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Autore: Lady_KuroiNeko    21/12/2008    1 recensioni
Il suo corpo era una macchina perfetta o quasi...solo il cuore apparteneva ancora a quel mondo a cui aveva rinunciato e che disprezzava, ma un cuore umano rimane pur sempre un cuore d'uomo...
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cuore d'uomo, corpo di marionetta

Lady_Kuroi Neko:

Salve, stasera m’ispirava molto il personaggio di Sasori e ho scritto questa cosuccia. In realtà è una One-shot ispirata ad una storia che avevo in mente. Che è in fase di pensiero ancora…si vedrà più in là.
Spero che sia di gradimento. Buona lettura ^^

  
Cuore d’uomo, corpo di marionetta


Una fredda mattina di pioggia come tante altre che si susseguivano durante l’anno, inondava quel paese stanco e monotono.

Non si sentiva neanche un suono per le strade e le case zuppe, a parte l’insistente ticchettio della pioggia che batteva sui vetri.

Sasori, seduto sul suo sgabello, non badava al rumore della natura, troppo preso a completare la sua ultima marionetta.

Ripulire tutto quel sangue era veramente snervante, pensava tutte le volte. La prossima volta l’avrebbe fatto fare a quell’oca della sua assistente.

Frivola e stupida ragazzina impertinente. La odiava con tutte le sue forze e che rabbia quando pensava che il Leader l’aveva praticamente costretto ad accettarla.

Per di più Deidara faceva sempre il cretino con lei, che non era nemmeno tutto questo granché quella demente.

Preso da tutti i pensieri negativi e su come impiegarli per fargli del male, ruppe il pezzo della gamba che stava mettendo.

“Maledetta stronza” maledì ad alta voce.

Proprio dietro la sua porta sentì la sua voce anzi la sua risata, quel coglione di Deidara ci stava provando per l’ennesima volta. Parlavano a ruota libera anche di cose davvero molto stupide. La cosa lo infastidì oltre ogni limite.

Stava lavorando e loro facevano troppo rumore. S’infilò dentro Hiruko e decise di fargli una strigliata indimenticabile.

Spalancò la porta e i due ragazzi si bloccarono a fissarlo. Deidara scocciato dall’interruzione non disse nulla.

“Sasori-Danna, buon giorno” salutò educata lei, inchinandosi.

Quel Danna cosi mormorato con voce dolce gli sembrava sempre una presa per il culo, peggio di quando lo faceva Deidara.

 

Irritante come la sua voce…

 

“Buon giorno un corno! Non sopporto di sentire la tua voce quando sto lavorando!”

“Dai Sasori-Danna se fosse per te non dovremmo nemmeno respirare!”

Sasori infastidito dalla voce di Deidara, lo fissò severo “Guarda che c’è né anche per te! Andate da un'altra parte, non me ne fotte un cazzo se te la vuoi fare, ma almeno fate in modo che io sia molto lontano!”

La ragazza diventò rossa e strinse i pugni mordendosi il labbro.

“Quanto sei ridicolo” asserì il biondo andando via senza salutare lei.

Soddisfatto del suo lavoro chiuse la porta in faccia alla ragazza e si rimise a lavoro.

“Stupida oca” diceva di tanto in tanto.

Non le rivolgeva mai la parola se non costretto e doveva anche sopportarla, ma da quando faceva il baby-sitter per perdenti!? Ci bastava Deidara!

Rinchiuso nel suo laboratorio, non sentì che qualcuno bussava alla porta e poi non sentì neanche che si stava aprendo.

“Sasori-Danna?”

La ragazza, sapeva bene che lui non voleva nessuno in camera sua, ma doveva assolutamente chiarire dei punti con il suo maestro.

Osservava la stanza semplice e quasi vuota, solo un armadio, un letto e il comodino messo di fianco al muro, vi era poggiato il suo coprifronte…quello della sabbia.

Quasi con curiosità l’ho prese tra le mani, toccando il metallo rigato sopra il simbolo di Suna. Lei aveva un’adorazione per il suo maestro e non capiva del motivo di tutta quella rabbia nei suoi confronti. Spostò una ciocca dei suoi capelli neri dietro l’orecchio e riposò l’oggetto al suo posto.

Si sentì afferrare al collo da un braccio di legno.

“Brutta stupida! Ti ho detto mille volte che non devi entrare nella mia stanza!”

“Scusami maestro! Avevo bisogno di parlarti!” urlava spaventata lei. La schiacciava contro di lui, non l’aveva mai visto fuori della sua marionetta ed era già da un anno che lavorava con lui. Ma girata di schiena non poteva certo vederlo, ma non sentiva pelle, ma legno freddo e liscio.

“Non può trattarmi come le pare! Non una sgualdrina e a me Deidara non interessa” eccola là la solita stupida che si permetteva di parlagli in modo cosi irrispettoso.

“Almeno adesso ho la scusa per poterti uccidere!” mentre parlava lo sguardo del rosso scivolo sul corpo della ragazza. Indossava uno yukata nero e nel modo di strattonarla si era aperto un po’, dando modo a Sasori di guardare dentro la scollatura facendo ben capire che sotto non indossava altro.

Dire che non era granché era stato sbagliato da parte sua. Senza dubbio era molto bella, con quella pelle cosi bianca e candida, che suo malgrado desiderava toccare.

Quelle labbra rosee e tenere, di una tenerezza giovanile, anche se non fosse stato una marionetta lui sarebbe stato sempre più vecchio di lei.

Sapeva bene che era quella l’unica ragione perchè odiava starle accanto, odiava sentire la sua voce e vederla fare la stupida con Deidara.

 
Perché la voleva e non poteva averla. Lui che era marionetta nel corpo, ma non nel cuore. Sentiva tutte le pulsioni e gli stramaledetti desideri di un comune uomo.

“Uccidermi? Mi odia cosi tanto?” chiese lei smettendo di dimenarsi e appoggiando la testa proprio sul cilindro che racchiudeva il suo cuore. Quello per Sasori era anche troppo, la sbatté senza riguardo sul letto, in modo che potesse vedere il suo vero aspetto e terrorizzarla a morte.

Lai spalancò gli occhi facendo scivolare lo sguardo su quel corpo che non era più di uomo “Ancora non hai visto il resto” esclamò inferocito da quello sguardo curioso che non sembrava per nulla spaventato.

Tolse anche i pantaloni e salì sul letto aprendole lo yukata strappandolo in due.  

Il suo corpo nudo si fece ammirare in tutta la sua bellezza, la guardò a lungo con invidia e bramosia.

“Io ti odio Ayume perché le nostre differenze sono tante” mormorò spostando una ciocca dei suoi lunghi capelli e subito dopo come pentito da questo gesto gentile la schiacciò sotto di se riuscendo a strapparle un gemito di dolore e ne fu quasi soddisfatto.

Lei invece per nulla spaventata lo guardò negli occhi “Cosi è questo il tuo vero volto!?” chiese carezzandogli una guancia, ma lui le tolse la mano in malo modo agguerrita lei si alzò su un gomito e lo bacio sulle labbra.

Stavolta però non la scostò rimase lì fermo a non sentire nulla. Era solo un pezzo di carne che cozzava contro il legno.

“Non senti nulla Sasori?” chiese lei staccandosi da quelle labbra fredde e dure, dimenticandosi del titolo onorifico che gli aveva dato per rispetto, quel Danna che pronunciato da lei gli risultava cosi piacevole.

“No, non sono più un uomo”

“Forse non nel corpo, ma qui…” disse facendo scorrere le dita sul cilindro, si sentì fremere e rimase un po’ interdetto da quella novità. Non pensava che fosse possibile sentire qualcosa eppure lei l’aveva appena fatto.

Lo baciò di nuovo e stavolta continuando ad accarezzargli il cuore, Sasori riusciva a sentire il calore di un bacio pieno di passione, non poteva sopportare quelle sensazioni. Chiuse gli occhi e le bloccò le mani “Basta”

Ayume tristemente obbedì, era stata molto egoista, per lui doveva essere molto frustrante. Perché non poteva lasciarsi andare.

Lei lo voleva, lei stravedeva per il suo Danna e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Sentiva che in realtà erano molto simili, entrambi soli e rinchiusi nei loro passati e ricordi.

Sasori stava per rialzarsi, ma lei lo fermò abbracciandolo stretto, nascose le lacrime tra i capelli.

“Sasori-Danna…io…scusami se sono entrata, mi merito una punizione” disse, lui non ricambio l’abbraccio “Questa non è abbastanza come punizione…?” mormorò lui che non aveva più voglia di nascondersi dietro la scusa dell’odio.

 

Una volta non gli sarebbe importato nulla di queste banalità, adesso gli pesavano come un macigno e non la voleva più accanto a se.

“Adesso vattene”

“Non mandarmi via”

Le afferro le spalle e la ributtò sul letto “Dimmi che senso ha provare desiderio quando non lo puoi esprimere? Perché io non ti sento…neanche adesso che ti sto sopra, eppure vorrei tanto poterti fare mia” sussurrò poggiando il viso sopra il suo seno candido, le teneva i polsi fermi a fianco della testa.

Lei piangeva senza fare il minimo rumore “Mi dispiace”

“Per cosa?”

“Mi dispiace che tu abbia sofferto cosi tanto da decidere di distruggere il tuo corpo”

“Non l’ho distrutto, l’ho soltanto migliorato, ma sono imperfetto e questo è il mio solo rimpianto”

Lei fissava il soffitto alla ricerca di una qualsiasi cosa da dire, ma non trovava argomenti, non trovava nessuna soluzione.

I suoi insegnamenti appartenevano ad una vecchia generazione, ma lei non gliene dava colpa.

Nella sua spietatezza nell’uccidere c’era solo tanta solitudine e metodi sbagliati inculcati nell’odio da chi non sapeva amare.

“Il mio rimpianto è di essermi innamorata di una marionetta imperfetta allora…” ammise

“Sei sempre la solita indisciplinata, non devi dire queste cose, noi non possiamo amare” disse alzando il viso per guardarla negli occhi. I suoi occhi color nocciola contro la notte profonda delle sue iridi appannate di lacrime “Facciamo parte di un’organizzazione criminale. E noi questa verità l’abbiamo accettata e imparata”

“E’ triste…”

“Tu ci sei capitata solo perché non avevi altro, non hai avuto molta scelta è vero”

“Non è per questo” disse facendo segno con la testa di no “E’ triste perché sei veramente convinto che anche se criminali non possediate un’anima”

Sasori a quel punto le lasciò i polsi e si stese nuovamente su di lei, ma stavolta con delicatezza. Lasciando che la ragazza lo cullasse tra le sue braccia. Starle cosi vicino lo faceva stare bene e in qualche modo placava quella guerra che non aveva mai fine all’interno di quel cilindro che adesso era il suo cuore “Vorrei che la tua anima bastasse anche per me”

Rimasero a lungo abbracciati su quel letto, come se fosse un’isola felice. Ayume si addormentò beata tra le sue braccia e lui mentre osservava il suo angelo capì che forse aveva davvero fatto un errore dal quale non avrebbe mai potuto tornare indietro. Ma era giusto trascinarvi anche lei?

Ma Akasuna no Sasori era solo un essere freddo che uccideva senza pietà ed era senz’altro il più egoista tra gli uomini e le marionette stesse che adesso giacevano appese al muro del suo laboratorio.

  
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