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Autore: KH4    05/04/2015    2 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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Il suo nome era Lulubell, Noah della Lussuria.
Un’informazione strappata per puro caso dalle stesse labbra rosate della suddetta, un sospiro inespressivo che svelava con grazia mortale l’affinato istinto omicida, scintillante nella fredda penombra dell’enorme stanza adornata di specchi.

Balzi, colpi e sferzate scuotevano violentemente l’aria, coinvolgendola in una danza di bagliori frettolosi che si incrociavano e scioglievano con secchi schiocchi di frusta. Alle sue spalle, uno strascico di vetri si infrangeva contro il pavimento ad ogni nuovo scoppio, perdendo pezzi che rimanevano a terra inermi.
Si era presentava da sola, quella Noah, più per prassi che per vivo interesse personale, ma schivandone gli assalti, Amèlie non mancò di interrompere il contatto visivo che fin dall’inizio aveva intrecciato con la sua sfidante. Le sante stigmate spiccavano sotto l’ordinata frangia come un diadema di spine scure, una coroncina semplice e perfetta che non lasciava spazio al grezzo desiderio di morte che ossessionava gli Akuma. Una gemma era tale perché curata nei minimi dettagli, lisciata in ogni sua molteplice superficie fino alla completa sparizione d’ogni traccia rocciosa che l’aveva nascosta, e non era un caso che la Lussuria avesse scelto di accostarsi a un viso di così fine oscurità come quello di Lulubell. Dietro la pelle cenerina e le iridi ocra non vi era nient’altro che l’evidenza: movimenti sinuosi e serpenteschi, di delicata ingannevolezza come i lineamenti del perfetto ovale che la sfidava in bellezza. Una malignità lesta e di raffinata scaltrezza mentale, pacata e silenziosa più delle ombre che ne fasciavano morbidamente il corpo leggiadro.

Doveva sfigurarla. Non poteva esserci maniera che attenuasse l’insopportabilità di uno splendore non suo, la frustrazione ne accresceva il desiderio di aggredirla con Lucifer e renderla irriconoscibile agli occhi del suo padrone e maestro il Conte del Millennio, ma non era ancora tempo per lei di abbandonarsi al calore perverso della frenesia, l’orgoglio stratificato vinceva su qualunque frecciata che ne deturpasse la maschera di pacata neutralità.
Disincastrò la punta della falce dal pavimento per schivare in tempo una poderosa frustata. L’impronta lasciata sbriciolò il marmo a pochi metri da lei, sollevando un piccolo polverone; un fugace movimento sulla destra l’avvertì del pericolo imminente, ma anziché girarsi nella direzione percepita si voltò verso l’opposta; la lama affondò dritta nel palmo d’acciaio di una mano che ne strinse gli affilati contorni senza ferirsi.


- Cosa? – 

Le dita scure della Noah pressarono per superare l’apparente sottigliezza dell’Innocence e arrivare al suo collo; il loro profumo metallico fuoriusciva invisibile dalle fessure curve del pugno, incredibilmente denso da confondere i sensi con una sola delle sue fluttuanti strisce. Uno sfrigolio dal puzzo bruciacchiato fece capolino fra le rispettive armi, pronto a schiarire di un acceso arancione il metallo già surriscaldato, e Amèlie dovette ringraziare nuovamente i suoi sensi per l’imminente pericolo: quella insolita, carnosa e spessa frusta grigiastra che aveva schivato fino a quel momento – e da cui si era tenuta a debita distanza appositamente per accettarsi della sua reale concretezza - giunse dal basso con l’intento di colpirla sotto il mento, tentativo che venne vanificato da un calcio che ella stessa sfoderò con forza vigorosa contro la Noah.
Lulubell arretrò sbilanciata, sul punto di perdere l’equilibrio, ma pur col busto inclinato e le braccia volte verso l’alto, scattò in avanti felinamente, la mano sinistra rivestita del metallo lucido che con tanta arroganza aveva stretto la sua falce, e la destra trasmutata nella lunga frusta. Non c’era spazio per pensieri o parole superflue che ne avrebbero sicuramente rovinato la magistrale intensità, non si trattava di una disputa necessitante di descrizioni approfondite: purezza e incisività giostravano quell’intreccio di silenzi e sguardi impassibili non lasciando trasparire alcun torpore.
Un nuovo contatto e alla catena di terremoti iniziati se ne aggiunse un altro, con l’infrangersi tintinnante di altri specchi dai riflessi più bianchi della luce a precipitare verso il suolo. Il lazzo della Lussuria scattò per primo schioccando fragorosamente, all’unisono con il sibilo di Lucifer che incontrò a mezz’aria, ma qualcosa andò storto: invece di tranciarlo, l’Innocence lo attraversò senza lasciargli alcun segno.


- Di bene in meglio! –Un’altra sgradita sorpresa che si conquistò una sua smorfia prima dell’inevitabile seguito.

Rapida, Lulubell, le assestò un destro in pieno viso, mettendola in ginocchio con il pericoloso scricchiolio delle sue ossa a rimbombarle nelle orecchie e il bruciare della guancia. Il dolore esplose all’istante, un calore umido e pulsante, annebbiante i sensi le si raggrumò sotto i denti con amaro sapore ferroso misto a saliva; Amèlie lo sputò assieme a una grande quantità d’aria ansimante, saldando spasmodicamente la presa sul bastone di Lucifer. Non era caduta a terra solo perché ne aveva piantato la base ben a terra e l’ombra che si addossò alla sua pelle l’avvertì che la Lussuria era restia a vederla in piedi. La Noah fece per calare la frusta sulla sua schiena, ma stavolta fu lei a sfruttare l’elemento sorpresa: all’ultimo e con una rapidità disarmante, roteò su se stessa e le inflisse un calcio in pieno torace, sbalzandola via con una forza che la costrinse a stringersi le costole con entrambe le braccia.


- Allora ci avevo visto giusto –, furono le prime parole dell’Esorcista, passandosi il pollice inguantato sul rivolo di sangue che colava dall’angolo della sua bocca.

Rilassò appena i muscoli di modo da raddrizzare la schiena, senza affanno a pesarle sui polmoni e Timcampi che fedelmente ne seguiva ogni movimento.
Lo scontro era iniziato da trenta minuti e da trenta minuti nessuno dei suoi attacchi era andato a segno come sperato. I falli le bruciavano non poco, quando qualcosa non andava nel verso prescelto, ma i preliminari richiedevano una cospicua dose di granelli temporali perché l’atto principale fosse eseguito senza strascichi erronei. Entrambe si erano prese il tempo di studiarsi, attaccandosi a vicenda e saggiando le rispettive potenzialità come certe che non sarebbe bastato un semplice colpo ben assestato a sancire la vittoria; le mosse prendevano vita ancor prima di essere eseguite, riempiendo la stanza di disegni astratti, archi d’aria smeraldina e violetta con lo scricchiolare vetroso degli specchi ridotti a polvere incolore in sottofondo. Un qualunque artificio progettato dal Conte del Millennio non avrebbe mai potuto eccitare le fibre muscolari di Amèlie perché ne assorbissero l’essenza con foga ben più affamata di quella sempre provata per gli Akuma, spingere a elaborare il pensiero in movimento per non ritrovarsi con le spalle al muro.
Ma doveva stare attenta, essere cauta, perché esattamente come aveva immaginato, al dì fuori dei riflessi fulminei, la famiglia Noah vantava poteri innaturali e la Lussuria ne era un cardine incomparabile a un qualunque e debole filo di lana comune. La frusta carnosa dal plumbeo colorito era stata il primo indizio. A prescindere dal caos scatenato attorno ai loro corpi e dal gelo crescente che ne condensava l’ossigeno in nuvolette informi, gli occhi di Amèlie l’avevano seguita in ogni suo lento fluire, cogliendone la base all’altezza del polso: era il suo braccio. 

Fosse stato quello il peggio, ad Amèlie sarebbe bastato contrastare la Lussuria con i sortilegi più macabri che la sua Innocence potesse sortire, ma a quella prima verità se ne era aggiunta una seconda più problematica e che rischiava di far scivolare lontano ogni possibilità di trionfo.   


- Ogni Noah si differenzia da un altro per i propri poteri, un’abilità specifica che lo rende unico: la tua è la trasformazione, puoi modificare la fisionomia del tuo corpo, ma non si tratta di qualcosa che si ferma unicamente all’aspetto -, proseguì l’Esorcista, fronteggiando con la sua serietà glaciale l’espressione atona dell’avversaria – Hai anche la capacità di manipolarne la densità a tuo piacimento. -

La guancia colpita dolette al ricordo di quella consapevolezza, il sangue infiammato sotto l’epidermide pulsava di lividi che ne avrebbero presto deturpato la nivea tonalità. L’arto allungato contro cui aveva combattuto in un susseguirsi di scambi precisi aveva modificato la sua consistenza sotto il suo stesso sguardo, diventando d’acqua. Lucifer lo aveva trapassato da parte a parte lasciandolo indenne, ma il dubbio spiccato in alcuni frangenti era divenuto verità ineluttabile nel ricevere il primo e diretto contatto con l’altra mano della Lussuria. La mascella risentiva ancora del pugno calato sullo zigomo miracolosamente scampato alla rottura, uno schiaffo di peso pari a quello di una spranga metallica quasi riuscito a spezzarle il collo.

- Hai occhio, te lo concedo -, mormorò delicata Lulubell, rimessasi appena in piedi - Ma sapere di cosa sono capace non ti aiuterà comunque a superare questa stanza. –

Una violenta scossa attraversò da parte a parte l’area tartassata dal duello. La cupola della stanza fremette e la luce ricadente nel centro della stanza tintinnò per alcuni secondi prima che il lampadario di cristallo si schiantasse al suolo, spargendo i suoi ninnoli ovunque. Timcampi sollevò la testolina allarmato, svolazzando a pochi millimetri dalla spalla destra di Amèlie cercando di trasmetterle la sua stessa agitazione.

- Lo so, Tim -, mormorò piatta l’Esorcista – Non abbiamo molto tempo prima che il Download scarichi anche quest’area dell’Arca. –

Il medesimo pensiero attraversò anche la mente di Lulubell. Lo sguardo felino si levò in direzione del soffitto, contemplandolo con riflessivo silenzio. Il tempo incalzava sulle loro teste come a volerle costringere a prendere una determinata posizione, ma entrambe erano donne riluttanti a farsi controllare da una frivolezza come il panico. Lo avevano capito che nessuna delle due era facile alle provocazioni, che la loro corazza fosse intrisa della più incrollabile delle imperturbabilità; non avevano occhi che per loro stesse, per quel minuscolo e raffinato desiderio di riuscire a scalfirsi per sancire la supremazia che elevava le loro abilità ad un livello completamente diverso da quelli immaginati.

La Noah abbassò il mento, rilassando le spalle - A quanto sembra, non possiamo permetterci altre distrazioni. Meglio così. –

Con un suo schiocco di dita, gli specchi rimasti intatti si staccarono dalle pareti, animandosi e galleggiando fra le pieghe dell’aria gelida; un semplice gesto del medesimo indice che aveva ordinato il loro distacco iniziò a farli roteare con movimento orario sempre più crescente. La Noah scomparve in mezzo alle loro ombre sibilanti, veloci e amalgamate in una circolarità nera dai riflessi trasparenti che schioccava leggere frustate aerose al loro esterno. L’interno era un occhio muto e piatto senza alcuna via d’uscita, ma Amèlie non si fece ingannare: inspirò ed espirò a fondo, appiattendo i sensi per ampliarli e rilassando i muscoli roventi. La Lussuria non era un avversario che amasse arrendersi o si lasciasse trasportare dall’istinto. Strategia, ecco la parola che le si confaceva. Era ancora lì con lei, mimetizzata e dall’aura ridotta a un blando sospiro appositamente per cogliere un’occasione, un cenno di guardia scoperta per attaccarla di sorpresa.


- Eccola! – Non dovette neppure aspettare in eterno prima di avvertire un sibilare sferzante giungere da destra e poi un secondo rivoltole alle spalle.

La corvina schivò il primo con una ruota all’indietro e respinse il successivo con Lucifer a fare da scudo alla sua spina dorsale, riuscendo a cogliere con la coda dell’occhio il lazzo carnoso sgattaiolare furtivamente nel moto rotatorio degli specchi. Inutile cercarlo con gli occhi: la velocità delle lastre di vetro creava un muro difensivo che permetteva alla Noah di attaccare più volte senza che la sua posizione venisse rilevata e forzare i propri sensi a seguire quell’elevata velocità sarebbe stata solo una perdita di concentrazione, cosa che non poteva permettersi con un’avversaria del genere. Fece giusto in tempo a captare un sospettoso fruscio dalla sua sinistra prima di scattare e udire il frusciare vorticante dell’aria intensificarsi e soprassedere al fragoroso creparsi delle pareti. Lo spazio a sua disposizione si stava restringendo.

- Una mutaforma con il potere di modificare la densità del proprio corpo -, riepilogò, balzando da una parte dell’area – Come velocità e forza fisica ci equivaliamo, uno scontro diretto finirebbe solo per prolungare questa parità. L’unica possibilità che ho per sopraffarla, è riuscire a coglierla di sorpresa quanto basta da non darle il tempo di trasformarsi. Da solido a liquido. Mi chiedo se… -

Piroettando a mezz’aria fra l’incessante pioggia di specchi che le riempiva le orecchie da interminabili minuti, atterrò con un solo piede e il busto inclinato in avanti nuovamente al centro della stanza, iniziando a roteare su di sé e tenendo l’altra gamba sollevata dietro le spalle.

- Hell’s cut: Guidance Funeral! –Un’infinita serie di mezzelune smeraldine si abbatté in ogni angolo della stanza, tartassandolo con il vivo intento di sbriciolarlo in polvere.

Il soffitto e le mura che lo sostenevano minacciarono di crollare sotto il loro stesso peso, incapaci di sopportare tutti quei colpi che andavano ben oltre la loro solidità. Occorse un solo attimo perché la luce divina venisse riflessa dagli specchi e inondasse l’area bruciando le iridi della Lussuria, costretta a coprirsi il viso con le braccia per l’intensità accecante che l’avvolse, un esiguo pugno di secondi con la gola a mugugnare per quell’insopportabilità prima che percepisse il pericolo addossarsi a lei e ne comprimesse i movimenti.


- Questa donna è diversa. -

Agì all’ultimo, un movimento spinto dall’ombra che le aveva già sfiorato la pelle della carotide aprendola con taglio netto, ma non abbastanza profondo da reciderla. Tra gli Apostoli del vero Dio, non vi era cuore più vivo per la Lussuria che la cieca obbedienza per il Conte del Millennio, una fiducia profondamente ricambiata dai successi ottenuti…
Eppure…Pur non fosse nuova a schermaglie contro i loro nemici atavici, pur essendo riuscita a intuire il pericolo imminente e a non farsene investire totalmente, soltanto ritrovandosi a così stretto contatto con quell’ondata di Innocence divampante, Lulubell prese atto di come non le fosse mai capitato di partecipare a uno scontro tanto acceso. La mano tamponò la ferita al collo con il sangue nero che colava lungo la spalla, inzuppandone il vestito e filtrando fra le dita strette. Ansimò distorcendo la morbidezza delle sue labbra in un rantolo sofferto, il bruciore pulsante della carne lacerata che picchiava contro le falangi e i polpastrelli. L’Innocence era pericolosa, il male da estirpare, ma anche una pietra grezza senza il proprio alleato umano. Osservarne la vita effimera spezzarsi in mezzo alla confusione che antecedeva di poco la paura delle morte, succedeva al consueto osservare minuziosamente il proprio avversario, carpirlo e tagliarne i legamenti articolari per immobilizzarlo a terra. Ma quell’Esorcista…

Solidificò il lazzo in una dura lama appuntita, che cozzò contro quella incurvata della falce.
Con lei la solita ritualità aveva contratto solo anomalie: si era fatta strada nei piani più bassi dell’Arca Bianca fronteggiando dei Livello Tre senza mostrare alcun cedimento o timore, scartando emozioni vaghe a favore di uno spirito di tenebrosa imperiosità che si radicasse nel profondo dei suoi occhi dorati. Era diversa. Non per il celare l’identità velluti decorati di pietre sgargianti, non per la superiorità impellicciata di aristocraticità. L’ineluttabilità di quella verità che espresse senza una qualche nota emotiva a esprimerne il minimo stupore colò ruvida lungo la sua schiena diramandosi in sottili filamenti appuntiti.


- Questa donna è decisa a uccidermi. – Lo spingere le rispettive lame l’una verso l’altra avvicinò i loro volti, le rispettive iridi a fronteggiarsi senza sputare veleno.

Freddo. Nero come una notte senza stelle. Lo sguardo dell’Esorcista era lo specchio scuro del suo, acqua buia di gelida cristallinità nel suo non lasciar spazio ad alcun tipo di luce. Induceva gli ignari a volerla cercare, convinti di poterla riesumare dagli anfratti più nascosti. Rasentavano un’impassibilità a lei ben nota e posseduta, respingente qualsiasi scrupolosità o esitazione che scoperchiava la sicurezza dei suoi compagni per disperderne l’orientamento. Soltanto un pizzico di malsana soddisfazione differenziava i loro animi lussuriosi, una follia di velata dolcezza, capace di valicare i confini e passare sopra qualunque proibizione umana infarcita di illusorie speranze senza che il rimorso ne imbrigliasse le rispettive coscienze. I loro corpi parlavano, si scambiavano scoccate e stilettate precise, ma niente poté soppiantare la certezza di Lulubell che quegli occhi, fossero la reale natura della sua avversaria.


- Maestro…Quale Dio misericordioso concede le sue mani a un anima più affine al Demonio pur di vincere, se non il Demonio stesso? – Non riuscì a non domandarselo, a non pensare all’angelicità del cristallo divino come a uno specchio per le allodole, così abbagliante da nascondere la furia protetta dalla fragile porcellana del suo nome. Le lame si staccarono senza aver trovato modo di spezzare il pari respingersi. Non importava che si desse risposta. Quell’Esorcista andava comunque uccisa e subito.

- Ora che non hai più un posto per giocare a nascondino, cosa pensi di inventarti? – Le domandò quest’ultima.

A dispetto del comportamento mantenuto fino a quel momento, Lulubell scostò delicatamente con il dorso della mano la lunga coda corvina ricadutale sul petto. Sorrideva. Per la prima volta, le sue labbra erano piegate in una smorfia quanto più vicina a un sorriso di disinibita sicurezza.

 - Che ne dici di questo? –

Cosa avesse in mente, Amèlie non lo comprese, se non lasciando che quelle parole prendessero forma sotto i suoi occhi, senza che si intromettesse. La testa della Lussuria si abbondonò mollemente sul petto pieno, le braccia a penzolare molleggianti, prive di mobilità. Nel buio e freddo silenzio della stanza disseminata di vetri appuntiti, il corpo slanciato si lasciò cadere in avanti, picchiando gomiti e ginocchia a terra e lanciando un ringhio grottesco verso l’alto, con le braccia a gonfiarsi e a ricoprirsi di una solida compattezza dalle zanne lucide. Amèlie poté intravvedere la sagoma umana deformarsi pezzo per pezzo, perdere la delicatezza degli arti a favore di ingrossamenti che indurirono la pelle e la sollevarono dall’interno sotto il crescente tremore fisico della Noah; qualsiasi tratto umano lasciò il posto a una fisionomia nuova, ammantata da una corazza di scaglie nere che la ricoprirono interamente, espandendone l’addome e gli arti principali per dotarli di unghie aguzze che sbriciolarono in sabbia il terreno sottostante. Una lunga coda ondeggiò sinuosa contro la parete in fondo, facendo capolino assieme agli immancabili occhi dorati ora quattro volte più grandi del normale, così luminosi da mettere in risalto la pupilla a forma d’ago che spiccava al centro.

- Un drago. Lasciamo a desiderare, in fatto di originalità. – La vista della testa coronata da corna rivolte all’indietro e dei canini sporgenti oltre le labbra enormi non la spaventò – Mi auguro per te che quelle scaglie non diano solo l’aria di essere dure -, le sussurrò prima di attivare il secondo sprigionamento di Lucifer.




Il piccolo chiostro ombroso adibito alla custodia dell’impianto di produzione degli Akuma si nascondeva fra le pieghe cementate dell’Arca Bianca senza alcun corridoio che conducesse alla sua porta. Le illusioni orchestrate dagli Skull messi a sua difesa compensavano la loro inettitudine nei combattimenti fisici, benché un semplice colpo di pistola fosse inefficace contro la massiccia mole dei loro corpi, ma i ridicoli giochini gesticolati dalle loro dita scheletriche non potevano ingannare chi praticava l’Alchimia ancora prima della loro creazione; gli era occorso meno di un minuto per riversare a terra l’esigua scorta della preziosa reliquia custodita nella silenziosa sala. L’Uovo tanto caro al Conte del Millennio luccicava di un caldo e pulsante bagliore soporifero davanti all’occhio vermiglio che lo osservava imperscrutabile, avvertendo la scaltrezza che lo distanziava di un metro esatto dal poterlo toccare con flemmatico brusio. Un personaggio sempre abituato a tenere nascosto nella manica un asso pronto a ribaltare le carte in gioco non lasciava al caso gli ultimi passaggi di un piano organizzato nei minimi dettagli.

Camminò in mezzo alle carcasse corrose degli Skull grattandosi la testa dai capricciosi ciuffi che gli ricadevano oltre le spalle larghe: il crepitare delle carni grasse innalzava fiamme bluastre dalle punte schiarenti il soffitto. Una barriera mistica era il tipo di impiccio che lo costringeva ad arretrare e trovare un’alternativa che non dilungasse i tempi d’azione, ma pur masticando l’Alchimia con la stessa naturalezza con cui riconosceva l’eccellenza dalla scarsità, i simboli che sfrigolarono di luce tremola al suo lanciare contro uno dei cadaveri verso l’Uovo, lasciarono intendere un meccanismo abile e studiato per rendergli l’esistenza complicata.

 - Eh eh! E’ inutile che ci provi. – In un punto indefinito della stanza si levò una risata rocca, impastata per la gola piena di liquido nerastro che usciva copiosa dalla bocca – Il nostro padrone è stato furbo…Cought! Lui è pratico delle Arti Nere…Sin dalla nascita di questo mondo… -

Un calcio violentò fece rotolare la testa dello Skull, d’appuntito e ghignante sorriso, ai piedi dell’Uovo luminescente. L’unico rimasto con abbastanza fiato per ridere in faccia all’intruso che li aveva colti alla sprovvista senza offrire loro il tempo per reagire, un cranio tenuto in piedi da un minuscolo residuo di magia sul punto di dissolversi. Dalle orbite vuote lo vide muovere le dita e bisbigliare incantesimi dalle labbra appena sfiorate dalla maschera spezzata che ne copriva metà volto. La creatura si lasciò andare all’ultima risata, incurante della suola che premeva con forza sulla rientranza piena di scricchiolanti fratture.


- Eh eh…Eh eh! Rassegnati, stupido! Questo impianto arriverà al Conte del Millennio come e comunque! La barriera del nostro padrone si scioglierà unicamente quando l’Uovo dovrà essere caricato sul nuovo vascello e neppure con i tuoi insulsi trucchetti potrai impedirlo! Ho capito chi sei… -, sibilò ancor più maligno – Ma è troppo tardi…TROPPO TARDI…!!! –

Il piede affondò definitivamente nel cranio, sfasciandolo con scricchiolio trasmutato in fine sabbia. Il gracchiare della mandibola dai denti appuntiti era servito solamente a ribadire l’assoluto fastidio per i rumori eccessivi, armoniosi come uno stormo di corvi in un pieno pomeriggio autunnale e nebbioso. Fece strisciare la suola dello stivale contro il pavimento, picchiettandone poi la punta per pulirne il cuoio dalla polverina cadutaci sopra. Non poteva fare nulla lì, la sola forma dei simboli turbinanti in catene aspirali fungeva da avvertimento per qualsiasi tentativo attuo a scardinarli dalla loro posizione e sacrificare le proprie mani, con la lingua sciolta per l’impastarsi di parole proibite, non era il genere di prezzo che avrebbe pagato per strappare la vittoria dalle mani avversarie.
Rimaneva soltanto il colpo di scena, per nulla improvvisato, studiato nelle specificità perché ne elogiasse l’entrata in scena col giusto grado. Gli elementi erano stati raccolti e posizionati, avviatisi a un incastro pronto a riesumare un rancore dal sapore aspro, dall’impronta più densa di quella che lasciava un frutto marcio in bocca. Per destino e necessita combinati in un sarcastico intreccio, l’esistenza di quella stanza segreta sarebbe dovuta rimanere tacita e sconosciuta agli occhi avversari, creduta morta, ma la sua fatalità propendeva a gocciolare da ogni altra alternativa, incapace di aggirare i tranelli alchemici del Conte del Millennio. Andava fatto.

Si lasciò alle spalle l’artificio colmo di Dark Matter, sigillandone la stanza con la mano che accarezzò il varco d’entrata sino a richiuderlo con un muro immacolato, privo d’ogni impronta del suo passaggio. L’illuminazione fiocca del corridoio ricordava i lumini dei colombari, sempre a un passo dallo spegnersi e affogare nella deleteria immobilità che arrugginiva perfino il già consumato metallo delle lanternine. Il meccanismo che turbinò nella sua mente ne fece infocare gli occhiali con un semplice tocco dell’indice. Essere in due posti contemporaneamente fuoriusciva dalle sue abilità e quando in mezzo venivano messe non una, ma due chiavi, la tempistica esigeva una persona per ciascuna di esse. Della seconda se ne sarebbe occupato personalmente, ma solo dopo che la prima fosse stata sbloccata. Un lavoretto affidato a mani familiari che non l’avrebbero deluso.

- Vedi di fare in fretta, Chibi-chan. Siamo alle strette. -




Note fine capitolo:
Bene, siamo arrivati in porto. Non senza difficoltà, ma posso ritenermi soddisfatta per l’ancora acceso interesse a pubblicare questa storia. Lutst è stato il titolo più adatto da mettere per questa prima parte del combattimento, Lulubell come personaggio mi intriga sebbene non sia fra i miei preferiti, ma per Amèlie è l’avversaria perfetta, essendo lei stessa un’essenza lussuriosa ma con qualche nota sadica e maliziosa a renderla più pericolosa e disinibita di quanto già la gente pensi. Auguro a tutti quanti una Buona Pasqua! (spero come sempre che non ci siano errori!).
  
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