Anime & Manga > I cinque samurai
Ricorda la storia  |      
Autore: Korin no Ronin    04/04/2015    3 recensioni
Esiste un luogo nel castello di Arago, in cui l'orgoglio e la rivalità tra generali sembrano non riuscire ad avere accesso. Una stanza in cui permettersi di abbassare un poco le proprie difese, rispettando il patto non scritto di dimenticare ogni cosa non appena varcata la sua soglia.
[...]
-Puoi sempre andartene.-
-Anche tu. -
Il demone dai capelli chiari ridacchiò. Allungò una mano e prese un ochoko. Lo riempì, poi lo porse all’altro.
-Hai sempre la lingua tagliente, eh, ragazzino.-
[...]
Che fatica i nomi inglesi... ammattisco ogni volta a ricordarmi le corripondenze; per chi ha il mio stesso problema ricordo che i protagonisti sono Rajura, Shuten e in coda Kaosu.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Anubis, Dais, The Ancient
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: In territorio neutrale
Serie: YST
Personaggi: Rajura, Shute, Kaosu

Disclaimers: i personaggi appartengono ai rispettivi autori, non ci sono scopi di lucro.
 

 
*****
 
 
Il vento soffiava forte, di nuovo. Non con l’intensità di altre occasioni ma abbastanza da far increspare le acque del lago in onde che si infrangevano schiumando contro i pali di sostegno della veranda.
Shuten sedeva con la schiena dritta, lo sguardo fisso sull’acqua e una bottiglietta di sakè ancora intatta. Non aveva altro con sé, se non i suoi pensieri.
Il rumore del vento in realtà sembrava riempire completamente lo spazio che sarebbe spettato loro di diritto, forse perché in quel momento condividevano la sua stessa natura: troppi, confusi e così potenti da smuovere qualcosa di profondo e antico come il lago che si agitava di fronte a lui. Non riusciva a concentrarsi su nulla che potesse avere un senso.
Sospirò piano, chinando appena il capo.
 
*****
 
Rajura si sentiva particolarmente nervoso. Il vento non era così intenso, e l’ira del suo padrone non si era scatenata su di loro, eppure non riusciva a sentirsi tranquillo. Nei limiti di quanto quella condizione fosse possibile nel palazzo, ovviamente.
Alla fine decise di attribuire quella sensazione spiacevole solo alla collera del suo signore e di non pensarci troppo, si era già distratto troppo quel giorno; nemmeno un allenamento serio con Anubis era riuscito a farlo concentrare seriamente: la spalla su cui era stato colpito gli doleva con una certa insistenza. Per fortuna era stato solo un colpo di bastone, se fosse stato un combattimento vero ne sarebbe uscito davvero malconcio. Si massaggiò con un grugnito l’attaccatura del collo. Non sopportava l’idea di starsene rinchiuso nella sua stanza, e non gli piaceva nemmeno quello che, probabilmente, avrebbe trovato nella stanza sul lago, però era stato preso dalla curiosità di sapere se Shuten si stesse arrovellando come al solito con pensieri inutili.
Di soppiatto, gettò un’occhiata oltre le porte scorrevoli.
Non si sorprese di trovarlo lì, né di vederlo assorto, con lo sguardo fisso sull’acqua, e le difese quasi del tutto abbassate. Rajura strinse appena gli occhi. Era raro che l’altro generale si legasse i capelli e, in ogni caso, quando lo faceva, era particolarmente irritabile; in giornate simili bisognava stare molto attenti all’abilità delle sue mani.
Il Demone delle Illusioni sogghignò.
L’ultima volta che, durante un allenamento, Anubis aveva cercato di provocarlo, chiedendogli se il suo atteggiamento e la sua acconciatura fossero frutto di qualche ignoto legame con la natura femminile, si era ritrovato con un paio di costole incrinate.
Rajura non lo avrebbe mai ammesso, però aveva provato un’enorme soddisfazione nel vedere l’esito di quello scontro. Perfino Naaza si era divertito parecchio. Lui però lo aveva mostrato ed ammesso senza nessuna vergogna: era conscio del fatto che nessuno avrebbe provato a giocargli qualche brutto scherzo; non si sapeva mai cosa avesse addosso, solo quando si affrontavano nel corpo a corpo potevano essere certi che toccandolo non si sarebbero intossicati, e nessuno tra loro si sarebbe avventurato nei dintorni della sua stanza. O avrebbe voluto fare i conti con la sua invisibile e imprevedibile vendetta.
Shuten emise un sibilo seccato.
 -Che vuoi?-
Il generale ridacchiò, giusto per dare l’impressione di non essere stato colto di sorpresa. Entrò con un ghigno strafottente, facendo oscillare appena la bottiglietta di sakè che teneva nella mano sinistra. Si sedette di fronte a lui in modo scomposto, solo per il gusto di provocarlo un po’.
-Bere .- rispose - Come te, a quanto vedo.-
 -Lasciami in pace. - borbottò l’altro, di rimando.
Rajura aggrottò appena le sopracciglia. Non gli piaceva l’espressione seria che aveva sul viso.
-Bere da soli può essere deprimente.- sentenziò - E anche vedere uno con la tua faccia.-
-Non ho chiesto la tua compagnia.-
 -Puoi sempre andartene.-
-Anche tu. -
Il demone dai capelli chiari ridacchiò. Allungò una mano e prese un ochoko. Lo riempì, poi lo porse all’altro.
-Hai sempre la lingua tagliente, eh, ragazzino.-
L’altro gli lanciò uno sguardo in tralice, ma accettò quanto gli veniva offerto.
-Non ho motivi per comportarmi in modo diverso.- ribatté.
Il Demone delle Illusioni sogghignò. Avrebbe voluto rispondere che, oggettivamente, esistevano altre occasioni in cui aveva avuto modo di apprezzare parecchio quella parte del suo corpo, ma preferì tacere. Non era un momento adatto a quelle provocazioni: se lo fosse stato i loro abiti sarebbero stati inutili già da un pezzo.
Per tenere a bada la propria lingua preferì concedersi una razione generosa di liquore. Il suo interlocutore beveva poco, non avrebbe avuto nulla da ridire.
-Sei molto più divertente quando sei di cattivo umore, testa rossa.- commentò.
Shuten scrollò le spalle; quando era in quello stato le provocazioni del suo compagno d’armi non riuscivano a fare presa sul suo orgoglio; non poteva dire di amare quella situazione, tuttavia, nelle nottate in cui capitava che si trovassero in quella stanza, alcuni tratti del suo carattere riuscivano ad essere stranamente sopportabili.
-Lo sono, infatti, ma non nel modo per cui avrei voglia di azzuffarmi con te. -
-Ah, ma pensa.- ribatté l’altro, versandosi di nuovo da bere.
Si inumidì appena le labbra, poi le piegò in un sorrisetto malizioso.
-Potremmo anche accapigliarci in altri modi, per quanto mi riguarda.-
Il Generale degli Orchi gli gettò appena un’occhiata, abbastanza significativa perché si rendesse conto delle sciocchezze che stava dicendo.
-Stai mentendo.- disse, semplicemente.
Rajura ridacchiò di nuovo, nascondendo il suo disappunto dietro un altro sorso di sakè. Era la verità, purtroppo. Quella stanza non aveva mai visto nulla del genere. Era una sorta di territorio neutrale, dove certi tipi di passione sembravano non riuscire ad avere accesso.  Si versò dell’altro liquore per sfuggire allo strano disagio che gli procurava quella constatazione.
-Allora, cos’è che ti rende tanto lugubre?- attaccò, in tono leggero.
Shuten scrollò le spalle.
-Stavo solo riflettendo.-
-Ma non mi dire.-
-Smettila.- sibilò -Non c’è nulla che ti obblighi a stare qui.-
-Potrebbe essere vero.- allungò la mano per riempire il piccolo bicchiere che l’altro aveva svuotato in un paio di sorsi solo per sfogare la stizza. -O forse mi sento compassionevole e ho voglia di ascoltare le tue elucubrazioni inconcludenti.-
Il giovane dai capelli rossi scrollò le spalle. Conosceva abbastanza l’altro per capire che i suoi attacchi erano privi della solita acredine. Fino ad allora era accaduto poche volte che in quella stanza le loro discussioni diventassero davvero motivo di scontro. Era successo i primi tempi, poi le cose si erano appianate in modo inspiegabile; ormai la veranda sul lago era un luogo in cui condividere quel bizzarro senso di insicurezza e struggimento che a volte prendeva entrambi nello stesso tempo.
-Non te lo sei mai chiesto?-
-Cosa?-
-Perché gli esseri umani hanno il nostro stesso aspetto?-
Rajura strinse le labbra.
-O perché possiamo essere feriti, sentire dolore … o venire avvelenati.- continuò l’altro.
Per qualche istante il Demone delle Illusioni parve trovare incredibilmente affascinante la stoffa chiara del proprio yukata, infine scrollò le spalle.
-Francamente no. Non è una cosa che mi debba interessare. Forse è solo il volere del nostro padrone, che ha avuto modo di vivere tra di loro.-
Shutendoji chinò la testa, pensieroso.
-Eppure Naaza ha degli aspetti che lo rendono diverso da noi.-
L’altro generale si concesse un altro sorso di sakè, prima di parlare.
-Questo mondo è plasmato sui desideri del nostro signore, noi non facciamo differenza. Per quello che mi riguarda io sono sempre stato al suo servizio; potrei essere nato nello stesso istante in cui ha preso vita tutto questo, per quanto ne so.- piegò all’insù un angolo della bocca - Il vero mistero potrebbe essere da dove sei arrivato tu.-
Il giovane scosse piano la testa.
-Immagino da un altro suo desiderio.-
-Passionale e velenoso … il sommo Arago doveva essere davvero fuori di sé, quel giorno .-
Rajura gli lanciò un’occhiata stranamente complice e poi si concessero una risatina, poco più di un sussurro. L’indomani avrebbero potuto incolpare l’alcool per salvare il proprio onore.
Il Demone delle Illusioni si sedette in modo un po’ più composto.
-Non perderti dietro a sciocchezze del genere.- lo rimproverò - Noi abbiamo i nostri doveri e la volontà del padrone da rispettare, non dovremmo preoccuparci di altro.-
-Però se ci fosse solo questo non ci avrebbe voluti diversi dagli altri soldati.-
Rajura avvertì qualcosa smuoversi dentro si sé, in un luogo così remoto da non sapere nemmeno della sua esistenza. Si sentì improvvisamente a disagio.
-Noi siamo generali, non possiamo ubbidire e basta. Abbiamo la necessità e il dovere di pianificare e dare ordini.- sospirò lievemente, prendendo coscienza delle proprie parole - E questo in effetti ci rende diversi da tutti gli altri.-
Shuten si bagnò appena le labbra con il sakè. All’improvviso aveva avuto la sensazione di stare muovendosi in un territorio pericoloso, come se i suoi pensieri potessero in qualche modo giungere fino ad Arago.
-Tuttavia noi abbiamo le nostre virtù a cui portare rispetto. E’ necessario essere diversi.- concluse l’altro generale, in fretta.
Cominciava ad avvertire una strana sensazione di pericolo, come se qualcosa lo stesse minacciando da vicino.
-Smettila di riempirti la testa di sciocchezze, hanno la stessa consistenza del fumo e confondono allo stesso modo. -
Shutendoji si concesse di svuotare il proprio bicchiere e poi rimase a guardarlo, come se vi scorgesse chissà quale meraviglia.
-Davvero non ti capita mai di sentire che qualcosa non va in questo nostro mondo?-
-La fedeltà al nostro signore e al suo regno viene prima di ogni altra cosa. Non ci servono domande o incertezze, quando si calca un campo di battaglia non ci si può permettere niente del genere.-
Il suo compagno d’armi aveva parlato con una certa foga, sembrava voler rassicurare più se stesso che altro, tuttavia Shuten non trovò nulla con cui ribattere. Le conclusioni che aveva tratto erano lucide e senza sbavature, eppure non era ancora abbastanza; qualcosa continuava a sussurrargli di guardare oltre quanto si dipanava davanti ai suoi occhi.
Rajura gli versò altro liquore. Non gli piaceva quello sguardo cupo, aveva l’impressione che potesse portate più sciagure della furia del suo padrone.
-In questo momento dovresti solo pensare che le sue ire non sono rivolte a noi, e goderti questo privilegio.- lo incalzò, nella speranza che quello fosse sufficiente a riportare la conversazione ad un livello più leggero.
Poteva anche non piacergli, però sapeva che quel ragazzino ostinato era intelligente, ed era certo che se si fosse lasciato influenzare anche solo leggermente dalle sue considerazioni si sarebbe trovato in una situazione che sarebbe stato eufemistico definire rischiosa.
Il Generale degli Orchi emise un suono di assenso, e ingoiò il liquore d’un fiato. Non era sua abitudine bere a quel modo, ma ormai non aveva senso nascondere la sua debolezza dietro un falso orgoglio. La leggera ebbrezza causata dall’alcool, però, non sarebbe stata sufficiente a fargli dimenticare le sue domande, non aveva bisogno di perdersi in chissà quali considerazioni per averne la certezza.
D’un tratto sentì la mano dell’altro sulla nuca.
-Potresti comunque usare quella tua bocca per fare altro che non sia mettere in dubbio il nostro signore.- si sentì sussurrare, in tono carezzevole.
Rajura non aveva ben chiaro se le sue parole fossero dettate dal sakè o dalla volontà di cancellare dalla mente quello che aveva ascoltato; l’unica sua certezza era che se il suo compagno avesse avuto la sfrontatezza di rivolgere domande simili ad Arago tutti loro ne avrebbero pagato le conseguenze e, francamente, non aveva alcuna intenzione soffermarsi su una simile eventualità.
Shuten sogghignò. Aveva il sospetto che il generale volesse solo smettere di rimuginare su quanto si erano detti, tuttavia non fece nulla per sottrarsi. Gli piaceva il tono particolare che la sua voce assumeva in quei frangenti, anche se sapeva che sotto quella dolcezza effimera era nascosta una considerevole quantità di veleno.
Gli circondò le spalle con le braccia e si avvicinò piano, senza curarsi di nascondere il proprio desiderio.
Rajura gli strinse la vita; era certo che non avrebbe fatto nulla per ritrarsi, voleva solo poterlo sentire meglio contro di sé.
Non era la prima volta che si combinava quella piacevole, bizzarra alchimia che li portava a consumarsi le labbra a vicenda, senza nulla li spingesse ad andare oltre.
Quella era un’altra delle cose di cui non discutere mai.
 
*****
 
Kaosu ritrasse le proprie percezioni e lo shakujo si adagiò, obbediente, a terra. Non aveva nemmeno sperato che sarebbe bastato un semplice scontro diretto con Touma e Ryo a minare così tanto l’equilibrio del generale. La sua natura umana era più radicata di quanto avesse immaginato; per quanto fosse paradossale Shutendoji era sicuramente l’anello più debole della catena.
Il monaco non poteva addentrarsi troppo nello Youjakai visto che il suo signore aveva abbastanza potere per percepire la sua presenza, ma i pensieri dei suoi generali gli giungevano chiari come se fossero loro stessi a pronunciarli a voce alta di fronte a lui. Arago non aveva mai posseduto una natura completamente umana, non era in grado di comprendere quanto l’eco delle parole non dette potesse giungere lontano dal suo palazzo.
Kaosu strinse le labbra.
Forse il legame che si era instaurato tra i due generali avrebbe potuto essere di grande aiuto, in futuro. Non era così bizzarro che si fossero avvicinati così tanto: Fedeltà e Sopportazione si sostenevano a vicenda da sempre. Era un altro di quei particolari che Arago non sarebbe mai stato in grado di notare, se pur avesse avuto modo di accorgersi del modo in cui a volte i suoi demoni passavano il tempo tra loro; ma sicuramente ai suoi occhi non avrebbe avuto alcuna importanza, almeno finché non avesse in qualche modo indebolito il potere che aveva su di loro. Per lui sarebbe stato impossibile cogliere la necessità nascosta dietro qualcosa che riusciva ad esprimersi solo attraverso il desiderio.
Il monaco afferrò lo shakujo e si rialzò, spingendo lo sguardo verso le mura, lontane, dello Youjakai.
Trovare un canale di comunicazione con Shutendoji sarebbe stato arduo quanto conquistare la sua fiducia e, nel profondo di sé, avvertiva un profondo dispiacere al pensiero di quanto gli avrebbe domandato. Lasciargli ritrovare la propria natura solo per chiedergli di rischiare tutto gli appariva un atto necessario, tuttavia questo non significava che non lo trovasse crudele. Non avrebbe nemmeno voluto invischiare dei ragazzini una guerra, ma le circostanze non gli avevano lasciato possibilità di scelta.
Chinò il capo, per un attimo.
Per quanto l’apparenza delle cose suggerisse il contrario, nel mondo in cui i trovava, anche Shutendoji era poco più un ragazzo; in fondo gli altri generali non avevano avuto un’intuizione completamente sbagliata nei suoi confronti.
Kaosu sospirò appena e diede le spalle alla caligine che oscurava l’orizzonte.
Per quanto cercasse di avere il pieno controllo di sé, a volte né la sua natura, né tutta la sua conoscenza, erano sufficienti per permettergli di osservare col giusto distacco lo svolgersi degli eventi.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > I cinque samurai / Vai alla pagina dell'autore: Korin no Ronin