo sa.
Sa
solo che vorrebbe vedere Akira, quella sera. Ma lui ha il telefono
staccato e
quando squilla non risponde.
E’
chiaro che ha scelto Shibahime.
Dorayaki:
dolce
tipico giapponese composto
da due pancake simili al pan di spagna. Al centro è riempito con
l'anko,
una
salsa dolce rossatra ricavata
da fagioli azuki.
Moulinet:
uno dei gruppi tecnici fondamentale nella
ginnastica ritmica, consiste nel compiere quattro piccoli circoli con
le
clavette.
Promenade:
nel balletto indica un giro lento eseguito su un
piede solo.
Note
noiose finali (d’obbligo):
Perdonate
il leggero ritardo ma tra feste, lavoro e stanchezza, il weekend scorso
ho
deciso di prendermi un po’ di tempo per me e
l’aggiornamento è saltato.
Piano
piano le cose cominciano a delinearsi anche se non sono proprio del
tutto
chiare; ammetto che tutto questo è dettato da un mio gusto
personale e da un
lato sono felice che alcuni punti non siano poi così
scorgibili :3 Ma
tranquille, le cose si aggiusteranno e spero vivamente di non lasciarmi
dietro
grossi buchi neri.
Ringrazio
vivamente quelle anime pie che mi hanno lasciato un commentino: ReginaMills89, pinkjude
e Ice_DP
sappiate che il mio affetto per voi è smisurato ♥
Ringrazio
anche i lettori silenziosi e chi ha aggiunto le storie fra le seguite/ricordate/preferite :)
Io
come al solito invito chiunque abbia tempo e voglia a lasciare un
commentino,
mi rendereste felice ♥
Alla
prossima!
HeavenIsInYourEyes.