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Autore: _Princess_    21/12/2008    40 recensioni
“Tom Kaulitz,” si presentò lui alla fine, stringendole la mano. Fu allora che l’attenzione gli cadde sul cartellino che lei aveva al collo. “Vibeke V. Wolner?” lesse.
“Si legge ‘Wulner’,” lo corresse lei rigidamente. “Sono norvegese.”
“Ah,” fece lui, dimostrando scarso interesse. “Posso chiamarti Vi, per comodità?”
“No.” Ribatté lei secca.
“La v puntata per cosa sta?” le chiese allora Tom.
“Non sono fatti tuoi.”
Si occhieggiarono con un accenno di ostilità. Vibeke seppe immediatamente che tra loro due sarebbe stato impossibile instaurare un rapporto civile.
[Sequel di Lullaby For Emily]
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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“Stanotte dormi da noi, non esiste che tu te ne stia tutta sola dopo una giornata simile.” Aveva sentenziato Bill in faccia a Vibeke in tono perentorio (per quanto perentorio potesse essere uno che ruminava gelatine alla ciliegia a dieci alla volta) mentre uscivano assieme a tutta la compagnia dall’ospedale. Vibeke, da parte sua, aveva inizialmente opposto resistenza, ma non esisteva persona al mondo in grado di smuovere Bill da un’idea, e se lui aveva deciso che lei avrebbe passato la notte da loro, così sarebbe stato, così alla fine Vibeke si era arresa ed aveva finito per accettare, benché con una certa reticenza.

A Georg non era sfuggita la faccia risollevata – ed anche vagamente esultante – di Tom.

Checché ne dicesse lui, era cotto e stracotto di Vibeke, e continuare a negare l’evidenza non era che un atto di puerile orgoglio. Figurarsi se Tom Kaulitz avrebbe mai ammesso apertamente di aver perso la testa per una ragazza, soprattutto una come lei.

Alla fine avevano permesso a Vibeke di andare a casa a riposare, mentre loro sarebbero andati allo studio con Benjamin, facendole promettere che si sarebbe ripresentata da loro per cena, e a quanto pareva le minacce avevano funzionato, perché alle otto in punto Vibeke si era burberamente presentata alla loro porta con uno zaino buttato su una spalla e un vassoio di pasticcini nell’altra.

“Pronto?”

Georg abbandonò di colpo le proprie riflessioni, richiamato alla realtà da una voce aveva bramato di sentire fin da quando aveva preso in mano il cellulare e la linea aveva iniziato a suonare libera.

“Ciao, Sandberg.” Salutò, con quella suadenza che gli veniva spontanea, quando parlava con lei.

“Ciao, signor Listing.” Gli rispose lei in tono allegro ed ammiccante.

Dio, quanto gli mancava...

“Ho visto che stamattina mi hai cercato. Scusa se ti chiamo solo adesso, ma volevo aspettare di avere un momento tranquillo.”

“Non era nulla di urgente,” lo rassicurò Nicole. “Volevo solo avvisarti che la ditta dei traslochi viene venerdì. Abbiamo quasi finito di impacchettare.”

Georg sorrise a quelle parole, il cuore che fremeva emozionato al pensiero che lei ed Emily si stessero preparando a trasferirsi nella loro casa. Non avrebbe mai osato sperare che sarebbe successo, così presto ancor meno.

“Come sta la mia piccola peste, a proposito?”

“Ha un po’ di tosse,” rispose Nicole. “Ma questo non le impedisce di fare il diavolo a quattro.”

Georg rise.

“Sente anche lei il fermento per il trasloco,” commentò. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere là con loro, ma gli impegni di lavoro lo avrebbero bloccato ad Amburgo ancora per qualche giorno. “Me la passi un attimo?” la pregò poi. Aveva voglia di sentire la voce sbarazzina di Emily.

Sentì Nicole che la chiamava al telefono e uno scalpiccio di sottofondo, che culminò con un fruscio.

“Georg!” esclamò Emily concitata un secondo più tardi.

“Hey, terremoto!” la accolse lui con affetto. “Come stai?”

Emily diede un colpetto di tosse e gli disse mogia:

“Ho il freddo.”

Georg rise a labbra chiuse.

“Il raffreddore?” la corresse intenerito.

“Sì,” confermò lei. “La mamma mi ha dato una medicina cattiva.”

“Però ti fa bene, vedrai,” la rassicurò lui. “Stai facendo la brava, vero?”

“Qualche volta non tanto,” ammise Emily, imbronciata. “La mamma non vuole mai che io e Liesel la aiutiamo a mettere le cose nelle scatole.”

Tipico di Nicole, pensò Georg, sempre a dimostrare che può fare tutto senza l’aiuto di nessuno.

“Sono sicuro che se le chiedi se ti lascia mettere via i tuoi giochi, ti dirà di sì.” La incoraggiò.

Sentì un sorriso rallegrare il tono di Emily:

“Va bene.”

“Me la ripassi, adesso?”

Emily annuì, ma prima di lasciare il telefono aggiunse:

“Quando vieni a trovarci?”

Georg trattenne un sospiro. Era dannatamente complicato ascoltare la nostalgia di una bambina senza lasciarsi spezzare il cuore, e ancora più complicato era, ogni volta, spiegarle che non avrebbe potuto tornare da lei per un po’.

“Presto, tesoro,” le promise. “Prestissimo.”

Dall’altra parte ci fu una breve pausa silenziosa.

“Ti voglio bene.” Pigolò poi Emily, sciogliendo definitivamente i miseri resti della compostezza di Georg.

Emily. La sua piccola Emily. Chi l’avrebbe mai detto che Georg Listing, bassista di una delle band più giovani, amate e premiate degli ultimi anni, un giorno avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe reso conto che una buona percentuale dell’amore messo a disposizione dalla propria anima se l’era portato via una buffa biondina di quattro anni?

Amava Nicole, con tutto se stesso, ma altrettanto amava Emily, e troppe volte si era sentito divorato dai sensi di colpa per essere troppo spesso costretto ad amarle da così lontano.

“Anch’io, piccola.” Sussurrò contrito.

“Ti passo la mamma.”

“Grazie.”

Una serie di rumori attutiti comunicò a Georg che il telefono era passato di mano in mano.

“Quanto siete teneri, voi due.” Sospirò Nicole.

Georg si lasciò andare in una piccola risata.

“Lo sai che sto con te solo perché sono innamorato di lei.” Scherzò.

Nicole, dall’altro capo della linea, esitò.

“Georg,” mormorò cauta. “È tutto a posto? Sembri stanco…”

Nicole era fatta così: anche a chilometri e chilometri di distanza, sentiva sempre quando c’era qualcosa che non andava.

“Sì, in effetti lo sono,” le confessò. Si passò una mano tra i capelli, spostandosi davanti alla finestra del salotto. Dalla cucina sentiva il vociare indistinto degli altri. “È che abbiamo passato una nottataccia, qui. Non so se hai sentito qualche notiziario…”

“Purtroppo no, il televisore è imballato da due giorni.”

“Be’,” Georg cercò di spiegarsi senza farlo sembrare il dramma che in realtà era. “Ieri sera hanno sparato a BJ durante una rissa, fuori da una discoteca.”

Sentì Nicole che tratteneva il respiro.

“Sta bene, vero?”

“Se l’è vista brutta, ma sta benone,”  esplicitò. “Siamo stati a trovarlo stamattina, ed era decisamente in forma.”

“Meno male,” disse Nicole, con tangibile sollievo. “Mi fa piacere.”

“Ospitiamo Vibeke, almeno per stanotte,” proseguì Georg. “Non vogliamo che resti sola.”

“Ottima idea,” approvò Nicole, che non era mai stata gelosa nel senso ossessivo del termine. “La sistemate nella stanza di Emily?”

Un sogghigno istintivo apparve sulla bocca di Georg.

“In teoria sì. In pratica credo proprio che dormirà altrove.”

“Cosa intendi?”

“Le cose tra lei e Tom sembrano svilupparsi, in qualche loro bizzarro modo.” Le confidò.

“Sono una bella coppia, quei due.” Osservò lei, con una punta di soddisfazione.

Stranamente, lo erano veramente. Nessuno aveva ancora capito in quale inconcepibile modo un’appaiata male assortita come una dark e un patito dell’hip hop potessero in realtà risultare una combinazione così vincente, ma così stavano le cose: da che si erano conosciuti, Tom e Vibeke non avevano fatto altro che punzecchiarsi, irritarsi a vicenda ed urlarsi contro, ma, giorno dopo giorno, era diventato chiaro che avevano cominciato a prenderci gusto. Si divertivano a litigare, ed era impossibile, per uno che lo conosceva bene, non notare il cambiamento nel modo di sorridere di Tom, non più come la posa di una fotografia, ma come se avesse veramente qualcosa che lo facesse sorridere, e quel qualcosa era una nevrotica norvegese che adorava chiamarlo per cognome.

“Improbabile, ma bella, non c’è che dire,” concordò Georg.  “Senti, sei ancora dell’idea di sbrigartela da sola con la sistemazione nella casa nuova?”

Nicole emise un mormorio sommesso.

“Insomma… A dirti la verità, non credevo di possedere tanta roba.”

Lui stroncò un ‘Te l’avevo detto’ prima che potesse nascere.

“Porto i ragazzi a sfacchinare un po’, che ne dici?” suggerì quindi.

“Non essere ridicolo, non li voglio sfruttare!”

“A loro farà piacere, ci divertiremo!”

Omise la parte in cui Bill probabilmente avrebbe detto che gli si sarebbero rovinate le unghie, ma tanto non sarebbe comunque riuscito ad aiutarli con gli scatoloni, quindi era probabile che finisse in un angolo a giocare con Emily mentre loro mettevano a posto tutto quanto.

“Allora?”

“D’accordo, come vuoi,” si arrese Nicole, senza riuscire a celare un gorgoglio gioioso. Le mancavano i ragazzi, Georg lo sapeva. “Vorrà dire che vi ricompenserò con un lauto pranzetto.”

“Così mi piaci,” esclamò soddisfatto. “A presto, Sandberg.”

“Ciao,” ridacchiò lei. “Salutami tutti, e tienimi aggiornata su BJ, mi raccomando.”

“Nessun problema. Ci vediamo tra qualche giorno, allora.”

“Vi aspetto.”

Georg chiuse la chiamata e lasciò il cordless sul divano. Si sentiva un po’ meglio, dopo quella telefonata, e tornò verso la cucina decisamente rinvigorito.

“Dio santo, Vi, ci credo che pesi una tonnellata! Mangi come un bue e un Bill messi insieme!” stava esclamando Tom, mentre Vibeke si leccava avidamente qualche briciola dalle dita. Sul vassoio erano rimasti solo una mezza dozzina di bignè.

“Che differenza c’è tra i due?”

“Bill mangia di più.” Disse Tom con ovvietà.

“Ma che vuoi?” mugugnò Bill offeso, infilandosi in bocca un pasticcino al cioccolato. “Devo crescere!”

“Principessa, senza offesa, ma dovresti cominciare a crescere in larghezza, visto che se cresci ancora un po’ in altezza, non passi più dalle porte.”

“Ho un fisico slanciato, non posso farci niente!” si impuntò Bill, dopo aver deglutito.

“Lurido schifoso, non sbattermi in faccia la tua ignobile fortuna!”

“Non odiatemi perché sono bellissimo!” guaì lui. “Non lo faccio apposta!”

Tom grugnì.

“Bill, te lo dico con il cuore: vaffanculo!”

Bill, invece, lo circondò con le sue lunghe braccia sottili, stritolandoselo al petto.

“Grazie, Tomi, ti voglio bene anch’io.” Gli disse amorevolmente, cercando di propinargli un bacio, ma lui lo spinse via in malo modo.

Vibeke li guardava e rideva. Si alzò in piedi e prese a raccogliere le stoviglie dalla tavola, ammucchiando le posate in un piatto. Non fece in tempo ad impilare due piatti uno sull’altro, che Tom era già in piedi accanto a lei e le rubava le cose di mano.

“Vi, aspetta, ti aiuto.”

Vibeke sorrise. Georg anche.

Di solito era Gustav ad aiutare; Bill non si era mai scomodato in vita propria a fare qualcosa che potesse anche lontanamente ricordare delle faccende domestiche, e Georg, personalmente, poteva senza problemi definirsi un disastro, in quel campo, ma Tom era il più refrattario di tutti loro verso quel genere di fatica: per lui era una noia, un tedio vero e proprio badare a sciocchezze come pulire il tavolo o mettere i piatti in lavastoviglie, tanto più che, come ricordava puntualmente, avevano assunto Vibeke proprio per risparmiarsi certe seccature.

Ma quella sera no. Quella sera qualche alieno doveva essere venuto a rapire Tom in assenza di Georg e lo aveva sostituito con un suo replicante fisicamente perfetto ma comportamentalmente del tutto incoerente, perché quello che raccoglieva i piatti senza fiatare, che sottraeva i bicchieri a Vibeke dicendole di stare seduta, non poteva essere il loro Tom.

Georg però notò che non era solo lui ad essere strano. Sia lui che Vibeke si guardavano a stento, e quando si parlavano lo facevano con un insolito imbarazzo mal dissimulato, come se non si conoscessero.

O come se fossero due adolescenti alla prima cotta.

“Posso dare una mano?” si offrì Georg, varcando la porta con nonchalance.

Tom e Vibeke si voltarono, ma Bill, la cui bocca era punteggiata da macchioline di cioccolato, li precedette:

“Lascia fare a Gertrud, per oggi,” disse, dando un paio di pacche sulla schiena del fratello.

Vibeke scoppiò a ridere, ma Tom si limitò ad appioppargli un’occhiata malevola, eppure con rara pazienza.

Cosa diavolo sarà successo la scorsa notte per scombussolare così il sano, vecchio ordine delle cose?

“Abbiamo quasi finito, non ti preoccupare,” gli disse Vibeke. “Come stanno Nicole ed Emily?”

“Bene,” le rispose sorpreso. Aveva sempre avuto l’impressione che Nicole non le piacesse. “Salutano tutti quanti, soprattutto BJ.”

Vibeke sorrise.

“Ringraziale da parte mia, appena le senti.”

Georg non capiva se quella sua apparente vena di gentilezza universale fosse voluta, uno dei tanti metodi che lei aveva per prendere le distanze dagli altri, o se invece le venisse spontaneo, qualunque fosse la causa. All’inizio non gli era piaciuta molto proprio per quello: lui era abile a capire la gente, ed il fatto che lei fosse quanto di più incomprensibile gli fosse mai capitato davanti lo aveva innervosito, nei primi tempi, ma poi, conoscendola, interpretare Vibeke era diventato più abile del previsto. Era bastato applicare la stessa chiave di lettura di Tom, con qualche debito adattamento, ed estenderla alla più intricata complessità emotiva di una ragazza. Ovviamente Georg non aveva la presunzione di aver capito tutto di lei – anzi, aveva ancora parecchi interrogativi in sospeso, che forse solo avendo anni ed anni a disposizione avrebbe potuto risolvere – ma una cosa che aveva indubbiamente capito era che gli piaceva il suo carattere coriaceo. Vibeke era davvero come Tom, a livelli di strutture psicologiche: aveva concentrato ogni sua energia nel costruirsi intorno una fortezza quasi inespugnabile, ma dentro era rimasta senza difese. Una volta penetrati i suoi solidi muri, sarebbe bastato un nonnulla per farla crollare completamente.

Da dentro, Vibeke non sapeva proteggersi.

“La prossima settimana vado a Lipsia,” comunicò Georg agli altri, restando sul vago. Se li conosceva, sarebbero stati loro ad offrire il proprio aiuto. “Per aiutare Nicole con la roba.”

“Posso venire anch’io, se vi fanno comodo un paio di braccia in più.” Disse infatti Gustav, ancora seduto a capotavola.

“Sì!” Bill batté entusiasticamente le mani. “Vogliamo vedere il superattico!”

“Non aspettarti chissà cosa, Bill,” lo frenò Georg. “È spazioso, ma non è una reggia.”

“Sono curioso!”

“Hey, Bee,” Georg si rivolse a Vibeke. “Perché non vieni anche tu? Non devi fare niente, vieni e basta, ti svaghi un po’, passi una giornata diversa…”

“Guarda che non mi crea nessun problema darvi una mano,” replicò lei con leggerezza. “Verrei volentieri, ma BJ…”

“Andiamo via la mattina e torniamo la sera,” tentò di convincerla. “Dai, non fare l’asociale!”

“Non te ne pentirai, vedrai.” Soggiunse Tom, intento ad infilare rozzamente i piatti nella lavastoviglie.

E forse era un semplice caso, ma, dopo quello, Vibeke si ammorbidì.

“Ok,” sospirò. “Vada per la scampagnata a Lipsia.”

“Grande!” si compiacque Bill, alzandosi dal proprio posto. “Film, adesso?”

“Bill, sono le undici, domani ci dobbiamo svegliare all’alba.” Gli fece notare Gustav.

“Guardiamo Il Re Leone, che è corto!”

“Bill…”

Ma era inutile, lo sapevano tutti. Cercare di far ragionare Bill quando si metteva in testa qualcosa era una perdita di tempo a cui avevano rinunciato da anni. Volenti o nolenti, avrebbero guardato Il Re Leone.

 

***

 

Vibeke si vergognava ad ammetterlo, ma era commossa. Doveva essere una delle poche persone al mondo a non aver mai visto quello che tutti decantavano come il più grande classico della Disney, ed ora che i titoli di coda scorrevano, pensò che non erano stati novanta minuti proprio buttati. Le era piaciuto, soprattutto per certe ambientazioni cupe e lugubri, e doveva ringraziare Bill, perché non si sarebbe mai messa a guardare un film del genere di propria volontà.

Era seduta sul divano tra Bill e Gustav, Georg e Tom sull’altro con due facce di sopportazione che avrebbero meritato l’immortalazione, e non le dispiaceva quell’atmosfera quasi famigliare. Era abituata a convivere con loro, anche per diverse ore al giorno, però quella specie di intimo raccoglimento le era del tutto nuovo, e la cosa più strana era che, per una volta, non si sentiva un pesce fuor d’acqua.

“D’accordo, cuccioli, è ora della nanna,” esordì, spegnendo la TV. “Tutti a letto, da bravi.”

“Ma sentitela!” borbottò Tom, stiracchiandosi con uno sbadiglio. “Parla come se fosse lei la padrona di casa!”

“Io obbedisco volentieri,” dichiarò Gustav, mentre si alzava in piedi. “Buonanotte, gente.”

“Il bagno grande è mio!” strillò Bill, schizzando verso il corridoio prima che qualcuno potesse aprir bocca.

Vibeke lo vide correre nel bagno e salutarli allegramente prima di chiudersi dentro.

“Deve farsi bello.” Le spiegò Georg, intercettando il suo sguardo perplesso.

Vibeke si accigliò.

“Si fa bello per andare a dormire?”

“Si strucca, si pettina, si riempie di creme idratanti…”

“Quindi è questo il suo segreto di bellezza…” dedusse Vibeke in tono ilare. “Adesso capisco dove sbagliavo io.”

I ragazzi risero.

Salirono tutti assieme al piano di sopra e si sparpagliarono nelle rispettive stanze. Vibeke entrò nella stanza degli ospiti, dove già aveva portato la propria roba. Stancamente, si lasciò cadere a peso morto sul morbido piumone blu e si guardò attorno: era una delle parti della casa con cui aveva meno familiarità, essendoci entrata solo un paio di volte. Era una camera bianca, piuttosto grande, arredata in modo molto semplice, rispetto alle altre, con mobili di quercia e un bel tappeto rosso davanti al letto, l’unico ad una piazza singola di tutto l’appartamento.

C’era profumo di gelsomino, là dentro, e tutto era pulito ed ordinato, evidente segno che i ragazzi non ci mettevano mai piede. Vibeke chiuse gli occhi e provò ad immaginare Emily sdraiata tra quelle coperte, con Nicole e Georg accanto che le leggevano una storia, o le cantavano una canzone, o semplicemente le rimboccavano le coperte augurandole la buonanotte. Anche lei era stata abbandonata da uno dei suoi genitori, ma per sua fortuna era accaduto prima che potesse avere modo di affezionarsi, e ora aveva Georg, così come Vibeke aveva Sissel, ma loro due sarebbero rimaste due casi totalmente differenti.

Diversamente da Emily, Vibeke non aveva più la meravigliosa capacità infantile di vedere il mondo come se fosse un’opportunità. Per Vibeke il mondo era semplicemente un posto in cui cercare di sopravvivere, e qualche volta nemmeno quello.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per credere ancora nelle favole a lieto fine.

Si tirò su, sentendo un principio di emicrania che cominciava ad annoiarla, afferrò il proprio zaino e si cambiò, poi prese lo spazzolino da denti ed uscì scalza alla volta del bagno, che però trovò chiuso.

Le luci delle stanze dei ragazzi erano tutte accese, non aveva idea di chi potesse esserci dentro, ma comunque bussò.

“Avanti!” le rispose subito la voce di Georg.

Vibeke aprì senza indugi ed entrò, ma si inchiodò immediatamente sulla porta, la mascella che cedeva senza il minimo orgoglio davanti allo spettacolo abbacinante che le si era aperto davanti: Georg le dava le spalle, appostato davanti allo specchio a legarsi i capelli in una coda, con un paio di boxer neri addosso. Soltanto quelli addosso.

Per i lussuriosi gusti di Vibeke, un paio di boxer erano una copertura già eccessiva per quei preziosi e numerosi centimetri di pelle divinamente nuda. Proprio di fronte a lei c’erano un paio di larghe spalle contratte, ogni muscolo ben evidenziato, le braccia sollevate a sistemare l’elastico attorno ai capelli. Seguì con gli occhi la linea netta della spina dorsale, scivolando sulle scapole, la bocca improvvisamente asciutta, e scese verso il basso, sui fianchi, sulle due piccole fossette simmetriche che si intravedevano appena al di sopra del tessuto, gustandosi ogni millimetro con appagante attenzione, pensando ai milioni di donne sparse in tutto il mondo che avrebbero venduto l’anima al diavolo per essere al suo posto. Personalmente, ora come ora, Vibeke avrebbe venduto anche il proprio fratello, per essere al proprio posto. Dio esisteva, non aveva più dubbi, e lei lo aveva incontrato nel bagno di un appartamento di Amburgo.

Quando arrivò alla curva perfetta del fondoschiena, decise che era troppo: o si fermava lì, o sarebbe svenuta su due piedi.

“Dio mio!” esclamò, avvertendo la salivazione che ricompariva, più abbondante del solito.

Georg si voltò malizioso:

“Quante volte te lo devo ripetere che per gli amici ‘Georg’ è più che sufficiente?”

Vibeke non fiatò. Era abituata a vederli tutti quanti aggirarsi mezzi nudi per casa, ma in genere almeno la parte inferiore portava dei pantaloni, e non un misero pezzo di biancheria intima.

“Che c’è?” fece allora lui, gettandole uno sguardo interrogativo.

“Come sarebbe a dire ‘Che c’è?’?” esclamò lei, la voce leggermente strozzata. “Non ti sei mai domandato perché le tue fans ti chiamano Georgasm?”

“Cosa ne sai tu di come mi chiamano le mie fans?”

“Lo sai che la principessa è una pettegola.”

“Togliti quell’espressione dalla faccia, però,” le disse Georg, divertito. “Mi metti in imbarazzo.”

“Tu ridi, ma sono una misera umana, devi avvertire se sei in queste condizioni, la prossima volta potrei non reggere!”

“Scusa la puntigliosità, ma anche tu non sei esattamente coperta…”

“È il mio pigiama.” Si giustificò lei, tirandosi lungo le cosce nude la maglia nera extralarge dei Joy Division. ‘Love Will Tear Us Apart’, recitava lo slogan al di sotto del nome.

“Molto succinto, come pigiama.”

Vibeke sgranò gli occhi spazientita:

“Tu dormi in boxer!”

“Ok, non parlo più,” Ridendo, Georg si voltò di nuovo verso lo specchio e si sistemò la coda. “Ti serviva qualcosa?”

Ah, bella domanda, pensò Vibeke, il cui sistema nervoso sembrava essersi fuso per la vampata di calore improvvisa derivata dalla generosa esposizione delle grazie di Georg.

“Non so, non ricordo… Al momento ho seri problemi di concentrazione, per colpa tua.”

Lui rise ancora ed abbassò lo sguardo sulla mano destra di lei.

“Forse volevi lavarti i denti?” le suggerì.

Vibeke guardò in basso e si ricordò di avere in mano lo spazzolino.

“Oh, sì, bravo!”

Georg si appoggiò all’indietro contro il piano di marmo, incrociò le braccia e da lì la scrutò.

“Mi fa piacere vederti di nuovo carica e spumeggiante,” Le sorrise. “Non eri tu, con quell’aria abbacchiata.”

Vibeke fu pervasa da un forte senso di gratitudine, non solo verso di lui, ma anche verso i tre assenti. Era sinceramente commossa dalla premurosità che avevano dimostrato nei suoi confronti, solo che non sapeva come dirglielo senza sembrare una patetica sentimentalista.

“Devo ringraziare te e quegli altri tre di là, lo ammetto,” si decise, alla fine. “Non fosse stato per voi, ora sarei a casa ad ingozzarmi di patatine davanti ad un film splatter, morendo dalla voglia di correre in ospedale ad importunare mio fratello.”

Georg scrollò le spalle, incurante dei devastanti effetti che i suoi muscoli in bella mostra potevano avere su un soggetto di sesso femminile troppo estasiato per collassare miseramente al suo cospetto.

“Gli amici servono a questo, no?”

Vibeke ordinò alla propria testa di volgersi altrove e trovare un nuovo obiettivo da rimirare che non fossero i pettorali di Georg, o i suoi addominali, o altre invitanti parti anatomiche più meridionali, finendo così per concentrarsi sulle lucide piastrelle nere del pavimento. Qualunque cosa avesse provato per lui in passato ormai era irreversibilmente mutata in un’amicizia del tutto priva di slanci passionali, ma c’erano cose davanti alle quali nessuna donna – etero, lesbica o bisex che fosse – non poteva non farsi venire pensieri impuri, e si dava il caso che il peccaminoso corpo di Georg fosse una di quelle.

“È che non sono abituata ad avere degli amici,” blaterò, mentre le proprie cellule cerebrali si riprendevano dal surriscaldamento. “Non così… Amici.”

“Be’, dovrai abituarti,” ribatté lui. “Avrai bisogno di noi, mentre BJ è ricoverato.”

Vibeke emise un risolino svagato, portandosi la mano libera alla fronte.

“Tutto questo ha dell’assurdo…”

Georg inclinò interrogativamente il capo di lato.

“Perché dici così?”

Vibeke stava graffiando con l’unghia del pollice la superficie del manico dello spazzolino, ancora in contemplazione del pavimento. Nonostante tutto, le venne da sorridere.

“Soltanto qualche mese fa cambiavo canale solo a sentire pronunciare il vostro nome,” disse. “E adesso lavoro per voi, esco con voi, dormo a casa vostra e sono…” Si morse il labbro inferiore tra gli incisivi, smorzando un sorriso colpevole. “Disastrosamente innamorata di voi.”

Sul volto di Georg si spalancò un sorriso radioso, che parve illuminarlo da capo a piedi. Era bellissimo – era perfetto – ma Vibeke non era mai stata così consapevole di avere di fronte una metà che non combaciava affatto con lei.

“Anche di Tom?”

Prima Vibeke cessò di respirare, poi i suoi occhi si dilatarono, ed infine li sollevò di scatto verso Georg, che la osservava con un’espressione saccente.

Che cosa avrebbe potuto rispondergli?

‘Ma cosa ti viene in mente?! Non potrei mai e poi mai innamorarmi di Kaulitz!’

Bugia spudorata.

‘No, Tom no, sai che lo detesto.’

Bugia e basta.

‘Diciamo che non lo odio.’

Quasi verità.

Era un domanda difficile, più di quanto sembrasse.

Tom era antipatico. Ed egocentrico. E vanitoso. E anche insopportabilmente presuntuoso. Senza contare poi le sue irritanti manie di esibizionismo, peraltro accompagnate da una spocchia degna di un dio sceso in terra.

Ma Tom era anche dolce, se si scordava di essere Tom. E sapeva essere generoso, qualche volta, e persino sensibile. E aveva quel modo particolare di sorridere, quando lo faceva davvero, che comunicava una timidezza che normalmente finiva obliata dalle molte tonnellate di pecche che aveva. Tom non era un ragazzo maturo, e nemmeno disponibile, e neanche troppo sicuro di sé come gli piaceva che la gente credesse. Tom Kaulitz dei Tokio Hotel era quanto di più banale, elementare e superficiale si potesse trovare, eppure, quando deponeva le armi e calava il sipario, Tom non era altro che Tom, confuso ed intricato, contorto, ed era una delle cose più belle che lei avesse mai visto.

Che senso aveva mentire ancora a se stessa, quando ormai lo sentiva così forte dentro da temere che da fuori glielo si potesse leggere in faccia?

Sì, era innamorata. Anche di Tom.

Soprattutto di Tom.

Anche se ammetterlo faceva paura.

“Era una domanda retorica, per inciso,” la avvertì Georg. “E anche un pochino bastarda.”

Vibeke si soffiò via dalla fronte un ciuffo di capelli con indifferenza, che sperò risultasse credibile, nei limiti del possibile, considerato che lei era ancora una donna, lui era ancora seminudo, e l’argomento appena toccato era probabilmente il più scottante che si potesse trovare.

“Posso lavarmi i denti, adesso, o hai intenzione di farmi sbavare senza dignità finché ti cadrò ai piedi disidratata?”

Lui si decise finalmente a disincrociare le braccia da quella posa provocante e si incamminò verso di lei, puntando la porta.

“Andrò a vestirmi, contenta?”

“Ciò che resta dei miei neuroni te ne è immensamente grato.”

“Non c’è di che.”

Vibeke lo lasciò passare, ma quando lui fece per aprire, lei lo chiamò:

“Hagen?”

Lui si voltò.

“Mmh?”

Di tutte le cose che avrebbe voluto dirgli, scelse la più sciocca e scontata, forse, ma anche la più vera.

“Le tue Sandberg sono ragazze fortunate.”

Georg ammiccò.

“Lo dico sempre anch’io.”

Vibeke gli fece capire con un’occhiata ciò che pensava di quella sviolinata alla Kaulitz e poi, scherzosamente, lo spinse fuori.

“Buonanotte.” Gli augurò sbrigativa.

“Anche a te,” ricambiò lui. “Dormi bene.”

Ci proverò.

Rimasta sola, Vibeke si portò di fronte allo specchio ed appoggiò lo spazzolino accanto al lavandino. Cercò di guardarsi da fuori, con gli occhi di un estraneo, per capire che cosa vedessero gli altri quando la guardavano, ma tutto ciò che vedeva era la solita ragazza alta e smunta, con dei brutti aloni scuri intorno agli occhi e le unghie mangiucchiate. Odiava non potersi vedere oggettivamente, perché si era sempre chiesta quanto fosse diversa, da fuori, rispetto a ciò che percepiva lei.

Possedeva qualche cosa che potesse piacere ad un uomo?

Pensò a come Tom l’aveva rincorsa per giorni, riuscendo sempre, alla fine, ad intrappolarla con un bacio possessivo. Se si era comportato così, doveva essere perché in lei c’era qualcosa che lui desiderasse, qualcosa che ancora desiderava, visto che non aveva smesso di cercarla, anche dopo aver ottenuto ciò che Vibeke aveva sempre ritenuto essere il suo scopo ultimale. Invece, a quanto pareva, non era solo il sesso che Tom voleva da lei, e questa era una presa di coscienza pericolosa, per i suoi gusti, perché sapere che chi volevi ti voleva a sua volta poteva facilmente dare alla testa, e quello era esattamente ciò che lei cercava di vietarsi da una vita.

Sarebbe stato tutto molto più difficile, nelle settimane a venire, senza BJ a portata di mano che la costringesse a confessargli ogni minima cosa.

Senza barcamenarsi oltre, si sbarazzò di tutti quei rimuginamenti con una spruzzata di acqua gelata sul viso, dopodiché spremette un po’ di dentifricio dal tubetto che trovò nell’armadietto e finalmente si lavò i denti.

Quando fu di ritorno nella propria stanza era così stanca che temeva che non sarebbe mai riuscita a prendere sonno.

Gettò lo spazzolino alla cieca sul comò, spense la luce, tirò indietro il piumone e si sdraiò, inspirando il profumo di bucato delle lenzuola. Dalle altre stanze non giungeva più alcun rumore.

Si rigirò più volte nel letto, protendendo le braccia verso qualcosa che non c’era. Come poteva un letto grande come la metà del suo sembrarle così immenso, freddo e vuoto?

Si sarebbe preoccupata un’altra volta di dormire bene. Per ora le sarebbe bastato riuscire semplicemente a dormire.

 

***

 

Bill sperava di non cadere dalla scale mentre scendeva in punta di piedi al piano inferiore, trascinandosi dietro una coperta di lana che doveva pesare quanto lui.

Erano le tre del mattino: era intontito dal sonno e dalla voglia di ributtarsi a letto dopo essersi trascinato fino al bagno per prendersi un goccio d’acqua, ma aveva notato una luce accesa nel salotto e non aveva saputo resistere. Non poteva trattarsi di Georg, visto che i sassi avevano un sonno più leggero del suo, e Gustav, se si fosse svegliato a notte fonda, non si sarebbe certo sprecato a lasciare la propria stanza, ed anche Tom in genere dormiva tranquillamente fino ad orari impensabili. Tuttavia, quella volta c’era un’anomalia nella loro routine che poteva avergli causato qualche difficoltà ad addormentarsi: Vibeke non aveva mai passato la notte da loro, prima. Non poteva che esserci uno dei due, di sotto.

Non appena fu sceso abbastanza da avere una buona panoramica della sala, individuò Vibeke sul divano, sotto alla luce della lampada a stelo lì accanto, che teneva qualcosa in grembo.

Imbacuccato come una crisalide nella sua coperta, Bill barcollò silenziosamente verso di lei nella penombra.

Ignara, Vibeke se ne stava raggomitolata nel piumone che doveva essersi portata via dal letto, e sfogliava un grosso volume con aria piuttosto assorta, i capelli raccolti su una spalla. Si riusciva quasi a vedere la stanchezza che la appesantiva, ma sembrava rilassata, pacifica. Senza il suo trucco scuro e i vestiti neri, faceva tutta un’altra impressione, e dimostrava qualche anno in meno della sua effettiva età.

“Wolner…”

Vibeke trasalì, accostandosi una mano al petto, e guardò in su..

“Principessa,” lo salutò stupita, mentre lui le si avvicinava. “Che ci fai in piedi?”

Bill si creò un po’ di spazio tra la massa voluminosa del piumone e le si accoccolò accanto con uno sbadiglio.

“Non avevo sonno.” Rispose, appoggiandosi con la guancia alla sua spalla. “Che cosa leggi?”

“Oh, non sto leggendo,” disse lei, mostrandogli quello che stava sfogliando. “Non volevo ficcare il naso, ma l’ho trovato nella libreria e…”

Bill riconobbe subito il rivestimento di lucida plastica nera: era uno degli album che raccoglievano le fotografie scattate durante i tour. Stando a qualcuna delle foto che intravide, doveva essere di un paio di anni prima.

“Sei venuto benissimo, qui.” si complimentò Vibeke, indicandogli una delle fotografie in cui lui indossava la sua affezionata felpa arancione e sorrideva, guardando chissà dove. Non portava un filo di trucco ed aveva i denti ancora storti: non capiva come qualcuno potesse pensare che fosse venuto bene.

“Fatti revisionare il cervello, faccio schifo in quella!”

“Ma no, sciocco,” insisté lei, dandogli una piccola spallata. “Se io fossi bella come te, consumerei gli specchi a furia di rimirarmi.”

Bill le strappò l’album di mano, sbuffando.

“Non riuscirai mai a farti venire sonno se guardi questa roba,” le disse, lasciandolo cadere a terra. “Poi ti sogni le nostre occhiaie.”

Vibeke si lasciò andare contro alla morbida imbottitura dello schienale, sghignazzando, anche se quella di Bill non aveva voluto essere una battuta.

“Wolner?” Bill si accucciò affianco a lei, rispondendo al suo sguardo seccato con uno angelico.

“Cosa c’è?” rantolò lei arrendevolmente.

Bill non si lasciò scoraggiare dai suoi modi scostanti. C’era abituato, e ormai non ci badava più.

“Ci vuoi un po’ di bene?” le chiese, puntandole addosso il suo migliore sguardo da cucciolo.

Vibeke lo fissava come per cercare di capire le la stesse prendendo in giro o meno, ma Bill era serio. Poteva sembrare una domanda stupida, però ci teneva davvero a saperlo. Lui le voleva bene.

“Sì che vi voglio bene, scemo,” Lo canzonò Vibeke, arruffandogli i capelli già ben poco ordinati. “Siete ancora vivi, no?”

Bill arricciò le labbra.

“E a Tom?” le chiese a tradimento.

Vibeke divenne subito rigida. ‘Tom cosa?’, si aspettava Bill, ma questa volta lei non si nascose dietro nessuna risposta evasiva.

“A Tom anche. In modo un po’ diverso.”

Bill era stato pronto a una gamma abbastanza ampia di responsi, fuorché ad uno così diretto. Forse Vibeke non era poi così simile a Tom come aveva creduto lui.

Si diceva che quando una persona era innamorata glielo si vedeva negli occhi. Bill aveva cominciato a sospettare che Tom provasse qualcosa per Vibeke quando aveva notato che il fratello non lo guardava più in faccia. Per loro due era normale saltare le parole e passare direttamente a livelli di comunicazione superiore – sguardi, gesti, e anche silenzi – ma se Tom aveva smesso di permettergli di guardarlo negli occhi, doveva essere conscio che ci fosse qualcosa, dentro di essi, che non doveva essere visto.

“È stato carino con te, la scorsa notte?”

Vibeke s voltò pagina, soffermandosi su una serie di foto che erano state scartate per la diffusione, perché troppo personali: Bill e Natalie che sonnecchiavano l’uno contro l’altra in un camerino, Gustav incazzato nero con Tom dopo un pessimo concerto, Bill che stirava i capelli a Georg…

“Molto.” Gli rispose, annuendo.

Lo sapevo!, pensò Bill, trionfante. Sempre a fare tutto di nascosto, quel cretino. Figurarsi se si mette a fare il carino con lei in presenza di testimoni… No, non sia mai, guai se qualcuno dovesse scoprire che Tom Kaulitz non è l’inutile essere materialista che vuole dare a bere lui.

“Mi fa piacere che si stia interessando a te,” le rivelò Bill. Lei non batté ciglio. “Tu capisci…” proseguì lui, timoroso. Erano corde delicate, quelle tra lui e Tom, e non erano in molti ad essere in grado di inserirvisi in mezzo senza farle stonare. Lei, pur inavvertitamente, ci era riuscita. “Capiresti. Non cercheresti di allontanarci per gelosia. Mi piacerebbe se tra voi due funzionasse.”


***


Funzionare. Vibeke aveva sempre disapprovato l’uso di quel termine in relazione ai rapporti interpersonali.

Perché ‘funzionare’? Perché non qualcosa di più umano come ‘andare bene’ o ‘procedere positivamente’, invece? ‘Funzionare’, come un elettrodomestico o una macchina? E se per caso la storia non funzionava? Dove lo si prendeva il libretto di istruzioni multilingue per capire dove si sbagliava e risolvere i problemi? E c’erano delle garanzie comprese? Tipo, due anni minimi di idillio assicurato ed eventuale ritiro dell’usato con agevolazioni per l’acquisto di un nuovo articolo? O anche una tempestiva sostituzione, in caso. E poi, magari, se qualcosa continuava a non ‘funzionare’, ti restituivano il tuo tempo e ti fornivano un ricambio per il cuore in pezzi?

Sarebbe stato un affare piuttosto vantaggioso. Se davvero fosse stato così, Vibeke avrebbe volentieri trascorso i suoi ventidue anni a passare da un ragazzo all’altro, o da una ragazza all’altra, godendosela un mondo, senza preoccuparsi di sentimenti calpestati e delusioni cocenti.

Invece no. Dopo nove anni, stava ancora aspettando che qualcuno le portasse una nuova fiducia nel prossimo, dopo che sua madre aveva premurosamente pensato di assassinare quella originale, abbandonando la propria famiglia per darsi alla bella vita con un giovane imprenditore americano.

“Bill, perché questo discorso?”

“Perché voi due state bene insieme, vi siete trovati… Forse stai insegnando a Tom a conoscere se stesso.”

“Cosa sono, una cavia?”

Bill soffocò una risatina nella coperta.

“Sì, più o meno sì. È che tu gli hai dato un bello scossone, non riesce ad ignorarti… È un po’ come se la cocaina si rendesse conto di essere dipendente dall’astinenza, secondo me.”

“Metafora contorta, ma credo di avere afferrato.”

“Deve ancora imparare a gestire questa novità, penso.” Rifletté Bill.

Lei gli diede una gomitata spiritosa.

“Sei una principessina saggia, eh?”

“Conosco mio fratello.” affermò lui, serio.

“Nessuno meglio di te.” Convenne Vibeke.

***


Rimasero un momento a fissarsi, e Bill provò quasi pena per lei.

“Hai avuto paura, vero?” sussurrò timidamente.

Vibeke non parve molto toccata da quella domanda, non fosse che le sue dita erano bianche dalla forza con cui stringeva l’album. Bill non sapeva quello che si provava a temere per la vita del proprio fratello, ed, egoisticamente, era ben felice così. Non capiva e non ci teneva a capire, aveva troppa paura di quel particolare tipo di dolore, ma sentiva un’empatia naturale verso di lei e le sue ansie.

“Sì,” riconobbe Vibeke, la voce incrinata da un filo di emozione. “Tanta.”

“Anch’io,” le confidò Bill. “E so che ne aveva anche Tom.”

“È stato gentile, con me. Gli devo un favore.”

Bill dovette rettificare: lei e Tom non erano propriamente identici in tutto e per tutto, ma in certe cose sembravano cloni. Ogni volta che facevano un piccolo progresso, dovevano necessariamente ritrarsi di un passo, giusto per essere certi di non affrettare troppo le cose, e quindi, dopo aver ammesso di volere a Tom un bene diverso da quello che voleva a Bill e agli altri, Vibeke aveva prontamente sminuito tutto quando attribuendo quello che Tom aveva fatto ad un semplice ‘favore’ fatto per ‘gentilezza’.

Ma quale gentilezza, genio?!, avrebbe voluto sbottare. Quando mai Tom fa qualcosa per altruismo? Lui pensa a se stesso, e se ha fatto quello che ha fatto, è solo perché era esattamente quello che voleva lui.

“No, Wolner, non gli devi niente. Lui è corso da te perché lo voleva. Ha fatto stare in pensiero me e gli altri per venire da te,” Una minuscola pausa prima del colpo finale. “Tomi ci tiene a te.”

L’assenza completa di qualsiasi suono era innaturale. Niente scricchiolii di mobili, niente macchine in strada, niente parole o respiri pesanti. Niente di niente. C’erano solo loro due, accoccolati lì sotto ad una montagna di coperte a parlare di cose nuove per entrambi, ad aiutarsi a scoprire lati di Tom finora rimasti ignoti. E Bill aveva la sensazione che Vibeke, congelata in quella posa un po’ goffa, con l’album sulle gambe incrociate e il viso rivolto verso di lui, ce la stesse mettendo tutta per non chiedergli di ripetere quello che le aveva appena detto.

“Sei un bravo Kaulitz anche tu.” Gli disse infine, lisciandogli i capelli con una carezza che lo fece sorridere.

“Posso avere un abbraccio?” azzardò, allargando le braccia, con tanto di coperta sopra.

Vibeke finse di scostarsi un po’ da parte.

“Io sono quella provata e tu chiedi un abbraccio?”

“Tu me lo avresti chiesto?”

“Troppo tardi per scoprirlo.”

“Uno solo,” persisté lui, spalancando ulteriormente le braccia. “Piccolo piccolo!”

“Poi ti devo portare a nanna in braccio, rimboccarti le coperte e darti il bacio della buonanotte?”

Bill si allungò verso di lei, a quattro zampe.

“Lo faresti?”

Lei gli mise una mano sul viso per tenerlo lontano, ma rideva.

“Hey, non sono tua madre!”

“Va bene, ho capito,” Arresosi, Bill cercò di tirarsi su. “Ti lascio in pace. Buonanotte, testona.”

“Bill… Dai,” Approfittando del fatto che si era incastrato su se stesso, Vibeke gli cinse il collo e lo costrinse a restare. “Non fare l’offeso, vieni qui!” E senza preamboli gli schioccò un bacio sul viso.

“Mi hai dato un bacio!” pigolò Bill, toccandosi esterrefatto la pelle umida.

“Non è stato bello,” commentò lei, lasciandolo andare. “Sei praticamente senza guance.”

“Ora capisco perché stai sempre a sbaciucchiarti Gustav.”

“Tu l’hai mai baciato?”

Bill si rizzò in piedi con una smorfia indignata.

“Ma per chi mi hai preso?!”

“Be’, dovresti provarci, non riusciresti più a farne a meno.”

Lui si accostò pensosamente un dito alle labbra.

“Mi chiedo se Fiona sia a conoscenza di questo piccolo particolare.”

“Basta tergiversare,” gli ordinò lei. “Fila a letto, altrimenti le tue occhiaie non me le sognerò soltanto.”

“E tu?”

“Io finisco l’album, poi mi obbligherò a dormire, o almeno a provarci.”

Tanto non ci riuscirai, si disse Bill, poi si aggiustò la coperta addosso e si congedò:

“Buonanotte, allora.”

“’Notte, principessa.”

Tornando a letto, Bill si sentì soddisfatto di quella chiacchierata notturna, primo perché lui e Vibeke non avevano mai avuto occasione di parlarsi a quattr’occhi in una simile intimità, secondo perché aveva avuto la conferma che esistevano delle buone possibilità che Tom, per una volta, avesse trovato una ragazza da affrontare ad armi pari.

 

***

 

Erano le quattro. Le quattro e un quarto, anzi, stando alla radiosveglia, e Vibeke se ne stava distesa a letto ad ascoltare il silenzio.

Dopo l’improvvisata di Bill, che aveva gradito più di quanto avesse mai potuto immaginare, aveva finito di sfogliare l’album, poi ne aveva preso un altro, ed un altro ancora, fino a che, persa ogni speranza, aveva deciso che se magari fosse tornata in camera, un po’ di sonno le sarebbe venuto, ma il problema non era il sonno, perché di quello ne aveva fin troppo. Il problema era che proprio non c’era verso di addormentarsi.

Dopo aver passato venti minuti a disegnare con gli occhi forme astratte sul soffitto, si chiese se non fosse il caso di andare a farsi una camomilla, sempre ammesso che in dispensa ce ne fosse. Non era più in ansia per BJ, ormai sapeva che stava bene, quindi la causa della sua insonnia non poteva essere quello. Ma cosa, allora?

Come faccio?

Chiuse gli occhi, sentendoli bruciare da quanto erano stanchi, e qualcosa si risvegliò dentro di lei. Un profumo, un respiro, un corpo caldo, e due mani che le stringevano le spalle.

Fu breve, ma abbastanza lungo da farle venire un ragionevole dubbio.

Non si fermò nemmeno a valutare i se, i pro e i contro. Calciò di lato le coperte e si alzò, uscendo in punta di piedi. Anche al buio, sapeva perfettamente dove andare.

Le bastò attraversare il corridoio per trovarsi davanti alla porta chiusa. Tutti dormivano, l’unica cosa che riusciva a sentire era il proprio battito che accelerava di secondo in secondo. Abbassò lentamente la maniglia, senza fare rumore, sgusciò all’interno della stanza, per poi richiudere la porta con altrettanta attenzione.

Le persiane non erano state chiuse, la luce della luna quasi piena entrava a fiotti dalla finestra, la cui tenda bianca era stata tirata da parte. In quel bagliore opalescente, Tom giaceva addormentato su un fianco, a torso nudo, i rasta sciolti sul cuscino che avvolgeva con un braccio, la testa leggermente chinata verso il petto, ed era così bello che Vibeke avrebbe potuto passare il resto della notte lì, in piedi, a guardarlo dormire.

Mosse un passo dopo l’altro con le ginocchia che le tremavano. Facendo piano, si appoggiò con una mano al materasso e scostò di poco il piumone; fece per strisciarvi sotto, ma all’improvviso le sembrò una cosa stupida ed infantile, e si sentì patetica.

No, non poteva farlo. Era tremendamente sciocco. Non poteva insinuarsi alla chetichella tra le lenzuola di Tom e mettersi a dormire con lui a sua insaputa. Cosa sarebbe successo, poi? Lui si sarebbe svegliato e se la sarebbe ritrovata accanto, e con ogni probabilità l'avrebbe sfottuta a vita.

Non poteva farlo e basta. Non lo avrebbe fatto.

Lasciò andare il piumone e cercò di risollevarsi, ma qualcosa la bloccò. Lì per lì non capì, ma poi guardò in giù e si accorse che cinque lunghe dita le avevano afferrato il polso, ed un paio di occhi nocciola la stavano osservando nell’oscurità opalescente. Due occhi intensi ed imperscrutabili, che però sembravano sorridenti.

Senza ben comprendere quello che stava succedendo, Vibeke, il cuore che le palpitava violentemente in gola, si lasciò attirare verso il basso, fino a che non si ritrovò sdraiata, proprio davanti a quegli occhi.

Nessuno disse niente. Il braccio di Tom lasciò il cuscino e le scivolò sulla guancia, sfiorandola, poi scese sul collo, sulla nuca, e percorse tutta la schiena, per fermarsi poi sul fianco, prendendone possesso per avvicinarsela ancora di più.

Le sorrise, uno di quei sorrisi a cui non ci si poteva abituare, semplicemente perché troppo speciali e rari, e poi chiuse gli occhi.

Vibeke avrebbe creduto che, dopo la soverchiante carica emotiva di quel momento, non sarebbe mai più riuscita a dormire per il resto della vita, eppure, mentre chiudeva gli occhi, si rendeva conto che un piacevole senso di quiete la stava pervadendo, come una ninnananna fatta di sensazioni, ma per un attimo, un solo, unico attimo, era stata felice.

Ed era incredibile quanto, certe volte, potesse essere bella e sorprendente la lunghezza interminabile di un semplice attimo.

 

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Note: capitolo lungo e sofferto, ma stavolta mi tratterrò dal lamentarmi, visto che le mie lagne non sono apprezzate tra i miei lettori. XD Il capitolo, come avrete notato, è venuto lunghissimo... Spero non troppo! ^^ Comunque, non so come l’avete presa voi, ma a me quest’ultima scena ha fatto un po’ emozionare. Sono affezionata a questi due scemi, che ci devo fare? ^^ Il titolo del capitolo è tratto dall'omonima canzone dei Nightwish. In secondo luogo, devo un grazie grosso così alla mia cara Lady Vibeke, che mi ha fatto un miniwallpaper stupendo con Vi e Tom per questa storia: The Truth Beneath The Rose

Ringrazio come sempre tutti voi per la smisurata pazienza che dimostrate ogni volta nei miei confronti, siete da santificare subito. XD

Passiamo ora all’angolo delle risposte alle vostre stupende recensioni:

Yukiko_chan: la tua non è una recensione, è un colpo al cuore! Ovviamente mi fa sempre piacere quando una fan dei TH apprezza le mie storie, ma quando sono delle non fan a dirmi certe cose, non posso negare di sentirmi realizzata. Per di più hai letto una storia che riguardava qualcuno che non conosci e mi rendo conto che possa essere impegnativo, ma se addirittura ti sei fatta prendere, io non potrei essere più felice! Ho aggiornato pensando soprattutto a te, quindi spero gradirai il pensiero. ;)

RubyChubb: liebe! Spero di non aver gettato troppo sale su qualche piaga delicata. Chiedi venia, sei giustificata se hai saltato quelle righe. ^^ Presto o tardi che sia, io ti aspetto sempre fiduciosa, così come tu aspetti me (vero?! XD). Hai ragione su tutta la linea, come sempre, soprattutto su BJ: lui è molto più forte di Vibeke, anche se può sembrare il contrario. Non ci fosse lui, questa inetta chissà dove sarebbe!

_Ellie_: caVa! devo ribadire tutto? Devo ripetere qui quanto sia acuto il tuo acume nell’individuare i caratteri dei miei personaggi e quelle sfumature di lettura non così immediate? Mi mandi sempre in brodo di giuggiole con le tue recensioni apocalittiche, e stavolta hai anche fatto relativamente presto! XD Grazie, sempre semprissimo!

valux91: bentornata tra noi! ^^ Spero sia passata l’influenza, malanno che io odio ed aborro con tutta me stessa! Aspetterò tue notizie. ;)

loryherm: oh, cara! Come al solito, anche tu arrivi a carpire pezzettini minuscoli che sembrano niente, ma poi sono tutto! Grazie, non manchi mai!

ninacri: sappi che aspetto un tuo parere, perché mi piace il tuo modo diretto di dire le cose, e soprattutto si nota che hai una certa razionalità di giudizio, qualità da me molto apprezzata. È vero, si può sempre migliorare, ed è per questo che amo così tanto scrivere. Più scrivi, più vorresti scrivere, e meno male che ho trovato una droga così positiva ed apprezzata! XD Grazie mille, anche per avermi avvisato dell'invesriome tra i capitoli 13 e 14. ^^ Non so come sia successo, ma ho corretto, grazie a te. ;)

erichina94: eheheh, come avrai notato i sentimenti che hanno iniziato a fare capolino nello scorso capitolo, qui sono decisamente usciti allo scoperto. Non tutti, e non del tutto, ma siamo a buon punto. Grazie per la recensione, spero ne arrivi una anche per questo aggiornamento!

Debry91: parlando di capitoli poco entusiasmanti e ricchi di avvenimenti… Questo era uno di quelli. Almeno fino alla scena finale. ^^ Tom con la testa sul collo e non fra le gambe la vedo ancora come una cosa lontana, ma ci stiamo lavorando. Tu abbi fede. ;)

Lady Vibeke: basta, sono stanca di sentirti! XD La mail era esauriente, non serve che ti dica altro. Solo grazie, per le sopportazioni e soprattutto per la fanart! *__*

NeraLuna: ah, ne so qualcosa di internet che va e viene e so che non è bello. So anche, però, quanto invece sia bello riaverlo e scoprire che qualcuna delle tue storie preferite sia stata aggiornata. ^^ Come vedi, BJ ha in effetti smosso un po’ Vibeke, ma lei ha ancora paura a nuotare in alto mare senza salvagente, quindi… Aspettiamo e spariamo!

kikka_tokietta: BJ ha scelto quel momento così delicato per dire a Vibeke quelle cose perché sapeva che lei in quel preciso frangente era sì vulnerabile, ma anche più ricettiva verso certi tipi di emozioni. Lei è fragile, ma è rimasta in piedi, e BJ ha perfettamente capito perché. Ora sta a lei capire. Mi spiace se anche tu hai vissuto una cosa affine, ma mi fa piacere sapere che è andato tutto bene. ^^

hyena_: Tom te lo sei immaginata proprio bene! XD Non smetterà mai e poi mai di essere uno sbruffone, perché in fondo è quello che è, maschera o non, però deve ancora crescere, e ci sono tante altre caratteristiche in lui che si devono sviluppare. Vibeke invece è più rilassata, è vero, e pian piano sta ammettendo tutto, un pezzetto per volta. Tu continua a tifare per loro, qualunque cosa succeda. ;)

Muny_4Ever: bentornata! È vero, mi sei proprio mancata, ti davo per dispersa! ;) tornerai ancora? Spero tanto di sì!

growlitha: che combinazione, il capitolo è arrivato proprio in corrispondenza dell’inizio delle vacanze di Natale! Se un po’ ti sei sentita come Vibeke, forse capirai meglio di altri certe situazioni future. Per adesso, grazie infinte! ^^

LadyCassandra: che bella questa tua recensione. Bella e molto soddisfacente, per un’autrice. Ti ringrazio davvero tanto per le tue belle parole. Ah, ti posso assicurare che in questa storia non accadrà mai e poi mai alcunché tra Bill e BJ, puoi stare tranquilla. ;)

_no sense_: va bene anche sentire il parere di una sola metà rappresentativa del nick, tranquilla. Mi accontento di poco, io. ;) Comunque grazie, spero di aver aggiornato in tempi più o meno accettabili. ^^

_ToMSiMo_: non ti preoccupare per l’alternanza tra la Vi fredda e quella dolce, quella non se ne andrà mai. Forse capirai meglio a storia finita quello che voglio dire, ma per ora ti chiedo di avere pazienza, abbiamo ancora diversi capitoli da affrontare, e questa altalenanza non mancherà, te lo prometto. ;)

Camilla85: ah, luce dei miei occhi! *__* Come faccio a dirti grazie, se mi hai tolto tutte le parole? Non vedo l’ora di risentirti in MSN, e soprattutto si trovare la tua recensione per questo capitolo, perché ho la vaga sensazione che ci siano particolari che tu potresti aver trovato interessanti. XD

Vitto_LF: rispondo per l’ultima volta, sperando che tu non fraintenda le mie parole. Sì, sono una delle più estreme antitwincest che esistano, ma ho letto molto su questa particolare categoria, e sono perfettamente consapevole che ci siano delle buone opere. In ogni caso, quelli che tu definisci “tipi”sono per me personaggi costruiti per adattarsi ad un altro determinato personaggio, ed il fatto che abbiano determinate caratteristiche è dovuto al fatto che io ho ritenuto quelle caratteristiche le più adatte ad associarsi a quelle di un secondo personaggio. Si tratta ovviamente di pareri soggettivi, quindi non pretendo che siano universalmente condivisi, ancora meno da qualcuno che a prescindere non prova interesse verso il genere. Sottolineo che comunque lo stereotipo è ovunque, e il twincest, soprattutto il Kaulitzcest, così come qualunque altro genere, non ne è immune, ma anzi, forse ne è anche più affetto. I gusti personali sono inopinabili, non mi permetterei mai di metterli in discussione, ma proprio per questa ragione ho trovato insensata tutta la parte centrale della tua recensione, che in effetti recensione non era. Se hai altre osservazioni da fare in merito a questa storia, sono le benvenute, ma la prossima volta ti prego di attenerti ad esse. Se vuoi chiarirmi altre cose, sentiti libera di contattarmi tramite messaggio privato.

kit2007: sì, hai capito bene, intendeva proprio Gud. Infatti, dopo che quella parte resta in sospeso, attacca subito con Gud. ^^ Forse ho dato per scontato che fosse chiaro, ma se così non è stato, mi scuso, farò più attenzione. ;) Grazie!

MarissaOssessionata: mi auguro che tu non abbia sclerato anche per questo capitolo come per il precedente, visto che ci ho messo settimane ad aggiornare. ^^ A parte questo, grazie per tutti i complimenti, il mio ego adesso mi va un pelino più largo. XD

_Kaay: grazie! Anche tu, così come le altre, sarai santificata per la pazienza dimostrata. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!

pIkKoLa_EmO: eheheh, be’, io dico la mia, voi dite la vostra… Il bello è anche questo! Ti ho dato un assaggino di petto nudo di Tom… Se hai sbavato nel pensarlo che arrossiva, chissà qui! XD

CowgirlSara: la mia compagna di filmini stupendi! *__* Sì, qualche suggerimento è stato ascoltato, ma non in modo letterale… Diciamo che ho preferito restare sull’indiretto, perché mi sembrava presto per fare dire a Vi certe cose in modo esplicito. ^^ Tu continua a suggerire, però, che siete voi MS sezione TH le mie fonti di idee! XD

Purple Bullet: figliola! XD hai visto che brava, mammina? Sono riuscita ad aggiornare entro l’anno! XD Mi fa piacere che ti sia piaciuto il concentrato di gemellosità dello scorso capitolo, e hai proprio ragione, quei quattro sono adorabili. ^^ ti aspetto al varco anche stavolta! ;)

mask92: mi sono sorpresa perfino io di aver postato, non credere. XD Vedo che sei una fan di Tom… Avrai molte rivali, mi sa. XD Comunque, grazie!

picchia: oh, come siete magnanima, mia signora! Posso punirmi in eterno? Magari chiusa in bagno. XD Però non puoi dirmi che Vi non ti è piaciuta e poi non spiegarmi perché! Io poi come faccio a capire? Meriti una punizione anche tu! XD

Ladynotorius: milady! Che bello, mi è piaciuto leggere finalmente una recensione entusiastica! Ultimamente mi sembrava che tu le lasciassi tanto per fare… Meglio così! Grazie! <3

layla the punkprincess: eh, BJ è un tipo molto terra terra, non gli importa poi tanto se gli hanno sparato, gli basta essere vivo. ^^ Però non sarà mai troppo provato per occuparsi della sua sorellina, quindi lo fa, perché lei ne ha bisogno, anche se in modo tutto suo. XD Grazie anche a te!

 

Detto questo, un grazie enorme e generico alle 194 e 87 persone che hanno rispettivamente la storia e me tra i loro preferiti, e anche a tutti coloro che leggono e basta. Buon Natale e Buon Anno a tutti! Ci si risente con un nuovo capitolo nel 2009! XD

   
 
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