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Autore: SagaFrirry    04/04/2015    1 recensioni
La Dea Atena risveglia i suoi cavalieri, condannati nella roccia dopo aver abbattuto il muro del pianto. Tutti gli Dei greci richiamano i loro sottoposti e creano alleanze. Perché? Non me ne vogliano i puritani della mitologia..in questa storia gli Dei greci lottano contro le divinità romane. L'Olimpo è troppo piccolo!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XIX

 

SAGGEZZA E VENDETTA

 

“Scendi dalle nuvole, non costringermi a raggiungerti lassù!” minacciò Ares, spalancando le ali dell’armatura.

Giove, senza proferire parola, rispose con un potente fulmine. Il Dio della guerra lo schivò e ringhiò infastidito.

“Cerca di usare una strategia” mormorò Atena “Non sempre attaccare a caso!”.

“Tu pensa per te!” brontolò Ares, mentre Giove tentava di nuovo di colpirlo con un fulmine.

Il Dio romano, sempre avvolto dalle nubi nere, scese e l’armatura iniziò a vestirlo. Con l’aria di chi non teme niente e nessuno, scagliò l’ennesima saetta. Questa volta, dopo aver toccato terra, l’elettricità di divise e colpì di striscio le due divinità greche.

“Ανδρειφοντης Μαλερός!” gridò Ares, lanciando il suo colpo.

Le lingue di cosmo rosso come il sangue avvolsero Giove, che però se ne liberò in fretta, disintegrandole con le sue scosse. Anche Atena attaccò, lanciando il suo scettro, che il Dio romano ricacciò indietro con un gesto della mano. La Dea ne fu sbalordita, abituata com’era ad avere sempre a fianco qualche saint sacrificabile.

“Tutto qui?” commentò Giove, serio “Siete dei patetici moscerini”.

“Moscerini?! Ma come osi, copia mal riuscita di Padre Zeus?!” si accigliò Ares, spiccando il volo.

“Fratello!” lo richiamò Atena, cercando di farlo ragionare.

Giove allungò un braccio ed afferrò saldamente il Dio della guerra. Ares fece altrettanto, piantando gli artigli nel possente braccio del Dio romano, che ne stringeva il collo con la mano.

“Fratello!” gridò ancora Atena, vedendo gocce di ikor scorrere.

Ares non abbassò lo sguardo. Continuò a fissare la divinità romana, affondando sempre più gli artigli e ringhiando. Giove, infastidito, dopo un po’ trovò troppo spiacevole quel dolore al braccio e liberò dalla presa il greco, lanciandolo indietro.

“Hai osato ferirmi” minacciò il padre romano “La pagherai molto cara. Ti scuoierò ed appenderò la tua pelle sulla cima dell’olimpo!”.

“Fottiti!” sbottò Ares, sputando sangue in terra.

 

Discordia, allarmata nel veder perdere i sensi a mezzo tempio, salì fino alla tredicesima. Lì vi trovò Deimos, che pareva tranquillo.

“Cosa è successo?” domandò la romana “Perché sono svenuti tutti?”.

“Volontà della loro Dea” rispose il Dio.
“E quel drago?”.

“Volontà di mio padre”.

“Ma..stanno bene?”.

“Mi sa che hanno preso delle buone botte in testa, cadendo. Ma nulla di più”.

Discordia si avvicinò ad Arles, rigirandolo e scostandone i capelli dal viso.

“Che fai, donna?” la apostrofò Deimos.

“Cerco di capire se sta bene” rispose lei, stupita da quella domanda.

“Preferirei che tu non ti avvicinassi troppo al mio fratellino, specie ora che è svenuto”.

“E perché?”.

“Vuoi l’elenco delle ragioni o te ne bastano un paio?”.

“Ho tutto il tempo che vuoi..”.

“Diciamo che il perno centrale della questione è che sei romana”.

“La cosa ti disturba così tanto?”.

“Ovvio. Non sei dei nostri e non mi convinci”.

“Temi che possa fare del male a tuo fratello? Ti sbagli, se la pensi così. Mi ha salvato la vita, non potrei mai ferirlo o ucciderlo”.

“Questo è tutto da dimostrare. I romani sono la tua famiglia e non credo sia tuo desiderio combattere contro tutta la famiglia”.

“La mia famiglia mi ha accusato e torturato solo perché ho seguito la mia natura. Tu cosa faresti, se qualche greco ti punisse per aver spaventato uno di loro?”.

“Il tuo discorso non ha senso. Io sono fedele a mio padre e per nessuna ragione al mondo potrei tradirlo e combattere in fazione opposta alla sua!”.

“Mio padre non ha mai mosso un dito per difendermi. Immagino che anche tu ti diverta a vessare chi è più debole. Pensi che di questo siano tutti contenti?”.

“Io seguo la mia natura”.

“Ed io la mia!”.

“Allora non ha senso che tu stia accanto a mio fratello, Discordia!”.

“Lui è l’unico che, in tanti anni, mi ha aiutata”.

“Perché non sapeva chi eri. Se avesse saputo che eri Discordia, la romana gemella di Marte, non lo avrebbe mai fatto”.

“E come puoi esserne certo? E poi fai tutti questi discorsi ma..cosa credi che accadrà in futuro? Ora siete tutti alleati ma..quanto durerà? Fra quanto tempo sarete di nuovo tutti divisi, a bisticciare fra voi? Ora andate tutti d’accordo perché avete un grande nemico comune, ma quando tutto questo passerà?”.

“Non sono affari che ti riguardano!”.

“Io rimarrò accanto a tuo fratello, che questo ti piaccia oppure no”.

“Se, quando sarà sveglio, ti vorrà fra i piedi..saranno solo affari suoi! Ma finché è inerme e svenuto, non osare avvicinarti”.

“Altrimenti? Mi uccidi?”.

“Potrei prenderla in considerazione come opzione..”.

 

Giove, dopo l’ennesimo colpo parato e “rispedito al mittente”, decise di fare sul serio. Ares, furioso, lanciò un grido minaccioso e volò di nuovo contro il Dio romano. Giove sorrise e si concentrò, scagliando un colpo potentissimo. Il Dio della guerra fu travolto e lanciato contro una colonna. Parte dell’armatura che lo proteggeva andò in frantumi e Ares poi ricadde in terra, senza riuscire a rialzarsi. Il marchingegno costruito da Efesto doveva aver ceduto, perché il Dio non era più in grado di muovere le gambe.

“Sei in trappola, storpio!” lo minacciò Giove, avvicinandosi con un largo sorriso.

“Lascialo stare!” intervenne Atena, compiendo un balzo e roteando il bastone in aria.

 

Giungere fino ai cinque picchi era impegnativo. La strada era lunga e pericolosa e Kiki fin là non era mai arrivato. Quando finalmente riuscì a scorgervi la cascata in lontananza, sorrise. Non ne poteva più di camminare fra rocce e sentieri pessimi in compagnia di quei due bronzetti piagnucolosi!

“Là ci attende Sirio?” domandò il giovane.

“Sì” annuì Hyoga “Lui è il maestro Dohko sono a guardia dei sigilli”.

“E non ci faranno problemi?”.

“Vedremo..”.

 

Preso alla sprovvista, Giove fu trafitto dal bastone di Atena. Gemette, rigirandosi di scatto e colpendo la Dea, che si trascinò sul pavimento in pietra per un buon tratto.

“Non puoi sconfiggermi con così poco!” gridò il padre degli Dei romani, voltandosi verso la Dea e preparandosi ad infierire sulla donna.

Avanzò di qualche pazzo ed Atena arrancò, ferita e senza lo scettro fra le mani. Chiuse gli occhi, preparandosi al peggio. Ares osservava la scena e tentò di reagire. Si trascinò con le braccia, maledicendo le gambe che non accennavano a muoversi. Riusciva a vedere chiaramente la ferita aperta di Giove, che lentamente si stava rimarginando grazie al potere del Dio romano. Il greco lanciò un grido, di quelli che erano in grado di terrorizzare chiunque.

Ανδρειφοντης Μαλερός!” lanciò di nuovo, questa volta concentrando il cosmo verso una sola direzione: la lacerazione che Giove aveva su petto e schiena “Brucia, mio dannatissimo cosmo! Brucia il romano e non lasciare di lui nemmeno una briciola!”.

 

Anche Sarah aveva raggiunto la tredicesima e non le piacque vedere Deimos e Discordia discutere.

“Vi sembra il caso di litigare?” li ammonì, ignorando il fatto che lei era mortale, con dinnanzi due divinità incollerite “Ci sono delle persone in terra che stanno male, e voi perdete tempo!”.

“Tranquilla” le parlò Deimos, piuttosto infastidito “Appena Atena avrà finito di combattere, ridarà loro la forza di alzarsi”.

“E se Atena dovesse morire?”.

“Atena morire?!”.

“Non hai preso in considerazione questa possibilità?”.

La donna si avvicinò a Kanon, in pensiero. Sperava che almeno il gran sacerdote fosse rimasto in piedi, ma dovette subito abbandonare quell’idea. Da fuori, si udivano boati e grida.

“Non avere paura” sorrise Deimos.

“Se sei tu a dirlo, non c’è da fidarsi..”.

 

Giove non capì subito l’accaduto. Poi avvertì qualcosa bruciare nel suo petto e sentì un calore insopportabile espandersi lungo tutte le vene.

“Che mi hai fatto?” domandò, voltandosi verso Ares.

Il Dio della guerra non rispose. Rimase con un braccio proteso verso il nemico.

“Ares..tu..sei in piedi?” si stupì la Dea.

“Non lo resterà ancora per molto” rispose Giove, correndo di scatto verso Ares.

Il greco si irrigidì, non sapendo più che fare. Ma Giove non giunse alla sua meta. Si fermò e cadde in terra, lanciando un gemito. Il cosmo del Dio della guerra era penetrato nel corpo del romano attraverso la ferita inferta da Atena e lo stava rapidamente consumando. In pochi attimi, del corpo di Giove non rimase più nulla.

“Ares!” chiamò Atena

“Atena..” rispose Ares.

“Sei in piedi!” sorrise lei.

Il Dio della guerra rispose a quel sorriso, ansimando per la fatica.

“Abbiamo vinto. Visto?”.

“Sei..sei un coglione!” urlò lei, accigliandosi “Hai agito senza pensare e ti sei fatto colpire un sacco di volte! Se ti fossi fermato a riflettere, non saresti ridotto in quello stato!”.

“E tu, allora?” sbottò il Dio “Fai tanto la saputella ma sei ridotta peggio di me! Che cazzo vuoi?”.

“Hai messo in pericolo l’intero tempio!”.

“Anche tu. Perché non hai permesso ai tuoi cavalieri di aiutarti? Una freccia d’oro non andava male, in testa a quel coso enorme!”.

“E tu perché hai fermato i tuoi figli?”.

“Io..tu..ti odio!”.

“Anche io ti odio! Sei incapace di ragionare”.

“E tu sei una rammollita che si sente tanto figa ma non lo è nemmeno un po’! Strega!”.

“Ma torna dalle tue puttane e lasciami in pace!”.

“Ti detesto. Non vedo l’ora che questa guerra finisca, così da non vederti più!”.

“Vale lo stesso per me”.

I due, ora vicinissimi, si fissavano negli occhi con odio. Poi qualcosa nel loro sguardo cambiò e rimasero in silenzio. Fu Ares a scattare in avanti, unendosi a lei in un bacio da cui la Dea non si sottrasse. Non importavano più le guerre, i problemi, le paure.. Qualche goccia di ikor cadde in terra, mentre le due divinità si guarivano a vicenda. Le nubi, intanto, si diradavano, lasciando spazio ad uno splendido sole.

 

“Sirio!” sorrise Seiya, raggiungendo l’amico accanto alla cascata “Come va?”.

“Come mai siete qui?” sorrise a sua volta Sirio, salutando Hyoga e Kiki.

“Abbiamo una missione importante da compiere” spiegò Pegaso “Dove si trova il tuo maestro?”.

“Dohko? A casa, ma ci raggiungerà presto. È successo qualcosa di grave?”.

“Abbastanza” annuì Kiki “E, te lo devo far notare, il tuo maestro non ha risposto ai richiami lanciati dal santuario”.

“Lo so ma vedi, Kiki, il mio maestro ha ancora dei dubbi sul gran sacerdote attuale e non obbedisce facilmente ai suoi ordini”.

“Cominciamo bene..” borbottò il giovane, capendo che la missione sarebbe durata più del previsto.

 

Atena non parlava, per la prima volta sentiva che le parole non erano necessarie. Si lasciava avvolgere da Ares, più che lieto di sentirla silenziosa per una volta. Lui la baciò sul collo e lei si scostò leggermente. Incrociò di nuovo lo sguardo di Ares, che si era fatto interrogativo.

“Grazie” mormorò lei.

“Per cosa?” alzò un sopracciglio il Dio.

“Per concedermi i miei tempi..”.

“TI concedo tutto il tempo che ritieni necessario, Atena”.

Lei sorrise. Con i lunghi capelli sparsi per i letto che iniziava a sfarsi, la Dea circondò il collo del Dio e sorrise con ancora più convinzione. Ares le si poggiò contro delicatamente, annusandone la pelle e facendosi accarezzare i capelli.

“Ti odio” sussurrò ancora lei.

“Anch’io” rispose lui “Ti odio tantissimo”.

Ares riprese a baciarla.

“Voglio vedere il tuo tatuaggio”disse lei, piano, fra un bacio ed un altro.

“Che bambina cattiva che sei!” ghignò il Dio “C’è altro che vorresti vedere?”.

“Che bambino cattivo che sei!” ammiccò la Dea.

 

Riaprendo gli occhi, Arles vide per prima cosa il volto di Discordia. Si scosse, non riuscendo bene a capire cosa stesse succedendo e cosa fosse accaduto.

“Stai bene?” domandò la donna.

“Che mal di testa!” gemette il sacerdote, mettendosi a sedere “Che è successo? Non ricordo”.

“Storia lunga” sorrise Deimos.

“Una cosa mi ricordo: io stavo cadendo e tu non mi hai preso!”.

“E perché avrei dovuto?”.

“Ma..ok..non fa niente. Perché ero per terra? E perché gli altri cavalieri sono ancora svenuti?”.

“Anche Kanon si sta risvegliando!”.

“La battaglia dunque è finita? Cosa è successo?”.

“Non lo so. Io ero qui esattamente come te, fratellino!”.

Arles gemette di nuovo per il mal di testa. Che fatica era essere a servizio di Atena!

 

Ares si svegliò quando un piccolo raggio di sole lo colpì sul viso. Gemette, infastidito.

“Grazie per essere rimasto” parlò Atena.

Il Dio si scosse, cercando di capire dove fosse. Lentamente iniziò a focalizzare e sbadigliò. La stanza di quella Dea era decisamente troppo pomposa per i suoi gusti. Ributtò la testa sul cuscino e la padrona di casa ridacchiò.

“Grazie?” bofonchiò il Dio, mezzo intontito.

“Sì. Avresti potuto rivestirti ed andartene e invece sei rimasto. È stato carino da parte tua”.

“Avrei potuto, sì. Però..avevo voglia di restare”.

“E perché?”.

“Serve una ragione?”.

“Di solito sì..”.

“Forse..forse ti odio troppo”.

Atena si lasciò abbracciare. Era fiera di se stessa. Aveva sconfitto Giove, questo voleva dire che poteva farcela a sostituire Zeus! Inoltre, con Ares al suo fianco si sentiva ancora più forte.

“Atena!” parlò una voce dall’esterno.

La Dea sobbalzò, allarmata. Aiolos! Scattò fuori dal letto e cercò in fretta le sue vesti, finite sul pavimento. Si vestì di corsa ed uscì, cercando di sistemarsi alla bene e meglio.

“Atena! Mia signora, siete lì? Tutto bene?”.

La Dea apparve, sforzandosi di apparire composta.

“Aiolos!” disse, sforzando un sorriso “Cosa ci fai qui?”.

“Sono in pensiero per voi, mia signora! State bene? Temevo vi avessero rapito di nuovo!”.

“Ma no, che dici ? Sto bene. Sono solo stanca. Ho combattuto e mi sono coricata. Ora, se vuoi scusarmi, vorrei tornare a letto”.

“Ah, comprendo. E Ares?”.

“Ares che cosa?”.

“Dov’è?”.

“Non lo so ma stava bene l’ultima volta che l’ho visto. Ora scusami..”.

Atena si congedò e rientrò in camera, buttandosi di nuovo a letto.

“Il tuo galoppino è un vero seccatore” borbottò Ares, con la testa affondata fra i cuscini.

“Si preoccupa per me. I tuoi figli non lo fanno?”.

“I miei figli sanno che dopo una battaglia mi vado a divertire, se ho vinto. Se ho perso invece voglio restare solo, senza scocciatori. In entrambi i casi loro sanno che devono starmi alla larga”.

“Che bravi..chissà se Arles è rinvenuto..”.

“Chi lo sa..”.

“Magari Discordia lo ha aiutato..”.

“Non mi piace quella femmina” ammise Ares, accigliandosi.

“Perché? È carina”.

“Non mi piace che ronzi tanto attorno al piccolo della famiglia. È una Dea, sai quanti anni ha?”.

“Meno di noi, essendo romana”.

“Sì ma molti più di Arles!”.

“Questo è ovvio. Ma su..che vuoi che succeda?”.

“Non lo. Non mi piace e basta”.

“E credi che io possa piacere ai tuoi figli?”.

“No, non credo proprio”.

“Allora è tutto a posto. Siete pari”.

“Ma non è vero! Io non ti ronzo attorno. Io ti odio!”.

“Sì, hai ragione. Anch’io ti odio da morire”.

 

Dohko lesse attentamente la missiva e non cambiò espressione. Fissò poi Kiki ed i cavalieri di bronzo, perplesso.

“Non vorrete mica che io conceda una cosa del genere, vero?” domandò.

“Sono ordini del sacerdote” rispose Kiki “Noi obbediamo agli ordini”.

“Gli ordini di un folle!”.

“Ma..sono ordini diretti di Atena! Anche lei ha firmato quella missiva!”.

“Non posso averne la certezza” commentò Bilancia, continuando a rigirare il figlio del grande tempio fra le mani “Più volte quell’uomo ha plagiato chi aveva attorno. Ho motivo di pensare che potrebbe essere un inganno”.

“Ma come un inganno?!”.

“Dovresti fidarti del vecchio maestro” lo rimproverò Sirio “Lui conosce molte cose, Kiki”.

“Sì ma perché siete tutti complottisti? Vedete gente che trama alle vostre spalle ovunque!”.

“Tu non puoi capire, Kiki..”.

“Allora spiegatemi. Che deve fare un uomo per avere la vostra fiducia?”.

“Non tradirla, tanto per iniziare”.

“Voi tutti sospettate di me. Ma io che vi ho fatto? Non sono forse stato un vostro fedele compagno ed amico, fin da bambino?”.

Nessuno rispose. Si guardarono fra loro, in cerca di una risposta che non arrivò.

“Tu obbedirai a quell’ordine, Dohko di Libra” si impuntò il giovane “O sarò costretto ad usare la forza. È una questione d’emergenza”.

“Credi di potermi sconfiggere, ragazzo?” sorrise Dohko, divertito.

“Vogliamo provare?”.

 

“Che fai lì per terra?” domandò Ares, entrando alla tredicesima.

Il sacerdote, seduto in terra, si stava facendo pettinare i capelli da Discordia. Nel frattempo, preparava altri sigilli.

“E tu dove sei stato?” rispose Arles.

“Non sono affari tuoi!”.

“Idem!”.

Il padre sospirò e si avvicinò.

“Avete ucciso Giove?” chiese il sacerdote.

“Sì, esatto”.

“Ottimo. Immagino che tu sia già andato a festeggiare”.

Ares sorrise. Sedette accanto al figlio, osservando i foglietti che il sacerdote stava compilando. Arles alzò lo sguardo e lo fissò. Il padre sostenne lo sguardo ed inclinò leggermente la testa.

“Cosa c’è?” domandò il Dio.

“Tu hai..avuto un incontro molto ravvicinato con Atena, vero?”.

“Ho combattuto con lei”.

“Non raccontarmi balle. C’è il suo odore su di te..”.

“E tu che ne sai?”.

“Ho imparato a conoscerlo con gli anni. Ma potrei anche sbagliarmi..”.

Ares scoppiò a ridere. Il figlio rimase in silenzio, non capendo il perché di quella risata.

“Sei un ragazzo perspicacie” commentò il Dio “Di certo è questa una dote che non hai preso molto da me. Ti confermo che ho avuto un incontro ravvicinato con la tua Dea”.

“Quanto ravvicinato?”.

“Molto ravvicinato. Estremamente ravvicinato”.

“Entro il limite dell’accettabile?”.

“Dipende da cosa credi che sia accettabile”.

“Te la sei scopata?”.

“Come sei volgare..comunque sì e, tranquillo, era consenziente. Non sono uno stupratore di fanciulle IO”.

“Non serve infierire..”.

“E a te non serve essere così curioso. E vedi di non farmi la predica”.

“Di quel che fate voi Dei, a me poco importa. Puoi anche ingravidarla, per quel che mi riguarda!”.

“Come sei acido”.

“Vai a cagare”.

Ares si accigliò leggermente ma poi alzò le spalle. Delle opinioni di un mortale non doveva preoccuparsi. Si rialzò, stiracchiandosi, ed uscì dalla sala. Arles scosse la testa, non sapendo che altro fare.

“Sei troppo teso” gli mormorò Discordia “Non tutto il peso del mondo grava su di te”.

La donna accennò un massaggio alle spalle del sacerdote, che sospirò.

“Forse hai ragione” parlò lui, rigirando fra le dita un sigillo.

“Perché non provi a rilassarti un pochino? Ti faccio un massaggio con gli oli, se vuoi. Aiuta a stendere i muscoli e lenire il dolore di percosse e ferite. Fin dall’antichità i guerrieri lo usavano”.

“Sei gentile. Ma dovresti proporlo ai cavalieri che sono stati feriti sul serio”.

“Tu non lo sei stato?”.

“Mi feriscono più i miei fratelli..”.

“Sono sempre dolori da calmare. Sono certa che poi ti sentirai molto meglio. Riposato e rinvigorito. Ti posso preparare anche un bell’impacco per i capelli. Sono così belli..è un peccato vederli rovinati dallo stress!”.

“Discordia! Andiamo..sono un cavaliere, non modello!”.

“Anche i gladiatori si concedevano dei momenti di relax. Perché tu dovresti essere da meno? O preferisci un altro tipo di attività rilassante?”.

La Dea mormorò e scese dolcemente con le braccia. Arles si scansò, scuotendo il capo.

“Non ti fidi di me?” domandò lei.

“Non è questo il punto. È che i rapporti umani non hanno fatto altro che portarmi guai, rimorsi e dolore. Perciò scusami ma..non credo di volerne creare degli altri!”.

“Capisco..”.

La Dea si alzò. Arles la osservò, mentre muoveva pochi passi.

“D’altronde..” aggiunse poi lui “..tu non sei propriamente umana, dico bene? Sei una Dea..”.

“Dove vuoi arrivare?” sorrise discordia.

“È ancora valido l’invito per quel massaggio?”.

   
 
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